Ottobre 15th, 2021 Riccardo Fucile
IL GOVERNO INCASSA E TACE, IL SOVRANISMO SENZA POLSO DELLA PIAZZA
L’ora X non esiste, né del precipizio né della risurrezione, perché le moderne
democrazie sono troppo interconnesse per realizzare le previsioni delle funeste Cassandre del catastrofismo o per assecondare il ballo menato dalle fanfare del trionfalismo.
E tutte le decisioni si misurano nei loro effetti “a regime”, non a caso un provvedimento come il Green Pass obbligatorio è entrato in vigore proprio di venerdì (anche se non a borse chiuse).
Però questo annunciato “Black Friday” di Green Pass, rivelatosi l’opposto, segna comunque un volta-pagina: l’inquietudine sociale certo non è scomparsa, ma è contenuta in una più forte “spinta gentile” del paese. Spinta alla normalità, al lavoro, alla vita.
Nessun trionfalismo, perché l’immane sfida si vince e si misura nel tempo, ma il tessuto connettivo del paese regge nei suoi fondamentali.
L’Italia non è un grande porto di Trieste perché le priorità percepite sono più quelle degli omologhi lavoratori del porto di Livorno, che dicono “il problema è il lavoro, non il Green Pass”.
La regola vissuta non come imposizione da rifiutare, ma come tentativo per riconquistare la libertà. In un paese segnato da spinte ribelliste, pulsioni anti-statuali, con pezzi di classe dirigente storicamente inclini a cavalcarli è un fatto non banale, che forse spinge a riconsiderare quanto un certo spirito civico sia più radicato rispetto anche alle sue rappresentazioni.
L’85 per cento degli italiani ha capito che i vaccini, anche rispetto a comprensibili paure, sono la via del ritorno alla vita e che una norma per agevolarli è un modo per “unire”, non per dividere il “paese”.
Qui c’è un salto “culturale” da registrare, di visione, proprio rispetto al termine più abusato in questa fase: “libertà”.
Chi si vaccina lo fa per sé e per gli altri, e chi rispetta le regole lo fa per sé e per gli altri, nella consapevolezza che il bene del singolo, in una fase come questa, non è scindibile da quello della collettività.
È l’opposto di una visione anarco-individualista della libertà come arbitrio e come “me ne frego”, dentro la quale c’è una rinnovata fiducia nei confronti dello Stato ed elementi di un patto sociale che tiene.
La fiducia espressa da un cittadino che si fa iniettare un vaccino in vena, assieme agli altri, e che poi mostra un certificato per lavorare, andare in giro, svagarsi è un messaggio potente.
La debacle culturale del sovranismo nostrano è tutta qui, su come ha declinato la parola libertà in relazione al lavoro: il tentativo di sostituire le vecchie parole d’ordine contro gli immigrati e contro l’Europa, franate di fronte a un nemico invisibile e non immaginario, con la rivolta del mondo del lavoro contro le regole è fallito.
L’idea che le regole sono una prigione coercitiva che limita la vitalità e l’energia di dipendenti e autonomi, commercio o servizi, per cui una volta la battaglia è per un’ora in meno di coprifuoco, un’altra volta sul tampone gratuito, e l’idea che, nella protesta sociale, si forma un nuovo blocco di riferimento della nuova destra: sono questi due assi che si inclinano in un mondo produttivo che va avanti, dimostrando, anche nel disgregato mondo del lavoro di oggi, quanto sia vitale l’antica lezione di chi, nella storia, la pensa all’opposto di Salvini e della Meloni.
E cioè che, per l’operaio come per l’imprenditore, come per il dipendente pubblico, la libertà è, innanzitutto, emancipazione.
Le catene che lo imprigionano non sono quelle di un pezzo di carta da mostrare ma di un salario da difendere o da migliorare.
E questo accade proprio nel momento in cui, proprio l’emergenza sanitaria, mette tutti di fronte a una estrema vulnerabilità. Non è finito né il disagio né il risentimento delle categorie né le spinte corporative legate al tema più generale di come il Covid il mondo del lavoro cambi morfologia e organizzazione, ma comunque la spinta solidaristica è stata più forte della rivolta alle regole di precauzione.
