Novembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
ENU ALUKO: “ORGOGLIOSA DI AVER VINTO TANTO MA L’ITALIA E’ INDIETRO DI DECENNI SUL TEMA DELL’INTEGRAZIONE”
“Basta essere trattata come una ladra”. E’ un triste addio quello di Eniola Aluko, che lascia la Juventus. Lo annuncia lei stessa scrivendo una lettera al Guardian. Una sola stagione e mezzo in cui la calciatrice nigeriana naturalizzata britannica, ha conquistato il tricolore, la Coppa Italia e la Supercoppa nazionale.
“Questo fine settimana voglio giocare la mia ultima partita per la Juventus, portando a termine un anno e mezzo di grandi successi e tanto apprendimento – ha detto la Aluko -. Quando sono arrivata nell’estate del 2018, sono stata conquistata da un grande club e da un grande progetto. Sul campo abbiamo vinto tanto: un titolo di campionato, la coppa nazionale e la Supercoppa”.
Diverso il discorso fuori dal campo: “A volte Torino sembra un paio di decenni indietro sul tema integrazione. Sono stanca di entrare nei negozi e avere la sensazione che il titolare si aspetti che io rubi qualcosa”, ha accusato la Aluko.
“Tante volte arrivi all’aeroporto – ha detto ancora – e i cani antidroga ti fiutano come se fossi Pablo Escobar…”
L’attaccante nigeriana ha precisato però “di non avere avuto episodi di razzismo dai tifosi della Juventus nè tanto meno nel campionato di calcio femminile, ma il tema in Italia e nel calcio italiano c’è ed è la risposta a questo che veramente mi preoccupa, dai presidenti ai tifosi del calcio maschile che lo vedono come parte della cultura del tifo”.
“Ripensando ai miei successi con questa squadra, che includeva il completamento della scorsa stagione come capocannoniere, sono orgogliosa. Quando sono arrivata, non sapevo se potevo adattarmi allo stile di gioco, alla cultura, alla lingua e alla città di Torino. Sapevo che avrei giocato, ma non sapevo dove, o quanto bene. In una squadra costruita attorno a un nucleo di nove nazionali italiane, sono riuscita a integrarmi perfettamente. Non credo sia una cosa facile da fare per un attaccante internazionale. Quindi lasciare dopo soli 18 mesi non è stata una decisione facile. Mi rendo conto che la mia attenzione deve essere rivolta ai prossimi 3-5 anni della mia carriera piuttosto che ai prossimi mesi, ma riflette anche il fatto che ho trovato gli ultimi sei mesi molto difficili”.
“La mia ultima partita è contro la Fiorentina, seconda classificata della scorsa stagione. È un match importante nella corsa al titolo contro una diretta concorrente. Non vedo l’ora di salutare i tifosi della Juventus che mi hanno mostrato rispetto e sostegno. Domenica torno a casa”, ha aggiunto l’attaccante.
“Tra oggi e Natale lavorerò per Amazon seguendo le partite della Premier League, della WSL e facendo altre cose eccitanti come finire il mio libro. Molte persone vedono la fine dell’anno come un momento di riflessione e quindi per fare piani e fissare obiettivi per il futuro, e sicuramente lo farò anche io. Dopo 18 mesi il capitolo si sta chiudendo, in una lunga carriera. Tornerò a casa, dove tutto è iniziato, e ancora una volta sono entusiasta di ciò che il futuro ha in serbo”, ha concluso la Aluko.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
TRE CASI: L’OFFERTA ALLA GABANELLI PER FAR PERDERE BONACCINI, LA ROTTURA IN CALABRIA AD ACCORDO FATTO E LE NOMINE RAI FATTE SALTARE TRAMITE SMS… MAI FIDARSI DI UN GIUDA ATTACCATO ALLA POLTRONA
Mettetevi nei panni del segretario del Pd, magari solo nelle ultime 48 ore, anche se la
prospettiva è da brivido.
Arriva una telefonata da Bologna: “Nicola, tieniti forte. Sai perchè Di Maio ha incontrato la Gabanelli qualche giorno fa?”. Riposta: “No perchè?”. L’altro: “Le ha chiesto se si voleva candidare contro Bonaccini, è proprio una mossa per farci male”.
