Settembre 20th, 2025 Riccardo Fucile
“IL TIMORE SERIO È CHE IL PM DIVENTI LA LONGA MANUS DEL GOVERNO DI TURNO, COME NEGLI ALTRI PAESI DOVE C’È LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE. CON LA CONSEGUENZA CHE PERSEGUIRÀ SOLO REATI CHE GLI VENGONO INDICATI DALL’ESECUTIVO. CON BUONA PACE DELLA TUTELA DEI CITTADINI” … “LA RIFORMA NON INCIDE, INVECE, SUI PROBLEMI REALI, CIOE’ SUI TEMPI DEL PROCESSO E LA QUALITA’ DELLE DECISIONI” …IL VERO SCOPO DELLA MELONI, ATTRAVERSO LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, E’ DAR VITA A DUE CSM, UNO DEI QUALI DESTINATO A FINIRE SOTTO IL TALLONE DI PALAZZO CHIGI
Procuratore Nicola Gratteri il suo programma su La7, «Lezioni di Mafie», ha avuto un
boom di ascolti. Se lo aspettava?
«No. Anche se lo speravo. Ma non è il mio programma. È un lavoro di squadra: della produttrice Alessandra Infascelli che ci ha creduto, di Paolo Di Giannantonio, del regista Lorenzo Scurati, di Gianluca Mauri, Mimmo Torrisi e del mio compagno d’infanzia Antonio Nicaso. È stato compreso il senso della nostra iniziativa».
Vale a dire
«Non è fare polemica sulle vicende politiche attuali, ma raccontare le mafie che, da oltre 150 anni, avvelenano il nostro Paese. Ci anima la passione civile che da trent’anni porta me e Nicaso nelle scuole a creare consapevolezza».
Perché le «Lezioni di Mafie» piacciono?
«Forse per la nostra semplicità. Voglio pensare sia stata apprezzata la nostra credibilità, il desiderio di condividere le conoscenze acquisite in oltre 30 anni di lavoro su un fenomeno che andrebbe studiato nelle scuole.
Ricordo un bel documentario che io e Nicaso realizzammo per Raitre sulla ‘ndrangheta. Fu trasmesso tardi, senza promozione, come un riempitivo. Gli argomenti trattati sarebbero da servizio pubblico. In questo senso, La7 ha dimostrato molta più sensibilità».
Di lezioni di mafia ha bisogno anche la politica?
«Non farei distinzioni: è un fenomeno che, per essere contrastato efficacemente, richiede il contributo di tutti, senza eccezioni. Il problema, però, è che ancora troppo pochi ne parlano, lasciando spazio a silenzi e ombre che favoriscono la sua persistenza».
Cosa servirebbe?
«Tante cose, a cominciare dalle scuole. Formare i formatori e promuovere una vera pedagogia dell’antimafia, come fa l’Università della Calabria, mostrando ai giovani la non convenienza a delinquere. Occorrono lavoro, diritti, servizi (in particolare sanitari) e opportunità. Ma soprattutto servono volontà e determinazione nel combatterla».
La riforma della giustizia in ciò è utile o dannosa?
«Per come è concepita, inutile e dannosa».
Perché?
«Inutile perché non incide sui reali problemi: i tempi del processo e la qualità delle decisioni. Non viene introdotta alcuna misura per eliminare inutili orpelli e mettere nelle condizioni i magistrati di analizzare i loro casi presto e bene. Dannosa perché fa perdere al pm la cultura della giurisdizione. Lui è il dominus delle indagini preliminari, quindi deve comportarsi ragionando come un giudice, per evitare di cercare colpevoli a tutti i costi. Deve rimanere asettico rispetto al caso che ha in esame, senza preoccuparsi di chiedere l’archiviazione. Modificare la Costituzione per un non-problema è davvero inspiegabile».
C’è chi teme che aumenti i poteri del pm. Lei?
«Il timore serio è che il pm diventi la longa manus del governo di turno, come negli altri Paesi dove c’è la separazione delle carriere. Con la conseguenza che perseguirà solo reati che gli vengono indicati dall’esecutivo. Con buona pace della tutela dei cittadini».
Sono le mafie che attirano o chi le cattura?
«Il male è sempre stato più seducente del bene. Uno dei motivi che ci ha spinti a raccontarle è stato il desiderio di contribuire a decostruirne il mito. In molti libri ho cercato di far luce sulla ‘ndrangheta cresciuta nel silenzio. Mi piace sperare che molti siano attratti dalla coerenza e serietà di chi prova a rendere migliore il nostro Paese».
I media hanno influito nel mitizzare la mafia?
«Molte rappresentazioni hanno alimentato stereotipi e fascinazioni che distorcono la percezione del fenomeno. Oggi, i mafiosi non hanno più bisogno di essere raccontati, possono farlo da soli sui social network».
