Ottobre 18th, 2019 Riccardo Fucile
RENZI COMMOSSO ESULTA: “ALTRO CHE FLOP, QUI C’E’ TANTA GENTE LIBERA”… POI IL COLLEGAMENTO CON KOBANE CON LA COMANDANTE CURDA NASRIN ABDALLA
In duemila sono rimasti fuori. Creando anche qualche problema alla viabilità intorno alla zona di Porta al
Prato.
È una Leopolda da tutto esaurito quella che è iniziata questa sera all’ex stazione ferroviaria di Firenze. Dove Matteo Renzi, per il decimo anno consecutivo, ha radunato i suoi. Per la prima volta senza il Pd. Ma con un partito tutto suo, Italia Viva, di cui proprio durante questa tre giorni partirà il tesseramento.
“Davanti a questa esplosione di entusiasmo sono commosso e senza parole. Due ore prima dell’inizio la Leopolda 10 scoppia di gente. È bellissimo! Cerchiamo di far entrare tutti”, scrive su Facebook l’ex premier poco prima di salire sul palco.
Mentre in platea spunta Roberto Giachetti, la sala è stracolma e i cancelli sono già stati chiusi da tre ore. “Vi ricordate gli articoli che prevedevano il flop della Leopolda 10 nei giorni scorsi? Quanto sarà divertente smentire così anche i sondaggi” twitta poco dopo il deputato di Italia Luciano Nobili.
Tra la folla appare Simona Bonafè, eurodeputata Pd e segretario regionale dem della Toscana, che subito rassicura: “Resto nel partito ma sono venuta a salutare tanti amici”. “Gli avversari del Pd non sono qui dentro, anzi qui c’è una forza alleata al governo – ragiona Bonafè – una forza che anche alle prossime elezioni regionali può allargare il centrosinistra”.
Dal palco in stile concerto, allestito come un salotto di una casa tra arredi vintage e un grande albero di corbezzolo, l’ex premier rincara la dose e manda “un abbraccio a tutti quelli che hanno fatto propaganda perchè non venisse nessuno”.
“Se dieci anni fa ci avessero detto che la Leopolda è troppo piccola – ha aggiunto – ci avrebbero perso per matti, invece oggi dimostriamo che c’è un popolo e che se non fate i conti con questo popolo vivo, vero, sono problemi vostri”.
“Questo della Leopolda è un popolo che c’è, fatevene una ragione – ha ribadito rivolto a critici, avversari politici e giornalisti -. Dicevano che sarebbe stato un flop: figuriamoci se veniva gente…”.
E proprio su quel palco, con alle spalle un megaschermo con la scritta ‘Leopolda 10 – Italia Ventinove’, ci sarà di fatto il battesimo per il partito dell’ex premier, dopo la rottura con i dem.
Il collegamento con Kobane e il futuro del governo
Prima del collegamento via Skype con Kobane con Nasrin Abdalla, comandante curdo dell’Unità di Protezione delle Donne che sta combattendo contro l’aggressione turca, Renzi rassicura anche sul futuro del governo: “L’abbiamo fatto partire un mese fa, se lo facciamo cadere dopo un mese ti ricoverano per schizofrenia”.
“Se lanciamo delle idee non potete dirci che sono ultimatum: gli ultimatum li lanciano i populisti, se non si capisce la differenza vuol dire arrendersi al populismo”, ha aggiunto.
“Questo è un luogo di libertà , c’è tanta gente libera, che vuol provare a fare politica perchè non ne può più del populismo. A me piace l’idea che la Leopolda del decennale si sia aperta con la mostra dedicata a Tiberio, che è con noi”, ha spiegato Renzi ricordando il fotoreporter scomparso lo scorso novembre, al suo fianco durante gli anni di Palazzo Chigi. E a cui è dedicata la mostra che Renzi ha inaugurato nel pomeriggio.
Poi il ricordo di dieci anni di Leopolda: “Tra le tante persone che vorrei ricordare ne scelgo una: un magistrato che per anni ha lavorato con noi, Raffaele Cantone, che è stato per anni un esempio a livello internazionale. Oggi l’addio di Cantone è passato un pò in secondo piano – ha aggiunto Renzi – bene, vorrei che oggi, nel momento in cui Raffaele lascia, ci sia un grande applauso per lui e per chi fa politica, per chi lotta contro la corruzione”.
Tra i tanti interventi della prima serata anche quello del sindaco di Firenze Dario Nardella: “Sono orgogliosamente sindaco del Pd, ma alla Leopolda non ci sono avversari: gli avversari andate a cercarli nella destra sovranista di Salvini, noi siamo qui per confrontarci, per parlare di contenuti, idee, fatti, progetti”.
Il programma
Dopo l’inaugurazione di venerdì, sabato mattina sarà presentato il Family Act, con la ministra Elena Bonetti. E dalle 11 partiranno i lavori di una cinquantina di tavoli tematici, la base di partenza per il programma di Italia Viva.
