Novembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
MEGLIO LAVORARE CHE VIVERE? MA QUANDO SI E’ MORTI LAVORANO SOLO I BECCHINI
Meglio vivere o lavorare? La seconda. Per la Lega l’economia viene prima della salute degli italiani.
Un concetto che era forse già ipotizzabile dalle posizioni degli amministratori del Carroccio in Veneto, che si sono schierati a favore delle proteste e contro le misure anti contagio del governo.
Adesso, però, la posizione del partito di Matteo Salvini viene esplicitata da un esponente del Carroccio in uno dei più alti di luoghi di confronto: il Parlamento.
Claudio Borghi, deputato della Lega vicinissimo al segretario, ex presidente della commissione Bilancio, ha preso la parola per replicare a Giuseppe Conte, intervenuto a Montecitorio per comunicazioni urgente su nuove strette anti Covid.
Misure che puntano a frenare la curva del contagio. “Siamo coscienti delle ripercussioni sull’attività economica, sulla produzione, ma non ci può essere dilemma tra la difesa della salute e la tutela dell’economia, più piegheremo i contagi più allenteremo le restrizioni”, ha detto tra le altre cose il premier.
Ed è quello il passaggio che colpisce maggiormente l’attenzione di Borghi. Il leghista parla poco più di cinque minuti, ma la parte fondamentale del suo intervento arriva subito. “Signor Presidente — dice Borghi a a Conte — lei ha detto che il diritto alla salute è preliminare su tutti gli altri diritti costituzionali? Ma come si permette di fare una scaletta dei valori costituzionali? I diritti costituzionali sono tutti importanti alla stessa maniera e se per caso i numeri qualcosa contano il diritto alla salute è al numero 32, il diritto al lavoro è invece è al quarto”
Quindi in questa fase di emergenza mondiale, quando persino Paesi più ricchi ed organizzati del nostro — come Francia e Germania — sono dovuti tornare al lockdown, per la Lega non occorre varare alcuna stretta per combattere il contagio perchè bisogna tutelare prima l’economia della salute degli italiani.
È per questo motivo che — mentre Borghi parlava — Andrea Orlando ha twittato: “Invito i commentatori che si interrogano sul perchè sino a qui non ci sia stata collaborazione tra maggioranza e opposizione ad acquisire l’intervento fatto alla Camera dall’on. Borghi a nome della Lega”.
Il riferimento del vicesegretario del Pd è all’ultima apertura all’opposizione, fatta da Conte direttamente dai banchi di Montecitorio, dopo che sabato il centrodestra si era già detto indisponibile a sedere in una cabina di regia bipartisan per la gestione dell’emergenza.
Il senso del post di Orlando, dunque, è semplice: mentre è chiamato a varare norme anti Covid per salvare vite, come fa l’esecutivo a dialogare con una forza politica che preferisce privilegiare gli affari e l’economia rispetto alla salute?
“Borghi — spiega sempre Orlando — ha spiegato che il diritto al lavoro viene prima di quello alla salute. Lo ricava dal fatto che il primo è sancito all’art 1, il secondo all’ art 32. Decenni di giurisprudenza e di dottrina resi superflui da questa acquisizione scientifica. Reso inutile l’affannarsi dei giudici costituzionali nel contemperare o trovare gerarchie tra i diversi principi costituzionali. Era così semplice, come hanno fatto a non pensarci prima”.
Senza scomodare la Costituzione e la giurisprudenza, da anni le agenzie governative per valutare l’impatto delle politiche pubbliche calcolano il cosiddetto “valore di una vita statistica”. E diversi studi condotti negli ultimi mesi mostrano che le vite salvate dal lockdown valgono più del pil perso.
Un paper uscito negli Usa, per esempio, è arrivato alla conclusione che il distanziamento sociale ha avuto un beneficio netto di 5mila miliardi di dollari.
Studi e analisi che evidentemente non sono arrivati in via Bellerio. In attesa di capire cosa dirà al Senato, infatti, Matteo Salvini si è schierato da giorni contro qualsiasi tipo di chiusura. Dopo varie giravolte, sabato — mentre il governo incontrava il Cts e le Regioni — il leader della Lega è tornato a protestare sui social contro ogni stretta anti -contagio. “Spesso la cura rischia di essere peggiore del male che si va a curare”, l’argomentazione di Salvini. Che non a caso è il leader del partito di Borghi.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
ALTRO CHE SALE D’ATTESA VUOTE
«Tutto silenzioso. Nessuna coda. Tutto vuoto». Nella rassegna cinematografica dei negazionisti
del Coronavirus, il genere più diffuso in questi giorni deve essere quello dei corti girati nei Pronto Soccorso.
