Settembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
BENEDETTA SCUDERI (AVS) ANNALISA CORRADO E ARTURO SCOTTO (PD) MARCO CROATTI (M5S)
È la più grande missione marittima civile mai organizzata. Con un obiettivo ambizioso e piuttosto chiaro: rompere l’assedio navale di Gaza per far entrare cibo, acqua, medicinali e beni di prima necessità. Una flotta di 50 imbarcazioni con a bordo attivisti, giornalisti, avvocati e artisti di 44 Paesi che hanno deciso di aderire alla Global Sumud Flotilla.
Ma anche qualche politico italiano è pronto per imbarcarsi e dirigersi verso Gaza. Si tratta di quattro parlamentari del “Campo largo”: l’eurodeputata di Avs Benedetta Scuderi, l’eurodeputata del Pd Annalisa Corrado, il senatore del M5s Marco Croatti e il deputato del Pd Arturo Scotto.
Chi è Benedetta Scuderi
Eletta nel 2024 al Parlamento europeo con 19.434 preferenze. Benedetta Scuderi fa parte di Alleanza Verdi e Sinistra, la formazione guidata da Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. L’eurodeputata è stata la prima del gruppo ad annunciare la decisione di imbarcarsi sulla Global Sumud Flotilla.
“Lo dico dal Parlamento europeo, dove la complicità di governi e tantissimi politici con il genocidio e la pulizia etnica in corso a Gaza impedisce una risposta credibile da parte delle istituzioni”, aveva spiegato sui social. Dal 2019 Scuderi fa parte di Europa Verde e ha contribuito alla fondazione dei Giovani europeisti verdi, organizzazione giovanile del partito.
Annalisa Corrado
Annalisa Corrado è stata eletta nel 2024 al Parlamento europeo con 49.522 preferenze. Milita nelle file del Partito democratico e fa parte della segreteria nazionale guidata da Elly Schlein. In particolare Corrado è la responsabile dem per la Conversione ecologica, Clima, Green economy e Agenda 2030. Ingegnera meccanica e ambientalista di lungo corso, Corrado è responsabile delle attività tecniche del Kyoto Club. Insieme ad Alessandro Gassmann ha ideato il progetto #GreenHeroes, nato per valorizzare le esperienze virtuose legate al mondo della sostenibilità.
Chi è Marco Croatti
Marco Croatti è al secondo mandato da senatore nelle file del Movimento 5 stelle. Infatti è stato eletto sia alle elezioni politiche del 2018 che a quelle del 2022. Tra i fedelissimi di Giuseppe Conte, ricopre l’incarico di coordinatore regionale del partito in Emilia-Romagna. Mentre in Senato è il capogruppo del Movimento 5 stelle in commissione Finanze. Sui social Croatti aveva manifestato il suo sostegno in favore della Global Sumud Flotilla: “Sostengo questa missione che comporta davvero gravi rischi per questi coraggiosi volontari: per questo sarà importante che tutta l’attenzione internazionale e la luce dei riflettori accompagnino le imbarcazioni che salperanno tra poco”.
Chi è Arturo Scotto
Tra i parlamentari più vicini a Schlein Arturo Scotto è stato eletto deputato alle elezioni politiche del 2022. Con una lunga militanza di sinistra alle spalle, si tratta di uno degli esponenti dem che si è speso maggiormente per un’alleanza strutturale con il Movimento 5 stelle. Scotto non ricopre incarichi particolari all’interno del partito. A Montecitorio però è il capogruppo del Pd in commissione Lavoro: in quella sede ha seguito da vicino le battaglie parlamentari sul salario minimo e sulla settimana corta.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
OVVERO QUANDO FA COMODO I MIGRANTI SONO I BENVENUTI
A Brescia mancano circa 150 autisti e per colmare il vuoto si guarda oltreconfine. Dal
2026, infatti, verranno avviati percorsi di formazione in Tunisia per futuri autisti, ai quali verrà garantito l’ottenimento dell’abilitazione professionale e la frequentazione
di un corso di lingua italiana da 150 euro. La formazione e il rilascio delle patenti avverranno nel pieno rispetto delle normative del nostro Paese, garantendo una preparazione identica a quella richiesta a qualsiasi altro conducente italiano.