La lezione di questo venerdì – che nero non è stato – è che non c’è un paese da pacificare, come se fosse in una guerra civile tra “sì vax” e “no vax”, “sì Green Pass” e “no “Green Pass”.
C’è un paese da governare e da ricostruire, in cui la pacificazione non è con la classe dirigente del “tanto peggio, tanto meglio”, ma nelle cose, e nei risultati per come condizionano un processo di ripresa ancora molto lungo.
Senza enfasi per lo scampato pericolo, senza sottovalutazione dei segnali di disagio che arrivano dalle proteste, sia pur contenute di oggi, come dalle piazze rumorose di ieri, come dal preoccupante astensionismo nelle urne, perché l’accettazione di una regola fondamentale non risolve in sé la questione sociale, né è la precondizione.
Con la tranquilla fermezza che ha consentito le riaperture, il ritorno in presenza dei lavoratori del privato e dei trentadue mondi delle PA senza un solo intoppo (a proposito, una lode a Brunetta), un rimbalzo del Pil superiore alle aspettative, una campagna vaccinale come precondizione di tutto ciò.
È lo spirito con cui il presidente del Consiglio è passato già al prossimo dossier, con la tranquilla fermezza di chi ha preso e difeso le giuste decisioni, forse perché distante dal rumore dei ballottaggi e dalle pressioni di alcune constituency, soprattutto da quelle più scomposte, che invece qualcuno ha sciaguratamente cavalcato. Fortunatamente senza esiti brillanti.
(da Huffingtonpost)
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Ottobre 15th, 2021 Riccardo Fucile
CON UNA SCONFITTA L’ALTRO DISPERATO LE PRESENTA IL CONTO
Il senso di Roma per Giorgia Meloni sarebbe un buon titolo per il romanzo breve la cui ultima pagina verrà scritta lunedì alle ore 15, quando nella capitale si chiudono le urne.
La leader di Fratelli d’Italia si trova un po’ fieramente e un po’ obtorto collo nell’angolo. Denuncia una conventio ad excludendum nei confronti suoi e del suo partito, si sente fieramente all’angolo, accusa il ritorno della strategia della tensione per incastrarla nelle maglie di un neofascismo di ritorno sul quale non riesce a prendere fino in fondo le distanze per convenienza elettorale e perché sa che molti dei suoi vi coltivano rapporti e connessioni.
Se c’è un significato politico nelle elezioni di Roma – oltre che il futuro prossimo del governo della città, s’intende – è quello che riguarda la leader della destra italiana.
Il suo campione peggio non poteva andare.
Enrico Michetti è inciampato sulla Shoah, sul complottismo, sull’igienico saluto romano, su bighe, centurioni e gladiatori ossessivamente diventato il benchmark della città che immagina.
Una serie di ruzzoloni in sequenza dal quale è uscito più che ammaccato, e che lascia trasparire un certo ottimismo nel campo avversario.
Quando ha fatto saltare l’ultimo di una lunga serie di confronti, che tra l’altro si giocava in casa, organizzato proprio da una fondazione di centrodestra, di telefonata in telefonata il caso è arrivato fino all’orecchio di Meloni. Raccontano che sarebbe sbottata: “Mi sono stufata di fare la segretaria di Michetti”.
Matteo Salvini ha capito l’antifona e ha iniziato a girare al largo. Una conferenza stampa con candidato e leader amici in mezzo alla settimana, poi via, su al nord a combattere per Varese e Trieste, per non mettere la faccia sulla possibile sconfitta: quella, per un po’ tutta la Lega, è un affare di Meloni.
Loro hanno voluto esprimere a tutti i costi il candidato, loro hanno selezionato rocambolescamente l’esperto di diritto amministrativo celebre in città per il podio che si è conquistato a Radio Radio, una delle emittenti più seguite in città e che da un paio di anni ha riempito i palinsesti di tesi no-vax e complottiste.
