Agosto 31st, 2020 Riccardo Fucile
LE TESTIMONIANZE SUL CAPORALATO ALLA STRABERRY DI MILANO: CONTRATTI IRREGOLARI E BUSTE PAGA INESISTENTI
Vessazioni, insulti razzisti e sfruttamento del lavoro nei confronti di un centinaio di braccianti nell’hinterland milanese.
Queste le accuse nei confronti di sette persone, tra cui Guglielmo Stagno d’Alcontres, fondatore di StraBerry, la start up lombarda premiata più volte da Coldiretti per la sua produzione ecologica di frutti di bosco
Contratti irregolari e buste paga inesistenti
I braccianti, per lo più di origine africana, venivano continuamente insultati per il colore della pelle, minacciati e ricattati, costretti a lavorare senza guanti nè mascherine. 10 ore di fila sotto il sole, senza neanche potersi fermare per bere un po’ d’acqua o andare in bagno. Il tutto per una paga di 4,50 euro all’ora, la metà del minimo sindacale. I contratti irregolari e le buste paga inesistenti, completano il quadro dell’indagine aperta dalla Procura di Milano sul nuovo caporalato nell’hinterland milanese
Uno dei braccianti: Non ci davano nemmeno da bere
“Non ci permettevano di bere, non ci davano nè mascherine nè guanti. Era l’inferno”. Così uno dei braccianti schiavizzati dall’azienda agricola StraBerry racconta come trascorrevano le giornate all’interno delle serre in cui, insieme agli altri, raccoglieva i frutti di bosco. “Ci dicevano solo: veloce, forza, dai”, spiega, mentre ricorda che aveva dovuto accettare il lavoro a 4,5 euro all’ora nonostante il minimo sindacale fosse di 8. “Abbiamo pensato fosse una chance”, continua il lavoratore, “sempre meglio che dormire in una stanza”, sottolinea.
Le condizioni di lavoro cui erano sottoposti i braccianti erano disumane, ora loro ringraziano il governo che li ha regolarizzati così da trattarli come esseri umani e non più come schiavi.
E dire che la start up in questione è stata premiata per due anni consecutivi con l’Oscar Green da Coldiretti grazie alla loro tecnologia di coltivazione di frutta a chilometro zero, il rispetto dell’ambiente e l’utilizzo di energia rinnovabile.
Dietro ai premi, però, c’era molto di più. C’era, perchè fortunatamente la guardia di finanza è intervenuta e ha sequestrato l’azienda. Ora, i sindacati chiedono a chi aveva effettuato degli ordini di “non ghiacciarli”, perchè si creerebbe un ulteriore danno ai lavoratori ora finalmente regolarizzati.
(da Fanpage)
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Agosto 31st, 2020 Riccardo Fucile
ANTONIO FRISELLA: “UNO SCENARIO DEVASTANTE, CI SIAMO BUTTATI IN MARE NEL DISPERATO TENTATIVO DI SALVARE QUALCUNO, DIVERSI NON SAPEVANO NUOTARE”
Una tragedia a poche miglia dalla costa della Calabria. Nei suoi occhi ancora uno scenario
devastante di distruzione e morte che rimarrà indelebile nella sua memoria. Antonio Frisella, uno dei due finanzieri rimasti feriti nell’esplosione della barca migranti Crotone, ha raccontato ad AdKronos quel che è accaduto domenica mentre era impegnato nel trasbordo di alcune persone da quell’imbarcazione esplosa improvvisamente.
Dice di stare bene, ma le immagini a cui ha assistito sono state devastanti.
«Più che fiamme c’è stata un’esplosione a bordo — ha detto Antonio Frisella ad AdnKronos — . Appena avvenuta l’esplosione, sono stato sbalzato all’indietro e mi sono buttato a mare. Abbiamo provato a salvare le persone in mare, abbiamo cercato di salvare qualcuno, c’era sul posto la nostra vedetta, il comandante della vedetta si è buttato in mare».