(da agenzie)
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Settembre 20th, 2025 Riccardo Fucile
GRAMELLINI: “CI SARÀ SEMPRE (MA SEMPRE MENO) QUALCHE EX GENERALE A CUI DARÀ FASTIDIO IL COLORE DELLA SUA PELLE E CHE DIRÀ CHE I “VERI ITALIANI” HANNO CARATTERISTICHE SOMATICHE E CROMATICHE DIVERSE, STABILITE UNA VOLTA PER TUTTE DA LUI”
“Rimetti il numero, perché è possibile la sanzione”. La voce di Khaty Seck, madre e allenatrice, scandisce l’ultimo consiglio a Mattia Furlani che, per la gioia di aver vinto l’oro nel salto in lungo ai Mondiali di atletica, s’è sfilato il pettorale e l’ha mostrato in segno di trionfo.
Da regolamento, deve averlo addosso anche al termine della competizione, non può cederlo né toglierlo, né gli è permesso di stropicciarlo perché deve restare integro e sempre ben visibile, non può essere alterato.
È molto più di un segno distintivo oppure di un ‘semplice’ oggetto che rientra nel corredo tecnico. Una eventuale e accertata situazione di difformità può comportare sanzioni
sportive, disciplinari o, nei casi più gravi, anche penali. Ecco perché la mamma-coach, lucidissima, gli suggerisce di fare attenzione a quel dettaglio, a ricomporsi. Lo redarguisce bonariamente prima di dirgli: “Oh, Matti’… vieni vieni. Fatti abbraccia’…”
Sarebbe sbagliato ridurre un fenomeno come Mattia Furlani a trattato sociologico. Ci sarà sempre (ma sempre meno) qualche ex generale a cui darà fastidio il colore della sua pelle e che dirà che i «veri italiani» hanno caratteristiche somatiche e cromatiche diverse, stabilite una volta per tutte da lui.
Viviamo in un Paese ben strano, dove un telecronista è stato massacrato sui social per avere definito Sinner italiano (quale è), e un cantante stonato che frequenta pregiudicati ha irriso il presunto fanatismo di chi tifa per «un purosangue italiano che ha l’accento di Adolf Hitler» (diamo una notizia allo stonato: quell’accento lo avevano anche Goethe e Thomas Mann).
Le storie di successo come Mattia non nascondono i problemi dell’integrazione, però indicano soluzioni. Più ancora di quel salto che non finiva mai, mi ha colpito il video in cui Furlani mostra la sua famiglia, moderna e al tempo stesso eterna: il padre Marcello con l’aria da burbero buono, la fidanzata dai modi timidi e volitivi, la sorella e il fratello che parlano romanesco peggio di lui, la cognata coreana. Ma prima di tutto e di tutti lei, la Mamma.
Quella di Mattia viene dal Senegal, si chiama Kathy e, oltre che da madre, gli fa da allenatrice e da manager. Basta darle
un’occhiata per capire chi ha le chiavi di casa. La nuova Italia funziona quando funziona come quella vecchia: agli ordini dell’unica istituzione che non potrà mai essere sottoposta a referendum (anche perché li vincerebbe tutti).
(da Corriere della Sera)
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Settembre 20th, 2025 Riccardo Fucile
“POTREBBE ESSERE SOLO QUESTIONE DI TEMPO PRIMA CHE IL PRESIDENTE DICHIARI JIMMY FALLON O L’INTERA SQUADRA DEL TELEGIORNALE SERALE DELLA CNN, MEMBRI DI ANTIFA E QUINDI ‘TERRORISTI INTERNI’ SOGGETTI A PROCEDIMENTI PENALI”… “HO 67 ANNI, SONO UN FANATICO DELLA POLITICA DA QUANDO NE AVEVO CIRCA SETTE, E NON HO MAI VISTO NIENTE DI SIMILE IN AMERICA…”
«La violenza è profondamente connaturata alla politica americana. E Trump è un
politico abbastanza astuto da sapere come usare la crisi a proprio vantaggio, intimidendo e mettendo
a tacere i suoi critici».
Il giornalista e scrittore americano Ben Fountain – autore di titoli come È il tuo giorno, Billy Lynn!, vincitore del National Book Critics Circle Award, o il saggio America brucia ancora, pubblicati in Italia da minimum fax – riflette sulle implicazioni celate dietro l’assassinio dell’attivista conservatore Charlie Kirk e il conseguente clima da maccartismo che si è instaurato negli Usa.
La tv Abc licenzia Jimmy Kimmel per le sue parole su Kirk, Trump esulta e si augura l’epurazione di altri conduttori di satira politica. L’omicidio di Charlie Kirk viene usato come pretesto per comprimere la libertà di parola e di opinione
«C’è un detto nella politica americana: “Non lasciare mai che una buona crisi vada sprecata”. L’omicidio di Charlie Kirk è una crisi e una tragedia di cui tutte le persone di buona volontà di certo si rammaricano, a prescindere dalle nostre opinioni politiche. Nel frattempo, Trump è un politico abbastanza astuto da sapere come usare la crisi a proprio vantaggio, intimidendo e mettendo a tacere i suoi critici, principalmente attraverso la Federal Communications Commission, responsabile delle licenze e della regolamentazione dei media radiotelevisivi.