È chiaro il perchè: la popolare giornalista, già candidata da Beppe Grillo al Quirinale qualche anno fa, avrebbe rappresentato, in una battaglia sul filo di pochi voti, la sconfitta sicura per il Pd. Avrebbe, perchè al momento la giornalista sembra aver detto di no. Almeno questo risulta al Pd.
Sempre nei panni del segretario del Pd, affrontate il nodo Calabria.
Lunedì l’accordo tra Pd e Cinque stelle sembrava fatto, dopo due riunioni a Roma, la seconda fino a serata inoltrata. Da un lato Stefano Graziano, ex parlamentare e commissario del Pd in Calabria e Nicola Oddati, della segreteria nazionale del Pd, con delega al Mezzogiorno. Dall’altro Paolo Parentela e Anna Laura Orrico, parlamentari calabresi dei Cinque stelle, che hanno il mandato a trattare.
Nei giorni precedenti, proprio in Calabria, erano usciti appelli dei sindacati, imprenditori antimafia, mondi non lontani dai Cinque stelle per sollecitare l’alleanza tra Pd e Cinque stelle contro la destra.
Al tavolo Graziano e Oddati offrono tre punti, fatti apposta per favorire il processo: un programma di rinnovamento, liste di discontinuità rispetto alla gestione Oliverio e pieno sostegno a un candidato civico gradito ai Cinque stelle.
Graziano la mette proprio così: “Per noi il migliore è Callipo, che era anche quello che volevate voi, perchè ha un grande valore aggiunto in termini elettorali, ma non ostacoleremo neanche l’altro da voi indicato, Aiello, se questo agevola”.
C’è una stretta di mano di massima. La mattina dopo però arriva la dichiarazione che non ti aspetti. Dopo una riunione con i parlamentari calabresi Luigi Di Maio fa saltare anche questo accordo: “Qui non è replicabile nessun modello Umbria. Andiamo da soli con Ajello”.
Game over, certificato dalla nota di oggi dei due titolari della trattativa per il Pd: “In Calabria c’erano le condizioni per il rinnovamento, i Cinque stelle scelgono il ritorno al passato”.
Altra telefonata, nella mattinata di ieri, di Dario Franceschini: “Sulla Rai è andato all’aria l’accordo”. È stato proprio Franceschini che, alle due di notte, ha ricevuto un sms da Vincenzo Spadafora, colui che ha condotto la trattativa per i Cinque stelle: “Di Maio mette il veto su Orfeo al tg3. È saltato tutto”.
C’è anche dell’altro, oltre al veto sulla casella del tg3: un insieme di richieste che sbilanciano l’assetto complessivo, risultando indigeribili per il Pd.
Il risultato è che, per ora, resta la Rai gialloverde, con Salini che assume l’interim della casella che fu di Freccero, in attesa che si capisca se Di Maio è disposto a trattare, o meno. E in che termini.
Aggiungete, per completare il quadro, che l’ultimo incontro tra il segretario del Pd e Luigi Di Maio risale alla cena prima delle elezioni umbre. Da allora giusto qualche messaggio sul telefonino, formali, senza grandi confidenze e complicità politica.
Non un rapporto normale tra leader alleati. In compenso i consiglieri regionali del Movimento in Emilia, così come parecchi in Campania e in altre regioni, hanno fatto sapere al Nazareno che, fosse per loro, l’alleanza si farebbe in un minuto: “È Di Maio che non vuole. Così è inevitabile che prima o poi ci spaccheremo”.
Nei panni del segretario del Pd, qualche sospetto vi verrebbe sulle reali intenzioni del capo politico dei Cinque stelle.
Sospetti che rischiano di diventare certezze se tutti gli elementi rivelano una certa sistematicità nell’azione.
È così che viene letto il quadro, come “un tentativo scientifico di destabilizzazione”: Emilia, Calabria, Rai, prescrizione, fondo salva stati, eccetera eccetera.