Cosa c’entra la Tunisia nella ricerca di 150 autisti a Brescia
La situazione di Brescia riflette una tendenza sempre più diffusa a livello nazionale: la loro carenza sta mettendo in difficoltà molte aziende del settore, costrette a ricorrere a soluzioni innovative per far fronte all’emergenza. Ma come funziona il progetto? Come spiegato a Fanpage.it, questo rientra negli accordi previsti dal Piano Mattei: si tratta di un piano strategico promosso dal nostro governo e rivolto all’Africa. Ha l’obiettivo di incentivare collaborazioni su settori come energia, salute, agricoltura e infrastrutture.
E infatti, in questo caso specifico, il progetto – che è promosso e patrocinato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – prevede una collaborazione specifica con la Tunisia. Questo non riguarda esclusivamente la figura dell’autista, ma coinvolge diverse professionalità. Le aziende di trasporto pubblico possono attingere da questo bacino di lavoratori in base alle proprie esigenze, quindi anche per la ricerca di autisti, ma non solo.
Chi potrà candidarsi
Brescia Trasporti, insieme a Brescia Mobilità, ha manifestato interesse a partecipare sin dal momento in cui è stato inoltrato da Asstra (l’Associazione Nazionale del Trasporto Pubblico per gli operatori dei servizi pubblici). Ci sono stati alcuni incontri per portare avanti il piano e per decidere le modalità: al momento non ci sono ancora candidati selezionati né un numero definito di persone pronte a partecipare. Come spiegato a Fanpage.it, potranno avere precedenza i lavoratori di origine tunisina residenti in Italia e in seconda battuta coloro che arrivano dal paese africano. Non è ancora stato stabilito l’inizio della fase attiva: è possibile che i candidati prima dovranno svolgere una
formazione di base, poi una linguistica e vari test per essere selezionati al meglio.
(da Fanpage)
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Settembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
NELL’ESECUTIVO SCOPPIA LA PROTESTA VISTO CHE “PER I RAPPRESENTANTI DEGLI ENTI LOCALI SAREBBE PREVISTO ANCHE IL BADGE PER UN ACCOMPAGNATORE”… ALLA FINE, MAGICAMENTE, QUALCHE BIGLIETTO IN PIÙ PER I MINISTRI SALTERA’ FUORI (A CAPO DELLA FONDAZIONE MILANO-CORTINA C’E’ MALAGO’ CHE HA DETTO DI “TIFARE” PER GIORGIA MELONI: “IO SONO UN PATRIOTA”)
Niente “+1” per i ministri alle gare di sci. Un moto di sconcerto, che rischia di trasformarsi in incidente politico, turbinava ieri tra le segreterie dei dicasteri del governo Meloni. Motivo di tanta agitazione, gli accrediti per le olimpiadi invernali di Milano-Cortina.
Il fatto è questo: ieri mattina è stata convocata una video-call tra gli organizzatori dei Giochi 2026 e gli staff dei ministeri. Oggetto della tele-riunione, i pass per accedere alle competizioni.
O meglio, come si legge nell’invito, una discussione incentrata «sull’approfondimento del form dedicato al processo di raccolta dati per l’accreditamento dei Dignitari e degli eventuali accompagnatori».
Non è filata liscia. Perché nel corso della call – presenti gli organizzatori e appunto le segreterie di tutti i ministeri interessati
– secondo quanto riferiscono diverse fonti presenti, ai rappresentanti dell’esecutivo è stata fornita questa indicazione (non graditissima, diciamo): per le gare ogni ministro avrà a disposizione un solo pass per accedere alle competizioni.
Un unico tagliando. Senza possibilità di omaggiare del biglietto non solo amici o familiari, ma nemmeno un collaboratore. Nessun “+1” in lista, appunto.