È stata la pressione diretta della Fcc sull’Abc a indurre quest’ultima a sospendere il programma di Jimmy Kimmel, e sia The Donald che il presidente della Fcc hanno fatto capire che questo tipo di intimidazione continuerà».
È possibile inscrivere il gesto di Tyler Robinson in una
dimensione esclusivamente politica o vi sono anche altri aspetti da dover tenere in considerazione?
«La politica non è mai “puramente politica”. La nostra vita interiore, la formazione continua delle nostre personalità, sono inevitabilmente influenzate da ciò che accade nella società in cui viviamo. Ciò che sappiamo di Tyler Robinson in questo momento costituisce solo una piccola parte di ciò che è come persona, e spero che ne sapremo di più nei prossimi giorni.
Apprendiamo che negli ultimi mesi si era avvicinato sempre più alla politica. Niente di strano in questo. L’aspetto insolito – o, per meglio dire, tragico, per tutti i soggetti coinvolti – è che si è procurato un’arma letale e l’ha usata per uccidere un essere umano con cui era in disaccordo in tema di opinioni politiche. Perché ha compiuto questo drammatico passo? Questa è la domanda che dovrebbe essere al centro della questione»
La Casa Bianca ha designato il movimento Antifa “organizzazione terroristica”. Una mossa politica?
«Si tratta di pura politica di potere. La designazione dà all’amministrazione Trump ampio margine di manovra nel perseguire gli oppositori politici, dato che Antifa è una coalizione molto lasca e instabile di individui e gruppi di sinistra.
Potrebbe essere solo questione di tempo prima che Trump dichiari Jimmy Fallon o Seth Meyers, o l’intera squadra del telegiornale serale della Cnn, membri di Antifa e quindi “terroristi interni” soggetti a procedimenti penali. Ho 67 anni e sono un fanatico della politica da quando ne avevo circa sette, e
non ho mai visto niente di simile in America».
Trump e all’assalto a Capitol Hill: il confronto politico sembra destinato a sfociare, sempre più frequentemente, nell’azione violenta. Per quale motivo, a suo avviso?
«L’America è un paese violento. Come disse l’attivista afroamericano Rap Brown nel 1967, “la violenza è americana come la torta di ciliegie”, e la storia dimostra che la violenza è profondamente radicata nella nostra politica. Ma i Paesi, come le persone, sono capaci di cambiare».
(da agenzie)
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Settembre 20th, 2025 Riccardo Fucile
IL PIANO DI NAVIGAZIONE PREVEDE UN AVANZAMENTO COSTANTE DI CIRCA 120 MIGLIA OGNI 24 ORE
Sono partiti ieri, venerdì 20 settembre, dal porto di Portopalo di Capo Passero, in provincia di Siracusa, e hanno già superato Malta. La Global Sumud Flotilla, iniziativa internazionale a sostegno della popolazione di Gaza, continua la sua rotta nel Mediterraneo con un obiettivo dichiarato: portare attenzione e
solidarietà alla Striscia, da mesi al centro di una crisi umanitaria senza precedenti.
A raccontare le prime ore di navigazione è la portavoce del gruppo, Maria Elena Delia, ripresa dall’ANSA: «La prima notte è trascorsa, ora siamo diretti verso la Grecia dove ci raggiungeranno altre sei imbarcazioni. Viaggiamo insieme, si può seguire la nostra rotta attraverso il tracker online della Global».
L’avanzamento costante: 120 miglia ogni 24 ore
Il piano prevede un avanzamento costante, circa 120 miglia ogni 24 ore, compatibilmente con le condizioni meteo. E proprio il tempo, sottolinea Delia, non è stato clemente nelle prime ore di viaggio: «Nella prima parte la navigazione è stata davvero impietosa». La flottiglia – ribattezzata “Sumud”, termine arabo che significa “resilienza” – nasce per richiamare l’attenzione internazionale sul blocco imposto a Gaza e per chiedere corridoi umanitari sicuri. L’iniziativa è promossa da attivisti, organizzazioni solidali e realtà della società civile provenienti da diversi Paesi.
«I nostri occhi puntati su Gaza»
«I nostri occhi restano puntati su Gaza», ribadisce la portavoce, che esprime l’auspicio di un viaggio senza ostacoli, dopo diversi giorni di maltempo che hanno ritardato la partenza della flotta. La Flotilla infatti sarebbe dovuta arrivare a Gaza già a metà settembre, ma la partenza è stata più volte posticipata a causa del meteo e di guasti tecnici. All’inizio della missione si era parlato
di circa 7 o 8 giorni di viaggio, ma sembra che la stima fosse ottimistica. In base alle ultime dichiarazioni, il tragitto dovrebbe durare almeno 10 giorni.
