Destra di Popolo.net

SALVINI A PROCESSO CI VADA A NOME SUO, NON HA DIFESO I CONFINI DELL’ITALIA E PER FORTUNA NON RAPPRESENTA GLI ITALIANI

Aprile 17th, 2021 Riccardo Fucile

CI VA PER AVER BLOCCATO IN MARE 147 DISPERATI, IMPEDENDO LO SBARCO PERSINO AI BAMBINI, NON RISPETTANDO UNA SENTENZA DEL TAR E NON ASSEGNANDO IL PORTO DI SBARCO, NONOSTANTE LA LETTERA DI CONTE

“Rinviato a giudizio. “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”. Articolo 52 della Costituzione. Vado a processo per questo, per aver difeso il mio Paese? Ci vado a testa alta, anche a nome vostro. Prima l’Italia, sempre”: così Matteo Salvini ha commentato la notizia di essere stato rinviato a giudizio per il caso Open Arms.
Caso in cui è accusato di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio per aver bloccato in mare per ben sei giorni ben 147 migranti: delle persone alla ricerca di un futuro migliore, costretti a prolungare le proprie sofferenze restando giorni e giorni in mezzo al mare in pieno agosto, tenuti sotto scacco dalla retorica dei porti chiusi dell’ex ministro dell’Interno. Uomini e donne, anziani e bambini, in fuga da guerre, violenze e discriminazioni.
Da cosa avrebbe difeso il Paese Salvini, precisamente?
Il leader leghista, parlando del caso Open Arms, ha più volte ribadito che la difesa dei confini fosse un suo preciso dovere in qualità di ministro dell’Interno. Ma ci si difende dalle armi o dagli attacchi, non dai profughi che scappano da morte e disperazione in cerca di un’esistenza migliore.
L’accoglienza non è un reato. Violare le norme internazionali rifiutandosi di salvare vite umane in mare o negare ai naufraghi un porto sicuro di sbarco, invece, lo è.
E a dirlo ci sono la Convenzione di Montego Bay, quella di Amburgo, quella di Ginevra sui rifugiati. Tanto l’Onu quanto la stessa normativa italiana.
Spetterà poi al giudice stabilire se ci sia effettivamente stato sequestro di persona o rifiuto di atti di ufficio, chiaramente. Ma non diciamo che Salvini va a processo per aver difeso i confini del Paese, perché non è vero.
Come non è vero che Salvini va a processo “anche a nome vostro”, ergendosi a padre di 60 milioni di italiani.
Perché non tutti i cittadini erano d’accordo con quello che faceva il governo gialloverde nell’estate del 2019.
Non tutti i cittadini volevano che migranti, richiedenti asilo e rifugiati venissero lasciati in mare aperto mentre c’era chi faceva politica sulla loro pelle. Non tutti hanno chiesto i decreti sicurezza.
Per cui no, Salvini non andrà a processo per aver difeso i confini. E non ci andrà nemmeno a nome di tutti gli italiani.
Ci andrà perché così è stato deciso prima in Senato e poi dal giudice per l’udienza preliminare di Palermo. E ci andrà perché secondo la procura nell’agosto del 2019 sono stati commessi dei reati contro 147 migranti, che avrebbero dovuto sbarcare e sono stati invece trattenuti nel mezzo del Mediterraneo, davanti alle coste di un Paese che avrebbe dovuto offrire loro un porto sicuro, ma non lo ha fatto.
(da Fanpage)

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CON IL PROCESSO DI PALERMO, ADDIO ALLE AMBIZIONI DI “SALVINI PREMIER”

Aprile 17th, 2021 Riccardo Fucile

UNA BATOSTA POLITICA PRIMA CHE GIUDIZIARIA PER UN LEADER BOLLITO IN CALO DI CONSENSI: TRA LEGGE SEVERINO, IMPRESENTABILITA’ COME PREMIER E ZAIA ALLE SPALLE

