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IL FATAL BIVIO CHE GIORGIA NON RIESCE A SORPASSARE

Luglio 18th, 2024 Riccardo Fucile

NON E’ RIUSCITA NEPPURE A CENSURARE ORBAN PER I SUOI VIAGGI A MOSCA PER PRENDERE ORDINI DA PUTIN

Oggi sono almeno tre le poste in gioco per la destra italiana nella scelta sul bis di Ursula von der Leyen. La prima è la collocazione dei Conservatori, di cui Giorgia Meloni ha mantenuto la presidenza: si sa che voteranno sparpagliati, ma il sì o il no della loro leader determinerà il modo in cui saranno percepiti in futuro, se come interlocutori di cui tener conto, come ambigui avversari o addirittura componenti del blocco sovranista “nemico”. La seconda è il ruolo dell’Italia a guida centrodestra, che anche grazie alle aperture di Von der Leyen è riuscita negli ultimi due anni a superare molte delle diffidenze che gravavano sulla svolta del Paese: gli incontri, i sorrisi, l’esibita sintonia tra Giorgia e Ursula, sono stati un passepartout di credibilità che un sì potrebbe rafforzare, un no stracciare.
La terza posta riguarda personalmente la premier. Da due anni si parla del fatal bivio a cui è ferma, e questo bivio andrà prima o poi superato in un modo o nell’altro. Un “ni”, attraverso un’astensione o la libertà di voto, avrebbe vantaggi pratici ma smentirebbe la reputazione decisionista di cui gode Meloni. Peggio ancora, potrebbe dare l’idea di una leader paralizzata dalle opposte scelte dei suoi alleati, costretta a barcamenarsi in stile un po’ democristiano tra l’assertivo sostegno a Von der Leyen di Forza Italia e l’assoluta ostilità della Lega. Tra i calcoli del momento c’è l’incidenza dei 24 voti di FdI in una eventuale offerta sottobanco: risulterebbero rilevanti o no? I tre partiti della maggioranza europea contano 401 eletti. Con il sicuro supporto esterno dei Verdi, Von der Leyen avrebbe sulla carta un margine di oltre 90 voti rispetto al quorum di 361. Solo un robusto intervento dei franchi tiratori renderebbe “l’aiutino” meloniano decisivo, e quindi remunerativo, rivendicabile, politicamente vantaggioso.
Anche a causa del sostegno ambientalista alla maggioranza europea, il voto di oggi diventa per FdI qualcosa di diverso da una contrattazione do-ut-des, dove far valere i propri numeri. È una decisione politica a tutto tondo, forse la più importante in assoluto per la nuova destra di governo: quella che ne determinerà il futuro. Farsi largo come forza protagonista del sistema europeo o continuare a coltivare più o meno apertamente la caratura euroscettica che fino a poco fa condivideva con i Patrioti di Viktor Orban, Santiago Abascal, Marine Le Pen e lo stesso Matteo Salvini. È il mondo che ieri, nel primo test elettorale del nuovo Europarlamento, ha qualificato il suo orizzonte votando all’unisono contro la risoluzione a sostegno dell’Ucraina. Un mondo minoritario – il testo è passato con 495 voti favorevoli, 137 contrari e 47 astensioni – che tuttavia i meloniani stentano ad abbandonare: l’astensione di FdI sul capitolo che censurava Orban racconta la fatica di voltare le spalle al vecchio amico, nonostante la sua svolta filo-putiniana.
«Quando sei in dubbio, segui il tuo naso», dice una memorabile frase di Gandalf, il mago-guida del libro di riferimento della destra meloniana, Il Signore degli Anelli.
La sua Compagnia è persa in oscure miniere ed è un sentore di aria fresca a far capire qual è la direzione da imboccare.
Già, ma da dove arriva il soffio nell’Italia di oggi? Dalle sparse truppe del sovranismo e dall’idea di diventarne il volto più presentabile e importante?
Dall’America trumpiana che coccola l’euro-scetticismo e si prepara a sceglierlo come interlocutore della Casa Bianca?
Oppure dalla parte opposta, quella di un’Europa confusa e in crisi di identità, ma pur sempre lo spazio del nostro destino economico, sociale, politico?
(da lastampa.it)

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FDI, DUBBI E MUGUGNI DOPO IL DISCORSO DI VON DER LEYEN, MA A DECIDERE ALLA FINE FINE SARA’ MELONI DA OXFORD

Luglio 18th, 2024 Riccardo Fucile

HANNO BISOGNO DELL’IMBECCATA DI SORA GIORGIA: MA SE NON VI STA BENE, VOTATE CONTRO SE VI E’ RIMASTO UN BRICIOLO DI DIGNITA’ (E NON CITATE BORSELLINO, CHE SI RIVOLTA NELLA TOMBA AD ESSERE ACCOSTATO A VOI)

