Ottobre 7th, 2021 Riccardo Fucile
LA SECONDA PUNTATA DI FANPAGE, TUTTI I NOMI
La destra istituzionale ci mette il nome, i movimenti di estrema destra i militanti. È così che il “Barone nero” Roberto Jonghi Lavarini riassume il senso del patto fra Lega, Fratelli d’Italia e la galassia dei gruppi dell’ultradestra a Milano. È questa la ragione per cui la destra parlamentare non può rinunciare ad accordarsi con gli estremisti che animano i cortei e le manifestazioni identitarie.
Come racconta la seconda puntata dell’inchiesta di Fanpage.it “Lobby nera”, in ballo c’è la legittimazione dell’ultra destra in cambio del sostegno materiale alla campagna elettorale: “Quelli (Lega e Fdi, ndr) hanno il partito istituzionale, il marchio, e questi (i movimenti estremisti, ndr) hanno una militanza che se la scorda qualunque partito a Milano – spiega sottovoce Jonghi Lavarini durante una manifestazione di Lealtà Azione con la Lega – E loro in cambio, siccome non gli possono dare posti istituzionali, dicono: “Io ti faccio eleggere però tu metti il mio…”.
Nelle segreterie di regione sono tutti nazisti. Hai capito qual è il trucco?”, chiosa il Barone.
Il trucco è molto efficace. Lo sa bene la Lega, che da oltre un quinquennio porta avanti a Milano e poi in tutta Italia una solida alleanza con il movimento di estrema destra Lealtà Azione.
Un patto che ha portato al reciproco sostegno di esponenti leghisti di primo piano in tutti i livelli istituzionali: Massimiliano Bastoni e Gianmarco Senna al consiglio regionale lombardo, Silvia Sardone al consiglio comunale di Milano e all’europarlamento, Igor Iezzi, Paolo Grimoldi, William De Vecchis e Jari Colla in Parlamento.
Il consigliere regionale Max Bastoni è uno dei più saldi punti di riferimento di Lealtà Azione nel partito di Matteo Salvini. Bastoni, in passato assistente dell’ex deputato leghista Mario Borghezio, non ha problemi con l’etichetta del fascismo: “Si preoccupano di quei fascisti cattivi di Lealtà Azione ma io sono orgoglioso di collaborare con loro e di far parte di questa associazione. Se questi sono i fascisti, io ribadisco che essere fascista non è assolutamente un’offesa.”
Durante la campagna elettorale di Bastoni in vista delle ultime comunali, gli eventi organizzati dalla Lega e da Lealtà Azione hanno finito per sovrapporsi e quasi confondersi. A cominciare dalla base operativa scelta da Bastoni e da Silvia Sardone, in via Pareto 16 a Milano, fra le mura della sede presa in affitto dal movimento, decorate con il logo di LA e con frasi e ritratti di Benito Mussolini.
Massimiliano Bastoni in presenza del gruppo di Jonghi rivendica i suoi punti di riferimento: “Vengo dalla scuola di mio padre che sul letto di morte si definì fascista con grande orgoglio e dalla scuola di un altro grande maestro, che è Mario Borghezio”.
L’ex deputato leghista, infatti, è stato e resta tutt’ora il capostipite della corrente di estrema destra all’interno della Lega. Borghezio, che era stato vicino a Ordine Nuovo, si avvicinò alla neonata Lega Nord su consiglio di Maurizio Murelli, l’ex terrorista nero condannato a diciotto anni di reclusione per concorso morale nell’omicidio dell’agente di polizia Antonio Marino. Entrato nella Lega, Borghezio ha coltivato i rapporti con i movimenti di estrema destra e iscritto alcuni militanti al Carroccio. Fra i suoi allievi, oltre a quello di Max Bastoni, spicca il nome di Gianluca Savoini, il referente di Matteo Salvini al Cremlino, al centro dell’affaire Metropol.
Il punto di connessione fra “il partito istituzionale” e la “militanza”, nel caso del rapporto fra Lega e Lealtà Azione, ci spiega Jonghi, è Stefano Pavesi, da poco eletto per la seconda volta al consiglio di zona 8 a Milano.
Pavesi, storico attivista del gruppo di ultra destra è presidente di una delle sue propaggini, l’associazione culturale Una voce nel silenzio: “La Lega ha fatto prendere riferimento Pavesi: è tramite lui che si è creato il gruppo Sardone – Bastoni – racconta Jonghi mentre svela perché Pavesi viene candidato solo al consiglio di zona – Se lo avessero candidato al comune si sarebbero trovati il nazista di Lealtà Azione eletto come primo nella Lega al comune di Milano”.
Con lo stesso meccanismo che spiega Jonghi, scopriamo dallo stesso Pavesi che nel suo caso l’apporto alla campagna elettorale dell’europarlamentare Silvia Sardone gli è valso un posto a Strasburgo: “Lavoro per la Sardone al Parlamento europeo, sono assunto da lei”.
“Non è solo un gruppo di ultras, si sta creando una rete che, su Milano città, sposta”, commenta Jonghi mentre la claque dei militanti acclama Pavesi, Sardone e Bastoni, il tridente di Lealtà Azione nella Lega. LA, che nasce come costola italiana della galassia Hammerskin, una formazione suprematista nota per aver compiuto violenze a sfondo razziale, ha inventato un nuovo modo di fare politica.
