Destra di Popolo.net

IL SILENZIO DEL CAPITANO E DI TUTTO L’EQUIPAGGIO

Agosto 10th, 2020 Riccardo Fucile

LA VICENDA DEL BONUS SI RITORCE CONTRO CHI DI POPULISMO ANTI-CASTA HA PROSPERATO

Morale della favola: ventiquattr’ore dopo, la scoppola fa male soprattutto in casa leghista.
Dove all’ira di Matteo Salvini, che pure ha dovuto passare rapidamente dal “dimissioni, vergogna” all’”immediata sospensione dal gruppo” ha fatto da contrappunto il protagonismo di Luca Zaia, che partendo da se stesso ha esortato eletti e amministratori locali alla trasparenza finanziario-contributiva in un “Me Too al contrario”.
Dallo scarso seguito, però, come gli auspici all’autodenuncia ripetuti dai vertici di via Bellerio. Può darsi che sia stato buon profeta Massimo Garavaglia, che al mattino in tv, aveva avvisato: “La peggiore punizione sarà  la gogna mediatica”.
Già : infatti, cercano in tutti i modi di evitarla. Soprattutto in un partito che ha fatto del populismo duro e puro una fucina continua di slogan, e che adesso li intravvede tornare tutti indietro come il più proverbiale dei boomerang.
Tra gli escamotage, anche la suggestione di “disguidi” legati all’operato dei vari commercialisti. Prima ventilata nella chat interna del partito, poi avanzata in chiaro da Claudio Borghi, anche lui deputato nonchè economista: “Saranno stati i commercialisti a richiedere il bonus in modo automatico”. Insomma, una categoria di incapaci se non peggio.
Così, il consigliere economico di Salvini si becca la reprimenda del presidente dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili Matteo De Lise: “Per i nostri politici è sempre e comunque colpa dei commercialisti. Si potrebbe dire: piove, stupido commercialista. Non essendo mai stati invitati ad un tavolo tecnico, non abbiamo potuto spiegare al governo come in realtà  gli aiuti a pioggia non servano, proprio perchè si corre il rischio che possano essere usufruiti da chi in realtà  non ne ha bisogno”.
Resta, dalle parti della Lega, un imbarazzo palpabile.
Il solitamente loquace Salvini — dopo un’intervista a tutta pagina a “Libero” in cui parla di qualunque cosa tranne che di questo intralcio – si limita a sbrigativi auguri al candidato sindaco di Matera.

(da “Huffingtonpost”)

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PERCHE’ I CINQUE DEPUTATI CHE HANNO RICHIESTO IL BONUS NON SONO ANCORA USCITI ALLO SCOPERTO

Agosto 10th, 2020 Riccardo Fucile

SI LASCIA LORO IL TEMPO DI ORGANIZZARE LA GIUSTIFICAZIONE: SCARICARE SUI COMMERCIALISTI “IL DISGUIDO”… I TRE LEGHISTI IN CONTATTO CON I VERTICI

Continuano ad aggiungersi tasselli al giallo dei cinque deputati che hanno chiesto, nel corso dei mesi più duri del lockdown, il bonus da 600 euro destinato ai lavoratori autonomi e alle partite iva, elargito dal governo per ovviare all’emergenza anche economica causata dal coronavirus. Oggi arriva anche l’informazione aggiuntiva che soltanto 3 su 5 dei deputati che lo hanno richiesto hanno anche incassato lo stesso bonus. Secondo quanto riportano le fonti, due deputati beneficiari sarebbero della Lega e un altro del Movimento 5 Stelle.
Sembra che i tempi siano praticamente maturi per comunicare all’opinione pubblica i nomi delle persone coinvolte in questa operazione. La sensazione è che si voglia dare loro del tempo per permettere di comunicarlo in prima persona
L’attenzione del partito di via Bellerio si sarebbe concentrata su due deputati, con i quali — spiegano fonti del Carroccio — si sarebbe aperto un confronto a livello di capogruppo.