Il Carroccio in città è sceso al 6%, la presa sulla città svanita, la concorrenza con un alleato ben più radicato dentro il Grande raccordo anulare impossibile.
Con Forza Italia che è diventata quello che è diventata, è stata Meloni e l’intero suo partito a doversi sobbarcare Michetti nel tentativo di issarlo su fino al Campidoglio, in quella che potrebbe essere la battaglia che indirizzerà in un verso o nell’altro il futuro di Fdi.
Una vittoria di Michetti significherebbe uscire dall’angolo, dimostrare che il partito che ha la fiamma nel simbolo non semplicemente il rifugio della destra-destra, non semplicemente il polo di attrazione per chi non si riconosce nell’esperienza Draghi, non solo la rumorosa tribuna dalla quale urlare il proprio scetticismo su green pass e presunta dittatura sanitaria.
Dimostrare quel che gli avversari provano a smontare, ovvero che Fratelli d’Italia è un partito che ha tutte le carte in regola per governare, come dovrebbe essere normale per il primo partito italiano nei sondaggi.
Ma soprattutto è la via maestra per ribaltare i rapporti di forza nel centrodestra, una vittoria di una coalizione molto di nome e poco di fatto, che isserebbe Meloni a leader di una nuova fase dopo il lustro di egemonia salviniana, un patrimonio da investire nelle prossime elezioni del presidente della Repubblica, nella scelta dei candidati delle future tornate amministrative, nell’architettura delle alchimie delle elezioni politiche che verranno.
Michetti potrebbe però essere nel medio periodo una sventura, ricalcare le mai rimpiante orme del primo campione della destra a pigliarsi Roma, quel Gianni Alemanno che in città viene ricordato come spazzaneve, per lo scandalo delle partecipate e poco altro.
Ma queste alla fin fine sono cose che hanno poco riverbero oltre il Raccordo, nell’immediato sarebbe una vittoria decisiva, da soli contro tutti, volano di altre e ben più rilevanti conquiste.
Perdere avrebbe un effetto uguale e contrario. Un candidato imposto, difeso, sopportato e infine schiantato, la dimostrazione di una classe dirigente impalpabile se non inesistente, una selezione raffazzonata dei candidati e dei programmi per governare, uno schiaffo dopo essere partiti con un margine non trascurabile di vantaggio accumulato al primo turno.
E sarebbe una debacle difficilmente condivisibile con i partner di coalizione, che sono pronti a presentare il conto. L’uno per rivendicare nuovamente e una volta per tutte la leadership di quell’area politica, l’altro per cercare di bilanciare la trazione sovranista del centrodestra e riportarla in un alveo moderato e liberale, qualunque cosa ormai significhi questo termine dalle parti di Forza Italia.
Insomma, Roma è il banco di prova per capire se Giorgia Meloni e i suoi sono davvero “unfit to lead”, come dicevano di un altro prima di lei.
(da Huffingtonpost)
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Ottobre 15th, 2021 Riccardo Fucile
UNO DEI SEGRETARI E’ PASQUALE BACCO, PERSONAGGIO NOTO TRA I COMPLOTTISTI, CANDIDATO IN PASSATO CON CASAPOUND E FIAMMA TRICOLORE
I lavoratori del porto di Trieste che da giorni minacciano di bloccare lo scalo
friulano e paralizzare il trasporto merci se il governo non abrogherà l’obbligo di green pass sui luoghi di lavoro stanno partecipando – probabilmente non del tutto consapevolmente – a uno sciopero generale indetto da due piccole sigle sindacali, una delle quali da mesi ha posizioni no vax e conta, tra i suoi leader più attivi, un ex candidato di CasaPound alla Camera dei Deputati.
Il sindacato in questione è la Federazione italiana sindacati intercategoriali (Fisi), sigla che ha annunciato una mobilitazione a oltranza da oggi, 15 ottobre, a mercoledì 20 ottobre.
La Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali aveva dichiarato illegittima la protesta e invitato l’organizzazione a revocarla.
La stessa Commissione ha inviato una nota al Ministro dell’Interno in cui ha espresso “particolare preoccupazione” in merito agli scioperi per il “possibile verificarsi, alla luce del delicato contesto sociale, di gravi comportamenti illeciti”.