Pochissime esenzioni: dal Quirinale alla premier, al ministro dello Sport, Andrea Abodi. Sottotraccia, secondo le stesse fonti, nell’esecutivo starebbe covando una certa irritazione. «Più che altro – viene spiegato – perché per i rappresentanti degli enti locali sarebbe previsto anche il badge per un accompagnatore».
Sindaci e autorità del posto avrebbero a disposizione un doppio accredito, i ministri no. A poco sarebbero bastate le rassicurazioni informali, nel corso della call, sul fatto che qualche biglietto in più alla fine potrebbe saltare fuori.
Rimarrebbe un intoppo: con i tagliandi ordinari non si può accedere nell’area riservata, ma ci si può accomodare semplicemente nelle tribune o nei posti adibiti ai comuni spettatori. Un cruccio, per chi magari vuole avere lo staff sempre a portata di mano, anche per esigenze di lavoro.
A taccuini chiusi, c’è chi parla già di una possibile trattativa governo-comitato, per allargare un po’ le maglie. Anche se le regole del Cio (con sede in Svizzera) sono rigidissime. Ai vertici della fondazione Milano-Cortina c’è invece Giovanni Malagò, a cui il governo non ha mai voluto accordare una deroga per restare al vertice del Coni dopo due mandati.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
NONOSTANTE CIÒ, LA SPESA PUBBLICA PER I PROBLEMI MENTALI È STABILE DA ANNI E AMMONTA AD APPENA IL 2% DEI BILANCI SANITARI TOTALI
Nel mondo oltre 1 miliardo di persone ha problemi di salute mentale, soprattutto
ansia e depressione, che sono i disturbi più frequenti. Il disagio mentale, inoltre, è responsabile di oltre 700 mila suicidi ogni anno. Nonostante ciò, la spesa pubblica per la salute mentale è stabile da anni e ammonta ad appena il 2% dei bilanci sanitari totali. Sono i dati che emergono da due rapporti pubblicato oggi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
“Trasformare i servizi di salute mentale è una delle sfide più urgenti per la salute pubblica”, ha affermato in una nota il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus. “Ogni governo e ogni leader ha la responsabilità di agire con urgenza e di garantire che l’assistenza sanitaria mentale sia trattata non come un privilegio, ma come un diritto fondamentale per tutti”.
I rapporti (‘World mental health today’ e ‘Mental health atlas 2024’) analizzano l’impatto delle malattie mentali e i progressi compiuti dai Paesi nell’implementazione di servizi dedicati a queste patologie.
Le donne tendono a essere più colpite (secondo le stime, soffre di disturbi mentali il 14,8% della popolazione femminile rispetto al 13% di quella maschile). I disturbi d’ansia sono i più diffusi
(colpiscono il 4,4% della popolazione); segue la depressione (4%), i problemi legati a disabilità intellettuale (1,2%) l’Adhd (1,1%).
Sono tuttavia forti le differenze tra fasce di età e generi: “I disturbi depressivi e d’ansia sono più comuni tra le donne rispetto agli uomini nel corso della vita, mentre gli uomini hanno molte più probabilità di avere disturbi dello sviluppo intellettivo (idiopatici), disturbi dello spettro autistico, disturbi della condotta e Adhd”, si legge nel rapporto
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
È PROPRIO QUESTA “NUOVA GESTIONE” CHE HA ORGANIZZATO IL CORTEO A PISA, INNEGGIANDO A BENITO MUSSOLINI, FACENDO IL SALUTO ROMANO E INTONANDO “FACCETTA NERA”
«Basta bori. Basta canne, intrippati e ubriachi. Nelle prime dieci file solo ultras: a chi sbaglia, gli saltano i denti». È la nuova curva Sud. Un filo lega il corteo scandito dal motivetto fascista andato in scena domenica scorsa a Pisa alle nuove regole appena imposte ai frequentatori della curva. «Un codice etico», lo definiscono gli ultrà (quelli del coro sull’aria di Faccetta nera), veicolato ora ai tifosi tramite le chat: radio curva 2.0.