Il movimento di estrema destra, che si ispira al leader della Guardia di Ferro Corneliu Zelea Codreanu, al colonnello delle SS Léon Degrelle e che è radicata nelle curve del calcio, si fa conoscere come una federazione di associazioni culturali. Così, senza esporre troppo il logo controverso dell’associazione, Lealtà Azione si manifesta sotto forma di volontari che distribuiscono pacchi alimentari ai più bisognosi, che organizzano tornei di calcetto contro la pedofilia, che soccorrono animali randagi, che tutelano il paesaggio, che promuovono gli sport da combattimento
“Già siamo fascisti – dice Pavesi al nostro giornalista sotto copertura – in più c’è il fatto che a Milano il centrosinistra è molto forte, dobbiamo sempre giocare un po’”, conclude, riferendosi alla necessità di spacchettare la propria propaganda in così tante attività. La principale e la più nota fra queste è la consegna degli aiuti alimentari alle famiglie che avviene attraverso la onlus Bran.co e l’associazione CooXazione e che vede spesso in prima linea i candidati della Lega. Come ci confermano Stefano Pavesi e Massimiliano Bastoni una parte dei pacchi alimentari che vengono distribuiti da Lealtà Azione per la campagna elettorale della Lega provengono dal Banco Alimentare, una importante fondazione finanziata anche con contributi pubblici, che nel suo codice etico è perentoria: “Sono comunque escluse collaborazioni di qualsiasi tipo con soggetti che svolgono propaganda politica […] nonché il sostegno di realtà che mirano a limitare la libertà e la dignità dei cittadini o a promuovere forme di discriminazione.”
Ma Lealtà Azione può contare anche su altre sponde. Come rivelato da un filmato inedito di Fanpage.it mandato in onda in esclusiva da Piazzapulita, Carlo Fidanza, l’eurodeputato di Fratelli d’Italia al centro della prima puntata dell’inchiesta “La Lobby nera”, è uno dei referenti di Lealtà Azione al Parlamento Europeo. A svelarlo è uno dei leader del movimento di estrema destra: “Noi abbiamo più contatti sull’Europa, o su Roma, o in regione, o dove serve. Noi su Milano siamo in quota Lega, giù a Lodi siamo con Fratelli d’Italia, un referente è Carlo Fidanza, che è un europarlamentare”.
Carlo Fidanza, infatti, ha partecipato a diverse edizioni della Festa del Sole, all’annuale raduno del movimento, in compagnia di altri esponenti della destra locale, come l’ex assessore regionale al welfare di Forza Italia Giulio Gallera e i parlamentari leghisti Igor Iezzi e Simone Pillon. Che Carlo Fidanza fosse contiguo a questo mondo, però, lo dimostrava già un video del 2019, in occasione del 29 aprile, giorno della commemorazione di Sergio Ramelli. Quella volta, l’eurodeputato, in prima fila con Max Bastoni, mediava animosamente con il reparto mobile della polizia mentre il corteo non autorizzato di cui faceva parte puntava a onorare con saluti romani e il rituale del “Presente!” la memoria del giovane militante del Fronte della gioventù.
(da Fanpage)
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Ottobre 7th, 2021 Riccardo Fucile
LA SECONDA PUNTATA DI FANPAGE MOSTRA I LEGAMI CON ESPONENTI DELLA LEGA
Massoni, neofascisti, ex militari, esponenti del clero e sostenitori della Russia
di Putin, tutti riuniti in modo informale con l’obiettivo di condizionare le politiche del centrodestra milanese.
È il gruppo che negli anni ha costruito Roberto Jonghi Lavarini, esponente dell’estrema destra lombarda, meglio noto con il soprannome di “Barone nero”.
Come rivelato dall’inchiesta di Fanpage.it “Lobby nera”, per anni un gruppo eterogeneo composto tra gli altri anche da “ammiratori di Hitler”, secondo la definizione dello stesso Jonghi, ha portato alla politica voti con l’intento di influenzarne l’attività.
Questo progetto è stato portato avanti in almeno due occasioni: prima col sostegno alle elezioni europee del 2019 di un candidato della Lega, l’eurodeputato Angelo Ciocca, e poi, in vista delle amministrative del 2021, con l’appoggio a un gruppo di candidati di Fratelli d’Italia della corrente di Carlo Fidanza, capodelegazione a Strasburgo del partito di Giorgia Meloni.
A partire dal nostro ingresso nel mondo del Barone, nel 2019, la lobby nera prova a ritagliarsi dei vantaggi in cambio del sostegno elettorale.
Jonghi Lavarini, già candidato alla Camera con Fratelli d’Italia nel 2018 e condannato per apologia del fascismo nel 2020, animatore culturale del circolo neomonarchico Aristocrazia Europea e di quello militante Ritorno di Fiamma, crea momenti di dialogo con i principali partiti del centrodestra. La strategia è sempre la stessa: Jonghi porta alla politica dei voti preziosi e in cambio chiede “collaborazione”.
Già nel 2019 il progetto di Jonghi appare chiaro: “Nella nuova Lega nazionalpopolare di Matteo Salvini ci deve essere spazio anche per noi – declama durante un incontro riservato con l’eurodeputato Angelo Ciocca – Vogliamo lavorare per la Lega, vogliamo aiutare a far crescere la classe dirigente”.