Poi gli interventi dal palco, che andranno avanti fino alle 17.30, quando sarà svelato il simbolo del nuovo partito, scelto attraverso una consultazione online.
Ma sabato sarà anche il giorno dell’attacco frontale a Conte e agli ex compagni di partito: un emendamento a firma di Italia Viva chiederà la cancellazione di quota 100 e il trasferimento delle risorse a famiglie e salari.
Domenica, poi, spazio ad altri interventi prima del discorso di chiusura di Renzi previsto per le 13.
Chi ci sarà e chi no Se è assicurata la presenza dell’ex ministra Maria Elena Boschi, altrettanto annunciata è l’assenza di altri ex fedelissimi che daranno forfait: dal braccio destro Luca Lotti al vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, il toscano (e renzianissimo) David Ermini. Fino alle ex ministre Roberta Pinotti e Marianna Madia.
Sul palco, invece, saliranno oltre alla ministra Bonetti anche la collega Teresa Bellanova, la deputata Maria Chiara Gadda che spiegherà il piano verde e la sindaca di San Lazzaro di Savena, Isabella Conti, possibile nuova coordinatrice nazionale di Italia Viva.
(da agenzie)
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Ottobre 18th, 2019 Riccardo Fucile
SENTENZE PILOTATE A SALERNO: “E’ STATO MAURIELLO A METTERE IN CONTATTO L’AUTORE TV CASIMIRO LIETO CON IL GIUDICE SPANO'”
Antonio Mauriello, il componente del Consiglio Nazionale della Giustizia tributaria arrestato nell’inchiesta Ground Zero 2 per le sentenze pilotate a Salerno, “ostentava rapporti e contatti con esponenti apicali della Lega Nord”, e così “esercitava su vari giudici un sentimento di reverenza”. Lo scrive il gip nell’ordinanza, sulla base delle dichiarazioni rese “dal giudice tributario corrotto Fernando Spanò”.
Antonio Mauriello avrebbe “ostentato rapporti e contatti con esponenti apicali della Lega Nord”, che usava per aumentare il suo ascendente sui giudici, in modo che dessero seguito alle sue richieste per sentenze favorevoli.
La circostanza emerge dall’ordinanza relativa all’operazione “Ground Zero 2”, sulle sentenze tributarie pilotate a Salerno, che ha portato in carcere 7 persone tra giudici, imprenditori e funzionari.
Lo scrive il gip, citando le dichiarazioni rese dal “giudice tributario corrotto Fernando Spanò”. L’atteggiamento di Mauriello, ha messo a verbale Spanò, “esercitava su vari giudici un sentimento per così dire di reverenza”.
L’episodio di corruzione che vede coinvolti Mauriello, l’autore tv Casimiro Lieto e il giudice Fernando Spanò (tra gli indagati, ma per il quale non è stata emessa nessuna misura cautelare) è avvenuto tra il gennaio 2017 e il 14 luglio 2017, quando fu depositata la sentenza di secondo grado firmata da Spanò e favorevole a Lieto, dopo l’udienza del 27 giugno 2017. Il procedimento era relativo a 229.086 euro.
Prima dell’emissione della sentenza, hanno ricostruito gli investigatori della Guardia di Finanza, Lieto offrì a Franco Spanò, figlio di Fernando, un posto di lavoro che però l’uomo rifiutò senza nemmeno accertarsi di cosa si trattasse. A fare da mediatore tra Lieto e il giudice Spanò era stato Antonio Mauriello, ex giudice tributario a Salerno e ora componente del Consiglio Nazionale della Giustizia tributaria a Roma.
Spanò ha riferito agli inquirenti che era stato di nuovo contattato da Mauriello per un’altra questione, sempre riguardante Lieto, relativa all’annualità 2008 e che pendeva anche questa volta in secondo grado alla dodicesima sezione da lui presieduta, e che in camera di consiglio aveva proposto una sentenza in suo favore; la sentenza emessa fu favorevole a Lieto
Dopo la notizia dell’arresto di Casimiro Lieto, la Rai ha deciso di interrompere il contratto di collaborazione con l’autore tv, che nei mesi scorsi era stato tra i papabili per la direzione di Rai1 o Rai2.
(da Fanpage)
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Ottobre 18th, 2019 Riccardo Fucile
LA PIAZZA SOVRANISTA E’ GIA DIVISA E DILANIATA ANCOR PRIMA DI SALIRE SU PALCO
Gli accordi prevedevano niente bandiere di partito. E invece Matteo Salvini non li ha rispettati.
Tanto basta a scatenare la furia di Giorgia Meloni. La piazza del centrodestra è già divisa, dilaniata, prima ancora di salire sul palco.