Aggiungiamo poche considerazione
1) I cinque deputati che hanno fatto la richiesta vanno espulsi dal partito di appartenenza: il fatto che due di loro non abbiano ottenuto il bonus non fa venire meno l’indecenza di averlo chiesto, al pari dei tre che l’avrebbero pure incassato, nessuna differenza.
2) L’Inps avrebbe dovuto fare subito i nomi perchè la delibera Anac 59 del 15 luglio 2013 lo consente in base alle norme anti-corruzione (vi rimandiamo ad articolo specifico sul nostro blog). Non esiste in questo caso violazione della privacy: la pubblicazione dei nomi è vietata solo qualora da tali dati “sia possibile ricavare informazioni relative allo stato di salute ovvero alla situazione di disagio economico-sociale degli interessati”.
3) Tre deputati sono della Lega, uno ciascuno del M5s e di Italia Viva.
Il M5S ha annunciato che ci sarà  l’espulsione, la Lega la sospensione (una farsa), Italia Viva nega che sia coinvolto un loro parlamentare “per quanto ci risulta”
Il M5s e Italia Viva non avrebbero ancora individuato il loro rappresentante, nella Lega pare di sì. Resta il fatto che trascorse 30 ore dalla notizia nessuno si è autodenunciato e si continua a coprire i responsabili.
E’ un segnale del degrado della politica italiana e della mancanza di dignità  di questi soggetti.
4) Guadagnare tempo a cosa serve? Semplice, a permettere a queste cinque persone di costruire una giustificazione plausibile per gli elettori boccaloni.
L’abbiamo anticipata ieri: sono stati i commercialisti a richiedere il bonus “a loro insaputa”, in quanto, avendone diritto, hanno agito in automatico senza chiedere loro se erano d’accordo.
I poveretti si sono così trovati, sempre a loro insaputa, 600+ 600+ 1.000 euro (per tre mesi) sul conto corrente e non se ne sono accorti, pensando a un regalo anticipato della Befana.
Una bella conferenza stampa, sguardo contrito di chi era all’oscuro di tutto, immediata restituizione degli eurini e tutto finirà  a tarallucci e vino.
Solo un “disguido” per dirla alla Salvini.
Anche perchè ognuno ha gli elettori che merita.
Giusto così.

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SI AUTODENUNCIANO SOLO I POVERI CRISTI, QUEI CONSIGLIERI COMUNALI E SINDACI DI PICCOLI COMUNI CHE NON GUADAGNANO NEANCHE 500 EURO AL MESE

Agosto 10th, 2020 Riccardo Fucile

PARLAMENTARI E CONSIGLIERI REGIONALI TACCIONO, EPPURE SONO CENTINAIA AD AVER CHIESTO IL BONUS PARTITA IVA

Si ‘autodenunciano’. E non si pentono. Anzi, rivendicano di aver richiesto il bonus dei 600 euro previsto per chi aveva visto il suo introito ridotto a causa del Covid.
Protagonisti di questa storia sono Anita Pirovano, la prima a dichiarare di aver fatto richiesta, Jacopo Zannini, consigliere comunale di Trento e Francesco Rubini, collega ad Ancona.
Non si pentono perchè, spiegano, non vivono di politica – il corrispettivo di un consigliere comunale è, lo ricordiamo, al massimo di 1300 euro per chi riveste l’incarico in una città  come Milano e addirittura pari a zero per chi è eletto in paesi con meno di mille abitanti. Alla spicciolata arrivano i loro post su Facebook. Con tanto di motivazione.
La prima, in ordine di tempo, è Anita Pirovano, consigliere comunale a Milano. “Sarei coinvolta – scrive su Facebook – nello scandalo dei ‘furbetti del bonus’ e mi autodenuncio. Non vivo di politica perchè non voglio e non potrei”. E ancora: “Come tanti mi indigno, perchè è surreale che un parlamentare in carica fruisca di ammortizzatori sociali e penso sia paradossale che una misura di sostegno al reddito non preveda nessuna soglia di reddito. Tutto ciò premesso, qualcuno mi spiega perchè da lavoratrice, e la politica non è un lavoro per definizione, non avrei dovuto fare richiesta di una misura di sostegno ai lavoratori perchè faccio anche politica?”.
Pirovano spiega di avere “un reddito annuo dignitoso e nulla di più, ho un mutuo, faccio la spesa, mantengo mia figlia e addirittura ogni tanto mi piace uscire e durante le ferie andare in vacanza”. L’impegno a Palazzo Marino “non mi garantisce nè un’indennità  nè i contributi Inps”.
Secondo quanto riportato ieri da ‘Repubblica’, tra i percettori del bonus Inps ci sarebbero anche 2mila tra assessori regionali, consiglieri regionali e comunali, presidenti di Regione e sindaci.
“Mi arrabbio ancor più – conclude la consigliera comunale – se penso che tra questi probabilmente sarà  stato tirato in causa anche qualche sindaco di un piccolissimo Comune con una grandissima responsabilità  pubblica e un’indennità  di poche centinaia di euro annue, accomunato ai parlamentari o ai consiglieri regionali dal comune impegno politico ma non dal conto in banca”.
Alle sue parole sono seguite quelle di Jacopo Zannini, di Trento: “Anche io non vivo di sola politica, pago l’affitto ogni mese e per marzo e aprile sono rimasto senza lavoro e ho chiesto come te i 600 euro visto che con i gettoni di presenza non sarei arrivato a fine mese … ed è giusto rivendicarlo”.
Ultimo della lista, per il momento, il consigliere di Ancona.   “Ho 29 anni, sono un giovane avvocato precario con una Partita Iva aperta nel 2019 e faccio il Consigliere Comunale nel Comune di Ancona dove percepisco gettoni di presenza (niente stipendio, indennità , rimborsi, benefit etc, etc) per una media di 600/700 euro al mese (ribadisco: 600/700 euro) per gestire commissioni, sedute del consiglio, rapporto con i cittadini, incontri sul territorio e tutto ciò che concerne il ruolo. Ho chiesto e ottenuto il bonus di 600 euro per i liberi professionisti perchè, malgrado una laurea magistrale, un titolo da avvocato, una nobile professione e un ruolo istituzionale in un capoluogo, sono ancora costretto a barcamenarmi per avere un reddito mensile decente. Adesso, cari populisti da strapazzo, odiatori di professione, leoni da tastiera e buffoni vari, venite a prendermi per processarmi in pubblica piazza nella vostra ridicola guerra contro ‘i politici ladri’. Vi aspetto a braccia aperte”.