Che l’inchiesta Open Arms di Palermo per sequestro di persona fosse un’altra cosa rispetto al caso Gregoretti di Catania era chiarissimo a Matteo Salvini. Lo era altrettanto per Giulia Bongiorno, la sua legale.
Le 120 pagine di arringa conclusiva della senatrice leghista non sono state sufficienti a convincere il giudice dell’udienza preliminare.
L’ex ministro dell’Interno va a processo il 15 settembre. Salvini ascolta impassibile il pronunciamento, in piedi nell’aula bunker dell’Ucciardone, “casa” del maxi processo a Cosa Nostra.
Il processo è una batosta politica prima ancora che giudiziaria per il capo già in calo di consensi. Perché sul giudizio imbastito a Palermo il leader ci monterà le prossime campagne elettorali, a cominciare da quella per le amministrative di ottobre.
Ma Salvini sa bene che, semmai si dovesse andare al voto per le Politiche in primavera 2022, dopo l’elezione del presidente della Repubblica, anche in caso di vittoria del centrodestra difficilmente l’incarico di formare il nuovo governo verrebbe affidato a un leader sub judice – è il caso di dire – per un reato così pesante. Per di più con la spada di Damocle della decadenza ex legge Severino.
Si aprono scenari nuovi e inesplorati, insomma, sia nel centrodestra tutto (in cui Giorgia Meloni è già in ascesa nei sondaggi), sia dentro la stessa Lega. E chissà quel che è avvenuto a Palermo quanto peserà sul ruolo e sul peso futuro del governatore Veneto Luca Zaia, per esempio.
(da “La Repubblica”)

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RISCHIO CALCOLATO, MA DA CHI? ORA SI SCOPRE CHE DRAGHI NON HA NEANCHE CONSULTATO IL COMITATO TECNICO SCIENTIFICO

Aprile 17th, 2021 Riccardo Fucile

NON E’ STATO RICHIESTO ALCUN PARERE FORMALE SULLE RIAPERTURE, SOLO UNA SCELTA POLITICA DEMAGOGICA

Il prossimo 26 aprile sarà ricordata come una delle date più significative in questa fase di convivenza con la pandemia di Covid-19 in Italia. Si riapre, cercando di dare un nuovo respiro alle attività commerciali allo stremo.
Un anno fa era stata la data del 4 maggio a sancire il via libera dopo un durissimo lockdown. Alla luce del parere favorevole del Comitato tecnico scientifico (Cts), il tentativo fu quello di tornare alla normalità.
Il timore di un passo falso aveva reso la consulenza di tecnici e scienziati estremamente attesa.
Oggi sembrerebbe essere andata diversamente. Il Paese va di nuovo incontro alla stagione estiva, il premier Mario Draghi ha annunciato riaperture anticipate, ma il Cts non ha ricevuto alcuna richiesta formale per esprimersi a riguardo.
Quell’incontro mai avvenuto
Ritorno della zona gialla e ristoranti aperti anche di sera sono state alcune delle decisioni più importanti annunciate dal governo, concesse in maniera anticipata rispetto alle previsioni che avevano individuato nel mese di maggio il periodo più adatto a progressivi allentamenti.
«Il rischio è calcolato» ha detto Draghi. «È calcolato male» ha risposto poche ore dopo il primario del Sacco di Milano Massimo Galli. «Cosi ci giochiamo l’estate», ha fatto eco Crisanti.
I dati starebbero migliorando ma solo in parte. Con ricoveri in area medica ancora oltre la soglia del 40% e con un tasso di incidenza diminuito ancora di troppo poco, decidere di anticipare le riaperture è un rischio.
Su come Draghi abbia deciso di calcolarlo però ci sono diversi dubbi.
A differenza della maggior parte dei casi di riapertura o chiusura decise in più di un anno di pandemia, stando a quanto risulta a Open, per la ripartenza del 26 aprile il governo non ha chiesto alcun parere formale ai tecnici del Cts.
Ricostruendo le ore precedenti all’annuncio del premier, nella mattinata di giovedì 15 aprile era previsto l’incontro – poi avvenuto – tra Stato e Regioni. Nel pomeriggio dello stesso giorno ci si attendeva anche la riunione del Comitato tecnico scientifico, chiamato a dare un parere sulle principali linee guida. Un incontro che però non si è mai tenuto.
Una scelta politica
Gli esperti si sono riuniti, come di consueto, venerdì, lo stesso giorno della conferenza stampa di Draghi. Come una fonte del Ministero della Salute conferma a Open, l’incontro dei tecnici aveva l’obiettivo di analizzare i dati arrivati dalla Cabina di Regia dell’Iss, come ogni settimana. Anche in questa occasione nella riunione non è stata avanzata nessuna ulteriore richiesta di valutazione.
Come Open apprende da un’altra fonte del Ministero, «nelle stesse ore in cui il tavolo tecnico era riunito per discutere sui dati epidemiologici settimanali, Draghi annunciava la data del 26 aprile per le riaperture, su cui il Cts non è mai stato chiamato ad esprimersi».
Questa dinamica sarebbe in parte confermata anche dalle parole di Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss e attuale portavoce del Cts, durante la conferenza stampa per il monitoraggio dei dati Covid.
Brusaferro si è limitato a dire che il Comitato «ha contribuito come fa sempre e cioè con l’analisi dei dati epidemiologici settimanali».
Nessun riferimento a una richiesta da parte del governo sulle direttive comunicate dal premier in conferenza stampa, né alcun parere ad anticipare la comunicazione del governo. Il «rischio calcolato» di cui parla Draghi sarebbe frutto, dunque, di una valutazione quantomai politica. Che non lascia tranquilli gli uomini di scienza.
(da Open)