(da agenzie)
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Settembre 20th, 2025 Riccardo Fucile
IL GRAN TOUR DEL PRESIDENTE DELLA SICILIA IN ALBERGHI DELL’ISOLA E IN TUTTA ITALIA
Un paio di anni fa – vastasi! – osarono pure chiedergli indietro la differenza per aver
sforato di pochi spicci il budget per pasti e pernotto. Ma ora il presidente della Regione Sicilia Renato Schifani mangia (e dorme) sereno, almeno quand’è in trasferta. Perché tra fratelli coltelli di Forza Italia, rimpasti chiesti a gran voce, poltronissime a suggellare accordi da pelo sullo stomaco, almeno una gioia c’è. Gli antichi vincoli, quelli che imponevano che i soggiorni presidenziali in albergo non potessero costare più di duecento euro a notte non valgono più: ora l’ex presidente del Senato planato sulla poltrona più alta in terra di Trinacria può godersi notti da nababbo ché l’asticella è fissata a poco meno di 570 euro euro. Idem per i pasti: se prima il rimborso era da 50 euro al massimo ora può strafogarsi senza pietà perché l’asticella è fissata a quota 170,91 euro. E qui Schifani non manca mai il bersaglio: manda a rimborso sempre quella cifra precisa compresi i centesimi manco fosse ospite di Ok, il prezzo è giusto.
Ma prima le dolci notti in trasferta grazie al budget extralarge. Ecco una fattura per il soggiorno al Principe di Savoia a Milano: costo 569,67 euro, che è pur sempre ben due centesimi in meno del limite consentito (569,69). Eccolo ad aprile a San Pietro in Cariano in Valpolicella (Verona) ospite una notte a Villa Amistà per 460 euro. Ecco la più vicina Catania che non sarà mai come la natìa Palermo, ma è beddissima lo stesso: due notti a 1.130 euro nel pluristellato a due passi dal mare e con vista suggestiva sull’Etna. Lì dove Schifani è una presenza costante: ha scelto la stessa location anche per l’ultimo Capodanno, quello dei fasti siciliani, della favolosa diretta Mediaset sul palco al fianco di
Gigi d’Alessio ma soprattutto di Ignazio La Russa e del suo delfino Gaetano Galvagno prima che l’inchiesta su gli eventi finanziati dall’Ars si portasse via le stelle filanti. Ma questa è un’altra storia: i guanciali catanesi di fine anno sono costati alla regione 495 euro. Ma pure Agrigento non scherza: il pernotto presidenziale di gennaio nell’hotel sulla passeggiata archeologica ha presentato un conto da 403 euro.
Roma, meta frequentissima di Schifani, nemmeno scherza a prezzi, anche se tutto sommato si tratta pur sempre di camere da leccarsi i baffi: 391 euro per l’albergo di grido a due passi da Piazza di Spagna dove ha soggiornato una notte sia a maggio che a giugno (ma anche in precedenza a gennaio), anche se sempre a giugno ha fatto una capatina anche al De Russie in via del Babuino.
Inutile dire la carambola di biglietti aerei che consuma Schifani in questo viaggiare sulla tratta Palermo-Roma, Roma-Palermo. O anche incrociando altre destinazioni come a inizio aprile quando Schifani è segnalato a un certo punto su un Roma-Milano e il giorno dopo su un Verona-Palermo. Roba da perderci la testa soprattutto per i miserizzi che provvedono alla liquidazioni delle spese che richiedono paginate e paginate di decreti di “visto” e “considerato” per tenere conto del protocollo e pure degli inciampi. Come quello che si legge in filigrana nei decreti di liquidazione che riguardano parcelle allegate “relativa alla missione espletata dall’On. Presidente a Roma che riporta una spesa complessiva… regolarmente documentata effettuata… che
per l’uso del mezzo aereo comprende” biglietti ma anche penali cambio volo e pure per cambiare posto sull’aeromobile. Ma son dettagli. I guai c’erano prima quando solo a usare troppo la carta Schifani rischiava la tiratina d’orecchi per eccesso di spesa: come quando gli avevano trattenuto 19 euro per aver sforato il limite di 200 euro in albergo e pure a tavola era un tormento visto la mannaia fissata a quota 50 euro. Mica come ora. Che si tratti di attovagliarsi al ristorante “Ai due Ladroni” a Roma o altrove sull’isola o in continente, il presidente di Forza Italia mette in fattura una sola cifra: 170,91 euro per mangiare quel che vuole. Alla faccia del bicarbonato di sodio.
(da ilfattoquotidiano.it))
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Settembre 20th, 2025 Riccardo Fucile
TUTTI GLI AFFARI E I CONFLITTI DI INTERESSE
Il presidente Donald Trump, alla vigilia della visita di Stato in Gran Bretagna, ha mostrato ancora una volta il suo nervo scoperto: la commistione tra potere politico e affari privati. Il giornalista australiano John Lyons ha osato la domanda che pesa come un macigno: è appropriato che un presidente in carica si arricchisca durante il mandato? Trump sorride appena, ma la risposta non è un chiarimento: è una minaccia. Prima si schermisce, scaricando sugli affari dei figli. Poi, con una torsione che tradisce l’irritazione, passa al contrattacco: l’Australia, dice, “sta andando male” e il suo leader “verrà presto da me”. Sottinteso: ne parleremo, e il prezzo lo pagherete voi.