Cos’è la Fisi, il sindacato che ha indetto lo sciopero di Trieste
Lo sciopero generale al quale hanno aderito i lavoratori di Trieste è stato proclamato dalla Fisi, piccola sigla sindacale con sede a Eboli da mesi protagonista di una campagna non solo contro il green pass, ma anche contro la campagna vaccinale e l’obbligo di immunizzazione del personale sanitario.
Non è noto quanti iscritti abbia questa piccola sigla sindacale, né se vi aderiscano lavoratori o lavoratrici del porto di Trieste.
Segretario generale della Fisi è Rolando Scotillo, attuale commissario dell’UDC di Eboli, e ad affiancarlo in segreteria c’è – tra gli altri – il dottor Pasquale Mario Bacco, medico legale che ha assunto nel sindacato l’incarico di Segretario Nazionale della categoria medici.
La Fisi è dotata anche di un presunto comitato scientifico che lo scorso 8 agosto – citando il sito di bufale Health impact news – parlava di 20.595 morti in UE a causa dei vaccini Covid. Un dato ovviamente fasullo: “Se poniamo il fatto che con il distanziamento sociale e l’uso di comun i Dpi il rischio che una persona si infetti da Covid è quasi inesistente, possiamo affermare che nell’inoculazione di vaccini vi sono più rischi che benefici”, scriveva il sindacato, chiedendosi poi “a chi giova tutto ciò?” e accusando l’Istituto Superiore di Sanità di aver abbandonato centinaia di migliaia di pazienti, causando poi il decesso di 100mila di loro.
Chi è Pasquale Bacco, il sindacalista no vax che accusava i dottori di uccidere i pazienti con l’ossigeno
Pasquale Bacco, segretario del Fisi-medici, è una vecchia conoscenza negli ambienti no vax e complottisti: lo scorso 30 ottobre, ad esempio, intervenne a Taranto in un comizio di piazza e arringò così la piccola folla che lo ascoltava: “Questo virus si cura, curatevi a casa, non andate in ospedale, abbracciatevi tutti, fate l’amore, amatevi, solo così se ne esce fuori”.
Pochi mesi prima – come ricorda Open – fece persino peggio partecipando a una conferenza stampa organizzata dalla deputata Sara Cunial alla Camera dei Deputati: in quel caso affermò che nei primi mesi di pandemia i medici degli ospedali avevano sbagliato i protocolli terapeutici e che dunque avrebbero ucciso i pazienti “bruciando” con l’ossigeno i loro polmoni.
“È stato come curare un diabetico con lo zucchero”, dichiarò in un’intervista Bacco che in seguito, durante una manifestazione no vax a Roma, disse anche che il vaccino contro il Covid sarebbe stata “una truffa! Acqua di fogna. Un regalo alle lobby farmaceutiche”. Era il settembre del 2020 e nessun vaccino era ancora stato approvato.
Il segretario della Fisi-medici è anche socio fondatore – insieme al celeberrimo dottor Giulio Tarro – dell’associazione “L’Eretico”, con cui il sindacato rivendica di aver “stretto un rapporto di collaborazione” e che afferma di voler essere “cassa di risonanza delle verità nascoste, dei pensieri e delle opinioni censurate”.
De L’Eretico, in qualità di presidente, fa parte anche Angelo Giorgianni, magistrato co-autore con Bacco del libro “Strage di Stato, le verità nascoste della Covid-19”.
Il volume è un condensato di teorie cospirazioniste: si afferma che la pandemia è un complotto orchestrato da ebrei, Big Pharma, Bill Gates and company e non mancano anche frasi antisemite: “Vogliamo dire chi comanda nel mondo? Comandano gli ebrei! Sta tutto in mano a loro! Tutte le lobby economiche e le lobby farmaceutiche, hanno tutto in mano loro”.