A dettare le nuove norme di comportamento, in casa e in trasferta, è il gruppo Roma, sigla composta da diversi militanti vicini a CasaPound. Dopo aver lasciato, alla fine della stagione 2023-‘24, le redini del tifo ai Boys (fondati nel 1972 e da sempre vicini all’ultradestra), dall’inizio del nuovo campionato i Roma sono tornati a guidare la Sud.
Nel corso di una riunione organizzata a ridosso di Roma-Bologna, i gruppi della galassia ultrà romanista hanno deciso di ritrovare «l’unità».
A partire dall’assetto fuori casa: via gli striscioni delle varie “firm”, dei Roma club, le bandiere e gli stendardi personali. «Dalla trasferta di Pisa – recita un comunicato diffuso venerdì – in trasferta tutti i romanisti si identificheranno in un unico striscione, “Curva Sud”, e alcune bandiere più rappresentative».
I gruppi invitano i tifosi a lasciare a casa i «vessilli personali», nel timore che i sostenitori più mansueti possano farseli rubare dalle tifoserie avversarie, l’onta più grave nel codice non scritto delle curve. I Roma club e i tifosi sparsi in tutta Italia non possono più esibire i propri striscioni lontano dall’Olimpico. In casa, la linea della nuova Sud a trazione “Roma”, in accordo con le altre sigle, è ancora più stringente.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
FIGURE EROICHE E FIGURE DI MERDA
La corsa verso le elezioni regionali nelle Marche si fa più viva, ora che manca meno di
un mese al voto. E tra gli eventi elettorali non manca chi si fa venire idee originali. Ad esempio il Patriot project: una mostra organizzata in un locale sul lungomare di Civitanova Marche, Comune di circa 40mila abitanti in provincia di Macerata, dagli esponenti locali della Lega (con un sostegno del Team Vannacci, che raccoglie i più vicini all’europarlamentare). L’evento si è svolto domenica 31 agosto, e le immagini hanno presto preso a circolare online.
I ritratti sono surreali: vi si trovano Matteo Salvini, Roberto Vannacci, Donald Trump, ma anche Marine Le Pen, Viktor Orbán, Javier Milei, Nigel Farage e altri esponenti dell’estrema destra europea e americana; tutti trasformati, con disegni che sembrano chiaramente generati dall’intelligenza artificiale, in figure ‘eroiche’ o in gladiatori.
Spesso e volentieri con corpi seminudi e pettorali scolpiti. A ciascuna immagine è associata una targhetta con il titolo e la descrizione. La descrizione, in molti casi, sembra più che altro corrispondere al testo che qualcuno ha inserito in un generatore di immagini IA, dato che contiene delle indicazioni con il presunto stile del ‘quadro’.
Un esempio: “Fratelli d’armi” , che mostra Matteo Salvini e Roberto Vannacci “nelle vesti di guerrieri romani, uniti in un gesto di complicità e fratellanza.
Un altro è “Legionari d’Italia”, in cui la somiglianza del Vannacci ritratto con il vero soggetto è ai minimi, e la bandiera impugnata da Salvini non si attacca all’asta nel punto in cui tocca la mano – una delle inesattezze tipiche dell’intelligenza artificiale.
Ma ci sono anche leader stranieri, come detto. L’immagine dedicata a Trump, Orbán e Le Pen è intitolata “L’ascesa dei patrioti”. Si vedono i tre “in tenuta da battaglia futuristica, sullo sfondo di una città europea in fiamme”. La targhetta in fondo recita: “Stile fumetto Marvel, luce drammatica”. Di nuovo, più che un’indicazione artistica sembra un prompt inserito in uno dei programmi che permettono di generare immagini.
Immagine
Un altro dei quadri dedicati a Salvini e Vannacci si chiama “Gladiatori della Patria”. Qui i due vengono addirittura “trasfigurati come antichi legionari romani, simbolo di forza, disciplina e identità nazionale”, si legge. C’è poi un ritratto solo
per il segretario del Carroccio, con un altro titolo altisonante: “Il difensore del popolo”. Salvini indossa un’armatura ed è a bordo di una Vespa che gira per Roma, “proteggendo una folla di lavoratori e famiglie”. Peccato che evidentemente sulla Vespa qualcosa è andato storto nella generazione dell’immagine, e così uno dei due scudetti tricolori è diventato solo bianco e rosso.