Non è più un dialogo tra presidente e stampa, ma un avvertimento geopolitico, una ritorsione diplomatica a partire da una domanda di cronaca. È qui che si rivela la fragilità del sistema: quando l’interesse personale si intreccia con la politica estera, e il dissenso di un cronista diventa ostaggio di rapporti tra Stati. La domanda di Lyons resta senza risposta. Eppure, proprio nel silenzio imposto, si legge il pericolo.
I conflitti di interesse dei Trump
A meno di un anno dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, la questione dei conflitti d’interesse sembra non essere più un incidente di percorso della sua presidenza, ma l’ossatura stessa del sistema politico che lo sostiene. Lungi dal tentare di separare gli affari privati dalla funzione pubblica, Trump, in base ai fatti documentati dai media americani e organizzazioni no profit, ha trasformato la presidenza in una piattaforma per arricchire sé stesso, la sua famiglia e i suoi partner economici. Il suo patrimonio è raddoppiato. E qui ricostruiamo gli affari del presidente. In un’epoca in cui trasparenza e responsabilità dovrebbero essere valori imprescindibili, la presidenza Trump sembra funzionare come un’estensione diretta del patrimonio personale della famiglia.
Secondo Forbes (9 settembre 2025), durante la presidenza Trump la ricchezza della sua famiglia è aumentata di oltre 3 miliardi di dollari, con ulteriori benefici provenienti da investimenti in criptovalute e nuovi progetti immobiliari a marchio Trump. Ex consiglieri etici e diplomatici hanno accusato il presidente americano di avere trasformato la politica estera statunitense in un pay-for-access system (pagamento in cambio di accesso).
Criptovaluta: la miniera di famiglia
La vera rivoluzione del secondo mandato Trump è digitale. Un’inchiesta del New York Times (16 settembre 2025) ha svelato un intreccio tra affari privati e politica estera: la famiglia Trump e l’uomo d’affari americano Zach Witkoff hanno fondato World Liberty Financial, una società di criptovalute. Contemporaneamente, la Casa Bianca negoziava con gli Emirati la vendita di centinaia di migliaia di chip avanzati per l’intelligenza artificiale, nonostante forti preoccupazioni di sicurezza nazionale. Gli Emirati hanno investito 2 miliardi di dollari in World Liberty attraverso lo sceicco Sheikh Tahnoon bin Zayed al-Nahyan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Emirati Arabi Uniti.
Questi due accordi, pur non formalmente collegati, «hanno
offuscato i confini tra affari personali e governativi e sollevato dubbi sul fatto che gli interessi americani fossero davvero tutelati» (Nyt). Come riportato dalla Bbc, il presidente detiene 15,75 miliardi di token, valutati oltre 3,4 miliardi di dollari, mentre l’intera famiglia controlla quasi un quarto della moneta per un valore complessivo di circa 5 miliardi. Eric Trump ha salutato l’iniziativa come «un enorme passo per il futuro del denaro» e ha dichiarato su X che Wlfi, la cripto di famiglia, è «costruita sulla fiducia, la velocità e i valori americani».
Trump e i figli, oltre alle partecipazioni, ricevono anche una quota delle commissioni di vendita, che hanno già fruttato oltre 500 milioni di dollari (Reuters). L’intreccio diventa più problematico sul piano politico. Durante la campagna, Trump aveva promesso di fare degli Stati Uniti la “capitale mondiale del crypto”, un impegno seguito da provvedimenti concreti: lo smantellamento del National Cryptocurrency Enforcement Team (Wall Street Journal), l’unità speciale del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti creata nel 2021 per combattere l’uso illecito delle criptovalute, identificando e perseguendo i criminali che sfruttano le valute digitali per attività illegali, come truffe e riciclaggio di denaro. Ex funzionari del Dipartimento di Stato e diplomatici europei hanno espresso timori sulla possibilità che fondi cripto quasi illimitati vengano usati da governi stranieri per influenzare la politica Usa, aggirando le norme sulle donazioni politiche. (The Guardian & The New York Times)
American Bitcoin Corp: l’oro digitale dei figli
I figli del presidente hanno moltiplicato gli affari nel settore. Secondo Reuters, all’inizio di settembre 2025 il debutto in borsa della American Bitcoin Corp, società di mining di criptovalute, ha più che raddoppiato il suo valore nel primo giorno di contrattazioni al Nasdaq. Eric e Donald Trump Jr possiedono circa il 20% delle azioni, una quota che vale oltre 1,5 miliardi di dollari, con punte fino a 2,6 miliardi nei momenti di picco del titolo. “Crypto è esplosiva”, ha dichiarato Eric Trump in un’intervista. “Almeno il 50% di quello che faccio oggi riguarda questo settore”.