E allora la pasionaria di Fratelli d’Italia è furibonda perchè i patti si rispettano e la stretta di mano per la grande manifestazione di piazza San Giovanni, quella dovrebbe dare la spallata al governo “dei poltronisti”, implicava che non ci sarebbero stati simboli di partito, ma solo bandiere tricolore.
Peccato però che ai lati del palco si scorgono quattro striscioni con il Tricolore, sotto c’è la scritta ‘Orgoglio italiano’, seguito poi dal simbolo della Lega (Salvini premier) e infine lo slogan ‘Prima gli italiani’.
Da qui l’accusa della leader di Fd’I al leader di via Bellerio: “Ci saremo, con le bandiere tricolori, come avevamo promesso e come tutti avevamo annunciato. Mi dispiace però dover scoprire a 24 ore dal suo svolgimento, che quella che doveva essere una manifestazione di tutti avrà in realtà i simboli della Lega, addirittura sul palco. Come se fossimo ospiti in casa d’altri, in una piazza che, con passione, abbiamo contribuito a riempire. Peccato, un’altra occasione persa di dimostrare che siamo compatti, di mettere i sogni del nostro grande popolo prima degli interessi del singolo partito”.
E allora ci risiamo. Altro che centrodestra unito. Siamo ancora a carissimo amico. Con Salvini che balla da solo, che vuole intestarsi la piazza di domani, che non pronuncia mai la parola centrodestra ma in una diretta facebook, proprio da Piazza San Giovanni, ha già preso possesso della piazza che un tempo fu della sinistra italiana.
Sarà ‘ la prova di forza di un leader che ha due obiettivi: la piazza di domani e la vittoria in Umbria. Dove proprio nella regione rossa azzarda “di stravincere”.
Ed è una corsa solitaria. Di lui e del suo partito. D’altro canto, bastava vedere, ieri, a Perugia, i tre leader.
Al Park Hotel del capoluogo umbro, sembrava quasi tre estranei. Con il Capitano leghista speranzoso che tutto finisse in fretta, ma anche tanto infastidito dalla presenza dei due alleati di partito. “Dove sono i nostri, fateli scendere….”, sussurrava a un soldato quando si è reso conto della presenza della claque berlusconiana.
Eppure, raccontano i beni informati, che dietro l’affaire bandiera e la delusione della leader di Fratelli d’Italia si nasconderebbe il tentativo di non far parlare nè Meloni nè Berlusconi.
Anche se alla fine entrambi interverranno per non sollevare altre polemiche, assicura un leghista di peso. Non a caso, nella scaletta ideale di Salvini si sarebbero dovuti alternare solo i governatori della coalizione e le categorie.
Ove, per i categorie si intendono gli imprenditori, gli agricoltori, insomma, chi produce o fa qualcosa. E invece poi…
E forse in questo pantheon potrebbero trovare spazio “gli intellettuali d’area”. Ma al momento non è dato sapere chi è stato contattato. Poi ovviamente spetterà al Capitano leghista chiudere la manifestazione. Un discorso, tenuto top secret, “che sta solo nella mente di Matteo”.
Anche perchè il leader del Carroccio è solito preparare l’intervento nella notte che precede il grande evento. I temi che passerà in rassegna l’ex ministro dell’Interno saranno quasi certamente “l’orgoglio italiano”, il concetto che c’è “una maggioranza reale contro una minoranza di governo”, ma soprattutto il Capitano si soffermerà su tutti gli appuntamenti regionali da qui al 2020, “da cui partirà la spallata”.
Tutto questo entro le sei del pomeriggio, “prima che faccia buio”. Con una musica rigorosamente italiana di sottofondo. E tutto pagato interamente dal Carroccio, al punto che un azzurro ironizza: “Hanno incassato altri rubli?”.
Insomma il clima è questo. E allora sarà una lunga notte per il centrodestra prima della grande mobilitazione di massa. Eppure, prima ancora di giungere alla meta siamo già ai coltelli, alle ripicche, ai personalismi.
Ecco perchè, uno come Ignazio La Russa, attacca: “Sono sorpreso perchè tutto si può fare, ma basta saperlo. Anche perchè noi abbiamo fatto una manifestazione davanti Montecitorio, organizzata solo da noi. E non c’era un solo simbolo di partito, ma solo bandiere tricolore. Addirittura quel giorno la scaletta è stata fatta li per li, e a Salvini abbiamo concesso la chiusura”
Domani invece si celebrerà l’ennesimo Salvini day. Con due ospiti indesiderati: Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 18th, 2019 Riccardo Fucile
ALLE RUOTA DI SCORTA DI SALVINI VIETATO DAL DATORE DI LAVORO IL BRACCIO TESO PER NON FAR SCAPPARE I BUONI BORGHESI
Domani CasaPound ha deciso di andare in piazza con Salvini e la Lega. L’ex ministro dell’Interno ha fatto
sapere ieri che la manifestazione è aperta a tutti e che «questo giochino della piazza dei fascisti ormai fa ridere e non ci crede più nessuno».