La mostra è stata ideata da Giulio Curatella, il responsabile cultura del movimento Il mondo al contrario nato in sostegno di Roberto Vannacci.
Curatella ha descritto l’evento come “un manifesto culturale, una dichiarazione di guerra al pensiero unico”. Una mostra che “porta su tela 17 opere che raffigurano i leader del patriottismo occidentale. In stile fumettistico e futurista, come una squadra di Avengers identitari, sono rappresentati come supereroi, chiamati a ricostruire l’Occidente sulle macerie del globalismo e del woke”.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
DAVANTI AI TRE PUZZONI SFILANO NUOVI ARMAMENTI DELL’ESERCITO DEL DRAGONE, COMPRESO IL MISSILE NUCLEARE INTERCONTINENTALE
“La nazione cinese e’ una grande nazione che non si lascia mai intimidire da nessun bullo”. Lo ha detto il leader cinese Xi Jinping nel suo discorso durante la parata per la celebrazione degli 80 anni dalla vittoria nella Seconda guerra mondiale.
Xi Jinping ha poi aggiungo: “In passato, quando si trovavano di fronte a lotte critiche tra il bene e il male, la luce e l’oscurita’, il progresso e la reazione, i cinesi si univano per sconfiggere il nemico”.
“La domanda più importante a cui rispondere è se il presidente cinese Xi Jinping menzionerà o meno l’enorme quantità di sostegno e sangue che gli Stati Uniti hanno donato alla Cina per aiutarla a liberarsi da un invasore straniero molto ostile.
Vi prego di porgere i miei più cordiali saluti a Vladimir Putin e Kim Jong-un mentre cospirate contro gli Stati Uniti”. Lo afferma Donald Trump sul suo social Truth, augurando al presidente “Xi Jinping e al meraviglioso popolo cinese di vivere una giornata di festa grandiosa e duratura”.
Con una ‘doppia’ stretta di mano tra Xi Jinping e Vladimir Putin si è conclusa la cerimonia per gli ottanta anni dalla vittoria cinese della seconda mondiale in piazza Tienanmen, a Pechino.
Il presidente cinese ha salutato anche il leader nordcoreano Kin Jung-on. Poco prima sulla piazza erano sfilati vari armamenti tra
cui il nuovo missile balistico intercontinentale DF-61, in grado di trasportare testate nucleari.
Il carro armato cinese di tipo 99B ha debuttato alla Parata militare tenuta in Piazza Tienanmen, a Pechino, per la Giornata della vittoria. Come riportato dal quotidiano «South China Morning Post», si tratta dell’ultima variante dei carri armati di terza generazione della Cina, la serie di tipo 99. La versione 99A pesa 55 tonnellate ed è dotata di un cannone calibro 125 millimetri. Dispone inoltre di sistemi di protezione attiva. La versione 99A è stata utilizzata in esercitazioni militari in terreni ad alta quota, come l’altopiano tibetano vicino al confine conteso tra Cina e India.
La variante 99B era stata avvistata lo scorso settembre con due lanciatori di proiettili Aps e quattro radar di controllo del fuoco, progettati per intercettare e distruggere droni e altre minacce in arrivo.
Nel corso della parata è stato esibito il sistema mobile di difesa aerea HQ-11, che combina una batteria di missili a lancio verticale LD-3000 con un sistema d’arma a corto raggio e che è dotato di un raggio d’azione di 30 chilometri contro gli aerei e di 20 chilometri contro i missili.
