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TOH, CHI SI RIVEDE! IL CREMLINO TOGLIE DAL FREEZER IL MINISTRO DELLA DIFESA, SERGEI SHOIGU

Marzo 27th, 2022 Riccardo Fucile

È RIAPPARSO, PALLIDO E MOLTO DEBILITATO, IN UN VIDEO DIFFUSO IN TV, DOPO UN’ASSENZA DI 12 GIORNI DALLE SCENE…MA IL FILMATO NON FUGA I DUBBI: POTREBBE ESSERE UNA REGISTRAZIONE O UN FAKE

Compare, scompare e ricompare il ministro della Difesa, Sergei Shoigu. Ieri per la prima volta dopo ben quindici giorni lontano dai media, lo strettissimo collaboratore e amico del presidente Putin, col quale va pure a caccia e pesca in Siberia, si materializza in un video postato sul sito del suo dicastero con i vertici dello staff tra cui il capo di Stato maggiore, generale Gerasimov (lui stesso da giorni fuori dai radar dei media).
Volto pallido e respiro lievemente affaticato, Shoigu impartisce ordini e cita un incontro dell’altroieri presso il ministero delle Finanze: «Alla luce dell’operazione militare speciale bisogna mantenere l’attuale ritmo nella fornitura di armi avanzate compresi i sistemi robotici, i mezzi di acquisizione delle informazioni, la guerra elettronica, e naturalmente i mezzi di sostegno materiale e tecnico alle forze armate, come sempre». E poi elenca le priorità.
«Armi a lungo raggio guidate di precisione, hardware per l’aviazione, e mantenere la prontezza al combattimento delle forze nucleari strategiche». Shoigu è uno dei tre detentori dei codici nucleari a Mosca, dopo Putin e con Gerasimov.
Ieri ha anche annunciato che i reduci dell’Ucraina avranno agevolazioni fiscali e assistenza sanitaria come quelli di Siria e Afghanistan
I contenuti sono quelli dello Shoigu di sempre, da dieci anni ministro della Difesa, ma prima capo della Protezione civile, del partito di Putin Russia Unita e ministro per le Situazioni di emergenza. È lui che ha sviluppato le tecnologie d’avanguardia militari, il concetto di guerra ibrida, e dato ali all’apparato militar-industriale.
Un paio di giorni fa era apparso tra i membri del Consiglio per la sicurezza nazionale collegati con Putin, senza parlare.
Non si vedeva in pubblico dall’11 marzo, quando il capo del Cremlino aveva ordinato a lui e a Gerasimov l’allerta da combattimento delle unità per la deterrenza nucleare. Dal 24 febbraio, una settimana prima dell’invasione, il Pentagono inutilmente cerca entrambi. Il giallo continua, anche perché nella conferenza stampa a un mese dall’inizio della guerra non c’erano Shoigu o Gerasimov a fare il punto, ma un semplice vicecapo.
Al 23 del mese scorso risale invece l’immagine che ha fatto il giro del mondo, di Putin a capotavola di una stretta e lunga scrivania in fondo alla quale, di lato, a metri di distanza siedono ancora Shoigu e Gerasimov. Al primo viene attribuita la complicità nel decidere l’attacco all’Ucraina a dispetto della contrarietà dei servizi d’Intelligence, e la paternità insieme a Putin dell’ideologia che la sottende.
Proprio per questo, la sua assenza dai media aveva fatto discutere. Circolava voce di problemi al cuore. Il governo ucraino è arrivato a sostenere che Shoigu era stato colpito da infarto perché incolpato da Putin dei fallimenti della campagna militare.
Voci smentite dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov: «Il ministro della Difesa ha molto da fare essendoci un’operazione militare speciale in corso, non è il momento per lui di dedicarsi ai media».
L’assenza da news e programmi aveva colpito per via del ruolo e della popolarità, seconda forse soltanto a quella di Putin. Originario della Repubblica di Tuva, nella Siberia centro-meridionale al confine con la Mongolia, figlio di un giornalista e politico tuvano e di una contadina russa di origini ucraine, è il titolare della Difesa di una grande potenza che destina oltre il 4.6 per cento del Pil alle spese militari e conduce una politica di espansione imperialista, senza aver lui stesso fatto il militare.
Sua è la decisione di ripristinare per gli alti ufficiali l’uniforme sovietica del 1945. A un mese dall’invasione, i limiti della capacità bellica di Mosca sono sotto gli occhi di tutti.
Internamente, pesa l’altissimo numero di vittime tra i soldati (più di 1350 è la cifra ufficiale di Mosca, oltre 16mila secondo gli ucraini), oltre alla morte di diversi generali sul campo e alla girandola di voci su epurazioni nell’Intelligence.
Gli esperti di affari russi individuavano in Shoigu il possibile successore di Putin, ma ora che le cose vanno male in Ucraina, la domanda è fino a che punto Putin possa non farne ricadere la responsabilità sul ministro della Difesa. E viceversa.
(da il Messaggero)