Giorgianni è stato uno dei protagonisti sabato scorso della manifestazione contro il green pass di Roma. Dal palco di Piazza del Popolo ha arringato la folla parlando di “preavviso di sfratto a coloro che occupano abusivamente i palazzi del potere” dato loro “dal popolo italiano” e di volere “per loro un processo, una nuova Norimberga” per “i morti, le privazioni e la sofferenza che hanno causato”. Poi ha annunciato che avrebbe “appeso la toga al chiodo”. “Sono venuto ad onorare il popolo sovrano, e a coloro che dicono che la mia posizione è incompatibile dico che io tra voi e il popolo scelgo il popolo sovrano e lascio la toga”. Non risulta l’abbia ancora fatto
Pasquale Bacco candidato con la Fiamma Tricolore e CasaPound
Pasquale Bacco, segretario nazionale della categoria medici della Fisi, vanta anche trascorsi in politica: nel 2008 è stato infatti candidato sindaco di Bitonto con La Destra – Fiamma Tricolore, poi di nuovo per lo stesso partito alle elezioni regionali pugliesi del 2010. L’ultima candidatura risale alle elezioni politiche del 2013 nelle fila di CasaPound Italia.
I lavoratori portuali di Trieste che – legittimamente – contestano il green pass imposto dal governo sanno chi ha indetto lo sciopero? E sanno che ai vertici della Fisi ci sono no vax ed ex esponenti dell’estrema destra?
(da Fanpage)
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Ottobre 15th, 2021 Riccardo Fucile
SULLA SUA PAGINA HA PUBBLICATO UN VIDEO TAGLIATO DOVE SCOMPAIONO LE DOMANDE DELLA CRONISTA… VOGLIAMO TUTTO IL GIRATOOOOOOOOOOOOO
Ma così non vale! Giorgia Meloni, nel pomeriggio di ieri, aveva scelto di mostrare – prima che andasse in onda la tradizionale puntata del giovedì di Piazzapulita – il video con le dichiarazioni rilasciate a Francesca Carrarini, la giornalista che la trasmissione di Corrado Formigli ha inviato a cercare di intercettare Matteo Salvini e Giorgia Meloni per un commento dopo la messa in onda delle prime due puntate di Lobby Nera (l’inchiesta condotta da Fanpage).
Lo aveva fatto – a suo modo di vedere – «senza taglia e cuci», giocando ancora una volta sulla sua strategia difensiva rispetto ai contenuti che l’inchiesta giornalistica Lobby Nera aveva mostrato: vedere prima l’intero girato e non farsi condizionare da quello che sarebbe potuto essere un montaggio fazioso.
C’è solo un problema. Quello che Giorgia Meloni aveva mostrato sui suoi canali social non era il video integrale del botta e risposta con Francesca Carrarini.
Bene, questo video mostra soltanto la seconda parte del confronto con Francesca Carrarini. Nella prima parte, invece, la giornalista pone delle domande (nelle immagini mostrate da Giorgia Meloni, invece, il suo ruolo sembra essere più passivo, travolta dal monologo della leader di Fratelli d’Italia, prima sul servizio relativo al suo canale VK, sia sul “destino” della valigia alla fine del video di Fanpage).
Prima di quella fase, la giornalista di Piazzapulita ha parlato del lavoro della magistratura sulle 100 ore di girato da cui è stata tratta l’inchiesta di Fanpage (magistratura che ha ritenuto credibile la ricostruzione giornalistica, alla luce del materiale visionato).
Poi, Francesca Carrarini ha chiesto a Giorgia Meloni se i timori sulle inflitrazioni dell’estrema destra, alla luce della manifestazione di sabato scorso a Roma contro il green pass (con tanto di assalto alla CGIL), fossero giustificati.
Infine, sempre la giornalista di La7 ha chiesto alla Meloni se riconoscesse la matrice di estrema destra nelle manifestazioni di sabato scorso.
A queste parole, Giorgia Meloni ha risposto: «Certo, ero in Spagna. Ho riconosciuto la matrice di estrema destra a Roma, così come ho riconosciuto la matrice di estrema sinistra dei centri sociali a Milano. Voi la riconoscete quella matrice? Ah ah».
