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CI SONO EDITORI COME SALOME’

Settembre 19th, 2025 Riccardo Fucile

EDITORI CACASOTTO DI FRONTE ALLE MINACCE DI TRUMP

Per la serie “il peggio è già accaduto”, in America è stato chiuso il secondo talk-show sgradito al trumpismo, quello di Jimmy Kimmel. Il conduttore aveva sostenuto che Maga stava sfruttando politicamente l’assassinio di Kirk. Pura verità; ma anche se fosse stata solo un’opinione sbilenca, Kimmel ha il diritto (professionale e costituzionale) di dirla.
Non è il primo caso in cui editori cacasotto (lo so, non è una definizione giuridico-scientifica, ma rende bene l’idea) di fronte ai rimbrotti e alle minacce della Casa Bianca provvedono a oscurare professionisti che avrebbero il dovere, come loro datori di lavoro, di tutelare e incoraggiare. In questo caso la Salomé di turno, che consegna al Sire la testa di un suo dipendente su un vassoio d’argento, è Abc: complimenti per il coraggio. Fate conto: è come se in Italia Cairo congedasse Gruber o Zoro o Formigli, e Discovery chiudesse Fazio, perché il governo fa
sapere di non sopportare quelle trasmissioni. Per il momento siamo messi meglio noi degli americani.
I tempi sono difficili, ma diventano decisamente più difficili, tendenti allo spaventoso, se il “tengo famiglia”, o il “tengo azionisti spaventati” (versione capitalistica del tengo famiglia) prevale, e la pavidità e la convenienza portano gli editori, banalmente, a non fare più il loro mestiere. Quanto a chi ancora si interroga sullo stato della democrazia in America, basterebbe ricordare, ogni volta che si affronta l’argomento, che il primo atto politico di Trump è stato dare la grazia a chi aveva assaltato il Parlamento. L’assalto ai talkshow e alle università è solo un logico corollario di quell’atto fondativo.
(da agenzie)

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“GLI USA DI TRUMP STANNO DIVENTANDO UN REGIME AUTORITARIO”