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GUERRA AGLI OLIGARCHI: NEL MIRINO DELLE AUTORITA’ ITALIANE ALTRE 11 VILLE

Marzo 27th, 2022 Riccardo Fucile

CINQUE RICONDUCIBILI ALL’OLIGARCA USMANOV

L’elenco dei beni degli oligarchi russi nel mirino delle autorità si allunga.
Oggi 27 marzo, secondo quanto riporta Jacopo Iacoboni su La Stampa – citando i risultati di un’investigazione dell’organizzazione giornalistica non-profit Occrp incrociata con fonti investigative italiane – è stata ampliata la mappa con altre undici ville al vaglio in Italia.
Nel mirino, primo tra tutti, risulta l’oligarca Alisher Usmanov, l’uomo più ricco della Russia fino al 2015 e con un ruolo centrale in Italia: nella fase di aiuti russi per la pandemia da Covid-19 aveva donato 2 milioni alla Sardegna. Per l’Italia ha anche finanziato il restauro del Campidoglio. Oltre ai beni già sequestrati, possiede altre 5 case dal valore di circa 45 milioni nella costa di Arzachena, a Romazzino.
L’Ue ritiene Usmanov una delle figure filo-Cremlino più influenti e vicine al presidente Vladimir Putin per cui gestisce importanti flussi finanziari.
Nell’elenco anche Oleg Deripaska, nel mirino da anni degli Stati Uniti, che detiene la proprietà di tre case a Porto Cervo, attraverso l’offshore Tangril Equities.
E poi c’è Igor Shuvalov, vice primo ministro russo dal 2008 al 2018 e presidente della VEB, la banca di sviluppo russa finanziatrice di grandi opere infrastrutturali al centro delle sanzioni. A lui risulta riconducibile una proprietà in Toscana intestata a società italiane e austriache, ma di proprietà di Weitried Anstalt, del Liechteinstein. Nonostante non si conosca la proprietà attuale, l’Occrp ha geolocalizzato un jet privato riconducibile all’oligarca Shuvalov, il che fa intendere che «lui o la sua famiglia continuino a utilizzarla». Infine, nel mirino c’è Vladimir Solovyev, con due ville nel comasco di proprietà di società offshore.
(da agenzie)

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IL MARINAIO UCRAINO TARAS OSTAPCHUK PER 10 ANNI È STATO L’INGEGNERE CAPO DEL “LADY ANASTASIA”, YACHT SUPER LUSSO DELL’OLIGARCA ALEXANDER MIKHEEV: QUANDO È SCOPPIATA LA GUERRA, HA PROVATO AD AFFONDARLO, MANOMETTENDO LE VALVOLE DEL CARBURANTE, ED È ANDATO A COMBATTERE

Marzo 27th, 2022 Riccardo Fucile

NON CI È RIUSCITO PER UN PELO: “GLI OLIGARCHI? DOVREBBERO ESSERE RITENUTI RESPONSABILI”