Gli affari con l’IA degli Emirati
Lo sceicco Tahnoun bin Zayed al-Nahyan è anche presidente di G42, il motore di intelligenza artificiale da miliardi di dollari del Paese. Come scrive Time la società privata ha già costruito un portafoglio globale di supercomputer di IA attraverso partnership con realtà come Microsoft e Cerebras Systems, ma realizzare l’ambizione degli Emirati di diventare una superpotenza dell’intelligenza artificiale entro il 2031 richiederà ben più della costruzione di data center all’estero.
A marzo, dopo l’incontro di al-Nahyan con il presidente Donald Trump, la Casa Bianca ha annunciato che gli Emirati investiranno 1,4 trilioni di dollari nelle infrastrutture americane di IA e nelle tecnologie collegate nel prossimo decennio. E a maggio l’amministrazione Trump ha reso noto che il presidente avrebbe revocato importanti restrizioni commerciali verso il
Medio Oriente. Ciò ha aperto la strada a un campus di data center da 5 GW ad Abu Dhabi, presentato congiuntamente da al-Nahyan e Trump nello stesso mese, destinato a diventare il più grande progetto di infrastruttura di IA al mondo al di fuori degli Stati Uniti.
Guadagno personale: istituzioni piegate al profitto
Secondo Forbes America, tra real estate, prodotti e soprattutto criptovalute, la fortuna personale di Trump è passata da 2,3 a oltre 5 miliardi di dollari. Un risultato reso possibile anche da scelte politiche che hanno ridotto drasticamente i controlli. Con ordini esecutivi e provvedimenti rapidi, Trump ha sospeso l’applicazione del Foreign Corrupt Practices Act (Wall Street Journal), la legge federale promulgata nel 1977, che vieta alle aziende e agli individui americani (e, in certe circostanze, anche a soggetti esteri legati agli Stati Uniti) di offrire tangenti o qualsiasi altra forma di corruzione a funzionari stranieri al fine di ottenere o mantenere vantaggi commerciali. Inoltre ha bloccato l’implementazione del Corporate Transparency Act, che imponeva alle aziende di dichiarare i veri proprietari. A gennaio 2025 ha inoltre licenziato 17 ispettori generali responsabili della vigilanza anticorruzione (Campaign Legal Center). «Gli strumenti che normalmente utilizziamo per monitorare i conflitti non sono più efficaci», ha dichiarato Eric Petry del Brennan Center for Justice a Vox.
Big Tech: sponsor e corteggiamenti
Se Elon Musk non fa più parte della macchina amministrativa, la
direzione non è cambiata. All’insediamento, i Ceo della Silicon Valley erano tra gli ospiti più celebrati. TikTok, il cui futuro negli Stati Uniti dipende direttamente dal presidente, ha sponsorizzato eventi legati alla cerimonia, insieme a Riyadh Air e Aramco. Il Campaign Legal Center, organizzazione no profit di Washington che analizza i finanziamenti ai politici, ha messo in guardia: «Nuove opportunità per guadagnarsi il favore del presidente si moltiplicano, senza alcuna trasparenza».
Medio Oriente: affari e geopolitica
La saldatura tra politica e business emerge con forza nei rapporti con i Paesi del Golfo. Subito dopo la fine del primo mandato, il genero di Trump, Jared Kushner, aveva ottenuto un investimento da due miliardi di dollari dal fondo sovrano saudita guidato da Mohammed bin Salman (dal periodico statunitense indipendente Mother Jones). I figli del presidente hanno “attraversato il Medio Oriente in lungo e in largo, gettando le basi per accordi che andranno a vantaggio dell’azienda e, in alcuni casi, dello stesso Trump”, ha scritto il Washington Post. Lo scorso maggio il presidente Trump ha visitato tre nazioni del Medio Oriente dove la sua famiglia avrebbe secondo Pbs News consolidati interessi economici. Come riportato dalla Pbs, nelle settimane precedenti il viaggio “miliardi di dollari sono confluiti nelle società di proprietà dei Trump“.
Il viaggio si è svolto in parallelo all’annuncio della costruzione di una nuova Trump Tower da 80 piani in Arabia Saudita e di un complesso residenziale in Qatar. Cbs News ha confermato che
“la Trump Organization, gestita da Donald Trump Jr. ed Eric Trump, sta espandendo le sue attività nella regione mentre il padre guida la politica estera verso quei paesi”. È un segnale evidente di un’agenda in cui diplomazia e edilizia si confondono. Il rischio è evidente: decisioni di rilievo geopolitico potrebbero essere condizionate da contratti immobiliari. Come sottolinea Eric Lipton del New York Times, “è difficile stabilire con certezza se ci sia una connessione diretta tra le scelte politiche e i vantaggi finanziari, ma il solo fatto che ci poniamo questa domanda è già allarmante”.