L’obiettivo del suo gruppo è quello di abbordare il Carroccio nel momento della sua maggiore crescita elettorale per far valere le proprie idee.
Per farlo Jonghi decide di imboccare il solco tracciato da Gianluca Savoini e Mario Borghezio, gli artefici della corrente nazionalista nel partito, per proporsi di contribuire al lavoro dietro le quinte: “Cerchiamo di fare un sol fascio. Ciocca deve avere una posizione più moderata, a fare la posizione meno equilibrata ci pensiamo noi”.
I due principali riferimenti leghisti del gruppo di Jonghi sono l’eurodeputato Angelo Ciocca, a cui il gruppo del Barone sostiene di aver portato ben 5mila delle oltre 90mila preferenze ottenute nelle elezioni europee del 2019, e il consigliere regionale Massimiliano Bastoni, appoggiato anche dal movimento di estrema destra Lealtà Azione.
“Si preoccupano di quei fascisti cattivi di Lealtà Azione, ma io sono orgoglioso di collaborare con loro, sono orgoglioso di far parte di questa associazione – arringa il consigliere regionale ai militanti durante un incontro con il gruppo del Barone – Vengo dalla scuola di mio padre, che sul letto di morte si definì fascista con grande orgoglio, e di un altro grande maestro, che è Mario Borghezio”.
Da Ciocca a Bastoni: i tentativi del Barone
L’europarlamentare Ciocca è da sempre vicino al mondo dell’estrema destra: non è un caso che il suo più fidato collaboratore porti al collo una croce celtica e che venga raccomandato a Jonghi da “dei vecchi camerati di Pavia”.
In un incontro privato in Regione, l’onorevole Ciocca si mostra subito riconoscente per l’aiuto elettorale: “Grazie al vostro aiuto siamo riusciti a tornare in Europa più forti di prima”. Singolare il fatto che l’incontro con gli uomini del Barone, fra cui ci siamo noi, avvenga nell’ufficio della vicepresidente del consiglio regionale lombardo, Francesca Attilia Brianza, diventato una specie di punto di appoggio per l’eurodeputato leghista, non si capisce bene a che titolo.
Il rapporto fra Jonghi e Ciocca si interrompe però di colpo con un messaggio avvelenato del Barone all’eurodeputato e, all’indomani della prima puntata dell’inchiesta di Fanpage.it, il politico leghista si affretta a negare ogni possibile legame intercorso fra di loro.
La linea con Ciocca si interrompe, ma a Jonghi, che si fregia di rappresentare il 5% dei voti dell’estrema destra, resta sempre il legame con l’ex deputato Mario Borghezio, che incontra proprio nel settembre di quest’anno.
Con lui, oltre agli ideali nostalgici, condivide anche l’aspirazione a lavorare nell’ombra della politica: “Sul palcoscenico siamo un po’ ingombranti, però dietro ci fanno lavorare liberamente”.
Prima di farcelo incontrare, il Barone ci tiene a precisare che Borghezio non è come lo rappresentano le sue condanne definitive per violenza privata, danneggiamento seguito da incendio e diffamazione aggravata da discriminazione razziale: “È una persona acculturata, è avvocato, sa le lingue, sa il fatto suo – ci spiega – poi, come me, è un pazzo nazista”.
Mario Borghezio, infatti, è da sempre lo stratega della corrente di estrema destra all’interno della Lega. L’ex deputato torinese è stato in passato simpatizzante di Ordine Nuovo e ha collaborato col gruppo di Orion coordinato dall’ex terrorista nero Maurizio Murelli. Come racconta Claudio Gatti nell’inchiesta “I demoni di Salvini”, sarebbe proprio Murelli ad aver teorizzato la possibilità di influenzare le leghe autonomiste e quindi la Lega Nord con il pensiero postnazista. Del giro di Murelli faceva parte anche Gianluca Savoini, l’uomo chiave dell’affaire Metropol, portato nella Lega proprio dallo stesso Borghezio.
Il progetto del leader della corrente estremista nella Lega è chiaro: “Salvini è un debole, questa situazione lo spinge nelle braccia della Meloni e questa cosa apre alla nostra area un’autostrada – è perentorio l’ex deputato – È l’autostrada per la terza Lega, è una situazione che io attendevo da decenni. Dobbiamo cominciare a formare i quadri da inserire in questa Terza Lega.”
Qualche ora più tardi, durante un comizio di Massimiliano Bastoni, suo allievo e già suo assistente al Parlamento europeo, Borghezio specifica che la natura di questa terza Lega è “la Terza Posizione, che è militanza”. Le parole e il tono non lasciano spazio a dubbi: Borghezio si riferisce a Terza Posizione, il movimento eversivo neofascista che ha dato origine a gran parte dei movimenti di estrema destra.
Jonghi però continua a giostrare su due fronti.
