Settembre 7th, 2025 Riccardo Fucile
I TIMORI DI BUU AL MOMENTO DELL’INNO E COME SILENZIARE LE RIPRESE TV
Agli US Open è il giorno della gran finale tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. Ma
rischia di diventare anche se non soprattutto il giorno di Donald Trump. Ci sarà anche il presidente Usa infatti allo stadio Arthur Ashe di New York per assistere all’ennesima
sfida tra i due talenti indiscussi di questa generazione del tennis. Sinner, che si ripresenta all’appuntamento clou di Flashing Meadows da campione in carica, ha fatto buon viso a cattivo gioco: «In questi tornei ci sono sempre tante persone importanti, ne siamo orgogliosi, vuol dire che anche il tennis lo è».
Alcaraz, che gli US Open li ha vinti giovanissimo nel 2022 (aveva 19 anni), s’è sbottonato un po’ di più, ammettendo un certo imbarazzo: «È un privilegio per un torneo avere il sostegno del presidente del Paese ospitante. Io però cercherò di non pensare alla sua presenza: non vorrei essere teso per questo motivo».
Trump era assiduo frequentatore del torneo newyorhcese prima di buttarsi in politica, ma poi non c’è più andato: la sua ultima apparizione risale al 2015. Dopo le prime incertezze, il giornalista Ben Rothenberg ha svelato su Bounces dove siederà esattamente: nella tribuna vip di Rolex. L’inizio del match è fissato per le ore 14, le 20 in Itala.
L’ordine di censura alle tv su Trump
Se Sinner e Alcaraz proveranno a non pensare all’illustre e ingombrante ospite, chi teso lo sarà di sicuro – security a parte – saranno però i registi tv. Ieri infatti i broadcaster degli US Open hanno ricevuto una mail imperativa da parte della US Tennis Association in cui viene richiesto platealmente di censurare qualsiasi eventuale contestazione a Trump. «Il presidente sarà inquadrato in diretta mondiale durante la cerimonia di apertura con l’inno», si legge nella mail ottenuta in anteprima da
Bounces. «Chiediamo a tutti i broadcaster di evitare di mostrare in qualsiasi forme qualsiasi disturbo o reazione in risposta alla presenza del presidente». La US Tennis Association, con ogni evidenza indirizzata dalla Casa Bianca, chiede insomma che i registi trovino il modo di sopprimere i “buu” che dovessero partire non appena Trump sarà inquadrato nella sua tribuna dorata (New York è una piazza notoriamente ostile al leader Usa). Resta il fatto, come fa notare lo stesso Rothenberg, che la platea di Flashing Medows potrebbe cogliere altre occasioni per far sentire tutta la sua disapprovazione per il capo della Casa Bianca anche nel corso del lungo match Sinner-Alcaraz. Che faranno allora le tv? Le scelte spinose saranno in capo a ESPN, la rete sportiva del gruppo Disney che detiene i diritti per gli US Open, e a Abc, che trasmetterà a sua volta la finale di domenica. Alla Casa Bianca guarderanno il match con duplice attenzione.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2025 Riccardo Fucile
CHI ERANO E COSA FECERO… LA CANONIZZAZIONE DEI DUE RAGAZZI VISSUTI A QUASI UN SECOLO DI DISTANZA
«Iscriviamo i beati Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis nell’Albo dei santi stabilendo che in tutta la Chiesa essi siano devotamente onorati tra i santi». È la formula ufficiale, pronunciata in latino, con cui Papa Leone XIV ha proclamato santi oggi in piazza San Pietro i due giovani vissuti a quasi un secolo di distanza. Di fronte a una folla di circa 70mila persone, le loro reliquie sono state portate all’altare. «I santi Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis sono un invito rivolto a tutti noi, soprattutto ai giovani, a non sciupare la vita, ma a orientarla verso l’alto e a farne un capolavoro. Il rischio più grande della vita è quello di sprecarla al di fuori del progetto di Dio», ha detto Papa Leone nell’omelia a San Pietro. Acutis e Frassati sono i primi santi proclamati dal pontefice succeduto a Jorge Maria Bergoglio, che aveva seguito i rispettivi percorsi di canonizzazione.