Questa la descrizione di quei tragici istanti che sono costati la vita a tre esseri umani. Il finanziere ha detto di essere ancora scosso per quanto accaduto, soprattutto dopo aver visto uno dei migranti morti in mare dopo quell’improvvisa esplosione.
Sul barcone di migranti c’erano molte persone che non sapevano nuotare, per questo motivo i finanzieri hanno provato a fare di tutto per soccorrerli e metterli in salvo.
Ma, nonostante gli sforzi, tre persone sono decedute a causa di quell’esplosione le cui cause sono ancora tutte da individuare. E Antonio Frisella dice no all’etichetta di eroe, sottolineando come lui e i suoi colleghi siano stati molto fortunati: «Siamo esseri umani, tutti lo siamo».
Le sue condizioni di salute non sono gravi e si riprenderà in qualche giorno. Ma nei suoi occhi, come raccontato ad AdnKronos, rimarrà indelebile quella scena di morte. Tutto a causa di un’esplosione improvvisa durante un soccorso che sembrava esser simile agli altri che aveva già effettuato nella sua carriera.
(da agenzie)
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Agosto 31st, 2020 Riccardo Fucile
A LAMPEDUSA EMERGE L’INCOMPETENZA DEL MINISTRO DEGLI ESTERI E L’IGNAVIA DEL PREMIER… IL PROBLEMA SI RISOLVE TRATTANDO CON LA TUNISIA CON INTERVENTI CONCRETI
Siamo passati da un sequestratore di persone che accusava la Tunisia di esportare delinquenti, causando quasi la rottura delle relazioni diplomatiche, a un ministro degli Interni di gran valore che deve sostituirsi a un ministro degli Esteri inesistente e a un premier che “media” e non decide mai.
Al netto dei soliti istigatori all’odio sovranisti e ai loro servi prezzolati (che si annidano ovunque) per chi, come noi, segue da anni le vicende degli arrivi dei profughi e dei migranti economici, sono evidenti alcuni dati di fatto:
1) La metà degli arrivi a Lampedusa è costituito da tunisini che, a seguito del Covid e della crisi politica ed economica del loro Paese, cercano fortuna in Italia. Chi è stato in Tunisia ha potuto constatare che i giovani con il Rolex al polso girano forse in Padania ma non in avenue Bourguiba, nei villaggi di Douz e del profondo sud pre-desertico.
La soluzione non può prescindere da due componenti che si chiamano “legalità ” e “solidarietà “.
a) nessuno deve partire dalla Tunisia per l’Italia se è un migrante economico, i problemi vanno risolti in loco. Appena arrivati, i tunisini vanno sottoposti a tampone (come infatti si sta facendo), alloggiati in un centro decoroso (cosa che non si fa) da cui non possono uscire e rimpatriati entro una settimana con un traghetto della Ctn (Compagnie Tunisienne de Navigation) apposito (con personale di polizia tunisino).
Nessun respingimento di massa giuridicamente perchè è lo Stato tunisino a farsene carico (in Tunisia non esistono le condizioni per vedere accolto lo status di asilo politico in Italia).
Per arrivare a questo occorrebbe un ministro degli Esteri e un premier che andassero a Tunisi e capaci di mettere sul piatto una cifra adeguata, di molto inferiore a quella regalata ai criminali libici.
Qua gli aiuti e qua la prima nave della Ctn che domani riporta in patria 2.000 tunisini, quattro viaggi e in 15 giorni abbiamo risolto il problema nel rispetto della legge e dell’umanità .
Scommettiamo che al primo sbarco a La Goulette di 2.000 rimpatriati nessuno parte più perchè sanno che sarebbe un rischio inutile?
Ma non basta: occorre creare almeno 10.000 posti di lavoro in Tunisia. Nulla di più percorribile se si muovono le leve giuste, coinvolgendo aziende italiane interessate ad investire nel Paese arabo più occidentale del Mediterraneo.
