Novembre 17th, 2019 Riccardo Fucile
GLI UOMINI DI DESTRA VERA SOLIDARIZZANO CON LE FORZE DELL’ORDINE CHE RISPETTANO LA LEGALITA’, NON CON CHI OLTRAGGIA IL GIURAMENTO…SOLO GLI INFAMI STANNO DALL’ALTRA PARTE
Un gesto che, nell’ambito della strategia di comunicazione di Matteo Salvini, non può passare
inosservato e non può essere casuale.
Il leader della Lega, in occasione del tour turistico a Venezia, insieme al presidente della Regione Veneto Luca Zaia e al sindaco della città lagunare Luigi Brugnaro indossava un cappellino con visiera con lo stemma stilizzato dei Carabinieri.
Un tempismo quantomeno discutibile. Proprio il giorno precedente infatti, si è registrata la storica sentenza sul caso della morte di Stefano Cucchi: due militari dell’Arma sono stati condannati a 12 anni per omicidio preterintenzionale.
Una verità ripristinata, sul caso del geometra romano morto in seguito a un breve periodo di detenzione in carcere e in seguito al ricovero presso l’ospedale Sandro Pertini, dopo dieci anni.
Gli stessi Carabinieri, attraverso il generale dell’Arma Giovanni Nistri, si sono espressi dicendo che, con la sentenza di ieri, si è verificato uno dei passaggi più tristi della loro storia.
Un episodio che ha gettato inevitabilmente discredito sull’Arma, anche se le colpe di due militari non possono di certo ricadere sull’intero corpo. Già ieri, in ogni caso, Matteo Salvini si era dimostrato piuttosto tenero nei confronti dei Carabinieri, trincerandosi dietro a un generico: «Se qualcuno ha sbagliato, è giusto che paghi».
Salvo poi rincarare la dose sul caso Cucchi, sottolineando anche la sua contrarietà a qualsiasi tipo di consumo di droga o di spaccio. Oggi, arriva anche un sostegno implicito ai Carabinieri, grazie allo stemma che ha portato sul cappellino con visiera che ha esibito, in favore di camera e di fotocamera.
(da agenzie)
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Novembre 17th, 2019 Riccardo Fucile
“UN CARABINIERE DEVE SEMPRE ONORARE LA DIVISA CHE PORTA, QUELLI HANNO INFANGATO 200 ANNI DI STORIA DELL’ARMA”… ILARIA COMMOSSA: “QUEL GESTO MI HA SCALDATO IL CUORE, QUELLO E’ UN VERO CARABINIERE”
C’è stato quel gesto, quel baciamano, arrivato poco dopo la sentenza di condanna dei due carabinieri per l’omicidio di Stefano Cucchi. A farlo è stato un maresciallo maggiore dell’Arma che ha deciso di omaggiare così Ilaria, la sorella del geometra ucciso — ora anche per la giustizia — per quel pestaggio subìto dopo il suo fermo.
In molti lo hanno attaccato, in special modo sui social. Ma lui difende quel suo baciamano, ricordando a tutti il vero ruolo di un Carabiniere che deve sempre onorare la divisa, nel quotidiano.
«È stato un gesto spontaneo, non si è trattato affatto di esibizionismo — Ha detto il maresciallo maggiore dell’Arma -. Il nostro ruolo è quello di farci da parte e non stare sotto i riflettori. Io e i miei colleghi conosciamo la famiglia Cucchi da tempo, lavorando qui da anni nelle aule del tribunale».
La fotografia è stata scattata da Riccardo Antimani dell’Ansa ed è diventata il simbolo della sentenza e di tutto quel che ha seguito la morte di Stefano Cucchi.
Un gesto, un simbolo di un ricongiungimento dopo anni di polemiche, illazioni e ricostruzioni errate. Volutamente errate, Poi è arrivata la giustizia e quel baciamano che mette fine a tutto. Senza lasciare altro spazio a interpretazioni. Ma alcuni hanno, ovviamente, criticato quel gesto sui social. Come se, in questo caso, sia legittimo dover dire la propria sulla qualsiasi cosa.
«Non mi aspettavo tutto questo clamore: mi sono sentito di farlo e l’ho fatto — aveva detto il Carabiniere poco dopo la sentenza -. Ho assistito ai dibattimenti a tutti quelli qui a Rebibbia, porto la divisa da venti anni e da tre anni e mezzo sono in servizio all’aula bunker. Mi sento in colpa per l’Arma ed e’ stata una forma di scusa, quei carabinieri condannati hanno infangato duecento anni di storia. Un gesto commentato così da Ilaria Cucchi: «Questa per me è stata una carezza. Mi ha scaldato il cuore. Questo per me è un carabiniere vero».
(da agenzie)
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Novembre 17th, 2019 Riccardo Fucile
SUI SOCIAL INSULTI A MOGLIE E FIGLI DELL’UOMO CHE HA ROTTO IL NASO ALL’ALLENATORE DEL FIGLIO: “BASTA MANCANZA DI RISPETTO, E’ GIUSTO CHE PAGHI LUI, MOGLIE E FIGLI NON C’ENTRANO NULLA”
“Chi prende di mira la moglie e i figli di quell’uomo sbaglia almeno quanto ha sbagliato lui
quando mi ha picchiato”: quello di Roberto Guali, l’allenatore della squadra di minibasket Basket 2000 di Lavena Ponte Tresa (nel Varesotto) che lo scorso weekend al termine di una partita è stato aggredito dal padre di uno dei suoi piccoli giocatori, è un appello ad abbassare i toni, in modo che del brutto gesto di cui è stato vittima non facciano le spese bambini incolpevoli.
L’episodio, denunciato prima con un comunicato congiunto firmato dai presidenti delle società Pallacanestro Verbano Luino e Basket 2000 Lavena Ponte Tresa e poi con un lungo sfogo dello stesso Guali pubblicato sulla pagina Facebok “La giornata tipo”, ha suscitato un’ondata di indignazione. Al punto tale che ora è proprio chi ha subito l’aggressione a chiedere di mettere un freno: “La famiglia dell’uomo che mi ha colpito sta vivendo troppe difficoltà – spiega Roberto Guali – È giusto che paghi lui, ma non sua moglie e soprattutto non i suoi figli”.
Sulla stessa lunghezza d’onda la società : “A noi non interessa alimentare polemiche, ma far arrivare ai bambini e alle loro famiglie un messaggio fondamentale, ovvero che qui le regole della buona educazione e del rispetto reciproco devono sempre essere rispettate – sottolinea Giuseppe Cosentino, presidente del Basket 2000 Lavena Ponte Tresa – Altrimenti potremmo addirittura prendere la decisione drastica di non ammettere più i genitori alle partite”.
La moglie del genitore manesco ha scritto una lettera ai giornali locali chiedendo di tenere conto anche dei suoi sentimenti e di quelli dei loro tre figli, che stanno soffrendo per l’odio e il disprezzo che tante persone stanno manifestando nei confronti della loro famiglia. “Lo voglio ribadire, i suoi bambini non devono pagare per il suo errore – conclude Guali – Non li faccio pagare io in nessun modo quando li alleno in palestra e così devono fare anche gli altri”.
(da agenzie)
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