Chi erano Acutis e Frassati
Pier Giorgio Frassati era nato a Torino il 6 aprile 1901 da una famiglia dell’alta borghesia (il padre diresse il quotidiano La
Stampa). Morì appena venticinquenne dopo essere stato filantropo e alpinista, studente e terziario domenicano. Fu inoltre membro della Società San Vincenzo de’ Paoli, della Federazione universitaria cattolica italiana e dell’Azione Cattolica.
Carlo Acutis nacque a Londra il 3 maggio del 1991 e morì a Monza il 12 ottobre 2006. A stroncarlo a soli 15 anni, dopo una vita tanto breve quanto densa di impegno per i senzatetto e gli esclusi, fu una leucemia fulminante.
Una commissione del Vaticano ha riconosciuto i suoi miracoli, tema cui Acutis aveva dedicato e poi trasmesso stesso tramite il web la mostra “Segni”
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2025 Riccardo Fucile
CHI HA VOTATO UN CIALTRONE ODIA LA DEMOCRAZIA, LA LIBERTA’, LA DIFESA DEI DIRITTI, LA CULTURA, LA TUTELA DEI PIU’ FRAGILI
Uno dei pochi vantaggi di quella catastrofe umanitaria che è Donald Trump è che la
sua violenza politica aiuta a mettere in chiaro, senza possibilità di equivoco, qual è la posta in palio.
La posta in palio è l’intero edificio di diritti individuali, di tutele sociali, di rapporti tra gli Stati, di collaborazioni sovranazionali che il nostro mondo (quello che chiamiamo, con una certa approssimazione, Occidente) ha costruito, a sua stessa tutela, dopo la Seconda guerra mondiale.
La posta in palio è ribaltare il Novecento — la sua seconda metà — facendogli rimangiare i suoi propositi di pace, di giustizia sociale e di democrazia; e tornare al mondo com’era prima: il mito della Nazione, della forza militare e del dominio economico
rimixati in salsa tecnologica. Il resto, tutto il resto, sono balle buone solo per la decadenza e la svirilizzazione, che sono il brodo di coltura dei dem.
La decisione di tornare a chiamare ministero della Guerra quello che (in tutto l’Occidente post-bellico) dopo l’ecatombe venne ribattezzato ministero della Difesa, dal punto di vista trumpista è perfetta. Il concetto stesso di “difesa” è imbelle, effeminato, ipocrita, insomma è woke.
Se avete creduto che nel mirino della guerra (appunto) anti-woke della destra reazionaria ci siano solo gli eccessi del politicamente corretto, vi siete sbagliati. Woke, per loro, è tutto ciò che odiano.
Woke è il diritto dei deboli a non essere schiacciati, woke è il femminismo nella sua interezza, woke è il Welfare, woke il pacifismo, woke l’ambientalismo, woke (terribilmente woke) la cultura, con la sua insopportabile aura di complessità e di dubbio. Quando sarà chiaro che woke, per questa consorteria di oppressori, è anche la libertà, speriamo ce ne sia ancora abbastanza da poterla difendere.
(da repubblica.it)
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Settembre 7th, 2025 Riccardo Fucile
IL REPORT DELL’INTELLIGENCE UCRAINA CONFERMA GLI ALLARMI DEGLI ANALISTI: LA BRIGATA AZOV RESISTE… QUALCUNO UN GIORNO CI SPIEGHERA’ PERCHE’ I RUSSI POSSONO BOMBARDARE KIEV E GLI UCRAINI NON POSSONO SCARICARE 2.000 MISSILI SU MOSCA (E LA GUERRA FINIREBBE)
Quanto tempo ha la diplomazia per salvare l’Ucraina dalla sconfitta sul campo? Per tre anni Kiev ha chiesto agli alleati riluttanti di accelerare gli aiuti, convinta di poter riconquistare i territori perduti; ma non è più la controffensiva a suggerire di far presto, in un modo o nell’altro: è la tenuta del fronte.