Settembre 19th, 2025 Riccardo Fucile

INTERVISTA AL PROF. MARIO DEL PERO, DOCENTE DI STORIA INTERNAZIONALE PRESSO IL SCIENCESPO DI PARIGI

L’emittente statunitense ABC ha deciso di sospendere per un tempo indefinito il programma di Jimmy Kimmel, conduttore spesso critico di Donald Trump, per i suoi commenti sul caso di Charlie Kirk. Nello stesso giorno, il presidente degli Stati Uniti ha annunciato di aver inserito Antifa – una sigla che indica un movimento di sinistra diffuso – tra le organizzazioni terroristiche.
Fanpage.it ha intervistato Mario Del Pero, professore di Storia Internazionale e Storia della Politica Estera Statunitense presso il SciencesPo di Parigi e Senior Research Fellow dell’ISPI.
Del Pero ha spiegato che questi sono solo due segnali di un processo più ampio: lo slittamento degli Stati Uniti verso l’autoritarismo, una crisi della democrazia che sarà difficile fermare anche alle prossime elezioni.
Professore, oggi la sospensione di Jimmy Kimmel. Poche settimane fa, CBS ha cancellato il Late Show di Stephen Colbert, altro conduttore critico di Trump. Le grandi emittenti si stanno ‘piegando’ alla pressione politica del presidente?
In parte sì, alcuni media si stanno piegando. Non tutti, ma alcuni. Soprattutto quelle emittenti e quelle testate che hanno obiettivi imprenditoriali condizionati dalle decisioni delle autorità federali, quindi della politica. È il caso anche di ABC: si trova in mezzo a un’espansione che deve essere autorizzata dalla FCC, l’autorità federale competente.
Il presidente della FCC (Brendan Carr, nominato da Trump, ndr) ha espresso la sua posizione e ha pubblicamente esercitato delle pressioni: ha chiarito quale sarebbe stata la preferenza del governo federale. E non è il primo caso. In campagna elettorale il Washington Post rifiutò di pubblicare l’endorsement a Kamala Harris deciso dal suo comitato editoriale. È un segnale preoccupante?
Nei rapporti con i media, così come su su tante altre questioni – penso alla posizione assunta verso gli studenti che manifestavano, gli studi legali, le università – l’ amministrazione usa l’intimidazione come strumento di governo. E se questa
intimidazione può servire anche per attuare forme di coercizione economica, è ancora più efficace. Serve per silenziare il dissenso, per prevenire l’emergere di dissenso. Questo è il manuale di qualsiasi regime autoritario.
Gli Stati Uniti sono diventati un Paese autoritario?
Lo stanno diventando. È in atto uno slittamento autoritario, dall’esito non certo, ma che ogni giorno in modo diverso si manifesta sotto i nostri occhi. Questo è un altro esempio.
In particolare, la sospensione di Jimmy Kimmel è legata alle sue parole sull’assassinio di Charlie Kirk. Il suo omicidio è stata un punto di non ritorno, nell’escalation di violenza politica che gli USA hanno visto negli ultimi anni?
È stato sicuramente un evento tragico. Ma succede talmente spesso, c’è una tale accelerazione del processo storico negli USA, che non credo esistano più momenti spartiacque. Né punti di non ritorno, perché nella storia il ritorno c’è sempre. Negli Stati Uniti di Trump, ogni giorno sembra esserci uno spartiacque cruciale che poi si rivela solo un altro passaggio di un percorso che io trovo spaventevole. L’assassinio di Kirk e la risposta della politica sono un altro tassello di un clima che legittima la violenza politica e concorre a produrre violenza politica. Trump e il movimento MAGA cercano di sfruttare questa violenza per perseguire degli obiettivi che non esito a definire autoritari.
Trump ha anche annunciato che inserirà il movimento Antifa tra le organizzazioni terroristiche (annuncio che aveva già fatto alcuni anni fa), ‘consigliando’ di indagare a fondo su tutti coloro che lo finanziano in qualche modo. Quali conseguenze concrete ci si può aspettare da questa decisione?
Bisogna ricordare che Antifa non è un’organizzazione: non ha uno statuto, né una struttura. È una sigla che definisce un movimento, quasi un brand, che viene usato dai manifestanti di Portland un giorno e da quelli di Cleveland il giorno dopo.
Denominarla “organizzazione terroristica” pone un problema enorme: dato che non si tratta di un’organizzazione, si lascia infinita discrezionalità al potere esecutivo su come utilizzare questa definizione. Se domani un gruppo di universitari a Austin, in Texas, fa una manifestazione con le bandiere di Antifa, sono terroristi. Un altro modo di rivelare il volto autoritario di questa di questa amministrazione.