(da agenzie)

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L’ASSOCIAZIONE DEI COMMERCIALISTI CONTRO IL LEGHISTA BORGHI: “IL BONUS INPS USATO COME SCUSA PER ATTACCARCI”

Agosto 10th, 2020 Riccardo Fucile

IL LEGHISTA AVEVA DETTO: “SARANNO STATI I COMMERCIALISTI A CHIEDERLO IN AUTOMATICO”… LA REPLICA: “I POLITICI SCARICANO SEMPRE LE COLPE SU DI NOI”

“La categoria dei commercialisti ancora sotto attacco da parte della politica. Questa volta è il turno del deputato leghista Claudio Borghi, per il quale i cinque parlamentari che hanno ricevuto i 600 euro previsti dai decreti Cura Italia e Rilancio e destinati a liberi professionisti e partite Iva come forma di sostegno al reddito, non si sarebbero mossi da soli: ‘Saranno stati i commercialisti a chiedere il bonus in automatico’, ha detto Borghi”. Lo afferma Matteo De Lise, presidente dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili.
E spiega: “Ormai ne siamo abituati, per i nostri politici è sempre e comunque colpa dei commercialisti. Parafrasando un vecchio proverbio, si potrebbe dire: piove, stupido commercialista”.
“Questi attacchi ci sembrano francamente ingiustificati. Anche perchè i commercialisti, non essendo mai stati invitati ad un tavolo tecnico, non hanno potuto spiegare al Governo come in realtà  gli aiuti a pioggia non servano, proprio perchè si corre il rischio che possano essere usufruiti da chi in realtà  non ne ha davvero bisogno, vanificando e sprecando risorse oggi più che mai indispensabili”, evidenzia De Lise.
“Spiace inoltre leggere nello stesso giorno, su una autorevole testata online come Open, diretta da Enrico Mentana, che per ottenere il bonus ad aprile e marzo era sufficiente mandare una mail all’Inps con un numero della partita Iva. Quindi noi commercialisti che abbiamo fatto istanze telematiche, raccolte di Pin per conto dei clienti e un grande lavoro a tutti i livelli, abbiamo completamente sbagliato? O forse ancora una volta chi scrive e commenta il nostro lavoro non ha la più pallida idea di cosa stia parlando? Posso assicurare – conclude De Lise – che difenderemo il nostro onore in ogni sede, per non essere considerati alla stregua di un qualunque Fantozzi”.