Tentativo diventato ancora più scientifico dopo il tentativo di commissariamento da parte di Beppe Grillo, la cui immagine introiettata al Nazareno cozza forse col suo potere dentro il Movimento.
Insomma, diciamola senza girarci attorno: il retro-pensiero che il capo dei Cinque stelle voglia, prima o poi, tornare al voto con Salvini, non è così azzardato.
E che su questo sia maturato un asse con Di Battista. Ecco, è questa la spiegazione che si sono dati in parecchi al Nazareno, la famosa “analisi di fondo”, come amano dire da quelle parti: è giovane, ha il problema dei due mandati, mette in conto, se capisce di non avere futuro lì dentro, anche di fare una costola populista che si allea con Salvini, se non riuscirà a rimanere capo del Movimento.
In una prospettiva del genere il suo posto al governo è assicurato.
Populismo che si riunisce a populismo, ontologicamente avverso a una evoluzione nell’ambito di un “nuovo centrosinistra”.
Di prove d’amore Di Maio ne sta dando a sufficienza: tiene la Rai che piace a Matteo, lo aiuta a far perdere il Pd nella sua battaglia per la vita, contribuisce a rendere più fragile il governo, diversamente da Conte non attacca mai Salvini, ma non perde occasione per distinguersi dai propri alleati.
Ai leghisti non sfugge tanta buona volontà . Giorgetti, in privato, lo dice spesso: “C’è una sudditanza psicologica di Di Maio a Salvini”.
La tesi condivisa anche da parecchi dentro i Cinque stelle. Sono gli stessi però che aggiungono: “Se volesse strappare, adesso non avrebbe i numeri perchè non controlla più i gruppi”.
Adesso, però il punto è il processo politico innescato da questa testarda opera di resistenza. È per questo che al Nazareno si parla di “voto a marzo”, non come auspicio ma come eventualità che rischia di essere nelle cose, perchè se dissemini il terreno di mine, prima o poi qualcosa scoppia.
La domanda è: che succede se Bonaccini perde di tre punti e il Movimento in Emilia prende il 4 per cento?
È ragionevole pensare, nei panni del segretario del Pd, che fino al 26 gennaio non succederà niente, se “niente” si può definire un governo paralizzato, un percorso accidentato sulla manovra, un’incertezza sulla vicenda del fondo salva-stati, che riguarda, in definitiva, il rapporto del governo con l’Europa.
Dopo, in base a come andrà , è difficile fare previsioni. È la nuova dead line della politica italiana. Ad oggi c’è che i due partiti che governano assieme si presentano agli elettori da avversari. E il governo, come evidente, già non è al riparo dalla fisiologica conflittualità che questo determina.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
E IL PREMIER LUNEDI’ IN AULA: “SPAZZERO’ VIA MEZZE RICOSTRUZIONI, MENZOGNE E MISTIFICAZIONI”
Lega e Fratelli d’Italia all’attacco della riforma del Mes. È Matteo Salvini in prima persona a scagliarsi contro il Fondo salva-Stati, arrivando a chiedere l’intervento di Sergio Mattarella per fermare un “attentato alla sovranità nazionale”.
Nella notte Giuseppe Conte aveva assicurato da Accra, in Ghana, che “sarò presto in Aula e avremo la possibilità di chiarire a tutti gli italiani quello che sta accadendo, sul negoziato e su come ci siamo arrivati”.
L’appuntamento è previsto per lunedì 2 dicembre alle 13 alla Camera.
Poi, incontrando i giornalisti, il presidente del Consiglio torna sull’argomento e annuncia che porterà Salvini in tribunale: “Il primo momento utile è lunedì, come sempre sarò in Parlamento, in modo trasparente, a riferire tutte le circostanze. Spazzerò via mezze ricostruzioni, menzogne, mistificazioni. Chi oggi si sbraccia a minacciare, io dico: Salvini vada in procura a fare l’esposto, e io querelerò per calunnia”.
