Agosto 11th, 2020 Riccardo Fucile
IL CASO DEL LEGHISTA DI FIRENZE BOCCI, POVERO A SUA INSAPUTA
Verrà un giorno in cui i commercialisti si incazzeranno definitivamente. Tirati in ballo ogni volta che il Fisco becca qualcuno a non pagare le tasse, diranno una volta per tutte l’amara verità : sono i clienti, che non vogliono pagare, come il fratello maggiore che rompe il vaso etrusco e dà la colpa al fratello minore.
Caso epico quello di Morgan, che non ha pagato cartelle esattoriali per centinaia di migliaia di euro e ha sempre attribuito colpe a un fantomatico e truffaldino commercialista. Peccato che questo commercialista truffaldino non sia mai stato denunciato da nessuno. Probabilmente un amico di Bugo, maleducato e invidioso pure lui.
Ora però c’è un nuovo modello di commercialista-capro espiatorio: quello che ha chiesto il bonus a nostra insaputa.
Cinque parlamentari hanno chiesto il bonus da 600 euro, e Borghi tuona: “Saranno stati i commercialisti a chiedere il bonus in automatico!”. Ora, non risulta però che chi li ha ricevuti abbia poi fatto domanda all’Inps per restituirli. Forse aspettano che la faccia il commercialista.
Ora c’è la novità : il coordinatore del centrodestra in Palazzo Vecchio Ubaldo Bocci, scelto da Matteo Salvini un anno fa per sfidare Nardella, 277mila euro di reddito nel 2019, ha chiesto il bonus e per giustificarsi ha detto che è stata un’iniziativa del commercialista. E certo. Me lo immagino questo commercialista che “Chiedo il bonus per il povero Ubaldo, e già che ci sono gli mando 300 euro per la pulizia della piscina”.
Poi però, secondo la versione di Bocci, Bocci decide di donarli in beneficenza. In pratica, un interessante corto circuito: chiede il bonus come chi è in uno stato di necessità , a un governo che è in uno stato di necessità , e lo dona a chi è in uno stato di necessità .
In pratica, per evitare tutto ‘sto casino, sarebbe bastato non chiederlo, il bonus. Ah, già , scusate, è la legge che era sbagliata. È colpa di Conte. Dei commercialisti.
Anzi, dei commercialisti che indossano le mascherine perchè le mascherine diminuiscono il flusso di ossigeno nei polmoni e poi si finisce a richiedere bonus alla cazzo.
Povero Ubaldo Bocci vittima dei poteri forti: se avete un cuore, voi che avete preso il bonus, ora lo girate a lui. Non lasciamolo solo. Additato.
Povero, a sua insaputa.
(da TPI)
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Agosto 11th, 2020 Riccardo Fucile
LA LEGA E’ UN AVANSPETTACOLO: SALVINI CONTINUA A PARLARE DI FORMAGGI E MOLINARI PARLA AL MASSIMO DI “SOSPENSIONE” PER I DEPUTATI LEGHISTI CHE HANNO RICHIESTO IL BONUS
Pare che la goccia ad aver fatto traboccare il vaso dell’ira di Matteo Salvini sia stata la dichiarazione
di Ubaldo Bocci, consigliere comunale fiorentino in quota Lega, ma soprattutto ex manager con un reddito dichiarato nel 2018 di 250mila euro, secondo cui il bonus da 600 euro l’avrebbe richiesto il suo commercialista e lui l’avrebbe preso “come provocazione” per provare che la legge — troppo generosa — era sbagliata, liberandosi poi del malloppo a favore di tossicodipendenti, poveri e orfani dell’India.
L’indimenticato Ricucci avrebbe detto, a parole sue, che Bocci fa beneficenza con i soldi degli altri. Con una differenza: mentre Salvini ha imposto al partito la consegna del silenzio per evitare dichiarazioni boomerang, Luca Zaia ha giocato d’anticipo e scaricato i suoi furbetti per limitare gli effetti negativi in campagna elettorale.
Fatto sta che proprio dalle spericolate giustificazioni di Boccia, nella delicatissima (e per la prima volta contendibile) Toscana, è partito l’ordine di tacere imposto dal leader a tutti i leghisti sul “bonus-gate”.