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CRISANTI AVVERTE: “TRA UN MESE I CONTAGI AUMENTERANNO DI NUOVO, L’ESTATE E’ A RISCHIO”

Aprile 17th, 2021 Riccardo Fucile

“SIAMO UN PAESE OSTAGGIO DI UN GRUPPO DI PRESSIONE CHE FA PREVALERE INTERESSI DI PARTE RISPETTO ALLA SANITA’ PUBBLICA”… “DOVE SONO I DATI DEL RISCHIO RAGIONATO? NON ESISTONO”

Il direttore di Microbiologia e virologia dell’università di Padova: «Siamo un Paese ostaggio di un gruppo di pressione che fa prevalere gli interessi di parte rispetto alla sanità pubblica»
«Con una situazione di contagio elevato, pensare alle riaperture vuol dire che tra un mese avremo un aumento dei casi di Covid-19 e l’estate sarà a rischio e dovremmo richiudere».
Il direttore di Microbiologia e virologia dell’università di Padova, Andrea Crisanti, boccia senza se e ma le riaperture disposte dal governo Draghi. Come anticipato ieri dal premier Mario Draghi in conferenza stampa, il 26 aprile si comincerà con riaperture graduali e in sicurezza.
Questo non è altro che «il risultato di una mediazione tra chi è cauto e chi vuole aprire tutto – avverte Crisanti in un’intervista all’Adnkronos – Siamo un Paese ostaggio di un gruppo di pressione che fa prevalere gli interessi di parte rispetto alla sanità pubblica».
Una situazione che preoccupa Crisanti secondo cui «i contagi aumenteranno» con un tracciamento che «da mesi non funziona più».
A fallire anche il sistema a colori: «Riproporre le zone gialle, quelle arancioni e rosse, è continuare con un sistema infernale – spiega – ed è la dimostrazione che in un anno non si è trovata un’alternativa efficace e non si sono costruiti strumenti adeguati per contenere l’epidemia. Siamo sempre lì, con oscillazioni tra zone gialle e arancioni. Nelle prime si apre e il contagio aumenta».
Il presidente del Consiglio ieri, riferendosi alle riaperture graduali, ha parlato di “rischio ragionato”: «Mi auguro che abbiano delle proiezioni – osserva Crisanti – Ma i numeri non li vediamo, non c’è trasparenza. L’espressione “rischio ragionato” è vuota e decisamente politica e non scientifica. Il rischio è dato da due componenti, la probabilità e l’intensità del rischio. Per la prima sappiamo già che i contagi aumenteranno e non è una probabilità, con le riaperture accadrà questo. Servirebbe un programma di vaccinazioni a tamburo battente per evitarlo. L’intensità – conclude l’esperto – è la gravita del fenomeno e i nostri dati sono ancora alti, con le aperture aumenteranno e dovremmo chiudere proprio in estate, quando invece gli altri Paesi saranno fuori dal tunnel».
(da agenzie)

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MORTI DI COVID DUE CARABINIERI DI GUARCINO: SI ERANO CONTAGIATI FERMANDO FOLLA SU PISTE DA SCI