Non è bastato neppure il discorso di quasi un’ora in Aula di Ursula von der Leyen a chiarire le idee di Fratelli d’Italia e dei Conservatori di Giorgia Meloni. O meglio, il gruppo intende prendersi ancora tutto il tempo necessario per riflettere prima di decidere sulla scelta da depositare nell’urna, oggi alle 13.
Senza escludere che, alla fine, ciascuno scelga autonomamente il da farsi. «Voglio deludere subito chi si aspetta un’indicazione di voto da parte dell’Ecr. Il nostro gruppo è composto da partiti che non rinunciano alle prerogative nazionali e ognuno si esprimerà sulla base dell’interesse nazionale», ha detto in Aula pochi minuti dopo la fine del discorso di Von der Leyen Nicola Procaccini, luogotenente di Giorgia Meloni in Europa alla guida del gruppo Ecr.
«Oggi i cittadini hanno sposato le buone idee del centrodestra, e credo che lei debba tenerne conto». Cosa che in realtà Von der Leyen non sembra proprio aver fatto, nel suo discorso e nelle linee guida politiche consegnate questa mattina, che rafforzano se mai lo sguardo al centro e perfino in direzione dei Verdi, con l’impegno per un nuovo “Clean Industrial Deal” e per lo stato di diritto, in chiave esplicitamente anti-Orbán.
L’ultimo colloquio Meloni-Von der Leyen e il nodo da sciogliere
«Noi resteremo ciò che siamo: persone misurate nei toni, ma ferme nei princìpi – ha concluso il suo intervento Procaccini – Come quel giovane universitario della destra italiana, divenuto simbolo trasversale di giustizia e coraggio, che lei, presidente Metsola, ha giustamente citato martedì e di cui domani ricorrerà il 32esimo anniversario dalla vigliacca uccisione: Paolo Borsellino. Parafrasando una delle sue affermazioni più conosciute: “È bello vivere per ciò in cui si crede”».
Ma in cosa crede Fratelli d’Italia, sulla questione del sì o no a Von der Leyen, non ce l’ha chiaro proprio nessuno. Dietro la coperta delle citazioni dotte, il gruppo Ecr affronterà ora la sostanza della scelta in una riunione a porte chiuse. Anche se la decisione su cosa farà la delegazione di Fratelli d’Italia, alla fine, la prenderà Giorgia Meloni, sbarcata ieri sera a Oxford per il vertice della Comunità politica europea.
Da dove, confermano fonti accreditate all’Ansa, ha avuto in tarda serata l’ultimo colloquio con la candidata Von der Leyen. La presidente-ricandidata, è la ricostruzione che filtra da fonti Ue qualificate, «ha spiegato alla premier che nel suo discorso in plenaria non ci sarebbero stati cambi di linea rispetto a quanto illustrato nei giorni scorsi».
Di certo nel gruppo Ecr ci sono diverse delegazioni che invece hanno deciso oltre ogni dubbio per il no: quella di peso dei polacchi del Pis, infuriati con Von der Leyen, così come quelle più piccole francesi, rumene e svedesi. Fratelli d’Italia si allineerà a loro o risponderà al richiamo «governista» del sì? Entro poche ore la risposta, nel segreto dell’urna di Strasburgo.
(da Open)

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IL DISCORSO DI VON DER LEYEN: “UN NUOVO CLEAN DEAL PER L’EUROPA, CON ME NESSUNO SPAZIO AGLI ESTREMISTI COME ORBAN”

Luglio 18th, 2024 Riccardo Fucile

UN DISCORSO CHE GUARDA AL CENTRO E CONFERMA L’APERTURA AI VERDI… ALL’ITALIA MELONIANA SOLO IL CONTENTINO DI UN COMMISSARIO AD HOC PER IL MEDITERRANEO