La crescita nei sondaggi di Fratelli d’Italia e lo spostamento su posizioni più moderate da parte del partito di Salvini spingono la lobby del Barone a coltivare di nuovo i rapporti con l’eurodeputato Carlo Fidanza, storico compare di militanza di Jonghi. Come mostra la prima puntata dell’inchiesta di Fanpage.it, Fidanza, che negli anni si è costruito l’immagine del conservatore moderato, negli eventi elettorali pubblici in compagnia di Jonghi si lascia andare a commenti inopportuni, oltre a mimare il saluto romano e a prendere in giro Paolo Berizzi, giornalista sotto scorta per le minacce ricevute dai neonazisti.
Oltre ai legami con la politica, Jonghi alimenta poi rapporti con il mondo esoterico di matrice evoliana.
Alle riunioni della sua cerchia sono presenti membri della Gran Loggia Regolare d’Italia, ex piduisti, nobili decaduti, militari di lungo corso, personalità del mondo filorusso e di quello cristiano ortodosso.
Il terreno comune sono i tre cardini Dio, Patria e Famiglia, il minimo comune denominatore è proprio il “Barone nero”, che incarna il ruolo del mediatore fra il mondo della politica e il variegato sottobosco di cui è il vero mattatore.
(da Fanpage)
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Ottobre 7th, 2021 Riccardo Fucile
MERKEL: “LA GERMANIA NON PUO’ ESSERE RIMPIAZZATA ALLA GUIDA DELLA UE”
Mario Draghi e Angela Merkel sono i primi a ritrarsi dal ‘giochino’ tutto italiano che insiste a vedere un passaggio di testimone nella leadership europea dalla Germania all’Italia, ora che la cancelliera è alla fine del suo mandato mentre l’ex governatore della Bce governa a Roma.
Il premier italiano e la leader tedesca lo lasciano capire chiaramente nella conferenza stampa al termine del bilaterale di oggi a Palazzo Chigi, l’ultimo tra i due prima che lei lasci la guida del suo paese, cosa che potrebbe avvenire a breve: “Le trattative per formare un governo andranno avanti molto più velocemente”, ammette la stessa Merkel, in riferimento ai negoziati che il socialdemocratico Olaf Scholz sta conducendo con Verdi e Liberali.
“L’Italia sicuramente non sostituirà la Germania e la Germania resterà la Germania”, dice lei, difendendo il ruolo guida che “la più grande economia dell’Ue” svolge in Europa. Che sia lei a guidare il paese o che sia l’avversario della Spd Scholz, il risultato non cambia.
“La Germania non sarà rimpiazzata e dal nostro peso economico dipendono molte cose, siamo diversi dall’Italia ma Draghi ha una sua voce in capitolo. Per quanto riguarda il piano di ripresa e resilienza, ha presentato un ottimo programma: siamo più che sicuri che i soldi saranno spesi bene”.
Un ragionamento che appartiene anche allo stesso Draghi, da sempre. “L’Italia non può guidare da sola i dossier europei, al contrario di quanto sento dire e scrivere in questi giorni… Quello che è importante è che la posizione che abbiamo in Europa si rafforzi e che si rafforzi la collaborazione con gli altri paesi”.
Al loro ultimo incontro istituzionale in Italia, Draghi e Merkel all’unisono mettono in ordine i tasselli di questo cambio di fase storico per tutta l’Europa: la fine del mandato della cancelliera da 16 anni guida del governo in Germania. Collaborazione, stima reciproca e tanta fiducia, fin dai tempi in cui Draghi era governatore della Bce.
“Merkel ha sostenuto con convinzione l’indipendenza della Bce”, dice il premier, “and that was not small thing”, ‘non era poca cosa’, “anche quando eravamo attaccati mentre operavamo per mantenere l’integrità della moneta unica, per allontanare i rischi di deflazione e per la ripresa. Personalmente le sono grato per quegli anni difficili”.
All’epoca, le maggiori critiche al ‘Quantitative easing’ arrivavano proprio dalla Germania, dai componenti tedeschi dello stesso direttivo della Banca Centrale Europea, mai condivise da Merkel.
Questo non significa che oggi la cancelliera sia alfiere di progetti permanenti di mutualizzazione del debito europeo, dopo il primo passo ‘una tantum’ compiuto con il Next Generation Eu’.
“La comunione dei trasferimenti finanziari non sarebbe un bene per l’Ue – sottolinea – Ci saranno fondi anche in futuro ma ci deve essere una razionalità. Mutualizzare e togliere sovranità finanziaria ai singoli Stati non è una strada da percorrere. Gli Stati membri devono essere finanziati, abbiamo bisogno di maggiore solidarietà ma le responsabilità devono rimanere in capo agli Stati membri”. Tradotto: vediamo come l’Italia userà i fondi del Next Generation Eu, al netto della stima per Draghi.
Parole che non sconvolgono il premier, anzi.
Anche Draghi, rispondendo ad una domanda sull’opportunità che il Next Generation Eu diventi strumento permanente di sostegno all’economia europea, risponde pragmatico. “Abbiamo avuto la fetta maggiore di finanziamenti del Next Generation Eu, 191 miliardi – dice – E abbiamo la maggiore responsabilità nello spendere bene, in modo tale che tutto quello che spendiamo contribuisca alla crescita sostenibile, equa e forte e venga speso con onestà. Questa è la prima responsabilità nei confronti di noi stessi e dei cittadini europei che pagano le tasse per questo programma di cui noi beneficiamo maggiormente”.