(da Open)

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“LAVORAVO IN NERO 12 ORE AL GIORNO PER 30 EURO, QUANDO HO CHIESTO DI ESSERE REGOLARIZZATO MI HANNO CACCIATO”

Agosto 10th, 2020 Riccardo Fucile

LA SPERANZA SVANITA DI AMISH… IL DECRETO RILANCIO NON E’ SERVITO A UNA MAZZA PER FAR EMERGERE IL LAVORO NERO… CON I DELINQUENTI ITALIANI CHE SFRUTTANO LA MANODOPERA CI VUOLE LA GALERA

Ha 28 anni, è indiano e lavorava in un campo equestre. Con la norma sull’emersione aveva intravisto la possibilità  di un permesso di soggiorno. Il datore di lavoro gli ha detto no e ha cercato di negargli i soldi che gli spettavano.
Antonio Mumolo di Avvocato di Strada Onlus: “La misura ha funzionato per colf e badanti, non nelle piccole imprese. Perchè dovrebbero fare un contratto a chi è molto meno costoso se privato di ogni diritto? Ma almeno una piccola percentuale di immigrati sta ottenendo documenti che possono cambiar loro la vita”
“Ho chiesto al mio boss di farmi un contratto. Ma si è rifiutato e mi ha sbattuto fuori dal campo in cui lavoravo. Posso denunciarlo ai Carabinieri anche se sono un clandestino?”. Amish (nome di fantasia) tempesta di domande gli amici in Italia.
Lo fa dalla scorsa primavera, ossia da quando la possibilità  di ottenere un permesso di soggiorno attraverso un contratto è filtrata sempre più chiaramente dal contenuto del Decreto Rilancio.
Il testo, fortemente voluto dalla ministra dell’agricoltura Bellanova, contiene anche una misura che punta a far emergere il lavoro nero nell’ambito dell’assistenza alla persona, del lavoro domestico e del lavoro agricolo.
Amish, un 28enne che in India ha lasciato i genitori e quattro fratelli che contano sul suo stipendio per vivere più dignitosamente, sperava di poter ottenere dei documenti in virtù dell’impiego che aveva a Roma in un campo equestre.
Tra un turno di 12 ore e l’altro, ha cercato come migliaia di altri irregolari di studiarsi il decreto, per scoprire se ci fosse la possibilità  di uscire dalla coltre di illegalità . “Avevo paura di chiedere al mio capo di regolarizzarmi. Infatti non soltanto mi ha detto di no, ma mi ha anche cacciato. Non voleva nemmeno darmi lo stipendio che mi spettava”.
La storia di Amish, dal campo profughi ai respingimenti
Prima di arrivare in Italia dopo 14 respingimenti subiti lungo la frontiera croata, Amish è rimasto per settimane bloccato nel campo profughi bosniaco di Vucjak, dove era conosciuto da tutti per il suo talento canoro. “In India mi capitava di fare delle audizioni. Ma lì, senza conoscenze, è difficile farsi un nome”. L’alternativa al lavoro nei campi del sud è stata per Amish quella del volantinaggio per le grandi catene di supermercati al nord. Oggi, la sua quotidianità  è fatta di sveglie alle 5.30 e di distribuzione fino a sera inoltrata di dèpliant che pubblicizzano lavatrici e rasoi a metà  prezzo.
Il suo compenso giornaliero è di 30 euro per circa 12 ore di lavoro. “È l’unica alternativa che ho trovato. Della gente mi aveva offerto un contratto fasullo al costo di 5mila euro per farmi regolarizzare. Ma io non ho tutti quei soldi”.
Nel suo racconto fatto in inglese, le uniche parole formulate in italiano cristallino sono “carabinieri” e “questura”.
Ha sfoderato il primo termine per minacciare il datore di lavoro che non voleva dargli i soldi pattuiti. Mentre ha memorizzato il secondo perchè sa bene che l’unica traccia della sua esistenza in Italia è raccolta alla Questura di Trieste, dove si trovano le sue impronte digitali.
Ma un paio di parole non sono un’armatura sufficiente se l’ostacolo da sfidare è il proprio sfruttamento. E dove non arrivano le parole di Amish, provano a giungere quelle di Avvocato di Strada Onlus, una realtà  che da circa 20 anni offre assistenza legale a chi non ha una casa.
“La misura del Decreto Rilancio ha funzionato perlopiù in aziende ampie e strutturate. Ma nelle imprese piccole, che nel nostro Paese rappresentano la maggior parte, nessuno ha mai pensato che convenisse mettere in regola i lavoratori. Perchè dovrebbero fare un contratto a chi risulta molto meno costoso se privato di ogni diritto?”, si chiede Antonio Mumolo, presidente dell’Associazione che soltanto l’anno scorso ha portato avanti 4mila cause in difesa di persone senza tutele.
I dati reali e le aspettative del governo
Secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno (aggiornati al 31 luglio) le domande legate all’emersione del lavoro nero sono state 148mila, di cui 11mila sono ancora in bozza. A circa due settimane dalla scadenza del 15 agosto, le richieste sono circa 70mila in meno rispetto ai calcoli del governo che, con questa mossa, sperava di strappare all’illegalità  almeno 220mila irregolari.
I numeri mostrano un forte squilibrio tra i settori interessati: l’87% delle domande già  elaborate si riferisce infatti al lavoro domestico e all’assistenza alla persona, mentre al lavoro subordinato fa riferimento il restante 13%.
“La ragione di questa differenza è che le famiglie che hanno fatto un contratto a colf e badanti non sono datori che puntano a guadagnare sulla negazione dei diritti. Gli imprenditori, invece, sì. Ci sono capitati casi di irregolari che si sono presentati da noi per chiedere aiuto dopo che i capi hanno negato loro il contratto, è uno schema comune purtroppo”.
Nella norma, oltre a non esserci alcun accenno a sanzioni per chi non proceda alla regolarizzazione, si fa uso della formula “possono” invece che “devono”, in riferimento all’adesione alla misura.
Nel testo si legge infatti che “i datori di lavoro […] possono presentare istanza […] per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri […] ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare […]”.
La legge, però, va interpretata. “Il verbo ‘possono’, secondo noi, non è da intendere come se l’adesione alla norma fosse facoltativa — spiega Mumolo — ma con questo verbo si sottolinea il fatto che, mentre prima non era proprio possibile procedere ad alcun tipo di regolarizzazione per chi era senza permesso di soggiorno, ora questa alternativa c’è e va seguita per non essere fuori legge. In certi casi possono essere i singoli lavoratori a muoversi per chiedere la regolarizzazione, ma in tanti temono di uscire allo scoperto e di dover lasciare il Paese se la richiesta non va a buon fine. Credo si potesse fare di più, ma almeno oggi una piccola percentuale di immigrati sta ottenendo documenti che possono cambiar loro la vita”. Per chi invece continua a guardare alla regolarizzazione come a un miraggio, resta l’alternativa di cercare supporto legale in una delle 55 sedi di Avvocato di Strada Onlus. Ma combattere non è una scelta scontata. “Gli irregolari spesso vivono in casolari, lontani dalle città . Devono avere una forte motivazione per uscire allo scoperto, raggiungerci e convincersi che farsi difendere gratuitamente è l’unica alternativa che hanno per un’esistenza migliore”.