Secondo Nicola Zingaretti, “la Lega vive alimentando paure. Quando era al Governo, Salvini ha condiviso e approvato la riforma del Fondo salva Stati – scrive su Facebook il segretario Pd – Ora, come al solito, diffondono teorie false per danneggiare l’Italia, la sua forza e credibilità , per allontanarla dall’Europa e indebolirla. Non lo permetteremo mai”.
(da agenzie)
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Novembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
NESSUNA BANDIERA E LE CANZONI DI DE ANDRE’ CONTRO IL SOVRANISMO
Le canzoni di De Andrè’, i pesciolini colorati di cartone, ma niente bandiere: le sardine di
Genova hanno invaso piazza De Ferrari, l’hanno riempita fino all’ultimo angolo al grido di “Genova non abbocca”: ottomila ragazzi, adulti, anziani, famiglie si sono stretti attorno alla fontana fino a palazzo Ducale, al Carlo Felice, e davanti al palazzo della Regione per sire sì alla solidarietà , no all’odio, al sovranismo e al populismo.
Le sardine nel mare di Genova non sono famose, il pesce azzurro per eccellenza sono le acciughe, anzi, le “ancioe”, così, anche lo slogan nazionale cambia, diventa “ancioe per la solidarietà “.
Studenti, professionisti, anziani, bambini: una folla eterogenea legata da un unico slogan, “Genova non abbocca”.
Ma a cosa non abbocca? “Al sovranismo, al populismo, all’odio, al razzismo, alla discriminazione”, chiarisce Roberto Revelli, uno degli organizzatori della manifestazione che, sottolinea, “è apartitica”.
C’è chi sul cartone delle sardine ha riprodotto anche il volto di Don Gallo, il prete degli ultimi, che ha sempre marciato “in direzione ostinata e contraria”.
Sulla scalinata gremita di palazzo Ducale, di fronte alla fontana di piazza De Ferrari, sono in tanti a passarsi il microfono per lanciare il proprio messaggio. Non sono persone note, ma comuni cittadini.
C’è chi si appella alla Costituzione, che “non è un reato ed è per questo che siamo qua stasera, perchè ci riconosciamo nei valori della Costituzione, che è il nostro unico slogan”.
Oppure chi invoca la difesa dei “diritti umani che sono indivisibili: o valgono per tutti o non valgono per nessuno. Non possiamo pensare di toglierli ad alcune categorie di persone e pensare che le altre stiano meglio”.
E ancora, si ricordano le tragedie dei migranti: “Chiediamo di aprire corridoi umanitari subito perchè non vogliamo più seppellire quei morti a Lampedusa: non vogliamo centri di detenzione per stranieri”.
Poi il discorso si allarga e c’è chi sottolinea l’importanza di garantire “il diritto all’istruzione, alla sanità , al lavoro per tutti”. Ad ogni parola, uno scroscio di applausi, ad ogni intervento una canzone
Non c’è rabbia nella piazza: sembra una festa colorata “per ricordarci di essere comunità “, dicono gli organizzatori, “in nome della solidarietà ” perchè, recita un altro cartello già visto in altre piazze, in altre città , stavolta è Genova che “non si lega”.
(da agenzie)
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Novembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
INTENZIONATI A VOTARLI IL 28% DEGLI ELETTORI PD, IL 20% DI QUELLI M5S E L’8% DEGLI ELETTORI DELLA LEGA (IL SONDAGGIO PROPONEVA SOLO QUESTI TRE PARTITI)
Le Sardine stanno riempiendo le piazze.
Sulla scia dell’evento organizzato a Bologna in occasione del lancio della campagna elettorale della Lega in Emilia Romagna, lo scorso 14 novembre, nuovi gruppi sono nati in tutta Italia.
Ma, il movimento nato sull’iniziativa di tre giovani, dichiaratosi fin da subito apolitico, quale consenso avrebbe se invece si presentasse alle elezioni politiche?
Secondo un sondaggio di Emg Acqua, trasmesso da Agorà il 77% degli intervistati non li voterebbe. Di questi l’89% fa parte dell’elettorato della Lega, il 68% del Pd e il 71% degli elettori M5S.