La richiesta di rendere il piano di aiuti europei permanente può essere messa sul tavolo solo a cose fatte bene. “Quando si tramuterà in successo e io sono certo che sarà così – continua Draghi – allora saremo credibili e potremo pensare che questo tipo di sforzi non sia unico, non sia ‘una tantum’. È sempre la stessa cosa: la solidarietà va insieme alla responsabilità”.
Nel colloquio a Palazzo Chigi, Draghi e Merkel affrontano i dossier più caldi, come l’Afghanistan, in vista del G20 straordinario della prossima settimana, chiesto dal premier italiano dopo il ritiro delle forze occidentali da Kabul quest’estate.
La riunione si terrà in modalità virtuale. “Ci siamo trovati d’accordo – spiega Draghi – sulla necessità di aiutare dal punto di vista umanitario la popolazione afghana, ma allo stesso tempo di ribadire l’importanza della difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Il G20 della settimana prossima offrirà l’occasione di discutere di questi temi, insieme alla lotta al terrorismo, e ringrazio la Cancelliera per il suo sostegno”.
Nel menu del vertice anche la necessità che “Italia e Germania coordinino maggiormente le loro posizioni sulla gestione dei dossier ambientali ed energetici, soprattutto per quanto riguarda l’impatto di queste politiche sulle nostre imprese”, aggiunge Draghi facendo riferimento alla conferenza sull’ambiente Cop26 in programma a Glasgow a fine mese.
“Dobbiamo trovare nuove vie per uscire dalla crisi post pandemica – sottolinea Merkel – per i nostri bilanci, i necessari investimenti e il lavoro europeo per la difesa dell’ambiente”. Poi, una punta di rammarico. “L’Unione Europea non è più ai vertici dell’innovazione, deve recuperare. Dobbiamo elaborare la produzione di microchip e aumentare l’efficienza energetica. Abbiamo bisogno di maggiori gruppi industriali che agiscano a livello globale”.
Sono gli acciacchi dell’Europa che tra poco Merkel non guiderà più e che si ritrova a dipendere per molti versi dalla Cina (semiconduttori, microchip) anche per effetto di molte scelte tedesche. Sono i problemi che restano a chi rimane in un ruolo di responsabilità (Draghi) e a chi arriva (Scholz). La “campionessa di multilateralismo”, come la chiama l’ex governatore della Bce, è agli sgoccioli del mandato, forse prima di quanto previsto dopo le elezioni del 26 settembre.
“Ma il mio amore verso l’Italia sicuramente sarà manifestato in futuro sotto altre forme, una volta che non sarò più cancelliera – dice – Basta un giorno di permanenza a Roma per capire che bisognerebbe avere più di una vita per conoscere la bellezza di questo paese…”. Stamane la visita dal Papa, nel pomeriggio la preghiera per la pace con altri leader mondiali. Appuntamenti importantissimi, per una leader che va in pensione: almeno dalla cancelleria.
(da Huffingtonpost)
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Ottobre 7th, 2021 Riccardo Fucile
E’ L’UNICA REGIONE CHE SI E’ VISTA RESPINGERE I PIANI PERCHE’ PIENI DI ERRORI E MANCANZE
Sono le primissime battute del Recovery plan, e la Sicilia incassa già il suo
primo flop. Perfino con clamore: su 31 progetti ammessi, 31 progetti sono stati bocciati dal ministero dell’Agricoltura.
Si tratta di una prima tranche di investimenti per ammodernare o mettere in sicurezza i sistemi di irrigazione dei campi agricoli.
E la Sicilia, che aveva chiesto più di 400 milioni di euro, non avrà neanche un centesimo. L’unica regione d’Italia ad ottenere solo bocciature e a restare all’asciutto, anche in senso letterale, è il caso di dire.
Inanellando invece un lungo elenco di veri e propri strafalcioni che però non ha frenato le prime, infuocate, reazioni del governo regionale andato subito all’attacco diretto del ministro dell’Agricoltura:“Con quale criterio e come si è proceduto alla selezione?” si chiedeva immediatamente dopo avere appreso la notizia della bocciatura, lo scorso lunedì, l’assessore siciliano all’agricoltura, Toni Scilla.
Ma il resoconto nel dettaglio mostra errori come quello di non avere indicato la data di progettazione in ben 12 progetti, mentre per altri 12 non è stata inserita la data di durata dei lavori. Per 27 progetti, invece, non è stata neanche inserita la data di verifica.
Lo stesso ministro Patuanelli, rispondendo durante il question time a un’interrogazione sui progetti per l’ammodernamento delle reti irrigue nell’ambito del Pnnr, con particolare riferimento al Mezzogiorno, ha spiegato che nessuno dei progetti presentati dalla Sicilia è risultato ammissibile “per motivi meramente tecnici” specificando, ad esempio, che “17 progetti presentavano una durata di intervento e realizzazione delle opere superiore ai 30 mesi. Abbiamo delle scadenze – ha commentato Patuanelli – che non sono derogabili, come è noto”.
Ma è solo la punta dell’iceberg. Basti pensare che nella lista ci sono anche due progetti (ente attuatore è il Consorzio di Bonifica di Siracusa) da 4,3 e 4,8 milioni di euro che non rispettano 16 criteri su 23.
In pratica si fa prima a dire quali sono stati rispettati (sette).