Aprile 17th, 2021 Riccardo Fucile

NONOSTANTE LE PISTE DI CAMPO CATINO FOSSERO CHIUSE, MIGLIAIA DI PERSONE SI RIVERSARONO LO STESSO NEL LUOGO… DUE SERVITORI DELLO STATO VITTIME DI UNA MASSA DI COGLIONI E DI CHI IN QUEI GIORNI ISTIGAVA A RIAPRIRE LE PISTE DA SCI

A poche settimane di distanza sono morti, entrambi di Covid, due carabinieri della stazione di Guarcino, provincia di Frosinone: si tratta di Roberto Ceci e del comandante, il macesciallo Massimo Paris, 57 anni. Paris era ricoverato al Campus Biomedico di Roma.
Stando a quanto riporta FrosinoneToday, i due militari si sarebbero infettati a fine febbraio quando migliaia di persone si riversarono sulle piste da sci di Campo Catino (nonostante fossero chiuse). Ieri, dopo molti giorni di ricovero, è arrivata la triste notizia: il comandante Paris non ce l’ha fatta, è deceduto a pochi giorni di distanza dal suo collega Ceci.
L’Arma dei Carabinieri ha espresso le condoglianze per la morte del maresciallo Paris: “Purtroppo oggi l’Arma dei Carabinieri piange anche un altro militare che questo pomeriggio, dopo aver lottato duramente, è morto a causa del Covid-19. Il Maresciallo Maggiore Massimo Paris non è riuscito a vincere questa battaglia. La passione e l’impegno di Massimo non saranno dimenticati dai colleghi e dalla cittadinanza per i quali era un punto di riferimento. A settembre avrebbe compiuto 58 anni. Anch’egli ha dedicato la propria vita al dovere, alle Istituzioni, e alla propria famiglia, finché oggi il virus si è portato via il suo respiro per sempre. Lascia la moglie, un figlio e una figlia. La famiglia dell’Arma dei Carabinieri si stringe, nel dolore, ai familiari e a tutti coloro che lo hanno conosciuto e amato”.
Un messaggio di cordoglio è stato pubblicato anche sul sito del comune di Guarcino a firma del primo cittadino Urbano Restante:
“Non ci sono più parole per descrivere quanto è accaduto in questi due mesi terribili nel nostro Paese…Abbiamo perso due bellissime persone, due persone perbene che hanno svolto il proprio lavoro con dignità e professionalità, dediti alle proprie famiglie”.
(da Fanpage)

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PRANZO CON POLITICI IN SARDEGNA, SI DIMETTE IL DIRETTORE DELL’ASSESSORATO ENTI LOCALI