Ma il dato più interessante è che un 17% voterebbe un eventuale scesa in campo in politica delle «sardine», con la maggioranza delle preferenze proveniente dagli elettori del Pd e del M5S. Anche un 8% di leghisti direbbe si al movimento.
(da agenzie)
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Novembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
L’OPERAIO DELL’EX EMBRACO E’ UNO DEI 497 LAVORATORI LICENZIATI: “IL SUO GOVERNO CHE HA FATTO? NULLA, SOLO PROMESSE”… E SALVINI SBIANCA, CAMBIA DISCORSO E PARLA DELL’EUROPA: UNA FIGURA DI MERDA
Ieri Matteo Salvini era ospite di Cartabianca su Rai 3. Ai suoi fan su Facebook ha presentato
così il suo intervento: «gli Italiani non vogliono elemosine ma opportunità : estensione della pace fiscale e Flat tax al 15% anche per le famiglie. E se devo spendere tre miliardi per mettere a posto ponti, viadotti e scuole, faccio uno zero virgola di deficit in più piuttosto che inventarmi la tassa sulla plastica o sullo zucchero».
Messa così sembra proprio che Salvini sappia cosa vogliono davvero gli italiani. Che sia davvero convinto che gli italiani vogliono meno tasse per i ricchi e una manovra da 50 miliardi di euro che la Lega non ha ancora trovato il coraggio di dire come e dove troverà .
Ma ieri a Cartabianca Salvini non ha solo fatto il suo solito comizio. Perchè ieri a Cartabianca c’era Daniele Barbuto, delegato sindacale della (ex) Embraco.
Non un eroe, non un politico, un operaio: un cittadino.
Uno di quelli che secondo Salvini non vuole elemosine ma opportunità . Embraco è un’azienda che faceva parte del gruppo Whirlpool (produce compressori). Faceva, perchè ad un certo punto Whirpool decide di chiudere tutto mandando a casa 497 lavoratori.
Salvini la storia la conosce bene visto che aveva dedicato questo profondo pensiero agli operai quando subentrò l’israeliana Ventures: «ho vissuto fin dal primo momento la crisi e mi sono battuto per una soluzione».
Sapete cosa aveva fatto davvero Salvini? Nulla, perchè la vertenza era stata portata avanti dall’ex ministro Calenda quando lui non era ancora al governo e si faceva fare le foto con le magliette dell’Embraco.
Ma tanto era stato bravo Salvini a gioire per meriti non suoi quanto a fare finta di nulla quando la crisi dello stabilimento di Riva di Chieri è tornata a colpire gli operai.
Perchè il piano di reindustrializzazione della Ventures non è mai partito. I lavoratori se ne erano accorti già a febbraio del 2019, tant’è che Carlo Calenda si era offerto di fare gratuitamente da consulente a Di Maio (il ministro dello Sviluppo Economico) per seguire la fase di transizione. Che non è mai facile, soprattutto quando il Governo “dimentica” le vertenze e le crisi aziendali.
L’Embraco con il governo gialloverde ha subito la stessa sorte di Whirpool, di MercatoneUno e di un centinaio di vertenze (e migliaia di lavoratori) che sono rimaste nei cassetti del Ministero.
Come stanno oggi all’ex Embraco? Stanno come tutti quelli in cassa integrazione. Cosa ha fatto il governo di cui Salvini faceva parte? Niente.
Il piano industriale è rimasto fermo per 14 mesi, la durata esatta del governo Lega-M5S. E la produzione non è mai ripartita.
Salvini di quel governo era ministro dell’Interno, all’occorrenza facente funzione di altri ministeri, almeno a parole. «Stare in cassa integrazione vuol dire guadagnare 700 euro al mese», ha detto Barbuto. «Noi cerchiamo il lavoro, il lavoro ci è stato tolto. Ci è stato presentato un sogno, che poteva essere una reindustrializzazione ma questa reindustrializzazione non c’è mai stata», continua Barbuto.
E non c’è stata anche perchè sono scomparsi dei soldi (milioni di euro) che Whirpool aveva lasciato all’azienda.
«Quei soldi saranno pur finiti da qualche parte no?» commenta Salvini con la faccia di quello che fino a tre mesi fa non era al Governo del Paese.