Per fermare l’armata di Putin, con la forza o con un accordo, servono aiuti consistenti e rapidi dagli alleati. La situazione sulla linea di contatto è instabile e difficile. I rapporti che piovono sul tavolo della presidenza ucraina e nelle sale operative delle forze armate alleate sono allarmanti. «Secondo le informazioni di cui disponiamo la Russia prevede di usare il raggruppamento nella regione di Donetsk per lo “sfondamento decisivo”, impiegando un gran numero di uomini e mezzi. L’obiettivo principale rimane invariato: la cattura dell’agglomerato di Pokrovsk, Kramatorsk e Slovyansk», denuncia il 7° Corpo d’assalto aviotrasportato che regge quella delicatissima linea del fronte.
È la fetta di Donbass mancante che permetterebbe al Cremlino di cantar vittoria, un primo “obiettivo raggiunto” rispetto alle motivazioni dichiarate all’invasione. Completerebbe la conquista della regione di Donetsk e di tutto il Donbass, di cui già ha per
intero la regione di Lugansk.
Lo sfondamento delle linee non è pericolo immediato ma rischio costante, dicono i soldati ucraini. «La situazione è complessa ma non critica. Loro avanzano in alcuni settori, specialmente a Toretsk — dice al Kyiv Independent il comandante di battaglione Oleksii “Leo” della brigata Azov, che controlla una delle linee torride nella zona di Donetsk — usano palazzi multipiano per colpirci e minano le strade da remoto rendendoci difficile rifornire le postazioni avanzate. Distruggono casa dopo casa, radono a zero, è difficile resistere a lungo. Quindi arretriamo e riprendiamo posizione: dobbiamo proteggere il personale, il nostro asset più importante».
E il più raro: la Brigata Azov è l’élite militare ucraina: «Non prendiamo mobilitati a forza». Solo volontari, ormai quasi introvabili.
Secondo il 7° Aviotrasportato le unità di marines russi esperti sono state recentemente trasferite nell’area di Pokrovsk, e hanno iniziato a infiltrarsi in città in piccoli gruppi. Evitano gli scontri frontali e mirano a consolidare scovando dronisti e mortai ucraini. Nelle retrovie rimettono in campo i blindati per tagliare le vie logistiche. Hanno ridotto gli attacchi alle postazioni avanzate spostando il tiro sulle retrovie, in città e villaggi in cui convivono i soldati nascosti e i pochi civili rimasti nonostante gli appelli a evacuare. Pokrovsk, dice il 7°, è demolita.
L’analista militare Denis Popovych è sicuro: entro quest’anno Pokrovsk e Myrnograd cadranno aprendo la via a un’offensiva
nella regione di Dnipro. Nei giorni scorsi Bloomberg ha raccolto la preoccupazione degli europei per una nuova offensiva russa, raccontando che in una riunione del Consiglio di Sicurezza Germania e Francia hanno discusso la «concentrazione di truppe vicino a Pokrovsk» con quasi centomila russi. Una settimana fa, il 29 agosto, Zelensky aveva lanciato l’allarme sulla situazione a Pokrovsk, «la più grave oggi». E mercoledì ha denunciato una nuova mobilitazione russa lungo parti del fronte, e un’intensificazione degli attacchi. «Da inizio settembre la Russia ha lanciato oltre 1.300 droni d’attacco, quasi 900 bombe aeree guidate e fino a cinquanta missili». Ci sono altri numeri inquietanti: «Mosca può produrre fino a 2.700 droni d’attacco al mese — dice il Gur, l’intelligence militare di Kiev — e ci sono circa 700mila soldati russi in Ucraina tra Guardia nazionale, forze speciali e unità di supporto: la maggior parte nell’oblast di Donetsk».
Mentre ammassa truppe e minaccia lo sfondamento delle linee nel Donbass, Mosca spedisce reparti in Bielorussia per le imminenti esercitazioni congiunte. Il premier polacco Tusk annuncia «misure speciali» in caso di provocazioni: «Insieme agli alleati stiamo preparando risposte adeguate a queste operazioni aggressive condotte vicino alle nostre frontiere. Simulano un attacco, non la difesa». Ieri sera un drone avrebbe sconfinato schiantandosi nel voivodato di Lublino. «Non voglio dire all’Ucraina cosa fare, ma credo debba rimanere entro confini che può difendere e integrarsi con l’Occidente»,
ammonisce con prudenza il ministro degli Esteri polacco Sikorski.
