Settembre 21st, 2025 Riccardo Fucile
“VENGO DA ISRAELE E VIVO LI’. LO AMO, E’ CASA MIA. MA CIO’ CHE STA ACCADENDO E’ ORRIBILE. FERMIAMO IL GENOCIDIO”
Il direttore di orchestra israeliano Ilan Volkov è stato arrestato dalla polizia israeliana con
altre tre persone mentre marciavano verso il confine di Gaza. Un’azione per chiedere di fermare le operazioni militari sulla Striscia che hanno provocato la morte di migliaia di persone.
Nelle immagini si vede Volkov, direttore della Bbc Scottish Symphony Orchestra, esser portato via mentre grida: «Dobbiamo fermare il genocidio subito. Sta rovinando la vita di tutti. Fermatelo».
Qualche giorno fa Volkov era intervenuto sulla situazione a Gaza chiedendo pubblicamente di fermare la guerra durante una sua esibizione ai BBC Proms alla Royal Albert Hall.
Il discorso del direttore d’orchestra Volkov: «Israeliani ebrei e palestinesi non possiamo fermare tutto questo da soli»
Volkov ha pronunciato un discorso con parole che sono poi diventate virali sui social. «Nel mio cuore c’è un grande dolore. Ora, ogni giorno, da mesi. Vengo da Israele e vivo lì. Lo amo, è casa mia. Ma ciò che sta accadendo ora è atroce e orribile su una scala inimmaginabile. Lo so, lo so. La politica, se non volete sentir parlare di politica, la politica fa parte della vita. Ogni giorno. Ogni giorno lottiamo per i nostri diritti. So che molti di noi si sentono completamente impotenti di fronte a tutto questo. Palestinesi innocenti vengono uccisi a migliaia. Sfollati più volte, senza ospedali, senza scuole. Senza sapere quando sarà il prossimo pasto. Gli ostaggi israeliani sono tenuti in condizioni disumane, da due anni. E i prigionieri politici languono nelle carceri israeliane. Israeliani ebrei e palestinesi…», incalza il maestro prima di venire interrotto da qualcuno nel pubblico. Lui si volta, e replica: «Lasciatemi finire, poi potrete maledirmi. Quanto volete, nessun problema». «Israeliani ebrei e palestinesi non possiamo fermare tutto questo da soli. Vi chiedo, vi supplico tutti di fare il possibile per fermare questa follia. Ogni piccola azione conta, mentre i governi esitano e aspettano. Non possiamo permettere che questa situazione continui ogni momento che passa mette a rischio la sicurezza di milioni di persone. Insieme», ha dichiarato. La BBC non era a conoscenza del fatto che intendesse rilasciare una dichiarazione politica. Ha interrotto la trasmissione poco prima del suo intervento. Volkov ha poi rilasciato un’intervista a Jessica Duchen per il sito web del Times.
Chi è Ilan Volkov
Figlio di Alexander Volkov, pianista concertista di origini ucraine e della tedesca Shulamit Volkov, docente della Scuola di studi storici dell’Università di Tel Aviv, è diventato nel gennaio 2003, il più giovane direttore d’orchestra nominato all’epoca per un’orchestra della BBC. Nel 2004 fu nominato Giovane Musicista dell’Anno della Royal Philharmonic Society, e nel 2008 la SSO della BBC annunciò la nomina di Volkov come suo direttore ospite principale. Ha una lunga e brillante carriera come direttore d’orchestra. Ed è specializzato nella musica scritta “tra il 1909 e gli anni ’20”. Ha una compagna Maya Dunietz, e ha avuto con lei una figlia, Nadia, nata nell’agosto del 2007 in Israele.
(da Open)
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Settembre 21st, 2025 Riccardo Fucile
IL 45,7% DEFINISCE CONFLUTTUALE IL CLIMA POLITICO IN ITALIA
C’è un’Italia silenziosa, fatta di cittadini che osservano con crescente disagio il modo in cui si parla – e si urla – di politica. Un’Italia che, secondo gli ultimi dati di un sondaggio di Only Numbers, percepisce il clima politico nazionale come conflittuale (45,7%), teso (27,1%) e addirittura violento (10,4%). Solo un risicato 3,7% definisce il dibattito politico “sereno”. Numeri che, se non allarmano, dovrebbero almeno far riflettere. In un contesto del genere, parlare di “odio politico” non appare più un’iperbole, ma una definizione che si avvicina tristemente alla realtà.