Perchè la Lega è così, Zaia si fa venire dubbi esistenziali su come mai il MOSE non è finito.
Salvini fa capire che della Embraco non si è mai interessato (nella migliore delle ipotesi, ovvero quella in cui sinceramente abbia detto di non sapere nulla).
Ma Salvini è pur sempre quello che quando si tratta di parlare di soldi “spariti” non lo fa volentieri. Quindi tocca adeguarsi. «Il governo che ha avallato questa cosa era quello dove stava Calenda. Il problema è che il governo che è venuto subito dopo che è quello dove stava anche lei non ha fatto i controlli» dice Barbuto.
Ma Salvini non vuole parlare dei controlli che il suo governo non ha fatto, non vuole dire che al MISE ci stavano anche i viceministri e i sottosegretari della Lega (ad esempio Dario Galli e “l’indipendente” Geraci).
Attacca invece a parlare della concorrenza sleale all’interno dell’Unione Europea e di tante brutte cose. Ma il comizietto viene stroncato sul nascere non appena Salvini dice «faccio i compiti a casa, non faccio promesse» perchè Barbuto ribatte: «se vuole fare i compiti a casa, li faccia su una frase che ha detto un grand’uomo: “Chi deve pagare non devono essere sempre i soliti, gli operai, le masse popolari”. Questa persona era Enrico Berlinguer».
Ora Salvini è all’opposizione e vuole impegnarsi a fare cose utili nonostante quelli dall’altra parte remino contro. Quando era al Governo evidentemente era troppo facile cambiare le cose.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
SALVINI TROPPO LEGATO A PUTIN E IL PRESIDENTE USA VIRA SULL’ALTRA SOVRANISTA DE NOIATRI, INVITATA ALL’AMBASCIATA USA
Nell’universo sovranista italiano si offusca la stella di Matteo Salvini mentre splende sempre di più quella di Giorgia Meloni.
La leader di Fratelli d’Italia, ritratta con Steve Bannon, 66 anni, in occasione dell’intervento dell’ex stratega di Donald Trump ad Atreju, la festa di Fratelli d’Italia, nel 2018, in quella circostanza la leader di Fdi annunciò l’adesione del suo partito a “The Movement”, il “movimento populista mondiale” di Bannon.
E ora, scrive Claudio Tito su Repubblica, si avvicina agli USA:
Donald Trump scende in campo. Non solo negli States per la corsa al secondo mandato presidenziale. Ma anche in Italia. Ovviamente non in prima persona, ma per interposta leadership. Il suo passo, infatti, sta tastando anche il nostro terreno in vista di eventuali elezioni anticipate. E le sue scelte sono state già compiute. La preferenza rimane nel perimetro cosiddetto “sovranista”. Il favore, però, non è per Matteo Salvini bensì per Giorgia Meloni
Che ci fosse del feeling tra l’universo “trumpiano” che si muove nel nostro Paese e la capa di Fratelli d’Italia, lo si era capito. Ma due settimane fa, per la precisione nel tardo pomeriggio di martedì 12 novembre, è accaduto qualcosa di più: è stata invitata dall’ambasciatore statunitense a Roma, Lewis Eisenberg, ad un incontro super riservato. Il faccia a faccia si è svolto nella residenza del diplomatico Usa, Villa Taverna. L’esito del colloquio è stato tanto pragmatico quanto fondamentale per il partito sovranista: l’amministrazione di Washington trasmette il suo apprezzamento.
Al punto da rendersi disponibile a collaborare per un nuovo viaggio negli Stati Uniti della Meloni all’inizio del 2020.
Una missione organizzata per farle varcare i cancelli della Casa Bianca per parlare direttamente con Trump o in alternativa con il vicepresidente Pence.
L’agenda e le date sono ancora definire. Nelle intenzioni della presidente di Fdi ci sarebbe anche il tentativo di fare conoscenza, nella stessa occasione, con i pezzi forti del Grand Old Party, ossia del Partito Repubblicano.