Accordi tra governi, investimenti nelle infrastrutture (aziende italiane hanno gia costruito superstrade), nella rete ferroviaria e nel turismo.
Cosa è riuscita a fare invece l’Italia questa estate, a differenza di altri Paesi europei?
A impedire il turismo italiano in Tunisia, Paese che aveva livelli Covid quasi inesistenti, determinando il crollo dell’occupazione nelle località costiere, da Hammamet a Djerba.
Salvo poi lamentarsi che tanti giovani tunisini fuggono dalla miseria.
2) Passiamo al nodo politico. Lamorgese ha fatto salti mortali per reperire navi per la quarantena, spostare i migranti da Lampedusa, vincere le resistenze delle Regioni sovraniste, andare a trattare a Tunisi.
Il tutto mentre Conte dormiva e Di Maio era latitante, questo non si può nè negare ne’ non stigmatizzare.
Una emergenza che si sarebbe dovuto affrontare a febbraio è stata ignorata fino a quando non si è “scoperto” l’attracco di 5 barchini al giorno, quelli che arrivavano anche con Salvini ma si tenevano nascosti.
Poi gli arrivi sono aumentati ma tutti zitti come se il problema fosse della Lamorgese e non di tutto il governo. E qui si collega la responsabilità del M5s sui decreti sicurezza, decreti criminali che violano le leggi internazionali a cui sono subordinati.
Il mancato coraggio o la complicità con politiche razziste hanno prodotto ulteriori clandestini espulsi dal circuito di integrazione e finiti in mezzo a una strada .
Lamorgese ha svelato il bluff di Salvini, altro che “600.000 rimpatri”, si marcia a 5-600 al mese e sono aumentati solo grazie alla nuova ministra, non certo ai suoi predecessori.
Conclusione: con la Tunisia bisogna trattare ed essere credibili, nel rispetto di legalità e solidarietà . Nessuno deve scappare dagli hotspot come nessuno deve permettersi di ostacolare il lavoro delle prefetture nella collocazione.
La propaganda sovranista si combatte con soluzioni concrete e applicazioni delle leggi.
Chi non ha diritto a venire in Italia deve tornare a casa, chi istiga all’odio deve andare in galera.
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Agosto 31st, 2020 Riccardo Fucile
IL SINDACO HA ELOGIATO LAMORGESE “LASCIATA SOLA DAL GOVERNO” CHE NON FA RISPETTARE GLI ACCORDI CON LA TUNISIA… E I NUOVI DECRETI SICUREZZA SLITTANO A OTTOBRE
“Il sindaco di Lampedusa e il presidente della Regione Sicilia sono stati convocati dal
premier Giuseppe Conte a Roma mercoledì. A dirlo è il sindaco dell’isola Totò Martello, al termine dell’incontro con alcuni imprenditori, commercianti locali e cittadini, sullo sciopero generale minacciato ieri dal primo cittadino.
“Lo sciopero è stato rinviato – ha aggiunto – in attesa delle risposte che arriveranno la Roma”. Martello ha proseguito: “Ci sono alcune cose che deve fare la Regione Sicilia nei confronti del popolo di Lampedusa e altre che devono essere fatte da Roma. Appena ci saranno i provvedimenti fatti, Conte verrà anche a Lampedusa. Che il governo ci convochi, vista l’emergenza che c’è a Lampedusa, è un fatto concreto”.
Su la Stampa oggi aveva attaccato l’esecutivo, paventando uno sciopero che non ci sarà per il momento.
“Il Governo ci ha lasciati soli, a noi e al ministro dell’Interno”, attacca Totò Martello in un’intervista a La Stampa.
“Se il Governo non è capace di fare rispettare gli accordi con la Tunisia, vado io a Tunisi a discuterne e ci vado con la mia barca”.