I Democratici per fermare Trump devono puntare sulle prossime elezioni di metà mandato, o di midterm, che si terranno nel 2026?
Solitamente il partito del presidente neo-eletto perde consenso al primo midterm successivo. È il ciclo elettorale in cui tendenzialmente un’amministrazione e un presidente sono più vulnerabili: perché nei primi due anni di governo non hanno realizzato le promesse della campagna elettorale, perché c’è una certa disillusione, perché l’avversario tende a essere più motivato e può portare più facilmente i suoi elettori alle urne.
Il tasso di impopolarità di Trump è elevato, e una sconfitta elettorale al midterm del 2026 non è certa, ma è molto probabile. Questo porterebbe a un governo diviso: la Camera dei rappresentanti, dove oggi i Repubblicani hanno una maggioranza risicatissima, tornerebbe sotto il controllo dei Democratici.
In questi primi mesi, però, Trump è andato avanti soprattutto con decreti e atti presidenziali. Un Congresso diviso lo ostacolerebbe?
Sì, il Congresso finora è stato totalmente marginalizzato. È uno dei Congressi con la più bassa produttività legislativa dell’ultimo secolo. Anche questo evidenzia la torsione autoritaria: si governa per via esecutiva, con decreti presidenziali. Ma c’è una norma fondamentale che non può essere approvata per via esecutiva: la legge di bilancio, con cui un’amministrazione governa il Paese. Quindi, un Congresso controllato in parte dei democratici metterebbe degli ostacoli significativi.
Il Texas ha ridisegnato le mappe elettorali per guadagnare più seggi. Intanto, il governo federale ha inviato militari a Los Angeles – con il pretesto che ci fossero manifestanti e criminali violenti – e minacciato di mandarli anche in altre città guidate dai Democratici. Possiamo essere certi che le prossime elezioni si svolgeranno i condizioni di piena democrazia?
Ridisegnare i collegi elettorali per massimizzare il ritorno del voto e per limitare il numero di seggi che cadranno nelle mani della controparte, il famoso “gerrymandering”, è partito con il Texas, ma ora lo stanno seguendo la Florida, l’Indiana, il Missouri. In Texas, dovrebbe portare i repubblicani ad avere cinque e seggi in più l’anno prossimo (sui 38 totali che il Texas assegna).
Intendiamoci, in passato l’hanno fatto anche i Democratici – basta guardare le mappe del Maryland o del l’Illinois. Il problema è che avvenga così strumentalmente, per un ciclo elettorale specifico. E in parallelo ci sono direttive federali e iniziative statali per rendere più difficile l’accesso al voto.
Trump ha invitato più volte gli Stati a eliminare il voto per posta.
Perché?
Negli USA si vota il martedì, giorno feriale, con pochi seggi. Negli anni sono state introdotte delle facilitazioni, a partire dal voto postale. Ora le stanno togliendo, e questo penalizza soprattutto le minoranze, in particolare la minoranza nera che vota di più per i Democratici. Credo che ci sia uno sforzo deliberato, da parte di questa amministrazione, per rendere più difficile l’esercizio del voto l’anno prossimo. Anche questo rimanda alla crisi della democrazia statunitense.
Se gli Stati Uniti stanno diventando uno Stato autoritario, cosa può invertire la rotta?
Lo slittamento non è inevitabile. Finora il potere giudiziario è quello che ha messo più ostacoli al dispiegamento di questo disegno autoritario, bloccando numerosi ordini esecutivi per la loro patente incostituzionalità o illegalità. Il potere giudiziario può fare molto, ma sul lungo periodo non può fermare il “bulldozer” esecutivo, anche perché poi la Corte Suprema è intervenuta a più riprese modificando le decisioni delle corti distrettuali e delle corti d’appello.
È una Corte Suprema che talvolta si dissocia dagli estremi di Trump, però molto spesso avalla la posizione di questa amministrazione. Anche perché su nove giudici, almeno tre o quattro votano sempre e comunque con Trump. Quindi tutto dipende dalla giudice Barrett e dal giudice Roberts, il presidente della Corte, per compensare questo fortissimo sbilanciamento che c’è oggi nella Corte. Forse la il contrappeso più significativo che si sta manifestando è il federalismo.
In che senso?
L’azione degli Stati, e anche delle municipalità, che stanno cercando di frapporsi a questo “bulldozer”. Lì si gioca una partita fondamentale. La metafora degli “anticorpi democratici” è un po’ abusata, ma forse l’anticorpo più forte è proprio la natura federale del sistema statunitense.
(da Fanpage)