Aprile 17th, 2021 Riccardo Fucile

“CHIEDO SCUSA, HO SBAGLIATO”…. INTERROGATO DAI GIUDICI IL PORTAVOCE DEL GOVERNATORE LEGHISTA SOLINAS

Nessuna nuova dichiarazione, solo silenzio. Ma resta valida la posizione di una settimana fa: sconcerto, condanna e provvedimenti fatti trapelare dal presidente della Regione, Christian Solinas.
Non si sa però quando e come. Al centro chi – pur ricoprendo incarichi pubblici, anche di controllo sull’emergenza Covid – il 7 aprile ha partecipato al pranzo nel ristorante di una struttura termale di Sardara, quasi quattromila abitanti nel sud Sardegna, a quaranta minuti da Cagliari.
Un incontro proibito perché in zona arancione, interrotto da un bliz della Guardia di Finanza, con tanto di fuggi fuggi. A dieci giorni dai fatti si registrano le prime dimissioni ‘spontanee’: a fare il passo indietro è Umberto Oppus, già sindaco di Mandas e direttore generale dell’assessorato regionale agli Enti locali: “Rimetto il mandato perché voglio evitare che un mio errore possa essere utilizzato per una strumentalizzazione politica verso il presidente Solinas”, così ha dichiarato all’Ansa. Poi le scuse: “Sono stato invitato e non pensavo ci fossero così tante persone. Ho detto al pubblico ministero tutta la verità, senza nascondere nulla. Ho sbagliato e chiedo scusa”.
La notizia del ritrovo, scoperta da L’Unione sarda, è finita in un fascicolo della Procura di Cagliari (senza ipotesi di reato e contro ignoti) e si arricchisce di dettagli, e nomi, col passare dei giorni.
Tra tutti il portavoce di Solinas, ruolo di fiducia assegnato all’indomani delle elezioni regionali: Mauro Esu. Il giornalista ha prima smentito, per poi capitolare e derubricare l’incontro (e assembramento) come il risultato di un passaparola partito da un invito del titolare, già sanzionato. Anche se altri hanno indicato lo stesso Esu come organizzatore.
Un tam tam comunque ben riuscito considerati numeri e posizioni di primo piano: quaranta circa i commensali, diciannove quelli intercettati dalle Fiamme gialle. Gli altri, pur nella sorpresa, sono riusciti a scappare.
C’erano dirigenti degli assessorati, comandanti della Brigata Sassari, manager dell’Azienda ospedaliera di Cagliari, il comandande del Corpo forestale (impegnato nei controlli anti-Covid per chi arriva nell’Isola), un ex assessore regionale e imprenditori arrivati pure da lontano.
Ancora ignoto il motivo dell’appuntamento, anche se nelle autocertificazioni compilate di getto sono state specificate “esigenze di lavoro”, potenzialmente confermate dall’uso delle auto di servizio. Impossibile parlare con i diretti interessati, i telefoni squillano a vuoto.
Grazie agli interrogatori in Procura – che vanno avanti anche di sabato – si stanno ricostruendo i movimenti di quel mercoledì. Nel frattempo liste di partecipanti non verificate sono rimbalzate nelle chat, i creativi si sono divertiti con meme sulla prestanza dei fuggiaschi e sull’amarezza degli esclusi, la Sardegna è finita in zona rossa.
“Fa male, ed è una situazione difficile da gestire – spiega il sindaco di Sardara, Roberto Montisci – la disapprovazione è totale. Anche perché le persone comuni non possono uscire, alcuni nemmeno lavorare… E poi si scopre che le regole non valgono per tutti, c’è chi può fare riunioni in una struttura, oltrettutto comunale e data in gestione, per motivi sconosciuti”.
Nessun progetto concreto di ampliamento del centro termale, solo idee, aveva già ribadito Montisci smentendo la versione del comandante Casula: “Chi doveva dare il buon esempio non l’ha fatto. E resta a noi sindaci in prima linea, ancora, spiegare le restrizioni e le regole, anche davanti a certi paradossi”.
In Consiglio regionale l’opposizione di centrosinistra e il Movimento 5 stelle nei giorni scorsi hanno bloccato i lavori chiedendo la presenza in Aula del presidente della Regione e la conferma della linea dura sugli incarichi da far saltare.
(da agenzie)

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LA FAVOLA DI AZIZ, DALLE BOTTE NEI LAGER LIBICI AL PALERMO CALCIO: “GRAZIE ITALIA”

Aprile 17th, 2021 Riccardo Fucile

A 13 ANNI HA LASCIATO LA COSTA D’AVORIO, POI LA TRAVERSATA NEL DESERTO E I CENTRI DI DETENZIONE IN LIBIA: ORA E’ UN CALCIATORE PROFESSIONISTA

Quando ha lasciato la Costa d’Avorio per cercare fortuna in Europa, ai genitori ha detto che sarebbe tornato dopo qualche giorno. Il tempo di un provino in una società di calcio vicino casa.
Ed invece Aziz Toure, all’epoca tredicenne, ha attraversato il deserto per sette lunghissimi giorni, prima di arrivare in Libia dove è stato detenuto per otto mesi. Per guadagnare qualcosa, ogni mattina andava a lavorare ma non sempre veniva retribuito. “A volte ci picchiavano con i fucili dicendoci che ci avrebbero ammazzato”.
Quando Aziz inizia a raccontare la sua storia, improvvisamente smette di sorridere. È arrivato in Italia con un barcone nel 2017. Ha attraversato il Mediterraneo rimanendo per tre giorni in mare aperto, prima che la Guardia costiera italiana salvasse le 150 persone a bordo di un barchino partito dalla Libia e rimasto in balìa delle onde poche miglia dopo. Alcuni di loro non sono mai riusciti a vedere le coste italiane: sono morti durante la traversata. Poi lo sbarco ad Augusta e l’arrivo a Palermo.
Oggi Aziz ha una nuova casa ed una seconda famiglia che lo ha accolto come un figlio, ma soprattutto tenta di realizzare il suo sogno: diventare un calciatore professionista. In lui ha creduto il Palermo calcio che ad inizio stagione lo ha tesserato nelle giovanili. Il giovane ivoriano gioca nella squadra primavera rosanero e spera, prima o poi, di esordire in serie C con la prima squadra.
“La mia destinazione finale non era l’Italia – racconta a Fanpage.it Aziz Toure – Il mio obiettivo era raggiungere la Francia, ma quando mi hanno chiesto di restare a Palermo non ci ho pensato due volte”.
Gli occhioni di Aziz si illuminano quando gli chiediamo qual è il suo sogno nel cassetto. Risponde d’istinto, senza pensarci due volte: “Vincere la Champions League”. Intanto, però, se lo gode il Palermo.
(da Fanpage)