“Se c’è un accordo con la Tunisia va fatto valere. Quando si è mai detto che un governo non affronta l’emergenza? Ci vuole il ministro degli Esteri, deve intervenire il Presidente del Consiglio. Il ministro Lamorgese sta facendo tutto quello che è in suo potere ma il Governi non pare sostenerla”.
Poi annuncia di aver chiesto un incontro al presidente della Tunisia, Saied,“per chiedergli l’applicazione degli accordi con l’Italia”.
“In questi due mesi abbiamo superato i numeri del 2011 quando c’era al governo Berlusconi e al Viminale c’era Maroni. Anche allora dicevano che non c’era emergenza, lasciando migliaia di migranti sul molo per giorni”.
Della ministra Luciana Lamorgese Martello dice ancora: “Se non la vogliono più – aggiunge – lo dicano, si prendano le loro responsabilità ”.
Dal canto suo, la titolare del Viminale incalza il premier sulla revisione dei decreti sicurezza ma, secondo quanto scrive Repubblica, Giuseppe Conte prende tempo. I provvedimenti che dovrebbero sostituire quelli voluti da Salvini potrebbero essere rinviati a ottobre.
Iniziano, intanto, i trasferimenti dei migranti da Lampedusa. Con l’ultimo sbarco di sabato erano in tutto 1560 le persone arrivate dal mare sull’isola. Entro oggi dovranno lasciare il primo luogo di approdo oltre trecento persone.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 31st, 2020 Riccardo Fucile
IL TENNISTA RISPONDE AGLI INSULTI RICEVUTI PER AVER PRESO POSIZIONE CONTRO I NEGAZIONISTI E NON USA MEZZE PAROLE
Adriano Panatta sulle pagine della Stampa si sfoga dopo gli insulti ricevuti per aver criticato su Twitter i negazionisti che hanno manifestato contro le misure anti coronavirus. Non usa mezze parole per descrivere chi afferma che la pandemia non esista. E viene quasi voglia di applaudire:
Panatta, su Twitter ha usato una espressione molto romanesca per descrivere cosa pensa dei negazionisti: “Ce ne stanno di cojoni in giro…”
«Sì, ho visto le immagini da Berlino, con tante teste rasate e magliette discutibili, e ho proprio pensato: ma questi sono… scemi. Come si fa a negare l’evidenza? Ci siamo già dimenticati i camion che portavano via le bare dalle zone rosse? Per me chi nega la pandemia è solo un coglione».
I negazionisti, di destra e di sinistra, sostengono di battersi per la libertà : si sente un difensore dell’establishment
«Mi hanno subito insultato, dandomi sia del comunista sia del fascista, sostenendo che sono un “rimasuglio dittatoriale”. “Tornatene in Cile!”, mi hanno scritto sui social proprio a me, ma stiamo scherzando».
Insomma, lei non crede al «complotto»
«Il complotto de che? Ma per favore. Io le immagini degli ospedali assediati non le dimentico. Figuriamoci poi se sono contro la libertà di scendere in piazza e protestare. In questo caso però la sola libertà che vedo è quella di dire cazzate. Poi la stessa reazione l’ho avuta guardando lagente che si ammassava in discoteca: una totale mancanza di rispetto per il prossimo»
L’ex tennista poi però a una domanda su Briatore diventa improvvisamente più diplomatico:
Il suo amico Briatore non ha fatto una bella figura
«Se aprono le discoteche, e la maggior parte delle persone si comporta da idiota, diventa difficile.Anche Flavio non poteva fermare l’orda. Forse, diciamolo, l’orda andava proprio evitata»
Panatta però non ricorda che Briatore quando venne decisa la chiusura delle discoteche non aveva esattamente detto “grazie per avermi aiutato a fermare l’orda” ma “Piange il cuore vedere un’economia trucidata così da gente che non ha mai fatto un cazzo nella vita”, che ci sono prove video che indicano che anche lo staff non indossava la mascherina, e che i dipendenti del Billionaire si sono rivolti al sindacato gallurese della Cisl per fornire una versione un po’ diversa rispetto a quella del manager e per aprire una pratica per infortunio sul luogo di lavoro (l’infezione da Covid, per l’Inail, è classificata così).