I cellulari dei due principali indiziati — l’imprenditore mantovano Andrea Dara e l’insegnante piacentina Elena Murelli, entrambi alla prima legislatura, salviniano di ferro il primo, allineata anche la seconda – hanno squillato a lungo a vuoto.
Rimaste senza risposta anche le richieste di conferma o smentita inviate per messaggino.
Intanto, il capogruppo della Lega a Montecitorio Riccardo Molinari ribadiva: “Come promesso, se qualcuno ha preso un bonus verrà sospeso, anche se quei soldi sono stati dati in beneficenza”.
Mentre il Carroccio della Toscana in piena campagna elettorale per le Regionali si premurava di far sapere che Bocci, già sfidante sconfitto di Dario Nardella, non è mai stato un loro tesserato. Sugli altri nomi, però, silenzio totale.
Tutto il contrario dell’altrettanto arrabbiato Luca Zaia. Dopo aver lanciato il “Me Too al contrario”, il governatore del Veneto super-favorito al voto regionale di settembre, si è ritrovato che tra i pochi nomi leghisti usciti allo scoperto ci sono ben tre suoi consiglieri: Alessandro Montagnoli, Riccardo Barbisan e addirittura il vicepresidente veneto Gianluca Forcolin, peraltro tributarista di professione che però adduce la responsabilità della propria socia di studio.
La richiesta di quest’ultimo sarebbe stata respinta dall’Inps, mentre i primi due avrebbero anche loro dato seguito all’impulso di fare beneficenza con i soldi pubblici.
Il “Doge” delega a parlare sull’argomento il segretario regionale leghista Lorenzo Fontana, che a fine pomeriggio pronuncia la sentenza: “Hanno fatto una grandissima sciocchezza”. Quindi, non saranno nelle prossime liste.
Un gesto netto, ma anche un modo per smarcarsi dalla “palude del silenzio” in cui Salvini ha rinchiuso il partito.
Provocando lo scontento, raccontano, di molti parlamentari e degli stessi “furbetti” che vorrebbero raccontare la propria versione e difendersi dalle accuse che il mondo politico e l’opinione pubblica gli rivolgono da quarantott’ore senza tregua.
Tra gli altri reprobi usciti allo scoperto ci sono tre consiglieri regionali del Piemonte — i leghisti Claudio Leone e Matteo Gagliasso e il Dem Diego Sarno, tre del Friuli Venezia Giulia, il forzista Franco Mattiussi, l’ex governatore di centrodestra Renzo Tondo, il civico Tiziano Centis.
I parlamentari, invece, continuano a tacere. Nonostante il Garante della Privacy abbia tolto di mezzo l’alibi di presunte violazioni della riservatezza. Nonostante il pressing dei Cinquestelle che, su input di Vito Crimi e tra qualche mugugno, dichiarano di voler chiedere all’Inps la pubblicazione dei propri dati.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 11th, 2020 Riccardo Fucile
UNA CANDIDATURA SENZA SPERANZA CHE E’ SOLO UN FAVORE AI SOVRANISTI
Il “Daje Virginia” postato da Beppe Grillo è solo una parte della nuova questione romana. Che sarebbe meglio definire questione giallorossa.
Il gioco d’anticipo di Virginia Raggi, pronta a ricandidarsi a sindaco di Roma con la sponda di Beppe Grillo e Luigi Di Maio, ha scombussolato il piano a cui il segretario del Pd stava lavorando da un anno. Il disegno prevedeva una doppia mossa, si racconta in ambienti della maggioranza di governo.
Una possibile dimissione di Zingaretti da presidente della Regione Lazio per un posto nel governo, così da far tornare la Pisana al voto nel 2021 insieme alla Capitale. E a questo punto un candidato grillino alla regione Lazio, forse Roberta Lombardi, e un candidato dem forte al Comune. E invece, come per le regionali, la maggioranza di governo andrà in ordine sparso.
L’endorsement del garante M5s ha spazzato via gli ultimi dubbi su una candidatura tris, contando la stagione di Virginia Raggi come consigliera comunale, dell’attuale sindaco di Roma.