Il progetto di Gela, da 31 milioni, per la rete irrigua dell’invaso Gibbesi, non risponde a 13 criteri.
A 12 criteri non rispondono altri due progetti che riguardano Gela (da 19 e 15 milioni di euro) e altrettanti in provincia di Catania (per 4,8 e 4,3 milioni). Poi ci sono altri 5 progetti a Trapani (quasi 8 miliardi, 8,2, 4,3 e 5,2 miliardi) e ancora a Siracusa (4,6 miliardi) che non rispondono a 11 criteri. E poi ci sono altri 19 progetti che non rispondono a un numero di criteri che varia dall’uno agli 8.
E questo solo per citare alcuni dei problemi che hanno consegnato il record di bocciature alla Sicilia.
D’altronde a poco serviva appellarsi a un ipotetico sbilanciamento a favore del Nord, considerando che la Calabria ha avuto sì 16 progetti bocciati ma ha potuto incassare anche 20 approvazioni.
“Strafalcioni terrificanti e per l’ennesima volta registriamo come non ci sia nessun membro di questo governo in grado di ammettere le proprie responsabilità e scusarsi con i cittadini”, commenta anche Claudio Fava.
Insomma un disastro. A maggior ragione alla luce di quanto ha dichiarato il ministro durante il question time: “Ricordo che dopo aver condiviso con le regioni i criteri di ammissibilità, abbiamo attivato un help desk con 118 faq di risposta e un dialogo costante con chi stava inserendo i progetti per aiutare ed evitare la commissione di errori”.
(da agenzie)
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Ottobre 7th, 2021 Riccardo Fucile
RACCONTA IL MASSACRO DEL CIRCEO: LA MOTIVAZIONE PRETESTUOSA PER CUI E’ STATO VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI
È scoppiato il caos attorno al film “La scuola Cattolica”, una pellicola diretta da Stefano Mordini che racconta la tipica vita scolastica all’interno di un rinomato istituto religioso maschile della Roma bene.
Qui gli studenti, figli della borghesia romana, vengono educati al meglio, salvo però poi essere costretti a vivere uno dei più efferati crimini della cronaca nera italiana: il Massacro del Circeo, avvenuto la notte tra il 29 e 30 settembre 1975 ai danni di due giovani amiche.
Una decisione su cui è intervenuto anche Francesco Rutelli, presidente dell’Anica. “Purtroppo gli annunci di abolizione della censura non hanno trovato riscontro in una procedura che – spero per poche settimane – è ancora in vigore. Mentre i nostri giovanissimi possono accedere attraverso il web a contenuti violenti e veramente indegni, opere dell’ingegno – in questo caso, un film importante tratto dal libro di Albinati che ha vinto il ‘Premio Strega – vengono assoggettate a pareri occhiuti e fuori dal tempo. Qualcosa non funziona, se si pensa di far votare i sedicenni, ma gli si impedisce di vedere un film di qualità. Un film basato su fatti di cronaca, cui tutti hanno avuto liberamente accesso e che hanno profondamente interpellato la società italiana”, conclude poi Rutelli.
La storia della censura per “La scuola cattolica”
La decisione è destinata a rimanere al centro del dibattito, soprattutto a partire da oggi in cui sarà trasmessa in tutte le sale.
Secondo la Commissione del Mic, “il film presenta una narrazione filmica che ha come suo punto centrale la sostanziale equiparazione della vittima e del carnefice” e per questo, a maggioranza, ritiene “che il film non sia adatto ai minori di anni diciotto”.
Una decisione “in netta contrapposizione con quanto affermato lo scorso aprile dal Ministro Franceschini – sottolinea la produzione – che, alla firma del decreto che istituì la nuova Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche, commentò: ‘Abolita la censura cinematografica, definitivamente superato quel sistema di controlli e interventi che consentiva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà degli artisti’.
(da agenzie)
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Ottobre 7th, 2021 Riccardo Fucile
FERMATO IN DRAGHISTAN SULLA VIA DEL GREEN PASS
Uno, nessuno e centomila. Non basterebbe un libro per descrivere le tante
strade intraprese da Alessandro Meluzzi, popolare psichiatra sospeso dall’albo perché non vaccinato.
Barba alla Rasputin e vestiario vagamente dandy, il look è forse una delle poche cose che non ha cambiato nel corso degli anni.
Medico, politico, professore, criminologo, commentatore televisivo, addirittura primate arcivescovo d’Italia della chiesa ortodossa autocefala con il nome di Alessandro I. Questo è ed è stato Meluzzi.
E non è semplice capire in quale veste parli quando discetta o arringa (dipende dalle volte) in tv. Oppure quando scrive uno dei suoi pensieri sui social network che usa in maniera martellante.
Ma nel paese di “Draghistan”, sua definizione dell’Italia che vede ormai sottomessa alla dittatura economica e sanitaria, Meluzzi ora è uno dei punti di riferimento dei sovranisti e novax nostrani.
Nato a Napoli nel 1955 da padre partenopeo e da madre riminese di cui porta il cognome, Meluzzi cresce, studia e si laurea a Torino in Medicina, specializzazione in Psichiatria. Proprio in Piemonte il camaleonte Alessandro si lega al suo primo colore, il rosso. Allievo prediletto di Saverio Vertone, direttore del severo giornale comunista “Nuova Società”, Meluzzi inizia il suo cursus honorum in politica nelle file comuniste, senza farsi mancare una breve parentesi al Manifesto.