Il 29 ottobre su Open avevamo pubblicato i video ripresi all’ospedale Sacco di Milano, la prima struttura sanitaria della città ad essere dedicata completamente ai pazienti Covid. Video in cui sembra che le sale siano vuote e le ambulanze ferme, uno scenario interpretato dai registi come segno evidente delle menzogne diffuse dal governo. Teorie ben poco fondate, come abbiamo dimostrato nella nostra ricostruzione.
Ora c’è un nuovo video che è comparso in rete, questa volta girato all’ospedale Niguarda di Milano. Nei giorni scorsi un’inchiesta pubblicata su Avvenire aveva raccontato l’impatto della seconda ondata di contagi sulla struttura.
Reparti in affanno, turni estenuanti e pazienti ordinari costretti a rinviare le cure. L’utente Facebook Giorgio Bogoni ha deciso di verificare di persona la situazione. Ha preso il suo smartphone ed è andato nell’ospedale a riprendere, girando un video di 2.25 minuti che, a detta sua, smaschera quello che sta succedendo.
Il video al momento non è ancora diventato virale, si parla di poco più di un centinaio di condivisioni. Fra chi l’ha visto però ci sono stati anche i responsabili dell’ospedale Niguarda, che hanno deciso di affidare la loro risposta a Open. Una risposta a cui non aggiungiamo altro.
“È frustrante quanto pericoloso girare video come questo. Per rispetto al grande impegno e sacrificio che tutto il personale del nostro ospedale sta mettendo in campo in questi giorni, quando ancora non sono spariti i segni della fatica della prima ondata della pandemia, non possiamo tacere. Lottiamo contro un virus che sembra correre sempre più veloce, ed è inaccettabile che qualcuno affermi che tutto questo ce lo stiamo inventando, chissà per quale oscuro fine. E’ assurdo essere costretti a farlo, ma troviamo opportuno spiegare, per rendere giustizia all’encomiabile lavoro delle nostre equipe, che se vedi un corridoio vuoto in Pronto Soccorso, in realtà basta aprire una porta, ovviamente non accessibile ai curiosi con un cellulare in mano, per renderti conto di quante persone ci siano sdraiate su un lettino. Siamo passati dall’essere eroi all’essere complici di una farsa mondiale No, nè l’uno nè l’altro.
Siamo professionisti sanitari che fanno, adesso con più fatica di sempre, solo il loro lavoro. Agli irresponsabili che entrano nei nostri Pronto Soccorso, nelle uniche aree accessibili agli esterni, e improvvisandosi reporter dall’assalto con un cellulare in mano inneggiano allo scoop per aver svelato un complotto sanitario, diciamo che, dietro quella porta che non hanno aperto, ci sono immagini di sofferenza di cui avere rispetto.
Ci auguriamo che di fronte alla verità , e alla sofferenza, questi irresponsabili abbiano la decenza di smettere.
Ospedale Niguarda di Milano
Siamo messi davvero molto male.
(da Open)
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Novembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
“CASCO DA TENERE 24 ORE E FLEBO, AI GIOVANI DICO: METTETE LA MASCHERINA”
Michele Frassinetti detto “Miky”, è un imprenditore di Genova. Ha 35 anni, una vita passata a organizzare eventi in tutta Italia, in particolare nella sua città di origine. Eventi per discoteche, ma anche congressi, matrimoni, feste in piazza di Comuni e associazioni.
Michele è uno dei tanti giovani che ha scelto la strada dell’impresa e della partita IVA per provare a creare valore nel territorio.
Soffre di asma, ha contratto il Covid-19 nella sua città , colpita da un numero molto elevati di contagi. “Ho indossato sempre la mascherina, ma potrei averlo contratto in un ristorante”.
A TPI, ancora ricoverato in ospedale, ha raccontato la sua esperienza, che è anche un messaggio per le nuove generazioni, e ha commentato la vicenda del presidente della Liguria Giovanni Toti, finito nella bufera per il tweet sugli anziani “non indispensabili” al sistema produttivo.
Michele, qual è la tua storia di contagiato Covid?