Nel dubbio però questa mattina il capogruppo del Carroccio alla Camera Roberto Molinari ha messo in chiaro le cose e alcune basilari norme di comportamento. Una su tutte? Questa: «Certo che il saluto romano, in piazza domani, non è gradito».
Ora noi sappiamo che quelli di CasaPound sono i fascisti del Terzo Millennio, anzi «solo fascisti» come ha detto Gianluca Iannone nel 2015 durante una manifestazione della Lega e del Movimento Sovranità .
E sapete qual è il motto dei fascisti? Obbedisco.
E forse è solo un caso che qualche ora dopo Simone Di Stefano di CasaPound abbia comunicato ai suoi che domani in piazza certe cose non le vuole vedere. «È sicuro: se qualche mentecatto domani farà il saluto romano in piazza non sarà certo un militante di CasaPound». Insomma, evitiamo di farci riconoscere come al solito. Poi magari qualcuno lo farà lo stesso; e ovviamente ci vorrà poco a scoprire se l’eventuale malcapitato dovesse essere di CasaPound o meno.
Quelli di CasaPound il saluto romano non lo fanno (o non lo faranno) domani perchè per loro «è un gesto sacro da rivolgere solo ai caduti». Insomma si fa sì, ma solo per onorare un camerata che è morto, mica perchè è il gesto distintivo dei fascisti.
«Chi lo fa in piazza ad una manifestazione di centrodestra è una scimmia mitomane al servizio dei media», sentenzia Di Stefano.
E chissà se stava pensando a quelli che avevano fatto il saluto romano in piazza nel febbraio 2015 in occasione della manifestazione di Noi con Salvini, Lega e Sovranità , il movimento politico nato da un’idea di Salvini e CasaPound per il quale proprio Di Stefano venne candidato alla Presidenza della Regione Abruzzo.
In quell’occasione non risulta ci siano stati omaggi ai “caduti”. Eppure qualcuno lo ha fatto.
Anzi furono intervistate persone che non si nascondevano certo e dicevano di essere orgogliosamente sovraniste. E non risulta nemmeno Di Stefano abbia bacchettato quelli che lo facevano.
Un anno prima, a Milano, sempre in occasione di una manifestazione della Lega (ma allora è un vizio) per la “sovranità ” con tanto di bandiere europee con barrate con una X rossa ci furono altri saluti romani. Forse quelli però erano giustificati perchè le braccia tese scattarono al momento dell’inno nazionale. Inno di Mameli eh, mica quello dell’Italia fascista.
E non si capisce proprio come mai Di Stefano, che giusto due anni fa non aveva alcuna remora a definirsi fascista, oggi abbia così tanti scrupoli a farlo vedere in piazza.
Non è che forse essere fascisti senza farsi notare, magari stando in un angolo con il bandierone, dà meno fastidio a Salvini?
Così non si scandalizzano i bravi borghesi, i buoni padri di famiglia che vanno di nascosto a prostitute nigeriane, i “buoni cristiani” che abbinano la messa alla domenica e l’affogamento dei migranti durante la settimana e gli evasori fiscali (che nei regimi di destra peraltro finivano in galera).
I fascisti servono a fare numero, insomma, nel grande circo sovranista, basta che stiano con le mani abbassate.
Per chi si è arreso al conformismo non è poi un grande sacrificio.
(da agenzie)
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Ottobre 18th, 2019 Riccardo Fucile
DI MAIO E’ IL NUOVO LOBBISTA DI COMMERCIANTI E PROFESSIONISTI E DICE L’OPPOSTO DI QUANDO IL M5S ERA ALL’OPPOSIZIONE
“Abbiamo l’obbligo morale, oggi, di comunicare la nostra posizione, per evitare fraintendimenti”, il Movimento 5 stelle interviene sulla manovra con un duro post sul blog. “E lo facciamo – si legge ancora nella nota – con massimo senso di responsabilità , dall’alto del nostro consenso popolare, dall’ottica della nostra maggioranza parlamentare che è ago della bilancia per approvare ogni singola nuova misura o nuova legge in Italia. Senza il voto del M5s, infatti, non si va da nessuna parte. Questo è quello che hanno chiesto i cittadini nel 2018 e noi non tradiremo mai la parola data agli italiani”.
Il riferimento, in particolare, è alla misura sul contante: “Di fronte alle proposte contenute in manovra, dal tetto al contante alla multa sul Pos, saremmo anche d’accordo se queste rappresentassero delle vere misure anti-evasione finalizzate ad individuare ulteriori risorse per lo Stato. Ma qui il punto è che l’inserimento di queste misure non solo non fa recuperare risorse, ma addirittura rischia di porre questo Governo nello stesso atteggiamento di quelli del passato, che pensavano di fare la lotta all’evasione mettendo nel mirino commercianti, professionisti e imprenditori”.