(da agenzie)
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Agosto 31st, 2020 Riccardo Fucile
INTERVISTA A PAUL HANSEN, VINCITORE DEL WORLD PRESS PHOTO
Sono giorni fondamentali per il futuro della Bielorussia. Le proteste continuano ma
Lukashenko non allenta la presa. E ora arresta anche i giornalisti
Nel 2012 Paul Hansen ha vinto il World Press Photo, uno dei concorsi più prestigiosi di fotogiornalismo al mondo, con uno scatto del funerale di due bambini palestinesi
morti durante un attacco missilistico israeliano.
Negli ultimi giorni ha pubblicato la foto di un altro funerale: quello di Nikita Krivstov, un ragazzo di 28 anni arrestato mentre protestava in Bielorussia contro il regime di Lukashenko e trovato impiccato in una foresta dieci giorni dopo.
Volato dalla Svezia a Minsk per seguire le proteste, Hansen si è ritrovato in una cella dopo essere stato arrestato mentre assisteva all’ennesima manifestazione.
Il suo non è stato un caso isolato: l’ultima settimana è stata segnata da un numero crescente di giornalisti — sia stranieri sia locali — arrestati dalle forze di polizia, intimiditi e in molti casi allontanati dal Paese, per nascondere al mondo quello che sta accadendo e reprimere — definitivamente — le manifestazioni di dissenso. Raggiunto al telefono da Open dopo il suo rilascio, Hansen ci racconta la sua esperienza.
Come è avvenuto l’arresto?
«Mentre ero seduto in una piazza a intervistare due giovani donne ho visto avvicinarsi centinaia di manifestanti e, temendo che arrivasse la polizia, ho detto loro che sarei tornato in albergo. Come era prevedibile, però, sono arrivati i poliziotti, hanno circondato le persone che manifestavano e hanno iniziato a portarli via un po’ alla volta. Sono uscito dall’hotel per dare uno sguardo e dopo poco sono stato arrestato».
Cosa è successo dopo?
«Sono stato caricato su un furgone. Dentro c’erano altri due giornalisti. Siamo stati portati in una stazione di polizia dove c’erano altri 25 giornalisti circa, alcuni dei quali erano lì da qualche ora. In totale ci sono rimasto per circa cinque ore. I poliziotti a turno per interrogarci e ispezionavano i nostri cellulari, credo che lo scopo fosse quello di capire con chi eravamo stati in contatto. Tutti hanno rifiutato. La polizia ha minacciato di distruggere l’equipaggiamento di alcuni di loro. Ma a me non è successo».
Perchè no?
«Sono riuscito a prendere il mio telefono quando mi hanno spostato in un’altra stanza, e ho immediatamente mandato un messaggio all’agente di sicurezza del giornale che ha subito contattato l’ambasciata svedese. Sono riusciti ad organizzare il mio rilascio entro un’ora, anche se sono stato costretto a lasciare il Paese».
Sa cosa è successo agli altri giornalisti?
«Credo che quattro di loro — erano giornalisti locali — fossero ancora in prigione il giorno seguente, in attesa di andare a processo. È molto peggio per i giornalisti locali che devono restare e dovranno cercare di continuare a lavorare. E la loro possibilità di svolgere il proprio lavoro è stata notevolmente ridotta. È un modo palese del regime di Lukashenko di chiudere le orecchie e gli occhi al pubblico. Sono così colpito dal coraggio dei bielorussi».
Eppure, come abbiamo visto nelle ultime settimane, sono i cittadini stessi a documentare sui social media le proteste e gli abusi della polizia. Perchè accanirsi nei confronti dei media?