Ma soprattutto ha creato l’ennesima contraddizione all’interno della maggioranza di governo. Ormai la candidatura è stata lanciata e potrebbe arrivare nelle prossime settimane, magari prima del voto del 20 settembre per le regionali e il referendum costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari, la consultazione sulla piattaforma Rousseau per una deroga al limite dei due mandati.
L’accelerazione impressa dalla sindaca alla sua ricandidatura finora non ha registrato contrarietà a viso aperto nel Movimento, anzi tutt’altro. Anche perchè una deroga per la sindaca al tetto dei due mandati spianerebbe la strada ad un analogo provvedimento per ministri e parlamentari 5 Stelle.
Il Pd non intende sostenere la sindaca. Troppo ampie le distanze accumulate in questi anni. Ma i dem al momento sono senza un candidato. Da mesi si rincorrono ciclicamente nomi di alto profilo, Enrico Letta, David Sassoli, Carlo Calenda, ma i diretti interessati si sono chiamati subito fuori dalla corsa.
Ci sono figure più locali, come i presidenti di Municipio Giovanni Caudo, Sabrina Alfonsi ed Amedeo Ciacchiari che domandano le primarie. E poi parlamentari radicati a Roma come il sottosegretario Roberto Morassut o il deputato radicale Riccardo Magi che potrebbero entrare in partita.
Ma manca ancora una sintesi. Zingaretti a questo punto potrebbe trovarla dopo il voto di settembre per le regionali, il primo test dell’intesa con il Movimento anche negli Enti locali.
L’obiettivo dei Dem sarebbe quello di arrivare al secondo turno con un candidato capace di intercettare anche i voti grillini al ballottaggio. Lo stesso perseguito, a parti inverse, dalla sindaca e dai 5 Stelle.
Una delle poche certezze in questa contesa, visti i trend elettorali degli ultimi anni in città , è che il centrodestra al ballottaggio sembra destinato ad arrivarci
Anche a destra però manca un candidato, al netto delle voci su Giulia Bongiorno, Roberta Angelilli o Fabio Rampelli.
La partita per il Campidoglio, dati elettorali alla mano, si gioca nei popolosi e difficili Municipi delle periferie più esterne, Ostia, Tor Bella Monaca, Tiburtino, Primavalle.
La vincerà chi sarà in grado di intercettare al contempo il malcontento delle periferie per una città dai servizi pubblici scadenti e il disagio del centro storico. Raggi guarda a sinistra, ma la sinistra non ha intenzione di sostenere una coalizione che abbia lei come aspirante sindaco. E l’asse giallorosso entra di nuovo in fibrillazione.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 11th, 2020 Riccardo Fucile
LA TESTIMONIANZA SUL TRENO CATANIA-SIRACUSA… INVECE CHE POMPARE I PERICOLI SUI MIGRANTI, LA GIUNTA MUSUMECI PENSI A MUOVERE IL CULO E IMPEDIRE IL CONTAGIO DEI PENDOLARI SICILIANI
Ore 19.18. A bordo del treno regionale 26592 di Trenitalia, sale una nostra lettrice. Attorno a lei il
caos, alla faccia del distanziamento sociale.
Siamo in seconda classe, quindi il biglietto acquistato non dà diritto a un posto a sedere riservato e ciò che vede davanti ai suoi occhi lo conferma.
In pochi minuti, nelle successive fermate, quel vagone si riempie: gente ammassata, persone nei corridoi e altre che non trovando posto si assembrano vicino agli snodi e alle porte.
Sembra la metropolitana di Roma (o Milano) nell’ora di punta. Questa è la situazione dei treni in Sicilia, con questo che è un episodio simbolo dato che nelle ultime settimane sono arrivate segnalazioni simili da tutto il Paese.
Quel treno copre la tratta Siracusa-Catania. Insomma, due località molto frequentate per via delle loro bellezze balneari e culturali durante l’estate.
Non ci sarebbe nulla di male in quegli scatti in quelle immagini se fossero state scattate la scorsa estate. Purtroppo, però, si tratta di fotografie fresche di giornata che mostrano come sui treni in Sicilia (ma anche in molti altri regionali che collegano l’Italia da Nord a Sud) il distanziamento sociale a bordo sia una pura utopia.