Soltanto a questo punto le due versioni (sebbene quella di Piazzapulita sia, per esigenze televisive, leggermente più corta) tornano a combaciare. Ma senza la prima parte (o una sintesi di questa prima parte), il video «senza taglia e cuci» postato da Giorgia Meloni non può risultare completo.
(da Giornalettismo)
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Ottobre 15th, 2021 Riccardo Fucile
SI INDAGA SUL “SISTEMA DI LAVATRICI” PER RIPULIRE I FINANZIAMENTI IN NERO
C’è una terza persona indagata dalla Procura di Milano dopo l’inchiesta di
Fanpage.it “Lobby Nera”: si tratta del commercialista Mauro Rotunno, che sarebbe in rapporti stretti con Roberto Jonghi Lavarini – conosciuto come il “Barone Nero” – anche lui indagato, insieme all’eurodeputato di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza, con l’accusa di finanziamento illecito e riciclaggio. Nella giornata di ieri, giovedì 14 ottobre, il commercialista è stato perquisito dalla Guardia di finanza.
Sequestrati documenti, mail e messaggi
Le Fiamme Gialle hanno sequestrato documenti, dispositivi informativi, mail e messaggi. Le forze dell’ordine – coordinati dai pubblici ministeri Giovanni Polizzi e Piero Basilone – avrebbero voluto perquisire anche la sede di “Ala Destra”, associazione di cui Rotunno sarebbe presidente, ma sembrerebbe che l’organizzazione non possieda alcuna sede.
L’obiettivo delle indagini della Procura di Milano è quello di verificare quanto emerso dalla nostra inchiesta: in particolare le affermazioni, riprese dal nostro giornalista sotto copertura, di Lavarini e Fidanza che riferiscono di un possibile sistema di “lavatrici” che sarebbe stato messo in atto per ripulire i finanziamenti alla campagna elettorale del centrodestra.
A queste parole, si aggiunge quanto riferito da Lavarini, durante uno degli ultimi incontri con il nostro giornalista, dove il “barone nero” afferma di chiedere soldi per alcuni “referenti politici”.
Tra gli altri elementi che emergono nell’inchiesta c’è la vicinanza tra alcuni esponenti della Lega e il movimento neofascista di Lealtà e Azione. Nell’inchiesta figurano il consigliere lombardo della Lega Max Bastoni, l’eurodeputata del Carroccio Silvia Sardone, rieletta anche in Consiglio comunale a Milano, l’ex europarlamentare della Lega Mario Borghezio e il consigliere di municipio Stefano Pavesi.
Intanto, nei giorni scorsi, la Procura ha confermato che le cento ore di girato sono coerenti con la sintesi pubblicata sul giornale e poi andata in onda durante la trasmissione di La7 Piazza Pulita.
(da Fanpage)
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Ottobre 15th, 2021 Riccardo Fucile
PER GASARSI A VICENDA E’ GARA A CHI RACCONTA PIU’ BALLE SUL FLOP DELLE MANIFESTAZIONI NO VAX DI OGGI
C’è una foto che, più di ogni altra, sta facendo il giro dei social network. C’è chi la condivide credendo davvero che sia una fotografia di una protesta italiana il 15 ottobre (molti parlano di Genova), chi inserisce nel flusso di immagini sui social network una fotografia che non corrisponde alla realtà.
O meglio, non corrisponde a nessuna realtà italiana in questi giorni. L’immagine in questione è quella della Street Parade di Berlino in epoca pre-covid. Si tratta di una manifestazione musicale (l’elettronica la fa da padrona) ed è stata accostata spesso a manifestazioni no-vax in giro per l’Europa (qualcuno l’ha spacciata per una protesta contro la vaccinazione a Berlino, nel 2020). Tutto questo è stato documentato da Open – testata che, recentemente, è entrata a far parte dei debunker esterni a cui Facebook si affida per la verifica delle notizie nel feed.