Air Force One targato Qatar
Più controverso ancora è il caso del Boeing 747 di lusso valutato circa 400 milioni di dollari, donato dal governo del Qatar agli Stati Uniti come futuro Air Force One. Secondo Usa Today, l’accordo potrebbe violare la clausola costituzionale sugli emolumenti. “Rischia di essere un problema etico e costituzionale di prima grandezza”, ha avvertito la senatrice repubblicana Susan Collins a Cnbc. Su questo punto Trump ha affermato: “Potrei essere uno stupido e rifiutare un aereo gratis, ma non lo sono”. Il gesto, per quanto celebrato pubblicamente, ha sollevato allarmi etici e legali.
I Democratici e i Repubblicani hanno espresso preoccupazione, dati i presunti legami del Qatar con il terrorismo e denunciano conflitti d’interesse evidenti, accusando la famiglia di trarre vantaggio da un settore che il presidente, parallelamente, sta deregolamentando. Noah Bookbinder, direttore del Citizens for
Responsibility and Ethics di Washington, ha definito il regalo “del tutto senza precedenti” e ha ricordato che “anche quando tecnicamente legale, ricevere benefici personali da governi stranieri è intrinsecamente corrotto”.
L’accordo «mi sembra pieno di spionaggio politico, problemi etici e costituzionali», ha dichiarato alla Cnbc la senatrice repubblicana Susan Collins del Maine. Eric Trump ha respinto le accuse definendole “insane”, aggiungendo che «mio padre non ha nulla a che fare con questa impresa: sta governando una nazione».
Immobiliare e merchandising: il marchio senza confini
Il mattone non è stato abbandonato. Al contrario, i nuovi progetti in Medio Oriente dimostrano che l’organizzazione continua a vendere il marchio Trump come segnale di accesso politico. “Il presidente utilizza l’ufficio come piattaforma di marketing illimitata per i propri resort e hotel”, ha denunciato Citizens for Responsibility and Ethics in Washington (Crew).
Parallelamente, il merchandising politico (orologi, profumi, prodotti griffati), trasforma la fedeltà elettorale in consumo. Come sottolineato da Abc News, “l’opacità delle società licenziatarie rende impossibile sapere chi realmente finanzia il presidente e quanto egli ne ricavi”.
La nuova normalità
Dalle inchieste giornalistiche emerge dunque che la famiglia Trump ha usato criptovalute e affari immobiliari come leva economica parallela alla politica estera della Casa Bianca. Qatar
ed Emirati hanno elargito regali e investimenti miliardari (in cripto e non solo) che hanno coinciso con concessioni politiche. E numerosi esperti, ex funzionari e legislatori parlano apertamente di “tangenti incostituzionali”, di un “cartello di vendita” della politica estera americana e di rischi per la sicurezza nazionale.
Quello che un tempo avrebbe scatenato scandali oggi sembra quasi routine. “Il comportamento di Trump rende i conflitti d’interesse non un’anomalia ma il cuore stesso della sua politica”, ha scritto il periodico statunitense indipendente Mother Jones. In un sistema in cui la politica si piega al profitto personale e la famiglia presidenziale si presenta come conglomerato d’affari globale, la domanda non è più se esista un conflitto d’interessi, ma se gli Stati Uniti siano già entrati in una fase di cleptocrazia istituzionalizzata.
(da repubblica.it)
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Settembre 20th, 2025 Riccardo Fucile
I SOLITI SISTEMI DEL CREMLINO, QUANDO CAPIREMO CHE BISOGNA FARE ALTRETTANTO SARA’ SEMPRE TROPPO TARDI
Un attacco hacker ha mandato contemporaneamente in tilt alcuni grandi aeroporti
europei come Londra Heathrow, Bruxelles e Berlino Brandeburgo. Decine sono i voli in ritardo e cancellati, e secondo gli addetti allo scalo della capitale belga “non è ancora chiaro quando il problema verrà risolto e quando si potrà tornare alla normalità”
In quello che sembra l’ennesimo attacco o incidente con obiettivo gli aeroporti europei dopo l’invasione della Russia in Ucraina nel 2022, stavolta ad essere colpiti sono stati i sistemi di un fornitore terzo dei tre scali, ovvero Collins Aerospace, che fornisce la tecnologia per il check-in e l’imbarco a Heathrow e nelle capitali di Belgio e Germania. Andati in tilt i sistemi, in questo momento tutti i controlli sono effettuati manualmente, il che aumenta enormemente i tempi di check-in e imbarco.
Heathrow, Bruxelles e Berlino Brandeburgo hanno confermato l’attacco cyber in vari comunicati, annunciando che i tecnici stanno operando per risolvere il problema il più in fretta possibile. Tuttavia, nel frattempo, saranno molte decine di voli che saranno ritardati o cancellati. Secondo lo scalo della capitale belga, “l’impatto sulle partenze di oggi sarà significativo”.