Colpa dei biglietti che rappresentano un titolo personale, ma che non garantiscono un posto a sedere a bordo. Responsabilità di chi vende tutti quei tagliandi per viaggiare a bordo, senza tenere conto di come si possa facilmente riempire un vagone gettando alle ortiche le norme nate per scongiurare il proliferare dei contagi.
Il momento migliore è quando si arriva alla propria fermata e si può scendere dal treno. Dopo un viaggio di oltre un’ora e venti minuti (questo è il tempo che ci impiega il Regionale Veloce che collega Siracusa e Catania).
Con la speranza di averla scampata anche oggi e di non esser entrati in contatto con un passeggero potenzialmente infetto.
Perchè nelle scorse settimane si è parlato tanto dell’alta velocità , ma le criticità sono su quei vagoni di pendolari che si muovo nella loro quotidianità .
(da “Giornalettismo”)
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Agosto 11th, 2020 Riccardo Fucile
NON C’E’ LIMITE AL SENSO DEL RIDICOLO: PRIMA LA CHIEDONO POI QUANDO VIENE MESSA A DISPOSIZIONE PER LA SICUREZZA DI TUTTI ATTACCANO IL GOVERNO CHE L’HA PROCURATA
Allora sentite questa. La presidente di Regione Calabria Jole Santelli, eletta con l’appoggio del centrodestra dove notoriamente comanda la Lega, invia una nota alle agenzie di stampa per far sapere che “l’impresa Grandi Navi Veloci si è aggiudicata il servizio di noleggio di unità navali per l’assistenza alloggiativa logistica e la sorveglianza sanitaria dei migranti soccorsi in mare o giunti sul territorio nazionale in modo autonomo e, entro 24 ore da ieri, dovrà condurre la motonave GNV Aurelia nel porto di Gioia Tauro”.
Santelli è evidentemente raggiante: “Il nostro grido d’allarme ha trovato risposta positiva nel governo pur se l’emergenza ancora grave e preoccupante richiede il massimo della vigilanza da parte degli organi preposti. Questa è l’unica soluzione che consentirà di evitare gravi pericoli per la salute della popolazione calabrese“.
Tutto bene? Ma certo che no.
Perchè nel frattempo la Lega, che appoggia la Santelli in Calabria dopo aver contribuito alla sua elezione, e Matteo Salvini, leader della Lega, si lamentano. Per cosa? Ma per la nave quarantena, perdindirindina!
Sembra incredibile ma è davvero così. Mentre la Lega al governo in Regione Calabria chiede e ottiene con la governatrice Santelli una nave quarantena per i migranti, la Lega nazionale si lamenta perchè il governo ha trovato una nave-quarantena per i migranti. E dice anche che chiederà i danni (a chi, a Santelli?).
E vi sembrerà incredibile ma non è mica la prima volta che Salvini e la Lega fanno questo giochino. Era già successo a metà luglio con il governatore della Sicilia Nello Musumeci.
E intanto Salvini sulla sua pagina FB si lamentava… per la nave quarantena del governo. Dimostrando che in Italia la situazione è disperata, ma non seria.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 11th, 2020 Riccardo Fucile
SILENTE SULLE ELEZIONI TRUCCATE, LO STESSO SILENZIO VILE ADOTTATO SU HONG KONG E VENEZUELA
Le elezioni in Bielorussia sono state una truffa. A dirlo non soltanto i sondaggi e gli exit-poll che fino
a sabato scorso davano vincente con una larga maggioranza la leader dell’opposizione Svyatlana Tsikhanouskaya, ma le centinaia di testimonianze nei seggi durante lo spoglio che dalle varie zone della capitale Minsk fino ai tanti villaggi della campagna bielorussa, hanno fornito fin dalla domenica sera, un quadro netto e chiaro con la schiacciante vittoria dell’opposizione.
Ma il satrapo Aljaksandr Lukašėnka non aveva nessuna intenzione di farsi a parte dopo 26 anni ininterrotti di potere assoluto e cosi ha fatto ciò che i dittatori sanno fare meglio: negare lo stato di diritto, falsare la realtà , riscrivere la storia, schiacciare con violenza ogni dissenso.
Nel tragitto notturno fra i seggi e la Commissione Elettorale Centrale il risultato si è capovolto con l’80% dei voti a favore di Lukasjenkho e solo il 9,9% per la Tsikhanouskaya.