A seguire, è stato presentato il nuovo sistema antimissile HQ-29, ritenuto un intercettore d’alta quota progettato per contrastare missili balistici nella fase di volo intermedia, al di fuori dell’atmosfera terrestre, e per colpire satelliti in orbita bassa. Oltre al sistema di difesa aerea HQ-20, sono stati presentati il nuovo missile da crociera ipersonico a lungo raggio CJ-1000 e il drone GJ-11, progettato per attacchi di precisione e missioni di ricognizione aerea.
La Forza missilistica ha presentato il nuovo missile balistico antinave DF-26D, soprannominato «Guam Killer» per la sua capacità di raggiungere la base statunitense nel Pacifico occidentale. Può trasportare sia testate nucleari che
convenzionali e ha una gittata fino a 5.000 chilometri.
Alla parata sono stati esibiti anche il missile balistico a medio raggio DF-17, il missile balistico ipersonico antinave YJ-21 e il missile balistico intercontinentale DF-5C. Sia l’Esercito che la Marina hanno presentato per la prima volta sistemi senza pilota. Quelli dell’esercito includono veicoli per lo sminamento, lo smaltimento di ordigni esplosivi e le operazioni di sgombero dei sentieri, cos+ come veicoli di supporto per il trasporto di munizioni e l’evacuazione dei feriti. Quelli navali includono nuovi sommergibili, navi di superficie e sistemi di posa mine senza pilota.
A sfilare per la prima volta anche nuovi caccia, bombardieri, aerei da trasporto e da allerta precoce. Alla Parata sono state presentate le ultime varianti del caccia J-20: il biposto J-20S, impiegabile per controllare droni da combattimento, e il J-20A, con un sistema di propulsione più avanzato.
Presentati anche il J-35A, variante terrestre del secondo caccia cinese di quinta generazione, e il J-35 navale. A seguire, hanno fatto la loro comparsa il KJ-500A e il KJ-600, l’ultima generazione di velivoli cinesi per l’allerta precoce. Il KJ-600 è il primo aereo radar avanzato cinese basato su portaerei, progettato per la portaerei Fujian di classe 003
Oltre agli aerei da trasporto militare Y-20A e la sua variante aggiornata Y-20B, a sorvolare Piazza Tienanmen sono stati i bombardieri H-6K e H-6J. A conclusione della parata, sono stati liberati in piazza 80 mila colombe e palloncini.
–Nuovi arrivi a Lampedusa a bordo dalla nave ong Aurora: ci sono sette migranti dispersi
I 41 migranti arrivati a Lampedusa a bordo della ong Aurora hanno raccontato che 7 loro compagni sono finiti in acqua, a causa delle avverse condizioni meteomarine, e ora risultano dispersi.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
LO HA FATTO DOPO IL VERTICE DI FERRAGOSTO CON PUTIN , QUANDO HA DETTO DI VOLER ATTENDERE “DUE SETTIMANE” PRIMA DI VALUTARE SE IMPORRE NUOVE SANZIONI ALLA RUSSIA. MA ANCHE IL 27 APRILE, QUANDO DISSE DI VOLER ASPETTARE “DUE SETTIMANE” PER CAPIRE SE SI POTEVA FIDARE DI PUTIN
Il 18 agosto, dopo il summit con i leader europei alla Casa Bianca, il cancelliere
tedesco Merz disse ai giornalisti che, al telefono con Trump, Putin aveva accettato di incontrare Zelensky entro due settimane (che sono scadute ieri).
Venerdì scorso il presidente francese Macron, affiancato da Merz, ha dichiarato che se il bilaterale Putin-Zelensky non fosse
avvenuto (come non è avvenuto) «entro lunedì (ieri, ndr ), alla scadenza stabilita dal presidente Trump, significa che ancora una volta il presidente Putin si è preso gioco di lui». Anche Zelensky ha sottolineato la stessa data: «Due settimane scadranno lunedì. E dobbiamo ricordarlo a tutti».
Ma Trump ha usato spesso la sua unità temporale preferita — due settimane — per fissare quelle che nessuno a Washington considera più necessariamente come scadenze in senso letterale. A Ferragosto il presidente ha detto a Fox News che, dopo l’incontro in Alaska con Putin, poteva prendersi «due o tre settimane o qualcosa del genere» prima di dover pensare se imporre nuove sanzioni contro la Russia.