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IL SINDACO-CARABINIERE CANDIDATO FDI NELLE MARCHE CHE SI CREDE SCERIFFO E METTE ALLA GOGNA UN SOSPETTO LADRO, POI RIMUOVE IL POST

Settembre 19th, 2025 Riccardo Fucile

IL POST VIOLA UNA SERIE DI LEGGI E ORA POTREBBE PROCURARGLI CAUSE LEGALI

Sindaco in carica del comune di Colli del Tronto (Ascoli Piceno); membro dell’Arma e Segretario Nazionale USIC (Unione Sindacale Italiana Carabinieri); infine candidato di Fratelli D’Italia alle prossime elezioni regionali delle Marche a sostegno di Francesco Acquaroli.
È il “curriculum” di Andrea Cardilli, romano di nascita, marchigiano d’adozione, “folgorato sulla via di Damasco” da Giorgia Meloni dopo un breve passato anche nelle fila del centrosinistra (IDV). Ebbene, Cardilli è stato protagonista ieri di un’iniziativa destinata a far discutere. E, forse, anche a causargli qualche guaio con la giustizia.
In piena campagna elettorale per un posto da consigliere regionale ad Ancona, il primo cittadino piceno e carabiniere ha indossato anche i panni di “sceriffo” e ha pubblicato sui social la foto a volto scoperto di un uomo sospettato – e forse neanche formalmente indagato – di aver commesso dei furti d’appartamento nel suo territorio. “Questo è il soggetto che continua a fare i furti nelle abitazioni più isolate e verso la campagna… va sempre a piedi oppure con scooter insieme ad altra persona”. Infine l’appello in (quasi) perfetto stile far west: “Se vi capita di vederlo in giro contattatemi oppure chiamate il 112″.
Poche ore dopo essere stato pubblicato in un gruppo Facebook con quasi 2.500 iscritti, il post con la foto del presunto ladro è stato rimosso. E non è escluso che a chiederne la rimozione possa essere stato lo stesso Cardilli, temendo conseguenze. Come è noto, un rappresentante delle istituzioni – carabiniere e per di più sindaco – non può pubblicare sui social la foto con volto scoperto di una persona sospettata di aver commesso un reato.
Come Cardilli dovrebbe sapere, infatti, la presunzione di innocenza, sancita dalla Costituzione, impedisce di presentare come colpevole chi non è stato ancora neanche giudicato. Inoltre, la normativa sulla protezione dei dati personali vieta la diffusione di immagini di sospettati al di fuori delle procedure ufficiali, che spettano soltanto agli uffici competenti e non certo a un candidato in campagna elettorale. L’Arma dei Carabinieri, infine, prevede regolamenti molto chiari sull’uso dei social: un militare non può rendere pubbliche informazioni o fotografie relative a indagini o persone coinvolte in procedimenti penali. Ma non si tratta solo di un problema “interno” all’Arma. Indossando anche la fascia tricolore, Cardilli rappresenta l’autorità politica e amministrativa di riferimento per la comunità di Colli del Tronto. Il sindaco e candidato FDI rischia ora conseguenze disciplinari e penali: dalla violazione della privacy alla diffamazione, senza dimenticare l’abuso d’ufficio.
In attesa di possibili sviluppi il caso diventa politico. Fonti dell’ opposizione consiliare ricordano che “pubblicare sui social la foto a volto scoperto di una persona definendola ‘ladro’ non è un atto di responsabilità istituzionale ma una scelta avventata e strumentale” perché “un primo cittadino ha il dovere di collaborare con le forze dell’ordine, non di sostituirsi a esse. La sicurezza non può essere trattata come materiale da campagna elettorale. Non a caso, poche ore dopo, il post è stato rimosso: segno evidente di quanto fosse scorretto e rischioso quell’atto”.
Secondo l’opposizione “si è trattato di una mossa chiaramente finalizzata a guadagnare visibilità. Invece di proteggere la comunità, si è voluto usare la paura dei cittadini per conquistare qualche titolo di giornale. Ancora più grave è che il sindaco in questione è anche un appartenente alle forze dell’ordine. Chi indossa una divisa conosce bene le regole: l’identificazione e la diffusione delle immagini dei sospetti spettano esclusivamente alla magistratura e agli organi di polizia, mai a singoli
amministratori. La sua professione richiede equilibrio e rispetto delle procedure, non esternazioni che rischiano di ledere la dignità delle persone e di compromettere indagini in corso”.
Infine una critica a Fratelli D’Italia, partito a cui appartiene (da poco) anche Cardilli, che “invoca da sempre uno ‘Stato di polizia’. Ecco il risultato: un sindaco che si arroga il diritto di indicare pubblicamente il ‘colpevole’, senza processo, senza garanzie, trasformando la paura in consenso politico. Ma lo Stato di diritto funziona diversamente: con le regole, con la magistratura, con le forze dell’ordine, non con i post sui social a caccia di applausi”.
(da Fanpage)

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TRUMP SA COME FAR ARRICCHIRE I SUOI SODALI: PALANTIR, LA SOCIETÀ DI TECNOLOGIA DI PETER THIEL, L’IDEOLOGO DELLA TECNO-DESTRA, HA FIRMATO UN CONTRATTO DA 1,7 MILIARDI DI EURO CON IL MINISTERO DELLA DIFESA BRITANNICO