Ma questa volta il paese più “pacificato” dell’ex impero sovietico, praticamente mai sfiorato da rivolte e proteste popolari non ha accettato l’ennesimo sopruso.
Senza internet, bloccato da oltre tre giorni dalle autorità , e in modo scoordinato e spontaneo, migliaia di bielorussi sono scesi in piazza a Minsk e in tutto il paese.
La repressione è stata durissima: negli scontri fra dimostranti e forze dell’ordine a Minsk, Babruysk, Brest, Vitsebsk, Homel, Hrodna, Mahilyou, Byaroza, and Mazyr, si contano già migliaia di feriti, oltre 3.000 arresti e un morto confermato.
Per questa sera (11 agosto) è stato indetto uno sciopero generale che si prevede coinvolgerà in modo massiccio tutto il paese.
L’Unione Europea dista solo 151 chilometri dalla capitale Minsk. Ed è questa la strada che stanotte ha percorso la 37enne Svyatlana Tsikhanouskaya, moglie di Sjarhej TichanoÅskij, il blogger più noto di tutto il paese, esponente di punta dell’opposizione bielorussa, ad oggi ancora incarcerato.
Svyatlana Tsikhanouskaya avrebbe potuto ieri sera essere investita Presidente della Repubblica di Bielorussia, invece ha dovuto scappare attraversando la frontiera con la Lituania per essere accolta a Vilnius dal Ministro degli Esteri Linas Linkevicius, come da lui stesso annunciato questa mattina via twitter.
La sua portavoce Volha Kavalkova ha dichiarato oggi che la sua è stata una scelta obbligata che le ha permesso di essere “viva e libera”.
Ora l’obiettivo del movimento è duplice: “far finire le violenze e il bagno di sangue e difendere la vittoria elettorale con ogni strumento legale possibile”. La Kavalkova ha poi rivolto un appello a tutte le forze democratiche dentro e fuori il paese affinchè sostengano la transizione democratiche e denuncino la truffa del regime.
E’ un appello che abbiamo già sentito diverse volte e troppe volte è stato inascoltato: “Use your freedom to defend ours”, “Usate la vostra libertà per difendere la nostra”.
Qualcosa in Occidente ha iniziato a muoversi per non far cadere nel vuoto l’appello dell’opposizione bielorussa.
Il Segretario di Stato Usa Mike Pompeo ha denunciato lo svolgimento delle elezioni di domenica in Bielorussia ritenendole “not free and fair”: nè libere, nè corrette, rivolgendo poi un’appello alle autorità bielorusse per interrompere le violenze.
Il democratico Eliot Engel, presidente della Commissione Affari Esteri del Congresso e il repubblicano Mike Mc Caul si sono spinti oltre, denunciando la “truffa elettorale” di Lukashenko, sostenendo apertamente la piazza e l’opposizione democratico, auspicando un cambio di regime.
Il Ministro degli Esteri del Canada Francois-Philippe Champagne ha dichiarato che “le violenze delle autorità bielorusse riducono ulteriormente la legittima democratica del voto”.
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha denunciato le violenze indiscriminate e invitato le autorità bielorusse ad un riconteggio dei voti, accessibile da media e opposizione.
Gran Bretagna e Francia hanno ripreso e rilanciato la posizione dell’Unione Europea chiedendo la fine immediata delle violenze.
Russia e Cina invece hanno immediatamente riconosciuto i risultati elettorali e si sono complimentati con il dittatore Lukashenko per la sua sesta rielezione.
Ancora una volta colpisce però il silenzio del Governo italiano, che lo allontana nuovamente dalle prese di posizione dell’intero occidente sulla materia. Tale silenzio è esattamente ciò che vogliono le ultime dittature: non interferire nelle vicende di un paese sovrano, anche quando questo compie crimini inaccettabili.
Ed è proprio in nome della dottrina della “non ingerenza” che il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha giustificato il proprio silenzio sulla repressione e sul cambio di “status” della città libera di Hong Kong, non ha fatto sentire la voce dell’Italia quando sono stati negati i più elementari diritti a Mosca come a Khabarovsk, è stato muto di fronte alle violenze ed alle condanne a morte arbitrarie degli oppositori a Teheran o di fronte alle violenze di Caracas.