E’ quanto si legge in un post pubblicato sul Blog delle stelle dal M5S. “Un segnale culturale devastante, se a maggior ragione nel Governo stiamo ancora cercando l’intesa sul carcere e la confisca per i grandi evasori, cioè per coloro che evadono più di 100.000 euro”.
Arriva dopo poco la risposta del dem Dario Franceschini che, con un tweet, ammonisce: “Un ultimatum al giorno toglie il governo di torno”.
Il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa da Bruxelles ha difeso la sua posizione di limitare l’uso del contante riducendo la soglia da tremila a duemila. “Portare la soglia del contante da tremila a duemila euro non mi sembra un messaggio di criminalizzazione di qualcuno, non stiamo svantaggiando nessuno”.
“Ci siamo premurati per tempo di lavorare con tutti gli intermediari finanziari perchè questa modalità digitale di pagamento non sia penalizzante per le commissioni. Ho parlato con tutti i principali operatori e saranno parte integrante della partita. Andremo ad azzerare o ridurre sensibilmente le commissioni”. E ha aggiunto: “C’è un iter parlamentare e dobbiamo rispettare le opinioni ma confido da presidente del Consiglio che questa manovra mantenga la sua coerenza intrinseca”.
Il premier da Bruxelles replica anche al leader di Italia Viva che ha annunciato un emendamento per cancellare Quota 100: Quota cento c’è, è un pilastro della manovra”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 18th, 2019 Riccardo Fucile
LE BUFALE RAZZISTE NON HANNO BISOGNO DI ESSERE VEICOLATE DA MOSCA (CHE PUR CI METTE DEL SUO)… CI SONO POLITICI E GIORNALISTI NOSTRANI CHE CI CAMPANO A DIFFONDERLE
Piazza Pulita parla dei troll russi e del ruolo del Web nel diffondere la narrazione dell’ultradestra.
«Parlano per la prima volta in tv programmatori e troll che hanno aiutato e rafforzato la propaganda sovranista anche in Italia», annuncia sui social il programma di Corrado Formigli.
E sarà senz’altro interessante sentire per l’ennesima volta come funziona (in teoria) la macchina della propaganda che sfrutta bot e account fake per rendere “virale” una notizia. Ma è davvero per merito (o colpa) di troll e botnet russe che la narrativa sovranista è così influente?
La risposta non può che essere una sola: no. E non è una risposta che vuole escludere la possibilità che in un certo momento nella continua battaglia di idee su Facebook o Twitter siano intervenuti account che pubblicavano contenuti in modo automatico. Semplicemente è una considerazione che parte da una domanda: i politici sovranisti come Matteo Salvini o Giorgia Meloni (ma anche soggetti minori della galassia sovranara come CasaPound o Forza Nuova) hanno davvero bisogno di bot per diffondere il proprio messaggio?
Perchè un conto è la nascita di una bufala a stampo sovranista, un altro è l’utilizzo di questo sistema automatico per condizionare il dibattito pubblico.
Perchè raramente succede che una notizia “pompata” con like comprati sul mercato “nero” dei bot russi diventi una notizia.
Beninteso: non significa che le bufale non possano diventare una notizia. Ci sono e ci sono stati siti che hanno monetizzato l’interesse virale per certe notizie palesemente false a sfondo razzista.
In alcuni casi si è scoperto che questi siti — i cui contenuti erano funzionali alla propaganda anti migranti — venivano gestiti “in serie” da strani personaggi. Ma non finisce certo qui, vi ricordate la storia dei terroristi dell’ISIS addestrati per farsi esplodere sulle nostre spiagge data qualche anno dal Giornale e Libero? Di sicuro in quel caso non c’erano bot russi a pompare la notizia dei vu cumprà kamikaze.
Come abbiamo già scritto le fake news non sono un sottoprodotto dell’Internet o dei social. Sono sempre esistite e spesso hanno avuto dignità di notizia sulla carta stampata o nei programmi televisivi.
Ed è proprio questo il punto: la propaganda e la narrativa sovranista non hanno alcun bisogno di bot e account fake comprati per due rubli al mercato dell’Est. Perchè la propaganda sovranista viene diffusa senza filtri e spesso senza un contraddittorio sui principali canali televisivi italiani.
E in un paese come il nostro Twitter e Facebook non sono certo i principali mezzi di informazione. Al massimo lo sono per i giornalisti, ovvero quelli che poi vi danno le notizie.
Ma da noi vale ancora il buon vecchio adagio del visto in tivù. Ed in televisione ci vanno proprio tutti, e fin qui niente da dire. Il problema è che spesso parlano senza un contraddittorio, in pratica è come se certi talk show fossero delle serate open mic per comici debuttanti.