Settembre 19th, 2025 Riccardo Fucile

L’ANNUNCIO DELL’ACCORDO È STATO DATO MENTRE TRUMP È IN VISITA NEL REGNO UNITO: “PALANTIR AIUTERÀ LE FORZE ARMATE BRITANNICHE A SVILUPPARE STRUMENTI DIGITALI INNOVATIVI E A SFRUTTARE L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE”… L’“EMINENZA NERA” THIEL È SEMPRE PIÙ CENTRALE NEL SISTEMA DI POTERE TRUMPIANO: COLLABORA CON PENTAGONO E SERVIZI SEGRETI USA, HA CREATO UN DATABASE PER GESTIRE LE DEPORTAZIONI DI IMMIGRATI

Il ministero della Difesa britannico ha annunciato oggi tramite un comunicato stampa una “partnership strategica” da 1,5 miliardi di sterline con la società tecnologica americana Palantir.”
La nuova partnership, firmata oggi dal segretario alla Difesa John Healey, aiuterà le forze armate britanniche a sviluppare gli strumenti digitali più innovativi e a sfruttare la tecnologia dell’intelligenza artificiale per accelerare il processo decisionale, migliorare il targeting e proteggere il popolo britannico dalle minacce in continua evoluzione” si legge dalla nota diffusa da Londra.
“Palantir ha inoltre annunciato l’intenzione di rendere Londra la sede delle attività di difesa europee di Palantir, affermando la Gran Bretagna come polo di innovazione tecnologica per la difesa in tutta Europa”, prosegue il comunicato.
Il segretario Healey ha aggiunto, si legge nel comunicato, che “questa partnership rappresenta un’importante attestazione di
fiducia nella leadership del Regno Unito nei settori della difesa, dei dati e della tecnologia dell’intelligenza artificiale, nonché nella sua posizione ideale per attrarre investimenti e favorire l’espansione delle aziende”.
(da agenzie)

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IN ITALIA CI SONO ANCORA VERI IMPRENDITORI NON SOLO (IM)PRENDITORI: AI DIPENDENTI FERRERO UN PREMIO DI 2.580 EURO A TESTA

Settembre 19th, 2025 Riccardo Fucile

UN TERZO DEL PREMIO ANNUALE LEGATO AL RISULTATO ECONOMICO COMPLESSIVO DELL’AZIENDA, DUE TERZI A QUELLO DI OGNI SINGOLO STABILIMENTO… UNA PARTE PUO’ ESSERE CONVERTITA IN WELFARE

La Ferrero ha siglato l’accordo con i sindacati per il bonus annuale legato ai risultati del 2024/2025. Una parte può essere
convertita in servizi welfare con contributo aziendale aggiuntivo. I lavoratori della casa dolciaria di Alba potranno ricevere fino a 2.580 euro lordi come premio legato agli obiettivi. L’importo si articola in due componenti ben definite: il 30% deriva dal risultato economico complessivo dell’azienda, uguale per tutti i dipendenti, mentre il restante 70% è legato al risultato gestionale specifico di ogni singolo stabilimento. L’accordo è stato raggiunto tra la direzione aziendale e le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali di Fai-Cisl, Flai-Cgil, Uila-Uil, insieme al coordinamento delle Rsu e delle rappresentanze sindacali della Rete commerciale, come riporta l’Ansa.
Welfare aziendale: bonus del 20% per chi sceglie i servizi
Una novità riguarda la possibilità di convertire parte del premio in flexible benefit attraverso la piattaforma Ferrero Care. Chi opta per questa soluzione ottiene un contributo aggiuntivo del 20% dall’azienda sull’importo scelto, che si aggiunge al normale Credito Welfare. La piattaforma, in continua evoluzione, offre servizi che spaziano dalla famiglia all’assistenza sanitaria, dalla previdenza complementare ai servizi per il tempo libero.
(da agenzie)

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IL MERCATO DEI GIOCHI DA TAVOLA È IN CONTINUA CRESCITA DA ANNI, CON UN GIRO D’AFFARI DI CIRCA 1,7 MILIARDI DI EURO: LA MAGGIOR PARTE DEI GIOCATORI HA TRA I 25 E 39 ANNI E LE GIOCATRICI SONO QUASI LA METÀ