Una immagine di questo tipo – molto condivisa su Twitter – è assolutamente fuorviante. Come descritto in precedenza, si tratta di una manifestazione culturale, che nulla ha a che fare con l’introduzione dell’obbligo di green pass anche sul luogo di lavoro (sia nella pubblica amministrazione, sia nelle aziende private). Le immagini non sono relative ad alcuna protesta italiana, anche se circolano continuamente nella giornata del 15 ottobre, sia sui social network, sia nelle chat di Telegram dei no-vax e dei no-green pass.
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2021 Riccardo Fucile
FABIO TUIACH ERA PASSATO A FORZA NUOVA E PURE LORO LO AVEVANO ESPULSO
Vestito come un operatore portuale, gilet giallo in bella mostra, Fabio
Tuiach prova a portare avanti da solo il “blocco totale” del porto di Trieste.
Eletto alle amministrative del 5 giugno 2016 a Trieste in quota Lega come consigliere comunale, l’ex puglie noto per le sue posizioni ultracattoliche, antisemite, omofobe e antifemministe ha manifestato il suo dissenso contro l’obbligo di Green Pass sui luoghi di lavoro. Le sue posizioni estreme lo hanno portato a migrare dal Carroccio in Forza Nuova, fino ad essere espulso perfino dai neofascisti.
Si è schierato al fianco di chi ha deciso di scioperare, ma evidentemente non è stato avvisato della decisione raggiunta in assemblea ieri sera da parte del coordinamento portuali di Trieste di lasciar lavorare chi non avesse sposato i motivi della protesta. “Se tutti fanno come te, qua succede un casino”, gli dice uno dei cinque manifestanti impegnati a portarlo via mentre lui, urlando e sbraitando, tentava di bloccare un’auto in entrata allo scalo numero 4. “Non stiamo facendo blocchi, vada, vada, è libero”, dice un altro manifestante al malcapitato autista
Provano a spiegarglielo più volte, lentamente, quasi arrivano a fargli un disegnino. Ma Tuiach non ci sta: “Se io non lavoro, non devono lavorare nemmeno gli altri”, è la sua argomentazione. E poi: “Non voglio il green pass, non voglio ricatti, noi non cederemo”.
“Forse coloro che hanno minacciato di bloccare tutto e creato allarme, vedendo in quanti si sono opposti, ci hanno ripensato e hanno consentito oggi a chi volesse di accedere nell’area portuale”, ha commentato all’Adnkronos Marino Marini, imprenditore e amministratore dell’azienda Korman Italia Spa Trieste, situata all’interno del Porto Franco.
(da NextQuotidiano)
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Ottobre 15th, 2021 Riccardo Fucile
“PER NOI LA VACCINAZIONE E’ IL RIMEDIO ALLA PANDEMIA”
Tra grandi proteste annunciate e poi sgonfiate, a Trieste, e manifestazioni che hanno floppato fin dal primo momento, a Genova, c’è anche chi ha deciso di non prestarsi al teatrino degli scioperi degli operatori portuali.
Sono i lavoratori del porto di Livorno, che hanno deciso unanimemente di non fare barricate contro l’obbligo di Green Pass sul posto di lavoro.
Nei post social e nei canali online dei no vax c’è chi scrive “disonore a loro”, ma il segretario della Filt Cgil labronica, Giuseppe Gucciardo, rivendica questa scelta di civiltà. Ha appena terminato una trattativa per il rinnovo di un contratto integrativo in una delle aziende del terzo scalo italiano per flusso di merci.
“O neghiamo quel che è successo, con i morti, i malati, l’isolamento forzato – dice – oppure da persone serie e concrete andiamo avanti. Il nostro problema è il lavoro che spesso manca, ci sono persone che vorrebbero lavorare e non ne hanno la possibilità”. “Ci sono state discussioni tra di noi – prosegue – ma alla fine ha prevalso il pragmatismo, la lotta deve avere un senso. Per noi la vaccinazione è il rimedio alla pandemia, e i portuali livornesi in maggioranza hanno accolto e sostenuto questo tipo di riflessione”.
Secondo i dati della Compagnia portuale livornese, su 170 lavoratori ce ne sono circa 20 non vaccinati, che quindi per lavorare dovranno sottoporsi periodicamente al tampone. Ma questi si sono limitati a chiedere che l’azienda venisse loro incontro pagando i test o stabilendo dei prezzi calmierati.