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DOPO 100 GIORNI LA POPOLARITA’ DI BIDEN E’ MOLTO ALTA, IL 59%, BEN 20 PUNTI IN PIU’ DI TRUMP DOPO L’ANALOGO PERIODO

Aprile 17th, 2021 Riccardo Fucile

HA GIA’ FATTO VACCINARE 80 MILIONI DI AMERICANI CON DOPPIA DOSE, A FINE MESE MANTERRA’ LA PROMESSA DEI 100 MILIONI DI VACCINATI… ANCHE IL 55% DEI REPUBBLICANI LO APPROVA

La promessa di Joe Biden che aveva fatto sognare nel giorno della sua proclamazione a 46° presidente degli Stati Uniti, era stata quella di vaccinare 100 milioni di americani nei primi 100 giorni del suo mandato, e ci sta riuscendo dato le quasi 80 milioni di somministrazioni complete anche della seconda dose fatte fino ad ora.
I primi 100 giorni di attività rappresentano una sorta di cartina al tornasole dei risultati ottenuti da ogni presidente Usa.
Joe Biden si avvicina alla fine dei primi 100 giorni di presidenza, che scadono a fine mese, con una popolarità che sfiora il 60%, esattamente del 59%, con ben venti punti in più di quelli che aveva Donald Trump arrivato allo stesso traguardo.
Leggermente meglio di lui aveva fatto Barack Obama, con il 61%, peggio George W.Bush che era al 55%, mentre Ronald Reagan conserva il record della popolarità più alta, il 67%, alla fine dei primi tre mesi di presidente.
Il sondaggio del Pew Reserach Center, indica come alla radice dell’alto tasso di popolarità di Biden vi sia il successo della campagna vaccinale, promossa dal 72% degli americani, l’88% degli elettori dem e il 55% di quelli repubblicani.
Ma un’altra componente importante è stato il pacchetto di 1,9 trilioni di dollari, che ha fatto arrivare assegni da 1400 dollari a tutti i contribuenti con redditi inferiori a 75mila dollari, che è appoggiato dal 67% degli americani.
(da agenzie)

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IL COVID FA STRAGE DI BIMBI IN BRASILE: IN UN ANNO NE SONO MORTI 2.060 SOTTO I 9 ANNI, 1.300 I NEONATI