“Ho militato per 12 anni nella Fgci e nel Pci, ho smesso nel 1982”, racconta rivendicando “un periodo amendoliano”.
Dopo la fase migliorista, il rosso diventa meno acceso con la folgorazione sulla via del Garofano socialista che Meluzzi spiega così “Può sembrare assurdo che sia diventato craxiano, ma se parti dall’area riformista con Giuliano Ferrara capisci subito che c’è una continuità politica e intellettuale”.
Nel 1994 è naturale il passaggio all’azzurro berlusconiano “perché affascinato dalla nascita di un movimento di quella portata”.
E soprattutto in reazione “all’annullamento di metà della classe politica per un combinato mediatico-giudiziario”. E in quell’occasione Meluzzi scende proprio in campo diventando deputato.
A quel tempo lavora nel servizio psichiatrico di Mirafiori e si candida proprio in quel quartiere. Di quel periodo dice: “Ero solidamente laico-socialista e berlusconiano convinto”. Anche nel ’96 gli riesce il colpaccio, diventando senatore sempre nelle file di Forza Italia ma questa volta all’opposizione.
Dove si stanca presto passando prima all’Udr “perché innamorato di Cossiga” e poi all’Udeur di Mastella “ma solo perché il partito” dell’ex presidente della Repubblica “si era sfasciato”. Manca ancora il colore verde che immancabilmente arriva ma dal partito ambientalista “mi hanno cacciato quasi subito” E chissà perché.
Messa da parte la politica – ci riproverà l’ultima volta con il Rinnovamento italiano di Lamberto Dini ma il risultato è da dimenticare – colui che diventerà primate Alessandro I, si ributta sul lavoro inventandosene una dietro l’altra.
Apre ad Albugnano, paese sulle colline d’Asti dove vive, una comunità per malati di mente, “Agape”, e porta avanti una ricca attività di scrittore sui temi più disparati. Sulla psicologia e la religione c’è da citare “ErosAgape. Un’unica forma d’amore”, “Cristoterapia. Dialogo di vita. Fonte di speranza” e “Abbracciare la croce. Dolore, libertà e tenerezza in Dio”.
Sulla criminologia: “Il fascino del male e “Madri assassine”, sui comportamenti dell’uomo dà poi alle stampe “ll maschio fragile. Scopri il bastardo che c’è in te”. Fino al recente “Mafia nigeriana. Origini, rituali, crimini” scritto insieme a Giorgia Meloni e all’ultimo lavoro “Contagio. Dalla peste al coronavirus”.
Meluzzi dichiara anche di aver scritto, secondo quanto riportato da Wikipedia, duecento pubblicazioni scientifiche, anche se non di facile reperimento.
Nel frattempo diventa un noto volto televisivo soprattutto attraverso la sua attività di criminologo, prendendo parte alla difesa di Rudy Guede nell’omicidio Meredith Kercher e di Massimo Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio: “La criminologia è il mio mestiere – spiega -. I pazienti sono le mie tende, come San Paolo che cuciva tende per campare”.
Intanto, verso la metà del 2000 il solido laico socialista che fu incontra la fede. Dopo il rifiuto alla sua richiesta di essere ordinato diacono dalla chiesa latina, nel 2007 all’Arcieparchia di Homs in Siria viene consacrato diacono della Chiesa cattolica greco-melchita, di rito bizantino.
Ma poi, deluso dalla chiesa cattolica dopo le dimissioni di Papa Benedetto XVI (Papa Francesco diventerà uno dei bersagli preferiti delle sue polemiche) diventa ortodosso e il 6 novembre 2015 si autoproclama primate d’Italia, eparca di Ravenna e Aquileia, e primate metropolita di questa Chiesa col nome di Alessandro I, con il trattamento onorifico di Sua Beatitudine.
Tra le tante cose, ha dichiarato di voler proclamare santi di questa Chiesa i defunti sacerdoti cattolici Gianni Baget Bozzo (sospeso a divinis per la sua attività politica) e Pierino Gelmini. A corredo di tutto lo troviamo spesso in abito talare a dire messa in giro per l’Italia.
Nel frattempo si schiera su posizioni sovraniste vicine a Lega e Fratelli d’Italia.
Oltre ad aver fondato il Partito Anti-Islamizzazione nel 2017. Molto presente sui social, le sue pagina Twitter e Instagram sono il luogo prediletto in cui si scaglia contro i nemici a suo dire della libertà, dell’Italia e delle tradizioni.
Tra le sue intemerate ci sono i “giornaloni” che in un’intervista a Radio Radio ha definito “carte da cesso”, il virologo americano Fauci avvicinato alla santona “mamma Ebe”, Bill Gates reo di essere a capo del “Great Reset” e descritto come “un vecchio nerd masturbatore”.
Non mancano poi alcuni video in cui ricorda le belle tradizioni italiane, da difendere dai migranti. Uno lo vede fare un appello agli elettori dell’Emilia Romagna circondato da forme di Parmigiano Reggiano e un altro in piazza Carignano a Torino mentre guarda rapito un gruppo di anziani che cantano canzoni popolari, simbolo del folklore che qualcuno vuole cancellare.