(da agenzie)

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BOSSI RIMPIANGE LA VECCHIA LEGA: “SALVINI HA BARATTATO IL NORD PER I VOTI AL SUD”

Agosto 10th, 2020 Riccardo Fucile

“LE RAGIONI DEL NORD SONO VIVE E NON SONO CAMBIATE”

L’ex leader del Carroccio ha parlato in un’intervista alla Nuova Padania, dichiarando che «le ragioni del Nord sono vive e non sono cambiate»
«Non bisognava avere paura di continuare a tenere alta la bandiera della questione settentrionale. Anche se poi ti attaccano». Umberto Bossi non cambia idea. Il vecchio leader del Carroccio — di quando la Lega era ancora Lega Nord — è tornato a ribadire la sua posizione, già  espressa lo scorso dicembre in un convegno: la deriva nazionalista presa dalla guida di Matteo Salvini è stata un errore.
«Oggi il Nord viene barattato per i voti al Sud», ha detto Bossi in un’intervista alla Nuova Padania anticipata dall’AdnKronos.
«Il Palazzo non ti dà  niente, l’autonomia non te la vogliono dare. Ma non è motivo per interrompere la battaglia. Le ragioni del Nord sono vive e non sono cambiate. Il Nord fa ancora paura a Roma, senza la Lombardia e il Veneto l’Italia non è ricevuta da nessuno, non pesa economicamente, politicamente, commercialmente. Dove ci sono Lombardia e Veneto invece si vince».
Il Senatur, guardando il paese di oggi, si oppone anche alle politiche assistenzialiste, soprattutto se indirizzate al Mezzogiorno: «Il lavoro non deve venire dallo Stato che assiste, come accade ancora oggi al Sud. Piuttosto è l’economia che deve essere liberata dai blocchi di una burocrazia arroccata che dispensa favori in cambio di voti».