Il 14 ottobre inizio ad avere problemi di asma, ho raffreddore ma niente febbre. Dopo tre giorni la febbre arriva a 38.2 Piano piano la situazione peggiora e vengo ricoverato all’ospedale San Martino di Genova con polmonite bilaterale da Covid-19. Rimango 3 giorni e mezzo su una barella al pronto soccorso, in mezzo a centinaia di malati Covid. Avevamo la mascherina e l’ossigeno: ci trovavamo in 30 in una stanza, non c’era spazio, non c’erano letti e reparti.
Mi hanno messo la testa dentro un casco di ossigeno da tenere 24 ore su 24, alimentandomi solo con la flebo. Potevamo aprirlo solo pochissime volte al giorno per bere. Dopo questo periodo sono stato trasferito, finalmente, in un letto e una camera. Tante persone soffrivano, urlavano dal dolore. Ho pregato tanto. Ho anche comprato un peluche di orso su Amazon da mandare alla mia famiglia, così che mia madre potesse abbracciarlo al posto mio.
Come vedi il rapporto tra Covid e giovani?
Molti giovani e meno giovani sono scettici, non credono al Covid-19, che viene considerato come una specie di influenza stagionale. In realtà è molto invasivo e può essere devastante, è letale e può colpire non solo le vie respiratorie ma creare anche problemi cardiovascolari e ictus. Nessuno deve sottovalutarlo, in particolare gli anziani, che se affetti già da altre patologie reagiscono con maggiore difficoltà , visto che il virus colpisce più parti vitali del corpo e le terapie che abbiamo al momento purtroppo non sempre riescono a salvarli.
A proposito di anziani, il tweet di Giovanni Toti ha sollevato molte critiche. Cosa ne pensi?
Il tweet di Toti, o di chi lo ha scritto del suo staff, l’ho trovato di cattivo gusto, per essere gentili, dato che i miei genitori rientrano nella categoria descritta dal Presidente della regione.
In che condizioni hai trovato il nostro sistema sanitario?
Io vedo tanti sforzi da parte di medici ed infermieri, ma un sistema che non sta reggendo. Sono troppo pochi e non ce la fanno davvero più. Avendo avuto un letto ed una stanza con costanti cure e attenzioni mi sono ripreso. Poi sono stato improvvisamente trasportato in un’altra struttura, l’ospedale Maragliano. A me sembrava un’opportunità di rinascita e riabilitazione. In realtà l’intera struttura è oggi dedicata a pazienti Covid-19 e non esiste un ambiente dove un giovane della mia età possa essere collocato per una terapia riabilitativa, respiratoria e psicologica.
(da TPI)
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Novembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
“C’E’ CHI HA LE LACRIME AGLI OCCHI DALLA STANCHEZZA E DALLO STRESS”
Ora negazionisti e riduzionisti potranno ripensare alle loro stupidaggini: “Solo in questo fine
settimana abbiamo ricevuto almeno 300 telefonate da parte di oss e infermieri che denunciano le condizioni di lavoro insostenibili in un momento in cui il loro impegno è massimo nella lotta al Covid. Tra i lavoratori c’è rabbia e tensione che potrebbero presto sfociare in proteste generalizzate. Occorre intervenire subito per far emergere questo malessere”.
Così, in una nota, il segretario regionale della Cisl Funzione Pubblica, Alessandro Bertaina
“In questa fase – spiega Bertaina – l’adrenalina che aveva sostenuto i professionisti della sanità durante la prima ondata della pandemia è ormai agli sgoccioli. Gli operatori sanitari sono demoralizzati e sfiniti. Questa situazione non può reggere a lungo. C’è chi, quando fa le consegne di fine turno, ha le lacrime agli occhi dalla stanchezza, dalla fatica e dallo stress. C’è chi comincia il ‘giro letti’ tra i pazienti Covid alle 6 del mattino e lo termina intorno alle 14, sempre con la tuta Covid addosso, senza pause”.
“In alcune Rsa gli Oss stanno facendo turni di 12 ore e si sta derogando dall’obbligo delle 11 ore di riposo. Assistiamo a continui e repentini licenziamenti di operatori socio sanitari che si rifiutano di lavorare a queste condizioni. Così non si può andare avanti. Questo significa mettere a rischio anche i pazienti”, aggiunge Bertain
Secondo la Cisl Funzione Pubblica Piemonte in ogni struttura sanitaria della regione, sia pubblica che privata, mancano soprattutto gli oss. In numerose case di riposo la dotazione organica risulta composta da un solo operatore al piano a fronte di 2/3 previsti e anche negli ospedali sono pochissimi. La loro presenza durante il turno è strategica e fondamentale. Senza di loro, il personale Infermieristico in servizio è costretto a svolgere attività non attinenti al proprio profilo professionale.