Oggi è stato sospeso dall’ordine dei medici di Torino perché non vaccinato. Sai che scoperta.
(da Huffingtonpost)
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Ottobre 7th, 2021 Riccardo Fucile
“DRAGHI DEVE METTERE PER ISCRITTO CHE NON AUMENTERA’ LE TASSE”… GIA’ CHE CI SIAMO SCRIVA ANCHE “TI AMO” SULLA SABBIA E CI FACCIA VINCERE I MONDIALI DI CALCIO
Salvini, preoccupandosi e non fidandosi di chi arriverà dopo Draghi e anche dopo di lui, ha chiesto al premier di mettere per iscritto “che non ci sarà nessuno che pagherà più tasse. Di lui mi fido, di altri no”.
In campagna elettorale per il leghista tutto serve (e lui ci sta ogni giorno dell’anno). Ora, poi, siamo entrati nella lunga volata che porta ai ballottaggi e servirà al Capitano tirare quotidianamente i volli e i vorrei: del resto, uno schiaffo si può prendere, un altro il 17 ottobre, no.
Quindi vale pure il giurin giurello che facevamo da bambini, l’amico per sempre che te lo mette per iscritto, il giuramento col sangue, il ti amo sulla sabbia, il qua la mano e con lui fiducia cieca, un po’ ragazzi della via Pal e padron Frodo.
Seguendo l’adagio potremmo tutti chiedere qualcosa, aprire il nostro libro dei sogni, dire tutto e farlo mettere per iscritto a Draghi e che valga per i posteri, perché di lui ci fidiamo, ma veramente, non a giorni alterni come Salvini.
E via, chiediamo allora al premier, se gli avanza tempo, che non si fermerà la transizione ecologica, che avremo la piena occupazione, che ci sarà la pace nel mondo, che vinceremo i mondiali, che gli asini voleranno e le donne governeranno, che nessuno si ammalerà e i malati guariranno, che “sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno, ogni Cristo scenderá dalla croce, anche gli uccelli faranno ritorno, ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno, anche i muti potranno parlare, mentre i sordi già lo fanno”.
E che lo facciano tutti i politici dell’attuale governo, con la stessa serietà e assertività con cui lo chiede Salvini: dicano a Draghi cosa vogliono che non cambi dopo Draghi e che lo metta per iscritto.
Insomma, dal primo dei populisti arriva la richiesta di un impegno che valga per tutti, all’unico che sta governando il Paese, malgrado Salvini. Per un voto, solo per un voto.
(da Huffingtonpost)
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Ottobre 7th, 2021 Riccardo Fucile
“IL 94% NON SAREBBE STATO RICOVERATO SE FOSSE STATO VACCINATO”… GIUSTO CURARLI MA POI PRESENTARE LORO IL CONTO, LE CURE NON LE DEVONO PAGARE I CITTADINI CON IL CERVELLO A POSTO
I 6.489 pazienti Covid non vaccinati finiti in ospedale sono costati al sistema
sanitario nazionale 64 milioni di euro in un solo mese.
Il dato arriva dal report dell’Alta scuola di Economia e management dei Sistemi sanitari (Altems) dell’Università Cattolica e si riferisce al periodo che va dal 20 agosto al 19 settembre 2021.
Per l’esattezza, il rapporto analizza i costi dei 5.798 non vaccinati ricoverati in aera medica e dei 691 finiti in terapia intensiva nel periodo preso in esame.
L’aggravio sul Ssn è di 63.811.181 euro, di cui 46.501.415 per le ospedalizzazioni nei reparti ordinari e 17.309.766,11 euro per le terapie intensive.
Lo studio rileva inoltre che il 94% dei non vaccinati ospedalizzati non sarebbe stato ricoverato in area medica se si fosse sottoposto alla somministrazione del farmaco anti-Covid. Il dato sale ulteriormente se si guarda ai malati più gravi: il 96% dei ricoverati in terapia intensiva avrebbe evitato il ricovero se si fosse immunizzato.
(da agenzie)
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Ottobre 7th, 2021 Riccardo Fucile
A LOS ANGELES LA RISPOSTA PIU’ EFFICACE AI CAZZARI NO VAX
Scena degna di nota quella vista all’ennesima manifestazione No vax negli Usa che ha visto sfilare alcune decine di persone contro il vaccino anti Covid sulla Hollywood boulevard, a Los Angeles.
Una dimostrante No vax con tanto di megafono ha creduto di poter ottenere numerosi consensi urlando questa frase: «Guardate tutti questi homeless in giro. Sono morti per strada con il Covid? Diavolo, no. Perché?».
Intento andato fallito visto che da un clochard nei paraggi, un uomo sulla cinquantina, è arrivata una risposta spiazzante che è poi circolata sui social network al punto da trasformarsi in un’esilarante scenetta virale.
«Perché sono vaccinato, stupida stronza», ha detto con nonchalance l’uomo continuando sul suo cammino.
La clip, pubblicata dall’account Twitter Film The Police LA, mostra una delle tante proteste No vax andate in scena negli ultimi mesi. Questa, in particolare, risale allo scorso sabato, 2 ottobre. Il video sembra contenere il claim più efficace che potesse essere studiato per una campagna di vaccinazione.
(da Open)
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