Aprile 17th, 2021 Riccardo Fucile

I MEDICI HANNO SOTTOVALUTATO IL RISCHIO PANDEMIA NEI PIU’ PICCOLI

Oltre duemila bambini di età inferiore ai nove anni, di cui almeno 1300 neonati: sono queste le vittime della strage silenziosa che si sta consumando in Brasile, dove a morire a causa del Covid non sono soltanto gli adulti ma un numero sempre più significativo di minori.
Nel Paese sudamericano, secondo in tutto il mondo per infezioni diagnosticate dall’inizio della pandemia, dopo gli Stati Uniti, tra il febbraio 2020 e il 15 marzo 2021 il Coronavirus ha ucciso almeno 852 bambini fino a 9 anni di età, tra cui 518 neonati.
È quanto emerge dai dati ufficiali diffusi dal Ministero della Salute. Ma potrebbero essere più del doppio di questa cifra, come ha sottolineato l’epidemiologa Fatima Marinho, dell’Università di San Paolo, poiché a molti di loro non è stato possibile effettuare nemmeno un tampone, per il semplice motivo che non era disponibile.
La dottoressa Marinho ha preso in considerazione i decessi da sindrome acuta respiratoria – non registrati come Covid – e ha scoperto che sono stati 10 volte superiori rispetto al periodo pre pandemia.
Dopo aver fatto alcuni calcoli, è arrivata alla conclusione che dall’inizio dell’emergenza il Coronavirus ha ucciso nel suo Paese 2.060 bambini fino a 9 anni, compresi 1.302 neonati. Una situazione dovuta probabilmente anche al fatto che alcuni medici hanno anche sottovalutato il rischio del Covid nei più piccoli, come nel caso di Lucas, riportato dalla Bbc.
Un bimbo in ottima salute, senza alcuna patologia pregressa, ha spiegato sua madre Jessika. “Un giorno ha iniziato ad avere problemi, in particolare non aveva più appetito. Decisi quindi di portarlo dal pediatra. Non aveva la febbre e, quindi, il dottore mi disse che non era necessario eseguire un test Covid, suggerendo che era un semplice mal di gola. Aggiunse anche che il Covid è raro nei bambini, dunque mi disse di dargli degli antibiotici e di non preoccuparmi”. Ma così non è stato. Era il maggio del 2020.
“Passarono alcune settimane – ha continuato – e Lucas dormiva sempre di più. Il 3 giugno vomitò tantissimo dopo aver mangiato. Lo portai all’ospedale dove gli fecero un test. Era positivo al virus. Fu trasferito in un’altra struttura dotata di un reparto pediatrico di terapia intensiva. Gli fu diagnosticata una sindrome infiammatoria multipla e fu intubato. Lucas rimase 33 giorni in rianimazione”, prima che il suo cuore smettesse per sempre di battere.
Cosa sta succedendo in Brasile
A più di un anno dall’inizio dell’emergenza sanitaria, il Brasile continua ad essere l’epicentro globale della pandemia di Covid-19. Solo nelle ultime 24 ore sono stati registrati 3.459 nuovi decessi legati al Covid-19 e 73.513 contagi, complice probabilmente anche la diffusione massiccia della variante P.1, ribattezzata proprio “brasiliana ” e rilevata per la prima volta a Manaus lo scorso gennaio. Il che sta portando al collasso il sistema sanitario e funerario in tantissimi stati.
A Rio de Janeiro, in particolare, i medici stanno fronteggiando un’improvvisa carenza di sedativi. Un’infermiera dell’ospedale Albert Schweitzer di Realengo ha raccontato al sito Globo che alcuni pazienti Covid in gravi condizioni sono stati intubati da svegli e con le mani legate al letto a causa della mancanza di farmaci.
In tutto il paese, le scorte di ossigeno stanno diminuendo, c’è una carenza di medicinali di base e in molte unità di terapia intensiva non ci sono più letti disponibili.
Eppure, nonostante ciò, il presidente Jair Bolsonaro continua a ignorare l’emergenza, ribadendo di essere contrario a qualsiasi forma di chiusura per tutelare l’economia locale. In tuto ciò, anche la campagna di vaccinazione procede a rilento. Finora, secondo dati di Medici senza Frontiere, solo l’11% della popolazione ha ricevuto una dose di vaccino
L’appello di Medici senza Frontiere: “Rischio catastrofe umanitaria”
“Le misure di sanità pubblica sono diventate un campo di battaglia politico in Brasile. Per questo politiche che dovrebbero fondarsi sulla scienza vengono orientate da opinioni politiche più che dalla necessità di proteggere individui e comunità dal Covid-19. Questo ha messo il Brasile in uno stato di lutto permanente e ha portato il sistema sanitario brasiliano vicino al collasso”, ha detto Christos Christou, presidente internazionale di Medici senza Frontiere, che ha lanciato un appello internazionale per chiedere alle autorità di riconoscere la gravità della crisi e di predisporre un sistema centrale di risposta per prevenire ulteriori morti evitabili. Allarme anche per quanto riguarda il rallentamento della campagna vaccinale: “Milioni di vite in Brasile, e anche oltre i suoi confini, sono a rischio a causa di oltre 90 varianti del virus attualmente in circolazione, nonché di eventuali nuove varianti che potrebbero emergere”.
(da agenzie)

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