Poi, il 22 agosto ha affermato che «nell’arco di due settimane» avrebbe preso «una decisione importantissima» sul da farsi: «Riguarderà se imporre massicce sanzioni o massicci dazi o entrambe le cose. Oppure non faremo nulla e diremo: è la vostra battaglia».
Da mesi Trump parla di «due settimane». Il 27 aprile alla domanda se si fidasse di Putin, rispose: «Ve lo farò sapere in circa due settimane». Passarono più di due settimane e sull’Air Force One qualcuno gli domandò se avesse deciso. Trump replicò: «Ve lo farò sapere in una settimana».
Il 19 maggio, quando un reporter chiese se l’Ucraina stesse facendo abbastanza nei negoziati, il presidente rispose: «Preferirei dirlo in circa due settimane, perché non posso dire sì o no». E il 28 maggio tornò su Putin: «Capiremo se ci prende in giro o no.
E se lo fa, risponderemo un po’ diversamente, ma ci vorrà una settimana e mezza o due settimane». Invece il 14 luglio usò un’unità di misura diversa per minacciare la Russia: «Imporremmo dazi molto duri se non avremo un accordo in 50 giorni». Ma il 28 luglio accorciò la scadenza, portandola a 10-12 giorni (cioè quasi due settimane). Così si è arrivati all’incontro in
Alaska.
Dire «due settimane» sembra il suo modo preferito per prendere tempo ed evitare di rispondere sì o no. Ci sono delle ragioni dietro l’esitazione di Trump a imporre sanzioni secondarie sul petrolio russo, incluso il fatto che desidera arrivare alla pace e, come ha spiegato il suo segretario di Stato Marco Rubio, le sanzioni sospenderebbero il «processo di pace» (l’annuncio del Premio Nobel è atteso all’inizio di ottobre). Molti a Washington inoltre temono il fatto che la Russia sia sempre più nell’orbita della Cina.
E Putin gioca abilmente le sue carte: se Trump lo aveva fatto salire sulla sua limousine in Alaska, il leader russo al summit dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai ha ospitato nella propria auto il premier dell’India (sanzionata dagli Usa perché compra petrolio russo); poi ha elogiato Trump, dicendo che la «comprensione reciproca raggiunta al summit Russia-Usa in Alaska… apre la strada alla pace in Ucraina, spero». […]
Questa tendenza si ritrova anche nel suo primo mandato. Il 9 febbraio 2017, per esempio, Trump disse che il piano per le tasse sarebbe stato annunciato «entro le prossime due o tre settimane»; fu svelato oltre due mesi dopo e diventò legge a fine dicembre.
Dalle tasse all’assistenza sanitaria, dalla guerra contro l’Isis all’apertura di miniere di carbone, ha promesso di risolvere molti problemi in circa due settimane. «Non è un’unità oggettiva di tempo, è un’unità soggettiva, completamente staccata da ogni senso cronologico — nota il New York Times —. Significa semplicemente “dopo”. Ma dopo può anche significare “mai”. A volte».
Ormai tutti a Washington sanno che quando Trump dice «due settimane», significa in effetti che non sappiamo cosa farà. Non sappiamo neanche se lo sapremo dopo due settimane.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
“IL RIFIUTO È UN DOVERE PATRIOTTICO. LA DECISIONE DI LANCIARE UN’OPERAZIONE PER LA CONQUISTA DEFINITIVA DI GAZA È ILLEGALE. METTERÀ A RISCHIO GLI OSTAGGI, I SOLDATI E I CIVILI”… LO SCAZZO ALL’INTERNO DEL GABINETTO DI GUERRA DELLO STATO EBRAICO, DOVE IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO, EYAL ZAMIR, FRENA SULL’INVASIONE DI GAZA
La singola chiamata alle armi più vasta dall’inizio del conflitto a Gaza contro Hamas – tra 40.000 e 50.000 riservisti – coglie le famiglie israeliane nel secondo giorno di ritorno a scuola dei figli, aggrappate a professioni e lavori da incastrare fra i turni del servizio militare, a meno di un mese dalle festività ebraiche. E poi, ci sono le remore morali. Pesa la preoccupazione che l’offensiva a Gaza City metta in pericolo le vite degli ultimi ostaggi. E gli scontri tra i vertici militari e il governo si insinuano fino ai ranghi più bassi dell’esercito.