Ursula von der Leyen si presenta in Aula alle 9 in punto del mattino con una sobria giacchetta rosa, ma il discorso che scolpisce al Parlamento europeo per chiedere la fiducia sul suo bis alla Commissione è tutto tinto di verde.
Forse perfino più di quanto gli ecologisti potessero sperare, anche se l’approccio che indica per la «sua» Europa dei prossimi cinque anni strizza l’occhio con evidenza anche alle imprese (dunque anche al suo Ppe), nel segno della «competitività».
«Terremo la barra dritta nella nostra strategia di crescita», dice quasi subito Von der Leyen entrando nel vivo del suo discorso, rivendicando i successi della strategia verde seguita negli ultimi cinque anni e indicando la via per i prossimi: «Voglio lanciare un nuovo Clean Industrial Deal nei primi 100 giorni del mandato per canalizzare gli investimenti nelle energie pulite».
La presidente-ricandidata alla Commissione indica anche un nuovo target per l’Unione: quello della riduzione delle emissioni di gas serra del 90% entro il 2040 (al momento è previsto il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050).
Una strada, chiarisce Von der Leyen, che va nell’interesse supremo dell’economia del blocco – dunque anche delle sue aziende – ma pure incontro alle preoccupazioni dei giovani per la protezione climatica: «non è questione solo di competitività, ma di giustizia intergenerazionale».
E anche in fin dei conti, di sovranità e indipendenza perché – assicura Von der Leyen – l’ulteriore spinta propulsiva del nuovo Deal «farò calare il costo delle bollette. e metterà fine una volta per tutte all’era dei combustibili fossili russi».
Botte a Orbán, sostegno all’Ucraina, il «basta» su Gaza
Lo sguardo verso i partiti europeisti dell’Aula – popolari, liberali, socialisti e verdi – è chiarissimo, e si percepisce pure nell’attacco durissimo, quasi sfrontato, contro Viktor Orbán e contro i suoi amici e alleati.
«La missione recente di un primo ministro europeo a Mosca – affonda il colpo Von der Leyen senza neppure nominare il magiaro – non è stata di pace, non è stata altro che una missione di appeasement con Vladimir Putin».
È l’occasione in cui l’Aula si scioglie nell’applauso forse più lungo e convinto, mentre i deputati dei Patrioti restano impietriti. Perché, ricorda severa Von der Leyen, appena due giorni dopo «i jet di Putin hanno bombardato l’ospedale pediatrico di Kiev e i suoi pazienti oncologici. Quello era un messaggio anche a noi».
Ma c’è anche un altro passaggio di rara durezza contro le retoriche nazional-populiste che partiti un po’ ad ogni angolo d’Europa usano o tentano di usare per raccattare consensi. «Non mi piegherò mai alla polarizzazione, non accetterò mai quei demagoghi ed estremisti che vogliono distruggere il tessuto delle nostre società».
Altro applauso convito dal fronte liberale e di sinistra, che si repeterà poco più tardi quando Von der Leyen assicura la continuità dell’impegno sul rispetto dello stato di diritto, a cui la distruzione dei fondi europei «resta e resterà vincolata».
E chissà cosa penserà di tutto ciò Giorgia Meloni, attesa a breve all’ora della decisione sul sì o sul no. Sulla politica internazionale c’è spazio anche per la riaffermazione del sostegno «fino a quando sarà necessario e con ogni mezzo» all’Ucraina, così come al messaggio chiaro su Gaza: «il bagno di sangue deve finire ora». Mentre per rafforzare la sicurezza dell’Unione Von der Leyen torna a proporre (in francese…) di costituire una vera “Unione europea della difesa”.
La gestione dei migranti e i nuovi Commissari ad hoc
Sulle migrazioni Von der Leyen cerca un equilibrio difficile. Afferma la necessità di un chiaro rafforzamento delle frontiere – portando il numero di guardie Frontex sino a 30mila – per gestire insieme e con fermezza la sfida migratoria. Ma, dice Von der Leyen guardando con evidenza più a sinistra, la gestione di quel dossier «deve sempre ispirarsi al principio di solidarietà e dobbiamo sempre ricordare che i migranti sono esseri umani come me e voi, protetti dai diritti umani».
Von der Leyen propone poi una serie di innovazioni istituzionali per rispondere ad alcune sfide emergenti, almeno ai suoi occhi. Vuole tre nuove deleghe ad hoc nella nuova Commissione, in particolare, e alcune di queste sembrano disegnate per attirare l’attenzione dell’Italia e del suo governo: un Commissario ad hoc per il Mediterraneo («merita la nostra continua attenzione», un Commissario alla Casa (per «rispondere alle cose che più preoccupano le persone», anche se l’Ue non ha alcuna competenza in materia), infine un vicepresidente con delega alla sburocratizzazione.
Ammesso e non concesso che basterà ad addolcire la pillola per Giorgia Meloni. Dei cui voti, comunque, la presidente-ricandidata potrebbe anche non avere bisogno (per essere reincoronata presidente le bastano un minimo di 361 voti).
La piattaforma centrista per il bis alla Commissione
Alla fine di oltre 40 minuti di discorso, Von der Leyen lascia che emerga con chiarezza la sua piattaforma politica, già messa nero su bianco nelle political guidelines che la 65enne tedesca ha fatto planare sui tavoli di tutte le delegazioni di prima mattina: un appello al «centro democratico», che, scolpisce Von der Leyen, «deve reggere di fronte alle turbolenze internazionali e alle ansie e incertezze» degli europei. Le differenze tra i diversi gruppi politici sono fisiologiche, ma abbiamo dimostrato negli ultimi anni di poter unirci attorno a linee e strategie comuni – come nell’approvazione del Patto Asilo e Immigrazione -, ed è quello che ora possiamo fare di nuovo nell’interesse del futuro dell’Europa, è il senso dell’appello di Von der Leyen.
Che si conclude con una doppia citazione. Con le parole di Jacques Delors in un celebre discorso del 1989: «La nostra Comunità non è solo il frutto della storia e della necessità, ma anche della volontà». Poi, dopo le repliche dei capigruppo dei diversi partiti Ue, con quelle di David Sassoli – le ultime pronunciate in Aula prima della prematura scomparsa nel gennaio 2022 (in doppia lingua originale): «La speranza siamo noi, we the people of Europe are our best hope in a dangerous world».
Ora qualche ora di riflessione, prima del voto di fiducia sul bis dell’ex ministra di Angela Merkel.
(da Open)

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