«Effettivamente il regime si sta sparando sui piedi. So che il ministro degli esteri svedese, uscito dalla riunione dell’Ue dove si stava discutendo delle sanzioni da applicare alla Bielorussia, ha persino citato il mio caso e in generale i limiti alla libertà di stampa. Quindi la strategia è chiaramente controproducente. Ma parliamo di un uomo [Lukashenko ndr] che nel giorno in cui il suo Paese ha registrato le più grandi proteste nella sua storia, è stato capace di scendere dall’elicottero con un Kalashnikov con a fianco il figlio — credo abbia 16 o 17 anni -, in tenuta militare. Non tutto quello che fa è comprensibile. Allo tempo stesso, condividere foto e video su Twitter è una cosa diversa dal giornalismo. La BBC, il Guardian, il New York Times e altre testate internazionali hanno un esigenze editoriali differenti».
Sono trascorse circa tre settimane dall’inizio delle proteste. Che clima si respira adesso a Minsk? La sua impressione è che stiano per finire o che continueranno?
«Quello che ho notato durante le proteste la scorsa settimana, quando c’erano circa 170mila persone che marciavano a Minsk, era che in strada c’erano molti giovani e persone anziane, ma non i lavoratori, che ovviamente hanno un ruolo fondamentale nell’economia del Paese e quindi possono giocare un ruolo strategico. All’inizio c’erano stati segnali incoraggianti in questo senso — ad esempio c’era stata una protesta in una fabbrica di trattori — ma d’allora ci sono stati pochi episodi del genere. Quello che accadrà domani sarà cruciale. Temo che se il popolo smetterà di scendere in strada, tutto finirà . Ma dopotutto vedo un parallelo con la rivoluzione arancione in Ucraina: c’è lo stesso tipo di energia».
Perchè crede che le donne abbiano svolto un ruolo così importante nelle proteste?
«Ovviamente il leader dell’opposizione è una donna, Tikhanovskaya. Le donne con cui ho parlato erano estremamente determinate. Sono stufe dell’acquiescenza della generazione dei propri genitori nei confronti del regime. In queste settimane sono scese a manifestare, vestite di bianco, impugnando fiori: sono quasi intoccabili. Dal punto di vista visivo, sarebbe molto brutto se la polizia le picchiasse o le arrestasse. La loro debolezza, così come è percepita dal patriarcato totalitario, in realtà è la loro più grande forza».
Ha intenzione di tornare in Bielorussia?
«Ufficialmente non potrò tornare per cinque anni. Quando sono stato rilasciato ho stretto la mano al commissario di polizia e l’ho guardato negli occhi e ho detto: “Ci vediamo tra cinque anni”. Stavo per aggiungere, “O anche prima”, ma poi mi sono tirato indietro. Ma ovviamente tornerò appena possibile. I media stranieri hanno un ruolo fondamentale: il fatto che il mio arresto e l’arresto dei miei colleghi siano stati immediatamente legati alle sanzioni contro il Paese è un segno che la libertà di stampa è ancora apprezzata, soprattutto nel mondo in cui viviamo, dove le fake news sono la testa d’ariete dei regimi totalitari».
(da Open)
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Agosto 31st, 2020 Riccardo Fucile
SOTTO ACCUSA I CONTINUI CAMBIAMENTI NELLA LINEA DEL GOVERNO
La pandemia ha messo alle corde il sovranismo: iIl primo ministro britannico Boris Johnson deve affrontare un crescente malumore nel suo stesso partito conservatore per la risposta data dal governo alla pandemia di coronavirus.
Lo riporta un articolo del quotidiano ‘The Observer’, secondo il quale molti deputati Tories sarebbero preoccupati per i continui cambi di direzione di Johnson e dai sondaggi che indicano una sostanziale parità con il partito Labour.
Nel mirino di dirigenti e deputati Tories ci sarebbero i continui cambiamenti nella linea del governo, a volte nel giro di poco tempo, su temi come l’uso delle mascherine, le restrizioni ai viaggi, le regole sul distanziamento sociale e la scuola.