(da La Repubblica)
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Settembre 7th, 2025 Riccardo Fucile
SECONDO FEDERCONSUMATORI, A PESARE SUL PORTAFOGLIO SARANNO LE BOLLETTE, LA TARI, LE SPESE PER IL RISCALDAMENTO E IL MATERIALE SCOLASTICO …UNA MAZZATA CHE SI AGGIUNGE ALLA STAGNAZIONE DEI SALARI E ALLA NOTEVOLE PERDITA DI POTERE D’ACQUISTO DEI REDDITI FISSI
Dalla scuola alle bollette passando per la voce ‘salute’ e la Tari. E’ in arrivo per gli
italiani una stangata da quasi 3.000 euro. “Al rientro dalle vacanze, per chi se le è potute permettere, ad attendere le famiglie ci sarà un autunno ‘caldo’ sul fronte dei prezzi”. Così in una nota Federconsumatori, che riporta i dati calcolati dall’Osservatorio nazionale Federconsumatori sull’importo della stangata autunnale del 2025.
Le famiglie per le bollette, per la Tari, le spese per il riscaldamento, per il materiale scolastico e per le spese mediche dovranno far fronte a una stangata da 2.981,10 euro. Un dato in aumento rispetto l’anno precedente (+0,4%) nonostante la frenata dei costi dei beni energetici e quella dei costi dei testi scolastici. Viene evidenziato l’aumento del costo della voce “salute” (+1,5%) che, scrive nella nota l’associazione, “unito a tempi di attesa per ottenere visite ed esami presso la sanità pubblica sempre più lunghi, si traduce spesso in una progressiva rinuncia alle cure”.
“A queste cifre onerose – prosegue la nota – si aggiungono i rincari sul fronte dell’alimentazione, versante sul quale le famiglie continuano ad operare tagli e rinunce, a causa dell’accelerazione dei prezzi avvenuta soprattutto negli ultimi mesi. Nell’autunno, gli ulteriori rialzi faranno lievitare la spesa per tale voce a 1.697,50 euro. Si aggiungono anche maggiori spese per i costi dei condomini, che quest’anno registrano un rincaro del +3,3%. Una nota positiva viene, invece, sul fronte dei carburanti, che rispetto ai picchi degli scorsi anni segnano una diminuzione”.
“Queste spese risulteranno ancora troppo onerose per molte famiglie, considerata la stagnazione dei salari e la notevole perdita di potere d’acquisto dei redditi fissi”, afferma Michele Carrus, presidente di Federconsumatori. “In una fase di indebolimento della bilancia commerciale con l’estero e di incertezza nel mercato energetico mentre ci avviciniamo alle maggiori spese e consumi invernali, questi aumenti non si ripercuoteranno negativamente soltanto sulla vita dei cittadini, ma anche sull’intero sistema economico e produttivo, riducendo la domanda interna proprio quando, invece, andrebbe rafforzata”.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2025 Riccardo Fucile
“TURNI FINO ALLE 2 DI NOTTE, L’HO FATTO PER NON GRAVARE SUI MIEI GENITORI”… “SI USA LA REORCA DEL TURISMO CHE CI SALVERA’ MA SALVA SOLO I PROPRIETARI”
La sua prima esperienza lavorativa è durata solo dieci giorni. Per un cumulo di quasi 80 ore, tre volte in più rispetto a quelle previste dal contratto.
Quando l’ha visto per la prima volta aveva già scavallato la prima settimana. Leggendolo ha pensato che si riferisse al lavoro di un altro: tre ore di servizio al giorno, un giorno libero, 18 ore a settimana. Per lui che lavorava invece sette-otto ore al giorno, senza giorni liberi, per più di 50 ore settimanali. Alla fine, ha detto basta. Non era un lavoro dignitoso. Non lo è stata neppure la paga: 195 euro per i giorni lavorati. Calcolatrice alla mano,
19,50 euro al giorno – meno di tre euro l’ora.