Che le botfarm e le fabbriche di fake esistano non c’è dubbio, che ci sia una compravendita di account è noto: vengono usate anche per “pompare” contenuti pubblicitari o far crescere account di wannabe influencer. Che qualcuno abbia pensato di usarli per “pompare” il sovranismo non è certo un’ipotesi peregrina.
Senza alcuna pretesa di “smontare” un’inchiesta che deve ancora andare in onda ci limitiamo a sollevare dei dubbi su questa visione un po’ troppo a senso unico del fatto che i “cattivi” e gli avvelenatori di pozzi siano solo sui social e possano essere assoldati per “pompare forte” le notizie.
Ci limiteremo qui a fare alcuni esempi. Nel 2017 tutti hanno preso ad interessarsi agli “affari” delle Ong che sono rapidamente diventate complici degli scafisti, promotrici di un’invasione organizzata inesistente nei numeri e “taxi del mare”.
Quella narrativa è nata perchè un videoblogger che non è certo un bot russo (anzi è tutto fatti e logica accuratamente selezionati) aveva letto l’ultimo libro di Mario Giordano (che a sua volta non è un account fake) sul business delle Ong.
Come conseguenza, in seguito a mesi di discussioni sul ruolo (inesistente) delle Ong come pull factor, ipotesi di inchieste da parte di Procuratori Generali poi smentite e polemiche nei talk show venne approvato il famoso codice di condotta voluto da Minniti che ha contribuito ad allontanare molte associazioni dall’area delle operazioni.
E certo non erano i bot russi a far dire a Salvini che c’era un’invasione in atto o che c’era il rischio di una sostituzione etnica o di popolo. Anzi, Salvini e la Meloni di queste cose parlavano apertamente sui loro canali social ufficiali.
E del piano Kalergi, per dirne una, se ne parlava nella trasmissione di un giornalista che ora è senatore del MoVimento 5 Stelle: Gianluigi Paragone.
In fondo in cosa consiste la propaganda sovranista?
Nel raccontare che c’è un’invasione, che è organizzata dall’ebreo di turno (George Soros, nel nostro caso) e che gli immigrati sono pericolosi perchè delinquono e che quindi serve un blocco navale.
In una parola la propaganda sovranista più becera si riduce ad essere una forma di razzismo “scientifico”.
Vogliamo altri esempi? Parliamo allora di quello che molti giornali hanno scritto dopo l’omicidio di Emmanuel Namdi a Fermo. Nei primi giorni c’erano quotidiani che si facevano portavoce delle istanze della difesa di Amedeo Mancini (che alla fine ha patteggiato) e che spiegavano con dovizia di particolari come il Mancini fosse stato scagionato dalla testimonianza di alcuni supertestimoni e addirittura di come la moglie di Namdi si fosse “rimangiata quello che aveva detto” e avesse confessato di essersi inventata tutto.
Ma fino ad ora abbiamo parlato di partiti importanti: Fratelli d’Italia e la Lega forse non hanno bisogno dei bot per far “emergere” la propria narrazione. Chi resta? CasaPound?
Eppure proprio Formigli è uno di quei che i fascisti del Terzo Millennio ha contributo a sdoganarli sul piccolo schermo. Nessuno vuole puntare il dito contro Formigli, ma quante volte guardando i talk del mattino, del pomeriggio o della sera abbiamo visto parlare a ruota libera sedicenti esperti provenienti da prestigiose università telematiche o editorialisti di giornali di destra che ci spiegavano la loro visione sul complotto dell’Unione Europea che ci vuole tutti succubi e schiavi grazie ad un complicato sistema di specchi e leve?
E quante volte vi è capitato di imbattervi in una propaganda sovranista nata non già da account misteriosi ma dall’account ufficiale del ministro dell’Interno o di un qualsiasi parlamentare di destra?
Che bisogno c’è di account fake e di bot quando i giornalisti sono sempre pronti a rilanciare acriticamente qualsiasi uscita del politico di turno. E quante volte in televisione avete sentito spiegare che numeri alla mano non esiste alcuna invasione?
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 18th, 2019 Riccardo Fucile
L’ATTO CORAGGIOSO DI IVO CAIZZI E L’IMBARAZZO DI CONTE CHE NON SA COSA DIRE
Un atto doveroso ma comunque coraggioso quello del giornalista del Corriere della Sera Ivo Caizzi che, prendendo la parola per fare delle domande a Giuseppe Conte, ha detto chiaro e tondo che il portavoce del presidente del Consiglio, ovvero Rocco Casalino, viola le norme chiedendo in anticipo le domande ai giornalisti, ma soprattutto selezionandole.
Giuseppe Conte non sa bene come rispondere ed è visibilmente imbarazzato di fronte alle parole del giornalista che denuncia senza giri di parole il comportamento di Rocco Casalino.