(da agenzie)
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Novembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
FRANCESCA RIZZI ERA INTERVENUTA COME RELATRICE A UN CONVEGNO A LISBONA
Ne avevamo parlato a Open in un articolo del 19 novembre, riportando i suoi post pubblicati
su VK dove insultava Matteo Salvini definendolo «una m***a sionista» e quelli contro Liliana Segre.
Oggi scopriamo che c’è anche lei tra gli indagati dell’operazione «Ombre nere» della Digos di Enna che ha portato allo scoperto un movimento neonazista in possesso di un arsenale tra armi da fuoco ed esplosivi.
Dai comunicati della Polizia di Stato si legge che «un’indagata è intervenuta in qualità di relatrice, distinguendosi per l’accesa retorica antisemita del proprio intervento» durante una conferenza nazionalista svoltasi lo scorso 10 agosto a Lisbona. Francesca Rizzi si trovava proprio in quel convegno ed era lei seduta in mezzo ai relatori
Durante il contest di “Miss Hitler” circolava una sua immagine di propaganda con il testo riportato anche dal sito portoghese Sabado.pt :
Nazional socialisti d’Europa uniamoci per combattere il nostro vero nemico “il sionismo” che per anni ha mistificato i fatti hanno strisciato fino ad arrivare nei nostri parlamenti grazie a traditori della patria, comprano le nostre terre come se gli spettassero di diritto, quando il loro unico diritto è quello di sparire dalla faccia della Terra!!! Per i nostri figli e i figli dei nostri figli noi dobbiamo ribellarci e combatterli ! Sieg heil ein Further
Ad oggi il suo profilo VK risulta eliminato
(da Open)
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Novembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
DOPO GLI OTTO AMICI SISTEMATI NELLO STAFF AL MINISTERO DEGLI ESTERI
Luigi Di Maio colpisce ancora. Dopo gli otto “amici” piazzati nello staff al ministero degli Esteri oggi tocca all’ex consigliere giuridico, che finisce nel board del Fondo Nazionale Innovazione.
Racconta Il Giornale
Marco Bellezza, ex consigliere giuridico di Palazzo Chigi del vicepremier grillino nel Conte 1, trova una poltrona (grazie a Di Maio) nel board del Fondo Nazionale Innovazione (Invitalia Ventures SGR). Sono ora dieci gli ex amici — consulenti «riciclati» grazie al capo politico dei Cinque stelle nel passaggio dall’esecutivo giallorosso a quello gialloverde. Il reddito di amicizia funziona alla grande.
Dopo gli otto ex staffisti — consiglieri del ministro portati alla Farnesina, e la nomina nel Cda di Anpal (Agenzia Nazionale delle Politiche Attive sul Lavoro) di Giovanni Capizzuto, ex capo della segreteria tecnica del capo politico dei 5 stelle al ministero del Lavoro, è il turno dell’avvocato Bellezza.
L’incarico rientra nel giro di nomine sbloccato due giorni fa dal governo Conte bis. Nei 14 mesi del Conte 1, l’avvocato Bellezza è stato l’uomo ombra del vicepremier Di Maio. Collezionando incarichi su incarichi. Poi Matteo Salvini manda all’aria il governo Conte. E anche la poltrona di Bellezza salta.
In soccorso arriva il navigator Di Maio che subito ricolloca l’ex consigliere giuridico. Ricollocamento avvenuto in tempi record anche per gli ex amici-collaboratori, sistemati nello staff alla Farnesina.
In cima c’è Augusto Rubei, inquadrato come «Consigliere del ministro per gli aspetti legati alla comunicazione, relazioni con i media e soggetti istituzionali», stipendio 140mila euro.
Su Instagram si trovano facilmente le foto del matrimonio di Rubei, ospiti Luigino e fidanzata. Erano assistenti a Palazzo Chigi, e ora lo sono al ministero degli Esteri, altri quattro del cerchietto magico di Di Maio: Pietro Dettori, Sara Mangieri, Daniele Caporale e Alessio Festa.
Dettori è stato sistemato come Consigliere del ministro per la cura delle relazioni conleforze politiche inerenti le attività istituzionali.
(da “NextQuotidiano”)
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