Franco sceglie un nome di fantasia per raccontare una storia non diversa da quella di tanti suoi amici. È appena maggiorenne, riferisce di una parentesi aperta il 1° agosto e chiusa il 10, ma che per altri è prassi perdurante nella quotidianità.
Ha studiato al liceo classico, fa anche il conservatorio. Ha altri sogni, si immagina a fare musica, se riesce politica. Non la politique politicienne, sottolinea. Vorrebbe stare tra la gente. In ogni caso, il lavoro non gli serviva per campare, almeno non adesso. Vive con i genitori, ma teneva a sgravarli da alcune spese. Da qui la ricerca di un impiego estivo, che ha trovato vicino casa. Cameriere in un ristorante-pizzeria nel centro di Taranto. L’esordio nel mondo del lavoro.
«Iniziavamo ad apparecchiare alle 18 e alle 19.30 arrivavano i primi clienti, dunque spesso non c’era neppure un attimo per riposare. Poi si continuava per tutta la sera. Non tornavamo mai prima dell’una. Nel weekend anche all’una e mezza o alle due». All’inizio non firma il contratto. Non glielo mostrano, lo sollecita più volte. Intanto, si mette a lavorare. La notte, andati via i clienti, restavano i gestori del locale. Si apparecchiava il tavolo anche per loro. Erano i camerieri a doverli servire. Un particolare che Franco ricorda con dispiacere. Come anche la politica interna sulle mance. «Le mance – spiega – erano collettive, le si metteva in una ipotetica cassa comune per poi smistarle tra tutti i dipendenti. In verità, venivano usate anche per riparare i danni che facevano i camerieri: bicchieri e piatti
rotti venivano ricomprati con quei soldi. Alla fine, io non ho ricevuto nulla».
Ma a pesare è soprattutto la promessa disattesa di tre ore al giorno per una paga di 800 euro al mese. Quando la realtà era ben altra. «Non mi sembrava corretto inchinarmi a quella logica. Sul contratto c’era scritto che avrei lavorato 18 ore alla settimana quando in realtà erano oltre 50», dice.
L’esperienza di Franco è quella di tanti altri ragazzi. Lo evidenzia Daniele Simon, neo segretario della Filcams Cgil di Taranto. «Chi lavora nel turismo – afferma – guadagna in media 60 euro lordi al giorno, contro una media generale di 96 euro nell’economia italiana».
A capitolo chiuso, Franco tira le somme della sua prima esperienza, pensa a quella dei suoi amici: «È un problema sistemico – dice. Anche a Taranto spesso si usa la retorica del turismo ‘che ci salverà’. Ma così – chiude – salverà solo i proprietari, perché si regge sulle spalle di chi viene sfruttato».
(da Fanpage)
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Settembre 7th, 2025 Riccardo Fucile
IL NUMERO DI ANZIANI È IN CONTINUO AUMENTO, MENTRE QUELLO DELLE NASCITE È IN CALO – LA FASCIA DI ETÀ PIÙ IN CRESCITA È QUELLA DEGLI ULTRACENTENARI: NEGLI ULTIMI DIECI ANNI ABBIAMO GUADAGNATO UN OVER 100 OGNI TRE E ABBIAMO PERSO UN NEONATO SU QUATTRO
In una popolazione italiana in declino demografico l’unica fascia a crescere è quella
anziana. All’interno della popolazione anziana la componente che lievita maggiormente è quella degli over 85 e ancor più dei centenari. I dati Istat ritraggono in modo molto chiaro la metamorfosi demografica in atto. I residenti in Italia sono in continua riduzione dal 2014: erano 60 milioni e 346 mila e sono ora meno di 58 milioni.
Il numero di chi ha 65 anni e più è, al contrario, salito, nello stesso periodo, da poco meno di 13 milioni a oltre 14 milioni e mezzo. Si tratta di un incremento relativo del 12% circa, che sale però al 31% nella fascia di chi ha superato gli 85 anni e al 36% tra chi ha alle spalle un secolo di vita. Un andamento opposto alle nascite che, nel periodo dal 2014 al 2024, sono diminuite del 26%.