(da agenzie)

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IL VERBALE DEL COMITATO TECNICO-SCIENTIFICO DEL 10 MARZO DA’ L’OK AL LOCKDOWN

Agosto 10th, 2020 Riccardo Fucile

IL CTS DISSE SI’ ALLA CHIUSURA TOTALE DELL’ITALIA, CONVENENDO CON LA SCELTA DEL GOVERNO

Il Comitato tecnico scientifico disse sì alla chiusura totale dell’Italia. Lo riporta un articolo pubblicato sul Corriere della sera
C’è un verbale ancora segreto stilato dal Comitato tecnico scientifico il 10 marzo scorso che approva la scelta del governo di decretare la chiusura totale dell’Italia per la pandemia da coronavirus.
Contiene la relazione dell’Istituto superiore di sanità  che dà  conto dell’esplosione del numero dei contagi. Adesso dovrà  essere palazzo Chigi a decidere se eliminare il vincolo di riservatezza e trasmetterlo al Copasir.
È stata infatti avviata una verifica per accertare che cosa accadde in quella settimana che cambiò l’Italia. Prima la scelta di creare «zone rosse» a Codogno, in 11 Comuni del lodigiano e a Vo’ Euganeo, escludendo invece Alzano Lombardo e Nembro. Poi quella di mandare in lockdown l’intero Paese.
Prima, il 3 marzo, viene inviata al premier una relazione con l’indicazione di chiudere i due Comuni della Val Seriana, ma governo e Regione Lombardia continuano a prendere tempo come accade ormai da una settimana. Poi, il 7 marzo il Cts richiede due diversi livelli di contenimento: uno per “i territori in cui si è osservata ad oggi maggiore diffusione del virus” (Lombardia e province del nord più colpite), l’altro per per il resto del Paese. Il provvedimento del Governo arriva alle 3 del mattino dell′8 marzo. Ma in poche ore, alla fine della giornata, arriva la decisione di estendere il lockdown a tutta Italia per l’aggravarsi della situazione.
Il 10 marzo arriva poi il documento del Cts, ancora segreto, che dà  il via libera alla linea già  decisa dal Governo
Il verbale, ancora riservato, potrebbe essere consegnato al Parlamento nei prossimi giorni. Nel documento il comitato dà  conto di aver ricevuto «dall’Istituto superiore di sanità  i dati epidemiologici aggiornati». Sottolinea la necessità  di «rallentare la diffusione per diminuire l’impatto assistenziale sul Servizio sanitario nazionale oppure diluirlo nel tempo». E infine: «In riferimento alla decisione presa di estendere la chiusura a tutto il territorio nazionale, le misure adottate sono coerenti con il quadro epidemiologico configuratosi. Inoltre potrebbero venirsi a creare situazioni locali in cui possano essere necessarie ulteriori misure di contenimento»

(da agenzie)

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LA FONDAZIONE GIMBE SMONTA LA BUFALA SUI NUOVI CASI COVID IMPORTATI DAI MIGRANTI: NEGLI ULTIMI 30 GIORNI SU 199 CASI DI CONTAGIATI QUOTIDIANI QUELLI DEI MIGRANTI SBARCATI SONO SOLO 3 AL GIORNO

Agosto 10th, 2020 Riccardo Fucile

NEGLI ULTIMI 12 GIORNI I CASI IMPORTATI DALL’ESTERO SONO 490 (IL 14%) E DI QUESTI SOLO UN NUMERO ESIGUO RELATIVO AI MIGRANTI