“Mi chiedo – conclude Bertaina – perchè le Aziende, da marzo a settembre, anzichè assumere nuovi dirigenti, non abbiano trovato soluzioni-tampone alle problematiche già messe a nudo nella prima ondata, per migliorare la situazione”.
(da agenzie)
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Novembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
E LA SUA SOCIAL MANAGER DICE CHE E’ COLPA DI CHI SI E’ INDIGNATO E CHE SI E’ PERMESSO DI CRITICARE L’ORRIDO POST
Alla fine ha pure fatto la sua intervista d’ordinanza al Corriere della Sera per provare a rettificare e c’è riuscito malissimo, e non c’erano dubbi.
Il presidente della Liguria, intervistato sul suo tweet in cui definiva gli anziani “non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese” non ha affatto rimediato alla gaffe, forse perchè in fondo la sua idea è proprio quella, quella di un’utilità sociale che sia fermamente ancorata all’utilità di produzione, secondo il feroce schema “nasci, produci, consuma, muori” che fa tanto comodo a una certa politica.
Quella politica che vorrebbe appiattire tutta la questione sanitaria al semplice fatturato, come se non esistesse un’emergenza sociale, un’emergenza affettiva, un’emergenza mentale. Niente.
Ridurre tutto all’eugenetica di chi produce e di chi invece non produce è il crinale in cui Toti si è avventurato tralasciando, come al solito, la complessità a favore di una banalizzazione che come tutte le banalizzazioni risulta feroce nella sua semplicità .
Poi ci sono le scuse, sempre quelle, sempre allo stesso modo: dice Toti che la colpa è del suo social media manager (che è il nome altisonante per definire spesso coloro che, sottopagati, si occupano di tutta la comunicazione e che alla fine risultano determinanti per costruire il personaggio politico). Gli sfugge che il fatto che sui suoi profili social ci sia la sua faccia, e ciò implica necessariamente che sia sua tutta la responsabilità di quello che esce da quei canali.
Non ce la fanno proprio a dire semplicemente “scusate ho sbagliato, ho fatto una cazzata” e così accade addirittura che la sua responsabile dei social, Jessica Nicolini, si metta a cianciare in un’intervista di “chi non vede l’ora di far licenziare qualcuno in un momento come questo o gode sugli errori degli altri”, come se alla fine anche l’indignazione fosse colpa nostra, scemi noi che ci siamo permessi di farci irretire dal suo orrido messaggio.
Ma il punto principale è che questi sono disabituati alla cura, alla cura delle parole, alla cura della memoria, alla cura delle persone nella loro totalità e così appaiono sempre impreparati ogni volta che si ritrovano a doversi occupare delle cose umane, loro così attenti solo agli algoritmi e ai flussi della preferenza elettorale, loro sempre così attenti al gradimento.
E Toti si è anche dimenticato di guidare la regione più anziana di uno dei Paesi più anziani del mondo. Pensa a volte il destino.
(da TPI)
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Novembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
453.000 OVER 65, 223.000 OVER 75 CHE PAGANO ANCHE LO STIPENDIO DEL GOVERNATORE PUR “NON ESSENDO INDISPENSABILI AL MONDO PRODUTTIVO”… E SCARICA LA COLPA SU FANTOMATICI COLLABORATORI
“Il mio collaboratore che ha commesso l’errore in una live tweet, come me, si scusa, imparerà e
migliorerà . Ma non lo farà una classe dirigente ipocrita, meschina, che la butta in gazzarra e non vuole vedere la realtà drammatica che abbiamo di fronte”.
Il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, in un’intervista al Corriere della Sera oggi mette una pezza sul tweet delle polemiche di ieri: “È un passaggio scritto in modo maldestro e mi dispiace se ha ferito qualcuno. Ma la sostanza è chiarissima. Non è piacevole chiedere sacrifici alla popolazione. Ma per il nostro presente e il nostro futuro, è più giusto adottare politiche che contengano il danno proteggendo i più fragili e più esposti, gli over 75anni che rappresentano il 90% dei morti, o impedire che vadano a scuola, all’università , a lavoro persone giovani, sane, che spesso sono asintomatici o superano senza problemi la malattia?”.