Questo significa che negli ultimi dieci anni abbiamo guadagnato un ultracentenario ogni tre e abbiamo perso una nascita su quattro. In valore assoluto coloro che hanno 100 anni e più sono oggi 23.548, erano nel 2014 17.252 e appena 7.200 nel 2004.
Va precisato che l’aumento della popolazione anziana ha allabase
un fatto positivo, ovvero la riduzione della mortalità infantile e nelle fasi successive della vita. Nelle società del passato, fino a poche generazioni fa, la probabilità di un nuovo nato di arrivare a 65 anni era pari a un terzo, mentre oggi è superiore al 90 percento. Questo significa che i guadagni di anni di vita sono tutti spostati oltre tale età. Ma quale vita?
Per chi arriva a 65 anni l’aspettativa in buona salute (senza limitazione delle attività quotidiane) è pari circa a 11 anni. Se non si aumenta tale indicatore a crescere sarà soprattutto quella in cattiva salute. Ma servono adeguate risorse per farlo.
Se la popolazione giovane-adulta si riduce troppo, va a indebolirsi la componente da cui dipende la crescita economica e il funzionamento del sistema di welfare. In tutto il mondo occidentale il numero medio di figli per donna si è posizionato sotto la soglia di due, quella che garantisce l’equilibrio nel rapporto tra generazioni. Nel nostro paese il tasso di fecondità da oltre 40 anni si trova sotto 1,5. Le dinamiche più recenti sono state ulteriormente peggiorative, con nascite in continua caduta, come abbiamo documentato sopra.
In questo quadro, sostenibilità del processo di invecchiamento della popolazione e inclusività della longevità sono messi gravemente a repentaglio. Il rischio è di andare incontro ad uno scenario in cui le pensioni saranno mediamente basse e il sistema di welfare pubblico insufficiente, con la conseguenza che solo una parte minoritaria della popolazione potrà permettersi di vivere bene e sempre più a lungo.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2025 Riccardo Fucile
IL PIANO VENNE PRESENTATO UN ANNO FA, PRIMA DELL’OFFENSIVA DI RAFAH A GAZA – HALEVI SPINSE PER UN ACCORDO PER IL CESSATE IL FUOCO CHE AVREBBE COMPORTATO IL RILASCIO DI TUTTI GLI OSTAGGI IN UN’UNICA FASE. MA IL PREMIER AVREBBE DEFINITO L’OPERAZIONE “UNA SCONFITTA”
L’ex capo di stato maggiore delle Idf, il tenente generale Herzi Halevi, avrebbe cercato di convincere il primo ministro Benjamin Netanyahu ad accettare un accordo che avrebbe comportato la liberazione di tutti gli ostaggi prima dell’offensiva di Rafah a Gaza dell’anno scorso, ma il premier avrebbe fermamente respinto la proposta.
A rivelarlo è l’emittente pubblica Kan, citando fonti anonime che hanno riferito che nei mesi precedenti l’operazione delle Idf nella città di Rafah, nel sud della Striscia, Halevi avrebbe spinto per un accordo di cessate il fuoco che avrebbe comportato il rilascio
di tutti gli ostaggi in un’unica fase.
Secondo il piano elaborato dai militari, il rilascio di tutti gli ostaggi trattenuti a Gaza renderebbe più facile per le Idf sconfiggere Hamas. La tv afferma che quando Halevi avrebbe sollevato la proposta durante una riunione del gabinetto di sicurezza di alto livello, Netanyahu l’avrebbe subito respinta definendola una “sconfitta”.
Le Forze di difesa israeliane ritengono intanto che Hamas potrebbe tentare di spostare gli ostaggi trattenuti a Gaza City prima dell’intensificazione delle operazioni militari nella città. A riportarlo è Channel 13, aggiungendo che i militari ritengono che il video degli ostaggi Alon Ohel e Guy Gilboa-Dalal, diffuso ieri da Hamas ma datato 28 agosto 2025, sia stato girato in un’area del campo profughi di Shati, dove le Idf non sono presenti.Secondo Channel 13, l’esercito ammette di non avere un quadro completo, basato sui dati di intelligence, della posizione di tutti gli ostaggi trattenuti a Gaza.