L’aeroporto londinese invita i viaggiatori a controllare lo stato del proprio volo online, prima di mettersi in viaggio verso l’aeroporto: “Collins Aerospace, che fornisce i sistemi di check-in e imbarco a diverse compagnie aeree in numerosi scali a livello globale, sta riscontrando un problema tecnico che potrebbe causare ritardi per i passeggeri in partenza”, ha comunicato l’account X di Heathrow. “Mentre il fornitore lavora per risolvere rapidamente l’inconveniente, consigliamo ai viaggiatori di verificare lo stato del proprio volo con la compagnia aerea prima di mettersi in viaggio. Si prega di non arrivare in aeroporto con più di tre ore di anticipo per i voli a lungo raggio o due ore prima per i voli nazionali. Ulteriore
personale è a disposizione nelle aree check-in per assistere i passeggeri e contribuire a ridurre i disagi”.
(da agenzie)
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Settembre 20th, 2025 Riccardo Fucile
UN TENTATIVO DI METTERE IL BAVAGLIO AL GIORNALISMO INDIPENDENTE
Un giudice federale di Tampa, in Florida, ha respinto la causa per diffamazione intentata da Donald Trump contro il New York Times, affermando che la denuncia di 85 pagine presentata dai legali del presidente era «decisamente impropria e inammissibile» ai sensi delle norme che regolano i procedimenti civili presso i tribunali federali.
Il giudice Steven Merryday, nominato dal presidente George H.W. Bush, ha stabilito che una nuova denuncia potrà essere presentata entro 28 giorni e che dovrà essere illustrata in meno di 40 pagine. Trump chiedeva al New York Times e a quattro suoi giornalisti un risarcimento di 15 miliardi di dollari.
Il tycoon su Truth definisce il Nyt «uno dei giornali peggiori e più degenerati nella storia del nostro Paese, divenuto un vero e proprio portavoce del Partito Democratico di Sinistra Radicale». La testata giornalistica aveva parlato di «tentativo di mettere il bavaglio al giornalismo indipendente». L’azione legale di Donald Trump «non ha alcun merito. Non ci lasceremo dissuadere da tattiche intimidatorie»
(da agenzie)
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Settembre 20th, 2025 Riccardo Fucile
LO SCUDO ORIENTALE E IL PIANO DI DIFESA DEI PAESI BALTICI
Dopo l’incursione di tre bombardieri russi nello spazio aereo di Tallinn, si accelera
ulteriormente la corsa al riarmo europeo. Tra filo spinato e «denti di drago», cosa c’è nella prima linea di difesa europea
La minaccia russa si fa sempre più vicina, soprattutto per chi con Mosca condivide i confini. Dopo l’incursione di tre bombardieri nello spazio aereo estone, Tallinn ha tutta l’intenzione di accelerare i lavori per il suo piano di riarmo e rafforzamento difensivo da 2,3 miliardi. Si tratta del cosiddetto «Scudo orientale», un progetto che stanno portando avanti in concerto le tre Repubbliche baltiche, la Polonia e la Finlandia. E per cui hanno chiesto ulteriori finanziamenti a Bruxelles, consapevoli di essere il primo baluardo di difesa dell’intero Occidente in caso di incursione russa.
La fortificazione del confine, tra fossati e bunker
Per Tallinn la priorità è la prontezza a terra. Entro il 2027, lungo il confine verrà scavato un fossato anti-carro lungo circa 40 chilometri. Sarà difeso anche da filo spinato e denti di drago, spunzoni conici che impediscono l’avanzata dei mezzi pesanti. La difesa del fossato sarà garantita anche tramite la costruzione di oltre 600 bunker e aree di stoccaggio, in cui gli uomini e le donne dell’esercito estone prenderanno posizione.
Le paludi, armi anti-carro e serbatoi contro il riscaldamento globale
Un’altra asso nella manica di Tallinn è in realtà una diretta eredità dai grandi conflitti militari passati. Si tratta delle torbiere, vere e proprie paludi ora prosciugate ma che – all’occorrenza – posso essere nuovamente allagate per rendere impossibile l’avanzata dei mezzi di terra nemici. Non solo. Nei periodi di pace, possono fungere da serbatoi di carbonio utili per progredire nella lotta contro il cambiamento climatico. Strumenti «multi-funzione» su cui Estonia, Lettonia e Finlandia hanno già comunicato di voler puntare, sfruttando la lunga fascia umida al confine con la Russia.
Il «muro di droni» per respingere gli attacchi dall’aria
È innegabile, però, che la maggior parte delle minacce immediate arriverebbe dall’aria. È proprio per poter contrastare efficacemente un’ipotetica pioggia di droni e missili da Mosca che le Repubbliche baltiche hanno chiesto a Bruxelles un aiuto finanziario per rimpolpare la contraerea. Viene chiamato «muro di droni» e avrebbe funzioni esclusivamente difensive. Ma – almeno per il momento – l’appoggio ufficiale dell’Unione europea latita.
(da agenzie)
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