L’ucraino Taras Ostapchuk per 10 anni è stato l’ingegnere capo del “Lady Anastasia”, yacht super lusso dell’oligarca Alexander Mikheev, attualmente sotto sequestro per le sanzioni e ormeggiato a Port Adriano, in Spagna.
Ha lavorato con passione e orgoglio, fin quando la Russia ha cominciato a bombardare il suo Paese. Dopo aver visto video e immagini della devastazione – in particolare quelle di un razzo che ha distrutto un palazzo a Kiev -, il marinaio ha provato a vendicarsi contro il suo datore di lavoro e ha tentato di affondare l’imbarcazione, dal valore di 6.5 milioni di dollari.
Taras Ostapchuk ha aperto una valvola principale nella sala macchine e una seconda, più piccola, all’interno degli alloggi dell’equipaggio. Quindi chiuse le valvole del carburante, ha staccato tutta l’elettricità e ha detto all’equipaggio (tutti ucraini) di abbandonare la nave, perché il loro Paese è sotto attacco.
La nave è quasi affondata, ma gli altri marinai sono riusciti a salvarla in tempo. «È stato un bel lavoro il mio, ho avuto un ottimo stipendio. Ma adesso voglio lottare per la mia nazione», ha detto ai media.
«Oligarchi responsabili della guerra»
In un’intervista con la CNN dall’Ucraina, Ostapchuk, 55 anni, ha affermato di aver collegato la distruzione nella sua città natale direttamente all’uomo che chiama il proprietario del “Lady Anastasia”: l’oligarca russo Alexander Mikheev.
È l’amministratore delegato della compagnia di armi russa Rosoboronexport, che vende di tutto, dagli elicotteri, ai carri armati, ai sistemi missilistici, ai sottomarini. «Ho spiegato alla polizia che ho cercato di affondare la barca come protesta politica contro l’aggressione russa», ha detto.
«Devi scegliere. O sei con l’Ucraina o no. Devi scegliere, l’Ucraina o avere un lavoro… Non ho bisogno di un lavoro se non ho l’Ucraina».
«Ora servo nell’esercito e spero che il mio servizio possa essere utile e aiutarci nella vittoria – ha detto -. Gli oligarchi? Dovrebbero essere ritenuti responsabili, perché sono loro che, con il loro comportamento, con il loro stile di vita, con la loro inestinguibile avidità, hanno portato proprio a questo».
(da il Messaggero)

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LA PROFEZIA (ESATTA) DELL’EX GENERALE USA E LA SVOLTA DI MOSCA

Marzo 27th, 2022 Riccardo Fucile

L’EX GENERALE BEN HODGES IL 16 MARZO DISSE CHE I 10 GIORNI SEGUENTI SAREBBERO STATI DECISIVI E CHE PUTIN STAVA CERCANDO UNA VIA D’USCITA… E INFATTI MOSCA HA ANNUNCIATO CHE SI CONCENTRERÀ SUL DONBASS

Il 16 marzo, studiando informazioni pubbliche, l’ex generale americano Ben Hodges aveva sostenuto che i 10 giorni seguenti sarebbero stati decisivi per l’esito della guerra: i russi erano a corto di uomini e munizioni, l’inattesa resistenza ucraina – oltre a causare perdite enormi- aveva fatto saltare i piani e disperdere le unità.
Putin, insomma, stava cercando una via d’uscita.
La profezia di Hodges si è rivelata esatta, a conferma del fatto che gli americani – e quindi gli ucraini – hanno una visuale chiara di quello che avviene sul campo: il 25 marzo, il vicecapo di Stato maggiore russo Sergej Rudskoi ha annunciato che la prima fase dell’operazione si può dichiarare conclusa e che ora si concentreranno sul sud del Paese, in particolare sulla «liberazione» del Donbass.
Rudskoi non parla però di obiettivi raggiunti, ma di «principali spallate completate»: ora l’obiettivo è Mariupol, che permetterebbe a Putin di dichiarare vittoria e annunciare la denazificazione dell’Ucraina. Non significa quindi che la guerra sia finita, ma che entra in una nuova fase.
L’esercito russo si è adattato alle difficoltà incontrate e ha adottato una strategia che gli permetterà di andare avanti a lungo, facendo danni da lontano e limitando le perdite (anche se a Kherson è stato ucciso un altro generale, Yakov Rezantsev: è il settimo).
Gli ucraini resistono, devono proteggere i rifornimenti occidentali e intanto hanno tracciato un’altra linea, il 9 maggio. A Kiev si ritiene che i russi torneranno a casa quel giorno, data in cui a Mosca si celebra la sconfitta del nazismo: saranno riusciti a vedere attraverso la nebbia di guerra anche questa volta?
(da il Corriere della Sera)