L’operazione dell’esercito israeliano a Gaza City potrebbe aumentare il rischio per la vita degli ostaggi. Secondo Ynet News, le Idf non hanno informazioni chiare sulla loro posizione, ma soltanto valutazioni sulle aree dove sarebbero nascosti. Una fonte militare ha dichiarato al giornale israeliano che “è difficile prevedere come Hamas tratterà gli ostaggi, se li proteggerà o li userà come scudi, o se ne ucciderà alcuni per manipolare la situazione oppure se li trasferirà nascondendoli fra le folle di sfollati.
Le Idf intendono in ogni caso esercitare cautela nei luoghi in cui si ritiene siano detenuti gli ostaggi. L’esercito si sta preparando all’eventualità che gli ostaggi vengano trasferiti dalle loro posizioni attuali, nascosti fra centinaia di migliaia di persone dirette verso sud nell’ambito dell’evacuazione, attraverso corridoi sicuri dove le Idf non aprirebbero il fuoco.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2025 Riccardo Fucile
“E’ UNA CITTA’ FANTASMA”
Mohamed Alamarin è tornato nel quartiere Al Zaytoun di Gaza City, ci ha raccontato
cosa ha visto: “Macerie e corpi irriconoscibili”. Intanto stamane le IDF hanno mandato un nuovo ordine di evacuazione agli abitanti della città.
“Dopo aver saputo che l’esercito israeliano era parzialment andato via da Al Zaytoun sono tornato indietro nel mio quartiere, per vedere se casa mia era ancora in piedi e prendere qualche vestito”, racconta Mohamed Alamarin, pizzaiolo e operatore umanitario di Gaza City al telefono con Fanpage.it, “quando sono arrivato lì ho visto solo distruzione, ho visto che la vita è stata completamente spazzata via dalle strade di Al Zaytoun, non sono riuscito a trattenermi e sono scoppiato a piangere. Tutto è distrutto, tutti i miei ricordi sono stati cancellati. Li non c’è più nulla”.
Mohamed era stato costretto a fuggire all’inizio dell’invasione via terra di Gaza City, Al Zaytoun è stato uno dei primi quartieri della capitale dell’enclave ad essere evacuati. “Quando ci hanno fatto evacuare ci hanno dato solo qualche minuto per lasciare casa, quindi adesso non abbiamo più niente. Ho cercato di recuperare qualche oggetto per poter sopravvivere, ho provato
prendere dei vestiti per i miei figli e qualche bene da dare loro, ma la distruzione è immensa”.
“Non desidero più nulla: hanno distrutto tutto quello che amavo, la mia famiglia, la mia casa. Tutte le case sono ridotte in macerie, la gente non riconosce più la propria abitazione. Al Zaytoun è un ammasso di rovine, tutta quella parte di Gaza City è una città fantasma. Non c’è più niente, solo macerie ovunque”, continua Mohamed.
Nelle immagini che ha mandato a Fanpage.it si vede un cumulo continuo di detriti, lì dove c’erano bar, case, negozi e mercati. “Per me è molto difficile vedere tutta questa distruzione, sto male, non so come lo racconterò a mia moglie e alle mie figlie, che intanto sono sfollate sull’area costiera insieme ad altre migliaia di persone. La situazione qui continua ad essere molto difficile, i bombardamenti sono incessanti, ma anche gli spari dei carri armati. Sulle strade di Al Zaytoun c’erano corpi abbandonati dopo essere stati uccisi dall’esercito israeliano, erano irriconoscibili. Alcuni li abbiamo portati via in fretta. Era una scena che non avrei mai immaginato: il quartiere in cui sono cresciuto, con tutta la mia infanzia e i miei ricordi, è stato distrutto. Non ero preparato a vivere tutto questo”, continua l’uomo con fatica.
Intanto stamattina le forze di difesa israeliane hanno mandato un nuovo ordine di evacuazione agli abitanti di Gaza City: devono spostarsi di nuovo verso Sud, in una zona designata come “zona umanitaria”. L’area umanitaria si troverà a Khan Yunis, lì dove
non c’è più spazio neanche per una tenda. “Preferirei la morte a questa vita”, conclude al telefono Mohamed.
(da agenzie)
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