Il portavoce del presidente del Consiglio infatti non solo chiede in anticipo le domande che verranno rivolte in conferenza stampa, abitudine non corretta ma nota e per alcuni aspetti perdonabile, ma soprattutto seleziona quali domande verranno permesse e quali no.
Un modo per favorire solo un certo tipo di informazione e, tocca dirlo, propaganda, filtrata da Casalino a monte.
Il video della domanda è diventato virale su Twitter, raccogliendo non solo l’indignazione dei giornalisti, che concordano sulla abitudine scorretta esplicitamente svelata e condannata da Caizzi, ma anche dei cittadini, sconvolti che il potere di Casalino arrivi a tanto e invocandone l’allontanamento dal Movimento 5 Stelle.
Non resta che aspettare per vedere se Giuseppe Conte agirà in qualche modo dopo aver tentennato di fronte a Caizzi.
(da agenzie)
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Ottobre 18th, 2019 Riccardo Fucile
MARTEDI INCONTRO ERDOGAN-PUTIN PER CAPIRE COSA ACCADRA’
La rabbia di Damasco. Il silenzio di Mosca. La presa di distanze dell’Europa. 
Il giorno dopo l’intesa su una “tregua” di 120 ore raggiunta da Stati Uniti e Turchia, la diplomazia internazionale s’interroga soprattutto sulle mosse di Bashar al-Assad e Vladimir Putin.
“Pensare ad una stabilizzazione in Siria che tagli fuori la Russia è giocare col fuoco” dice a HuffPost il professor Stefano Silvestri, già presidente dell’Istituto Affari Internazionali – D’altra parte, il problema è che sia la Turchia che gli Stati Uniti si sono messi in situazioni politicamente difficili da cui devono cercare di venirne fuori senza troppi danni. Gli Stati Uniti devono giustificare il ritiro dalla Siria mentre la Turchia deve giustificare l’efficacia della sua operazione militare prima che divenga troppo costosa, sia politicamente che militarmente. Per certi versi, gli interessi di Washington e di Ankara sono convergenti. Adesso però si tratta di vedere se questo si risolverà in una parentesi all’interno della crisi, di cui tutti si dimenticheranno, oppure se tra americani e turchi riusciranno a trovare sufficienti incentivi perchè gli altri interlocutori, Assad e Putin in primis ma anche l’Iran, accettino almeno in parte questa intesa di massima”.
Quanto a Putin, il suo silenzio dà conto di un risentimento da parte di Mosca su quella che, in via ufficiosa, viene giudicata dal Cremlino una mossa azzardata da parte americana e turca.
Una questione che il capo del Cremlino affronterà di petto martedì prossimo quando a Sochi incontrerà Erdogan.
Sul campo, la tregua vacilla a solo poche ore dal suo annuncio. I curdi denunciano la violazione del cessate il fuoco. “La Turchia sta violando l’accordo di cessate il fuoco continuando ad attaccare la città dalla scorsa notte”. scrive su Twitter Mustafa Bali, portavoce delle Fds, Forze democratiche siriane a maggioranza curda
.E l’agenzia curda Firat, afferma che i raid turchi hanno ucciso cinque combattenti curdi e feriti due.
Parla da vincitore il “Sultano”. Alla fine delle 120 ore” di tregua, “la nostra operazione Fonte di pace continuerà in modo ancora più determinato se gli Usa non manterranno le promesse” sull’evacuazione delle milizie curde Ypg dalla zona di sicurezza della Turchia, ha avvertito Erdogan
Intanto, Amnesty International denuncia che l’esercito turco e le milizie siriane alleate hanno compiuto “crimini di guerra” durante l’operazione militare contro i curdi.
Accusa infatti Ankara di “serie violazioni, omicidi sommari e attacchi illegali” segnalando un “vergognoso disprezzo per la vita dei civili”. Tra i casi indicati, anche la brutale esecuzione sommaria dell’attivista curda Hevrin Khalaf e della sua guardia del corpo da parte di milizie siriane addestrate e armate dalla Turchia.
La denuncia di Amnesty è stata elaborata sulla base dei racconti di 17 testimoni diretti, tra i quali ci sono medici, giornalisti e sfollati, e anche sulla base di registrazioni video. “Chiediamo ancora una volta alla Turchia di porre fine a queste violazioni – afferma Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty International – e di proteggere i civili nelle zone sotto il suo controllo. La Turchia non può sottrarsi alle sue responsabilità semplicemente delegando i crimini di guerra ai gruppi armati locali”. Secondo le autorità sanitarie dell’Amministrazione autonoma a guida curda nel nordest della Siria, fino al 17 ottobre sono stati uccisi almeno 218 civili, tra cui 18 bambini
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 18th, 2019 Riccardo Fucile
SUL GOMMONE GREMITO ANCHE 2 NEONATI E 1O DONNE… IL RACCONTO DELLA GIORNALISTA A BORDO
Centoquattro persone salvate e portate al sicuro sulla nave Ocean Viking: prima salgono i bambini, poi le madri e le donne sole. Infine tutti gli uomini, almeno 40 di loro non hanno ancora compiuto 18 anni.