La fascinazione per le satrapie del nostro governo preoccupa in sè, ma soprattutto allontana il nostro paese dalle nostre alleanze storiche in Europa ed oltreoceano. Ci piaceva di più l’Italia che affermava il diritto all’ingerenza democratica e promuovendo la moratoria universale sulla pena di morte alle Nazioni Unite ricordava come i diritti possano avere la meglio sulla tutela assoluta della sovranità degli stati.
(da “Huffingtopost”)
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Agosto 11th, 2020 Riccardo Fucile
SE FOSSE STATO UN ESPONENTE DI SINISTRA I SOVRANISTI AVREBBERO SUONATO LA GRANCASSA PER UNA SETTIMANA, ESSENDO UN LORO COMPAGNO DI MERENDE SILENZIO ASSOLUTO
Orlando Fazzalari, sindaco di Varapodio e candidato non eletto al Consiglio regionale per Fratelli d’Italia è stato indagato per peculato nella gestione di un centro di accoglienza (la notizia dettagliata la trovate in un altro articolo del nostro blog)
Ma questa volta i più attivi nell’attività di generalizzazione stanno siiti e muti.
Perchè? Nel sistema di sfruttamento è coinvolto un loro compagno di merende.
Se la vicenda giudiziaria avesse riguardano un esponente di sinistra avrebbero suonato la grancassa per almeno una settimana sui “buonisti e le cooperative che speculano sui migranti”, trattandosi di uno di loro tacciono.
Nessun post della Meloni per denunciare e prendere le distanze, solo il silenzio.
Che si tratti di indagini di ‘ndrangheta o corruzione fanno finta di niente sperando che gli italiani se ne dimentichino al più presto.
Non è questa la destra, per noi i delinquenti che rubano ai poveri e sottraggono capi di abbigliamento ai bisognosi per farli avere a loro figlio sono da mettere in galera, di qualsiasi ideologia siano.
E se sono di destra doppio della pena per aver sputtanato una intera comunità .
Nessuna pietà .
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Agosto 11th, 2020 Riccardo Fucile
ALMENO 4 EPISODI CERTIFICANO IL RAID RAZZISTA MENTRE SUI MURI COMPAIONO SCRITTE NAZISTE
Ancora una notte di violenza e terrore a Marsala. Non passa week end, purtroppo, in cui non si
venga a sapere di risse e pestaggi intorno alla movida marsalese.
Mentre la stragrande maggioranza dei giovani lilybetani frequenta i locali del centro nel rispetto delle regole (non sempre delle misure anti-Covid, va detto) permangono piccole sacche di inciviltà che improvvisamente si manifestano, lasciando tanta amarezza tra chi ha la sfortuna di esserne testimone.
Sabato sera, intorno alle 4, la centralissima via Sibilla è stata teatro di un episodio di truce violenza che ha lasciato sbigottiti i passanti.
Per terra, in una pozza di sangue, giaceva un giovane di origine africana, sovrastato da un ragazzo che continuava a prenderlo a pugni, nonostante non incontrasse alcuna resistenza. Attorno a loro, un gruppo di altri giovani marsalesi, che formava una sorta di cordone che impediva ai passanti più coraggiosi di intervenire a interrompere il pestaggio.
“Così imparano a rispettare gli italiani”, ha affermato a voce alta uno di loro, lasciando pensare anche all’aggravante dell’aggressione razziale.
Pare che anche un vigile urbano in borghese si sia avvicinato per capire cosa stava succedendo, ma il branco ha fatto in modo di allontanare anche lui.
Poco prima, un altro giovane di colore era stato visto a bordo di un ciclomotore con il volto rigato di sangue mentre attraversava via Vespri e altri due malconci sotto l’arco di Porta Garibaldi.
A detta di tanti, comunque, la sensazione è che ci siano almeno un paio di gruppi che aspettano il fine settimana per vivere esperienza ad alto tasso di adrenalina, corroborati da qualche bicchiere in più (e magari dall’utilizzo di sostanze stupefacenti) per superare le residue prudenze e tornare a casa con una nuova impresa da raccontare.