Settembre 19th, 2025 Riccardo Fucile

“IL BOOM È LEGATO AL PERIODO DEL COVID. NEGLI ANNI 80 ERAVAMO UNA NICCHIA, ORA GIOCANO TUTTI. GIOCARE È MAINSTREAM E QUASI ALLA MODA”

In piena epoca digitale e con l’intelligenza artificiale pronta a invadere la vita di ognuno di noi, i giochi da tavolo non solo resistono ma guadagnano terreno. Si gioca nelle case, nei club, nelle sedi delle associazioni e persino nei pub che ospitano gare e torne.
Si affrontano grandi e piccini con una netta prevalenza dei primi – la maggioranza degli acquirenti hanno un’età compresa fra 25 e 39 anni -, per cui si è pure inventata una nuova definizione, Kidult (crasi di kid, ragazzo, e adulto). Le donne sono sempre più numerose – oltre il 40% -, in netta controtendenza con quanto accadeva trent’anni fa, quando a giocare erano soprattutto i maschi.
E togliamoci dalla testa che sia solo una questione da nerd, perché il pubblico dei board games è sempre più trasversale e generalista.
Il gioco da tavolo è un fenomeno in crescita a doppia cifra da anni, almeno da quando la pandemia ha costretto gli italiani a rinchiudersi nelle loro case, come spiega Andrea Ligabue. Ludologo e direttore di Play, il più grosso festival del settore, è anche docente all’Università di Modena e Reggio Emilia nei corsi di formazione degli insegnanti: «Il boom è legato al periodo del Covid e solo in Italia si attesta su una crescita di mercato fra il 10 e il 15% all’anno, aumentano anche le case editrici». Un giro d’affari stimato, nel 2024, in circa 1,7 miliardi di euro, circa il 16% del mercato complessivo.
Tendenza confermata anche dal più 7% del primo semestre del
2025. Se poi si pensa che al mondo escono 800 nuovi titoli all’anno e che esistono anche piccole realtà locali formate da gruppi di amici che autoproducono i loro giochi, come Torino Factory, ci si rende conto della vastità e dell’articolazione di questo mondo.
Come e perché i game di carta, con le loro scatole e i loro oggettini di complemento, siano sopravvissuti alla marea digitale, ce lo racconta Ligabue: «Il concetto del gioco è molto più diffuso rispetto a quando veniva praticato prevalentemente dai bambini. Intanto va detto che la maggior parte di chi gioca analogico lo fa anche col digitale, ma soprattutto le ludoteche e le associazioni offrono esperienze sociali significative, così come certi locali: mi siedo al ludo-pub e gioco con altre persone. Non è neanche più una passione tipicamente maschile: oggi la presenza delle donne è fra il 40 e il 50%».
E mentre gli over 25 si baloccano con strategie e indagini sofisticate, «i ragazzi più giovani optano per la playstation o il computer, e le ragazze preferiscono giochi su dispositivi mobili», osserva l’esperto. Sempre a proposito di giovanissimi, in qualità di docente universitario al corso di Scienza della formazione primaria di Unimore, Ligabue illustra i vantaggi dell’uso dei giochi nell’insegnamento: «Si trasmettono valori educativi come il valore delle regole, la capacità di risolvere problemi, di collaborare e di competere, oltre che di gestire stress ed emozioni».
Tornando agli adulti, l’epoca dei nerd confinati in ambienti da carbonari sembra tramontata: «Negli Anni 80 eravamo una nicchia, ora giocano tutti – dice Ligabue -. Giocare è mainstream e quasi alla moda, viene praticato anche nelle università». Concetto ribadito dal padre italiano di Risiko, il game designer Spartaco Albertarelli: «Il pubblico è molto più eterogeneo di un tempo, va mediamente dai vent’anni in su: ora i giochi sono studiati per loro. Sono i Kidult, persone adulte che non hanno problemi a trovarsi la sera a giocare con altri adulti, ma con uno spirito da kid».
(da agenzie)

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