Secondo il giornale, Johnson sarà chiamato a chiarire tutti i dubbi già la prossima settimana, quando è prevista la ripresa delle attività a Westminster dopo la pausa estiva. “Troppo spesso sembra che questo governo si lecchi il dito e lo metta in aria per vedere da che parte tiri il vento”, ha detto al giornale il deputato Charles Walker, membro esecutivo del comitato 1922.
“Questo non è un modo sostenibile per affrontare l’attività di governo e governo”, ha aggiunto Walker, sottolineando che per i deputati conservatori è “sempre più difficile promuovere e difendere la politica del governo, poichè spesso tale politica viene modificata o abbandonata senza preavviso”.
(da agenzie)
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Agosto 31st, 2020 Riccardo Fucile
L’INVETTIVA CONTRO LA FOGNA NEGAZIONISTA: “COME SI PUO’ NON PENSARE AL BENE COMUNE E ALLA SOFFERENZA DI TANTI?”
Il suo corpo stanco lo abbiamo visto su decine di manifesti in tutta Italia durante la fase più
dura dell’emergenza Coronavirus.
Elena Pagliarini, infermiera di Cremona, ricorda bene le fatiche di marzo e aprile nella lotta al Covid-19. Oggi, mentre il fronte dei negazionisti del virus trova sempre più seguito, non trattiene la frustrazione: «Vorrei che provassero quello che ho provato io in questi lunghi mesi, molto, molto reali».
«Non posso credere che ci siano persone che banalizzano così tanto un problema così reale, negando i giorni e le notti di grande lavoro e sofferenza nostra e dei malati», ha detto a La Stampa.
Sono 41 i colleghi che hanno perso la vita a causa del Covid-19 in Italia. L’ultimo se ne è andato pochi giorni fa. Sempre in Lombardia, stavolta a Como. «Come si può pensare di negare l’esistenza del Covid-19, di non mettere la mascherina, di non pensare al bene comune dopo tutti questi mesi così duri?».
Oggi, 30 agosto, Pagliarini verrà premiata con il riconoscimento Carla Fendi sul palco del Festival dei due Mondi, in quanto simbolo del lavoro degli infermieri in questi mesi di pandemia.
«Noi infermieri — ha detto — portiamo i segni di questa lotta sul nostro corpo e anche nella nostra mente. Molti colleghi hanno avuto problemi psicologici. Io stessa mi sono ammalata: sono sia un testimone di lotta, che un testimone di malattia».
Nell’ultima settimana di rialzo dei nuovi contagi, Pagliarini ha spiegato che «tanti colleghi sono stati richiamati dalle ferie per rientrare in servizio, a ulteriore testimonianza di come anche oggi non possiamo e non dobbiamo abbassare la guardia».
(da agenzie)
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Agosto 31st, 2020 Riccardo Fucile
STEINMEIER: “IRRUZIONE ALL’INTERNO DEL PARLAMENTO E’ UN ATTACCO INSOPPORTABILE AL CUORE DELLA NOSTRA DEMOCRAZIA”
Loro si sono indignati mentre da noi si preferisce chiudere gli occhi: “Le bandiere del Reich e la gentaglia di estrema destra davanti al Bundestag (Parlamento, ndr) tedesco sono un attacco insopportabile al cuore della nostra democrazia. Non lo accetteremo mai”.
Lo ha dichiarato il presidente tedesco, Frank-Walter Steinmeier, condannando l’irruzione di un gruppo di manifestanti ‘negazionisti’ del Covid all’interno del Parlamento.
“Chiunque sia arrabbiato per le misure tedesche sul coronavirus o dubiti della loro necessità può esprimerlo, anche in pubblico – ha aggiunto Steinmeier – La mia comprensione finisce quando i manifestanti si lasciano attaccare ai carri dei nemici della democrazia e degli agitatori politici”.
(da agenzie)
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