Non è ben chiaro se la componente dell’odio razziale sia prevalente o accessoria, ma anche questo aspetto andrebbe seriamente monitorato per chiarire una volta per tutte cosa succede nelle notti marsalesi.
(da agenzie locali)
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Agosto 11th, 2020 Riccardo Fucile
IL VIDEO DIVENTA VIRALE E SCATENA UNA SERIE DI COMMENTI NEGATIVI
Un poliziotto immobilizza un ragazzo di 21 anni stringendolo al collo con una presa da wrestling. Il giovane si dimena per provare a liberarsi, perchè il respiro viene a mancare. Intorno la gente grida per paura, chiede all’agente di liberarlo.
Qualcuno azzarda un parallelo con i fatti di Minneapolis. È un video di 58 secondi a denunciare pubblicamente un nuovo intervento muscolare della polizia, stavolta in Italia, a Vicenza, in piazza Castello.
Quel ragazzo, poi, sarà arrestato per violenza e resistenza a pubblico ufficiale.
Il questore Antonino Messineo cerca di smorzare le polemiche: “Se la polizia chiede un documento, non vedo per quale motivo rifiutarsi di darlo. Se tutti avessimo maggiore rispetto delle istituzioni, forse staremmo tutti meglio”.
Sarebbe meglio che anche le forze dell’ordine avessero maggiore rispetto dei cittadini, indipendentemente dal colore della pelle.
Una vicenda che, in poche ore, ha fatto il giro del web e che ha oltrepassato i confini della città di Vicenza. Il video del poliziotto che ha bloccato con una presa al collo un giovane ragazzo è stato al centro di polemiche e sta animando le cronache cittadine e non solo.
Anche perchè pone un serio interrogativo sulla proporzionalità delle reazioni da parte delle forze dell’ordine.
Denis Yasel Guerra Romero è stato arrestato (si trova ai domiciliari) con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e domani si celebrerà il processo per direttissima in cui bisognerà difendersi da questa accusa.
«Noi domani — ha detto Chiara Bellini, l’avvocato del giovane di 21 anni — dobbiamo difenderci da questa accusa. E dobbiamo dimostrare che quella che è avvenuta il pomeriggio del 10 agosto non è stata resistenza a pubblico ufficiale. È possibile che porteremo il fatto in dibattimento, perchè dobbiamo dare la possibilità ai testimoni di raccontare quello che è accaduto e che si vede nel video».
E quello che è successo nel video è sotto gli occhi di tutti: il diverbio tra il ragazzo e il poliziotto, il tentativo del giovane di allontanarsi, la presa al collo del poliziotto. Ma cosa era successo prima?
«La storia — dice l’avvocato Chiara Bellini — è questa: la polizia si trovava lì per sedare una rissa tra terze persone, che nulla avevano a che fare con il mio assistito. Mentre gli agenti stavano intervenendo, Denis stava scherzando con un suo amico e gli è venuto da ridere per motivi che non riguardavano affatto l’intervento delle forze dell’ordine. L’ufficiale, tuttavia, credeva di essere la causa di quella risata e si è avvicinato al ragazzo chiedendo: ‘Cos’hai da ridere?’». Parte da lì, poi, il video pubblicato sui social network.
Il ragazzo è stato preso al collo, poi è stato aiutato a liberarsi dalla morsa. Successivamente, dopo essersi allontanato in bicicletta, è stato fermato e arrestato. «La resistenza a pubblico ufficiale giustifica la misura cautelare in genere — spiega l’avvocato -, ma non è questo il caso. Dobbiamo dimostrare questo nel processo di domani, poi occorrerà valutare come andare avanti in questa vicenda».
Al ragazzo, inizialmente, era stato affidato un difensore d’ufficio, soltanto in un secondo momento è intervenuta l’avvocato Bellini, che ha cercato di spiegare il contesto all’interno del quale vive il suo assistito: «È un contesto decisamente sano — ci dice -: è un ragazzo giovane, perfettamente integrato, un operaio con un contratto a tempo indeterminato e, soprattutto, era incensurato. Anche se magari il suo atteggiamento non è sembrato gentile al poliziotto, non giustifica quel tipo di reazione».
(da agenzie)
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