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“I MILITARI RUSSI VOLEVANO CAMPIONI DEL VIRUS“

Marzo 27th, 2022 Riccardo Fucile

LA SEDICENTE MISSIONE ANTI-COVID DI MOSCA RACCONTATA DAL DIRETTORE DI UNA RSA

La missione “Dalla Russia con Amore” è iniziata il 21 marzo 2020 e si è conclusa sei settimane dopo. Hanno partecipato 104 persone, tra militari e personale sanitari
«So che quello che è accaduto nella mia struttura non è un caso isolato. Le richieste sono state fatte dai russi anche in altre Rsa».
A dirlo al quotidiano la Repubblica è un direttore di una Rsa, probabilmente della zona di Bergamo. Ha chiesto l’anonimato ma ha deciso di rivelare qualche indizio in più sulla missione portata avanti dall’esercito russo in Italia durante la fase più acuta della pandemia: «Ci hanno offerto di fornire dei tamponi che poi avrebbero processato in autonomia. Loro dicevano che disponevano di un laboratorio militare e che ci avrebbero pensato da soli, che ci potevano fornire un servizio utile. Io però ho pensato subito che quei dati potevano essere usati per fare delle ricerche, che insomma non si trattava solo di solidarietà».
Il direttore dell’Rsa sentito dal quotidiano ha spiegato che anche l’esercito italiano avrebbe visto dei movimenti sospetti: «In quel momento noi stavamo cercando i tamponi come l’oro, ma io ho avuto dei dubbi sulla proposta russa e ho voluto parlare prima con l’Esercito. Ho spiegato a un colonnello cosa mi avevano offerto e lui mi ha confermato che era meglio non accettare e di limitarci alla sanificazione. So che quello che è accaduto a me non è un caso isolato, le richieste sono state fatte anche ad altre Rsa».
Secondo quanto ricostruito sempre da la Repubblica, tra i mezzi militari arrivati da Mosca ci sarebbe stato anche un laboratorio in grado di processare tamponi e inviarli attraverso segnali satellitari criptati ai centri di ricerca in Russia. Anche se presentata come una missione umanitaria, quella dell’esercito russo sarebbe stata quindi una spedizione scientifica per ottenere dati sul virus e rendere più efficace il piano del Cremlino per fermare la pandemia.
Fino al 2020 Dalla Russia con Amore era solo il titolo di uno dei film in cui Sean Connery ha impersonato l’agente segreto James Bond. Poi è diventato il nome di una missione organizzata dalla Russia in Italia per fornire assistenza con il Coronavirus e ora il centro di un caso politico si cui si allungano le ombre dello spionaggio di Mosca. La missione è cominciata il 21 marzo 2020 con l’arrivo all’aeroporto di Pratica di Mare di nove quadrimotori pieni di dispositivi sanitari, all’epoca introvabili. Oltre a mascherine e tamponi, erano sbarcati anche 22 veicoli militari e 104 persone che avevano lo scopo ufficiale di portare aiuto alle zone vicino a Bergamo in cui l’epidemia stava causando più vittime.
Fra i militari arrivati in Italia anche il generale Sergey Kikot, il numero due del Reparto di Difesa chimica, radiologica e biologica dell’esercito russo. La missione si è conclusa il 7 maggio del 2020 con la spiegazione ufficiale che ormai la fase più acuta dell’emergenza era conclusa.
(da agenzie)

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SCRITTA INFAME A SESTO SAN GIOVANNI: “Z ZELENSKY EBREO“

Marzo 27th, 2022 Riccardo Fucile

I SERVI DI MOSCA IN AZIONE

«Z Zelensky Jude»: la scritta è apparsa a Sesto San Giovanni, comune del Milanese. Altre «Z», lettera divenuta simbolo dei sostenitori dell’invasione russa dell’Ucraina, sono apparse sul pavimento del mezzanino della stazione della metropolitana di Sesto Marelli.
La denuncia è di Alberto Bruno, candidato sindaco alle primarie del centrosinistra che ha pubblicato le foto sul proprio profilo Facebook: «Non occorre essere Sherlock Holmes per riconoscere la mano di qualche vigliacco naziista che prima disegna la ‘Z’ assurta a simbolo di sostegno della guerra di Putin, dopo essere stata replicata dai sui carri armati che hanno invaso l’Ucraina, poi dà dell’ebreo (jude) a Zelensky. Un minestrone ideologico indegno».
(da agenzie)

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