Nino Cartabellotta smonta la fake news sui nuovi casi di Covid importati dalla popolazione migrante in Italia.
“I numeri ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità  dicono ben altro.
Dal 20 luglio al 2 agosto 2020 i casi importati dall’estero sono 490 (14 per cento) e di questi solo un numero esiguo da migranti”, scrive il presidente della fondazione Gimbe in un Tweet, contraddicendo chi ha sostenuto che la maggioranza dei casi di Coronavirus registrati nel nostro Paese nell’ultimo mese sia stato importato dall’estero e esploso nei centri d’accoglienza.
Come si evince dai dati contenuti nell’aggiornamento nazionale sull’epidemia dell’Iss e condivisi da Cartabellotta, dei 3.508 nuovi casi registrati dal 20 luglio al 2 agosto 2020, il 57,7 per cento sono autoctoni e il 14 per cento d’importazione.
Solo 47 persone, inoltre, hanno manifestato sintomi in una Regione diversa da quella in cui risiedono, il restante 27,7 per cento di casi non sono noti.
Nello stesso studio è possibile riscontrare anche la distribuzione geografica dei pazienti risultati positivi nel periodo di tempo preso in esame dall’Iss: la maggior parte (808) risiedono in Lombardia, 574 in Veneto, 563 in Emilia Romagna e 183 in Campania. In Sicilia e nelle Marche, dove si denuncia la presenza dei centri di accoglienza che fungerebbero da “nuovi focolai”, i nuovi casi sono stati tra luglio e agosto rispettivamente 163 e 84.
A diffondere ulteriori dati in contraddizione con la fake news dei migranti “untori” anche il ricercatore dell’Ispi, Matteo Villa: il suo studio è citato dallo stesso Cartabellotta.
Secono quest’ultimo — che rielabora i dati della Protezione Civile e le notizie diffuse dalla stampa — infatti, “negli ultimi 31 giorni sono sbarcati 99 migranti positivi al Covid-19: 3,3 al giorno.
Nello stesso periodo di tempo, i nuovi contagi in Italia sono stati 199 al giorno”. In linea con quanto rilevato anche dall’Iss.

(da agenzie)

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L’EPIDEMIOLOGO PEZZOTTI: “I GIOVANI DOVREBBERO AVERE MAGGIORE RISPETTO PER GLI ALTRI”

Agosto 10th, 2020 Riccardo Fucile

VACANZE ALL’ESTERO: L’ETA’ MEDIA DEI CONTAGIATI E’ SCESA A 38 ANNI, AUMENTI NELLA FASCIA 13-19 ANNI E 20.29 ANNI

I dati parlano chiaro e all’appello di Conte e di Speranza si aggiunge anche quello di Patrizio Pezzotti, epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità . Gli ultimi nuovi focolai di coronavirus nel nostro paese sono stati causati da giovani di ritorno da Grecia, Croazia e Malta.
L’età  dei contagiati nel nostro paese è tornata a calare, assestandosi a 38 anni negli ultimi 30 giorni. Ad aumentare particolarmente sono stati i contagi nelle fasce 13-19 anni e 20-29 anni.
I contagi in una settimana sono saliti da 300 a 400 tra i 20-29 anni e da 100 a 200 tra i 13-19 anni. Le ragioni vanno ricercate nel fatto che prima adolescenti e bambini fossero chiusi in casa senza poter andare nemmeno a scuola, quindi i contagi erano per lo più in famiglia.
L’arrivo dell’estate e la possibilità  di uscire e di spostarsi ha fatto sì che il numero di adolescenti contagiati salisse in tutto il mondo e — come stiamo vedendo in Italia — buona parte dei nuovi focolai dipende dal rientro di questi ragazzi dall’estero. Fuori dall’Italia, infatti, il virus circola di più e distanziamento sociale e mascherine non sono sempre obbligatori come nel nostro paese.
L’epidemiologo dell’ISS ha confermato: «Il trend di contagi tra i più giovani è in costante crescita dal mese di luglio e questo è un campanello d’allarme, anche in vista delle riapertura delle scuole».
Le ragioni vanno ricercate nel fatto che «i ragazzi hanno una modalità  di comportamento più a rischio, si abbracciano, ballano in discoteca, vanno in vacanza dimenticandosi la mascherina mentre oggi le persone più anziane si proteggono di più».
Per i ragazzi che vanno in vacanza e si divertono il messaggio è chiaro: «Il punto è che anche questi giovani dovrebbero aver rispetto per gli altri: genitori, nonni, amici fragili seguendo le regole del distanziamento sociale e indossando le mascherine: in Italia non mancano le regole, ma non sempre sono rispettate».

(da agenzie)

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