L. è una delle donne tra le prime a salire a bordo, fa fatica, viene sorretta da tre soccorritori, prima di lasciarsi cadere a terra sul ponte della nave di Medici senza frontiere e Sos Mediterranee, e chinare il capo per un tempo lunghissimo.
Non si sentono le sue parole, non si sa se siano preghiere le sue, ma il suo gesto sembra significare gratitudine, come a dire “sono grata di essere qui, salva dagli orrori della Libia”.
Con lei ci sono altre 9 donne sole, senza marito e 2 bambini che hanno meno di un anno di vita e che trasportati da braccia sconosciute piangono dalla disperazione. Il loro pianto però dura poco: il tempo di essere di nuovo abbracciati dalle loro madri e al sicuro su una barca di 63 metri ben attrezzata e adatta a ospitare, in sicurezza, almeno il doppio delle persone soccorse.
Nella notte tra giovedì e venerdì a bordo della Ocean Viking era arrivato un primissimo allarme attraverso il segnale Navtext per un’imbarcazione in avaria a 41 miglia da Lampedusa, ma la nave di soccorso di Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranee a meno di 48 ore dallo sbarco a Taranto si trovava già in prossimità della cosiddetta area di search and rescue di competenza della Libia, a distanza di 180 miglia, troppe da coprire in una notte, troppe per arrivare in tempo a prestare soccorso alla barca in avaria.
Si prosegue, quindi, sulla rotta verso Sud per iniziare il pattugliamento davanti alle coste libiche, sperando che quell’allarme Navtext venga intercettato e preso in carico da qualche altra imbarcazione più vicina. Stando a quanto riportato su Twitter dal giornalista Sergio Scandura 80 naufraghi sarebbero attesi a Lampedusa: potrebbero essere proprio quelli dell’allarme Navtext, almeno, le coordinate paiono coincidere. Ma finora non sono arrivate conferme ufficiali.
Intanto davanti alle coste libiche, in corrispondenza della città di Al Khoms, alle prime ore di luce l’equipaggio – formato dalle due Ong Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranee che sulla Ocean Viking replicano il modello di soccorso che era stato possibile sulla nave Aquarius – va in fibrillazione per un primo avvistamento a distanza di binocolo.
“Lo vedi anche tu?” chiede una delle soccorritrici all’altra, silenzio. Si scruta di nuovo assieme l’orizzonte: “Effettivamente sembra un gommone, da cui si intravedono un centinaio di teste”. E’ la risposta che fa scattare l’allarme generale. Dalla plancia di comando vengono avvisate le autorità competenti a Tripoli e per conoscenza le centrali di coordinamento dei soccorsi de La Valletta e di Roma della possibilità di un intervento.
Il team dei soccorritori è operativo in pochissimo tempo: vengono preparati i giubbetti di salvataggio da distribuire, mentre l’èquipe medica rimasta sul ponte finisce di organizzare i container e la clinica per l’accoglienza dei naufraghi.
Il primo gommone attrezzato per i soccorsi viene calato in un mare che pare una pozza d’olio, seguito dal secondo rhib che si fa carico anche di una zattera di emergenza che, poi, fortunatamente non verrà utilizzata.
L’operazione di soccorso procede in modo efficace e dura meno di tre ore: tutte le persone letteralmente ammassate per oltre 12 ore sul gommone, 104 si scoprirà dopo, riescono a essere portate in salvo sul ponte della Ocean Viking, dove vengono accolte dalle mani tese, dalle parole di benvenuto e dalla cure dell’equipè di Medici senza frontiere. Acqua e tè per reidratarsi prima che inizino i controlli medici per valutare le condizioni delle persone a bordo.
Dopo il soccorso, l’equipaggio tira il fiato ma solo per poco: viene avvistato un pedalò vuoto in un tratto di mare che non è noto per il turismo ed è difficile immaginare come sia finito lì, senza pensare a scenari tragici.
Segue una richiesta degli attivisti di Alarm Phone per una barca di legno in difficoltà che però viene lasciata alla gestione della centrale di soccorso maltese, considerando che la Ocean Viking rispetto ai naufraghi si trovava a circa 80 miglia a Sud.
Intanto dal ponte di comando viene fatta richiesta per il cosiddetto place of safety, un porto sicuro di approdo, alla autorità che sulla carta è competente, vale a dire Tripoli. E per conoscenza la comunicazione viene diramata a La Valletta e Roma, per il momento non ci sono risposte.
Dal ponte della Ocean Viking la decisione è presto presa: si continua a pattugliare per provare a salvare altre vite umane.
(da “Avvenire”)
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