Al di là della terribile gaffe, in Liguria, spiega Repubblica Genova, il valore economico degli anziani è di sette miliardi:
Una regione dove i pensionati over 65 sono 453mila, di cui 223mila sopra i 75 anni, e una città – Genova – dove l’indice di vecchiaia è pari a 252,9 cittadini over 65 ogni 100 minori sotto i 15 anni. Un valore economico di oltre sette miliardi. Anche per questo contesto, nella bufera di polemiche feroci e lampanti paradossi, quella del governatore ligure Giovanni Toti è stata una domenica disastrosa. A trasformarla in un «inferno», – per ammissione del diretto interessato – il tweet dello stesso presidente ligure che ieri pomeriggio è stato per ore il più ritwittato, commentato, condiviso nel Paese. «Per quanto ci addolori ogni singola vittima del Covid, dobbiamo tenere conto di questo dato: solo ieri tra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti molto anziani. Persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese che vanno però tutelate».
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
TRA IL PERSONALE SANITARIO CRESCE LA RABBIA VERSO CHI NEGA LA PANDEMIA
Marinella Acanfora, caposala della terapia intensiva dell’ospedale Cotugno di Napoli è appena
guarita da COVID-19. Racconta in un’intervista al Mattino che è stata contagiata mentre curava i malati in rianimazione. E che durante la sua quarantena da soggetto a rischio la frustrazione e la rabbia per i negazionisti del Coronavirus è stata tanta:
Quando ha capito che il virus l’aveva infettata?
«Era il 13 ottobre:durante la notte miè salita la febbre,ho avvertito un profondo malessere. Il 14 mattina ho fatto il tampone e dopo un giorno il verdetto, ero positiva.Toccava a me ma la mia mente era già oltre».
Dove?
«Pensavo a mia figlia che vive con me ed è asmatica».
Ha avuto paura?
«È un sentimento che affiora ma mi sono fatta forza: ho pensato: “Mica posso morire di Covid”. Io li curo i malati. Però potevo morire di altro perchè sono un soggetto a rischio, soffro di una broncopneumopatia cronica, sono cardiopatica e non sono in peso forma».
Come si reagisce in questi casi?
«La mente viaggia senza fermarsi. Il dolore a volte era lancinante. Ho fatto la Tac e non c’era una grave polmonite. In ospedale non c’era posto e allora sono rimasta a casa»
Come si vive a casa da malato di Covid-19?
«C’è solitudine, isolamento, frustrazione per la massa di idioti che finiscono per commentare sui social quello che non conoscono, non immaginano e non vogliono vedere. Questa la sofferenza maggiore. Una pena anzi, per i danni che queste persone fanno più o meno deliberatamente».
Come si è evoluta la patologia?
«Sono stata fortunata perchè ho risposto alle cure. I miei colleghi, i medici, mi chiamavano continuamente. Sono guarita. In altri casi con gli stessi protocolli purtroppo va male. Nessuno può sapere perchè».
Cosa le ha fatto più male?
«L’indifferenza e la cattiveria di chi non capisce. L’incapacità di chi non vuole vedere la realtà ti mette di fronte al nulla. Come un foglio bianco in cui non c’è niente. Disturbi affiorano in queste situazioni di stress,di cambiamento epocali»
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
LA DECISIONE DI STAMATTINA DOPO L’ENNESIMA RIUNIONE: DIDATTICA A DISTANZA PER LE SCUOLE SUPERIORI, TRASPORTI CAPIENZA AL 50%, STRETTA SU CIRCOLAZIONE TRA REGIONI
Il nuovo dpcm prevederà , a quanto si apprende, un coprifuoco nazionale alle 21. E’ quanto sarebbe stato deciso stamattina nella riunione del premier Giuseppe Conte con i capidelegazione.
“Gli interventi saranno uniformi, poi, come scritto nel precedente Dpcm, nella propria autonomia ciascun ente locale può prevedere anche restrizioni ulteriori. Le restrizioni saranno nazionali, poi magari c’è anche la volontà di fare una distinzione tra quelle regioni che hanno già superato l’Rt 2 da quelle che hanno indici più bassi. Ma le misure saranno nazionali, come per esempio il coprifuoco alle 21 per tutto il territorio nazionale”. Lo ha detto a Start, su Sky TG24, il Sottosegretario al ministero del Lavoro, Francesca Puglisi secondo quanto riporta una nota della trasmissione. “Purtroppo dobbiamo sacrificare la didattica in presenza, modificandola in didattica a distanza, per tutte le scuole di secondo grado e si sta discutendo in queste ore se farlo anche per la terza media”.