La differenza tra quanto sta avvenendo negli altri porti e quello che succede a Livorno, secondo Gucciardo, sta nelle proporzioni.
“Su un totale di 2 mila lavoratori la maggioranza è vaccinata – dice – quindi il problema qui non si pone. Questo non significa che ci mettiamo in contrapposizione con altre realtà portuali, ma semplicemente è un dato di fatto”.
A scongiurare lo sciopero sulle banchine anche il confronto positivo avvenuto ieri tra gli autotrasportatori e i terminalisti che il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale, Luciano Guerrieri, che ha dichiarato: “Abbiamo deciso di costituire un tavolo tecnico per affrontare già da lunedì prossimo le varie criticità”.
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2021 Riccardo Fucile
SALARIO MINIMO A 12 EURO, NO NUOVE TASSE, STOP CARBONE AL 2030
Più vicina la nascita di un Governo in Germania sostenuto dalla coalizione
“Semaforo” – rosso Spd, giallo Fdp, verde Grunen.
“Ci siamo accordati su un documento sulla base del quale è possibile costruire un Governo” ha detto il candidato alla cancelleria dell’Spd Olaf Scholz, annunciando l’accordo tra i partiti per fare un governo e il passaggio alla fase delle trattative di coalizione con Verdi e Liberali.
“Sarà il più grande progetto di modernizzazione industriale che la Germania abbia probabilmente realizzato da oltre 100 anni”. I tre leader in un comunicato congiunto hanno spiegato di essere “convinti di poter concludere un accordo di coalizione ambizioso e sostenibile”.
Salario minimo a 12 euro. Il salario minimo a 12 euro è tra i punti salienti dell’accordo in forma scritta siglato da i tre partiti tedeschi che hanno deciso di passare alla fase successiva delle trattative di governo, Spd, Verdi e Liberali.
Si tratta di uno dei punti-bandiera portati avanti in campagna elettorale dal partito socialdemocratico. I tre partiti hanno anche concordato di volere eliminare progressivamente il contributo a carico dei cittadini sull’elettricità prodotta da fonti rinnovabili secondo la legge EEG.
“In questo modo, stiamo riducendo i costi dell’elettricità per le famiglie e le imprese” si legge nel documento riportato da Dpa. La politica di alleggerimento fiscale è stata portata avanti in campagna elettorale dai liberali di Christian Lindner.
Né nuove tasse né sgravi ai redditi più bassi.
Non introdurremo nuove tasse “e non aumenteremo le tasse come l’imposta sul reddito, sulle società o l’Iva” è scritto nel documento. Non ci saranno nemmeno sgravi fiscali per i redditi più bassi come proposto da Spd e Verdi.
È il compromesso raggiunto per arrivare ad un accordo con i Liberali, da sempre contrari ad un aumento della pressione fiscale. “Gli investimenti futuri saranno fatti all’interno della cornice giuridica del freno al debito” si legge ancora nel comunicato.
Anticipare uscita dal carbone.
“Per il mantenimento degli obiettivi climatici è necessaria un’uscita anticipata dall’energia a carbone. Idealmente dovrebbe avvenire già entro il 2030” si legge documento con i punti essenziali dell’accordo di coalizione. L’obiettivo dell’uscita dal carbone entro il 2030 è sempre stato tra gli obiettivi del partito dei Verdi, mentre per socialdemocratici e Liberali non era un tema. La Germania al momento ha concordato l’uscita entro il 2038.
Nessuno limite di velocità sulle strade, infrastrutture per elettromobilità.
“Vogliamo fare della Germania il principale mercato dell’elettromobilità e per questo vogliamo velocizzare l’espansione delle infrastrutture di ricarica elettrica. Un limite di velocità per le auto non ci sarà”. Lo prevede il documento.
La battaglia contro l’istituzione del limite di velocità, promosso dai Verdi, è stata in campagna elettorale una delle bandiere dei Liberali, che si sono battuti contro una politica ambientalista realizzata a colpi di “divieti”.
(da agenzie)
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