C’è una flessione nella risposta all’Ordine 8, la chiamata immediata in circostanze di emergenza. Non serve che lo Stato
Maggiore la quantifichi – e non intende farlo – perché è palpabile. Il tema è tra i più delicati, quasi un tabù, nella sensibilità degli israeliani.
Sono panni sporchi che, per i più, dovrebbero essere lavati rigorosamente in casa. La maggioranza dei miluim (i riservisti) preferisce sottrarsi adducendo motivi personali o finanziari.
Ma la frustrazione e l’avversione verso il governo – le famiglie degli ostaggi lo descrivono impegnato in una «nuova operazione: “Chiudete gli occhi e tappatevi le orecchie”» – ha spinto un gruppo di oltre 350 riservisti ad annunciare pubblicamente che non si presenteranno più in servizio, se chiamati a combattere.
Sono i “Soldati per gli ostaggi”, gruppo vicino alla sinistra antiguerra di “Standing Together”, contrari alla conquista di Gaza City. «Ci rifiutiamo di prendere parte alla guerra illegale di Netanyahu – spiega il sergente riservista Max Kresch, medico combattente – e consideriamo il rifiuto un dovere patriottico».
Lo affianca il capitano, anche lui riservista, Ron Feiner: «La decisione di lanciare un’operazione per la conquista definitiva di Gaza è chiaramente illegale. Metterà a rischio gli ostaggi, i soldati e i civili». Già una volta Feiner ha affrontato il carcere per il suo aperto rifiuto al richiamo alle armi.
Il capo di Stato Maggiore, il ramatkal Eyal Zamir, ha due posture. Quella pubblica, con cui conferma che «l’operazione a Gaza City è già in corso» e ai riservisti richiamati assicura: «Non vogliamo niente di meno di una vittoria decisiva». È l’atteggiamento che risponde ai richiami all’ordine del primo ministro Benjamin Netanyahu. Anche lui si è rivolto ai soldati con un video per ricordare:
«Stiamo combattendo una guerra giusta come nessun’altra. Stiamo affrontando la fase decisiva». I raid israeliani nella Striscia, registrano le fonti mediche palestinesi locali, hanno ucciso almeno 100 persone ieri, 35 nella città di Gaza. Poi c’è il lato del ramatkal che il governo disapprova, considerato
«debole» dai ministri più estremisti.
Perché a porte chiuse si oppone all’occupazione militare della City nella Striscia e, dicono fonti militari ai media israeliani, perché ha tentato di evitare una mobilitazione su larga scala e persino proposto al governo piani operativi alternativi, che sono stati respinti.
Parte dei riservisti richiamati sono destinati a sostituire le forze regolari di stanza in Cisgiordania, dove resta alta la tensione, sul campo e diplomatica. A Hebron, ieri è stato arrestato il sindaco, Tayseer Abu Sneina, accusato di sostegno a Hamas e alla Jihad islamica palestinese. Abu Sneineh era stato condannato all’ergastolo nel 1980 per aver ucciso, insieme con una cellula terroristica, sei studenti ebrei ortodossi, tra cui due cittadini americani e un canadese, alla Grotta dei Patriarchi.
Netanyahu intende invece convocare a breve, forse giovedì, una riunione ristretta per discutere le implicazioni di sicurezza legate alla mossa diplomatica verso uno Stato di Palestina e una risposta con l’eventuale annessione de facto di «Giudea, Samaria e Valle del Giordano», cioè di tutta la Cisgiordania. Nelle acque del Mediterraneo continua la navigazione della Global Sumud Flotilla.
(da agenzie)
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