Da quanto si apprende, il Ministro della Salute Roberto Speranza avrebbe illustrato le proposte messe sul tavolo dal Governo nella riunione con i governatori, l’Anci e le Province, confermando il divieto di circolazione nazionale dalle 21, il divieto di spostamento da e per le regioni con indice di alta diffusione del contagio, la necessità di autocertificazione per gli spostamenti necessari per comprovata esigenza, l’aumento della didattica a distanza, per le scuole superiori, al 100%, il trasporto pubblico locale al 50%, la chiusura nel week end dei centri commerciali, la chiusura dei musei, delle mostre e della zona video-giochi nei bar e tabacchi.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 2nd, 2020 Riccardo Fucile
IL GESUITA AVEVA 91 ANNI… “L’EMOZIONE PIU’ GRANDE DELLA MIA VITA, LA CATENA UMANA A PALERMO DOPO LE STRAGI DEL 1992”
Padre Bartolomeo Sorge è morto a Milano, aveva 91 anni. E’ stato uno dei gesuiti più noti d’Italia,
teologo e politologo, ex direttore di Civiltà Cattolica e dell’Istituto di formazione politica “Pedro Arrupe” di Palermo, è stato soprattutto uno dei padri della “Primavera” della città .
Non aveva mai smesso di portare il suo contributo al dibattito pubblico sui temi di grande attualità , il suo impegno sociale e culturale proseguiva anche su Twitter.
La sua ultima battaglia, contro le politiche anti-immigrazione. L’anno scorso, aveva scritto senza mezzi termini: “La mafia e Salvini comandano entrambi con la paura e l’odio, fingendosi religiosi. Si vincono, resistendo alla paura, all’odio e svelandone la falsa pietà ”.
L’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini l’aveva attaccato duramente: “Neanche l’età avanzata giustifica certe idiozie, vergogna”. Ma un tam tam sul Web aveva espresso tanti messaggi di solidarietà per il sacerdote.
“Non mi sono mai fermato”, raccontava lui in un’intervista a Tv2000 per i suoi 90 anni. “Per me è stata una consolazione immensa aver vissuto in prima persona la Primavera di Palermo. La mafia mi voleva uccidere ma non ci è riuscita. Ho avuto la scorta per 7 anni, il mio capo scorta Agostino Catalano è saltato in aria con Borsellino. Si era offerto perchè mancava personale”.
Sorge era nato il 25 ottobre del 1929 a Rio Marina, isola d’Elba, da genitori di origine catanese. Nel 1946 era entrato nella Compagnia di Gesù, ordinato sacerdote nel 1958, si era formato a Milano, in Spagna e successivamente a Roma. Nel 1966, era entrato nella redazione de “La Civiltà Cattolica”, quindicinale della Compagnia di Gesù, ne era diventato direttore nel 1973.
Negli anni Ottanta, il padre gesuita promuove l’impegno dei cattolici in politica, attraverso nuove forme di partecipazione, con l’obiettivo di riformare la Democrazia Cristiana. A Palermo arriva nel 1986, alla direzione dell’Istituto di Formazione Politica Pedro Arrupe. Insieme con padre Ennio Pintacuda e con il movimento “Una Città per l’Uomo”, è fra i principali animatori della “Primavera” di Palermo di Leoluca Orlando.
Dal 1997, si era trasferito a Milano, presso il Centro San Fedele, di cui è stato il responsabile fino al settembre 2004. È stato anche direttore delle riviste “Popoli” e “Aggiornamenti Sociali”. Ma il suo cuore restava a Palermo.
Così raccontava: “L’ esperienza più drammatica e bella della mia vita apostolica è stata quando ho visto una catena umana di 3 chilometri, uomini e donne, giovani e vecchi che si davano la mano attraversando la città e dicendo ‘basta con la mafia’ dopo le stragi del 1992. Prima di arrivare a Palermo la gente invece aveva paura di nominare la parola mafia. Si guardava intorno mentre parlava. Poi ho visto le lenzuola alle finestre dei quartieri popolari di Palermo. Quella fu veramente una vittoria”.
(da “La Repubblica”)
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