La stessa premier, nei giorni scorsi, ha denunciato un clima di violenza verbale nei suoi confronti. A ciò si aggiungono le scene indecorose viste in Parlamento durante la discussione sul decreto giustizia: urla, insulti, risse sfiorate. Se il Parlamento è lo specchio della nazione, non possiamo ignorare che lo specchio oggi ci restituisce un’immagine distorta e inquieta.
Le differenze tra generazioni
Non stupisce, allora, che quasi il 65% degli italiani ritenga che il linguaggio della politica sia diventato più aggressivo rispetto al passato. Una percezione che sale fino al 75,5% tra gli over 65 che quel passato lo ricordano bene.
Al contrario, i più giovani (18-24 anni), cresciuti in questo clima, non notano grandi differenze: per loro, questo è sempre stato il tono “normale” della politica (62,7%).
Eppure, proprio da questi giovani dovremmo ripartire. Perché se la politica è ormai percepita come una continua guerra tra fazioni, incapace di spiegare con chiarezza contenuti, riforme e scelte, c’è da chiedersi: che esempio stiamo offrendo a chi si affaccia alla vita pubblica e democratica del Paese?
Il ruolo dei social
In questo quadro, i social media non aiutano. Anzi! Tre italiani su quattro (74,1%) sono convinti che piattaforme come Facebook, X, Instagram e TikTok peggiorino il dibattito politico, lo esasperino, amplifichino i toni più aspri e diano spazio a chi grida più forte, non a chi argomenta meglio. In questo nuovo
“ring digitale”, le parole vengono spesso usate come armi. A rendere tutto ancora più caotico contribuiscono anche i font urlati, grandi caratteri bold di titoli sensazionalistici, post senza contesto, meme e slogan che riducono la complessità della politica a semplice tifoseria da stadio.
Ma dove ci sta portando tutto questo? Ce lo dobbiamo chiedere, con serietà. Ha davvero senso trasformare ogni dibattito politico in uno scontro personale? O c’è, nel profondo del Paese, un desiderio inascoltato di capire meglio le sfide, le fatiche e gli sforzi della politica nel governare una realtà sempre più complessa? Da avversari politici si sono trasformati in nemici. In molti denunciano che al di fuori delle telecamere ci si abbraccia e i toni risultano più pacati. E qui sta forse il dato più preoccupante, perché molti italiani invece credono che questo clima di odio sia reale – e non recitato – e che possa spingere qualche “svalvolato” a compiere atti estremi.
Le risposte degli elettori
È una consapevolezza trasversale, che supera ogni schieramento politico e che ci interroga, tutti, sull’urgenza di un cambio di passo. La politica ha bisogno di visioni, di confronto anche duro, ma costruttivo; non di odio, insulti e delegittimazione reciproca. Per avvalorare le proprie tesi spesso si alterano i significati fino a renderle verosimili provocando reazioni sempre più forti e roboanti tra le parti e innescando un meccanismo che porta velocemente dal credibile all’improbabile. In un contesto in cui tutto si trasforma in rumore e la confusione offusca il giudizio,
l’elettore finisce per affidarsi più al sentimento di appartenenza che a una scelta realmente consapevole.
L’omicidio di Charlie Kirk
È anche per questo che i due blocchi politici, “centrodestra” e “centrosinistra allargato”, restano immobili, senza reali travasi di consenso se non tra i partiti all’interno delle reciproche alleanze. Si moltiplicano tra i diversi schieramenti le ricerche di nuove figure “moderate”, capaci di rassicurare nell’immagine e nei toni, ma non basta. Il 59,9% degli italiani attribuisce all’odio politico un ruolo principale (27,4%) o comunque significativo (32,5%) come movente nell’omicidio del politico americano Charles James Kirk. Un dato che dovrebbe far riflettere, perché racconta di una consapevolezza diffusa: il linguaggio politico, quando si fa strumento di polarizzazione e scontro permanente, può contribuire a innescare dinamiche pericolose anche nella realtà. I cittadini meritano una classe dirigente all’altezza, che sappia scegliere le parole con responsabilità, costruire fiducia e innalzare il livello del confronto, perché in democrazia le parole non sono mai solo parole: sono atti, e gli atti, inevitabilmente, generano conseguenze.
La politica, oggi più che mai, ha il dovere di disinnescare tensioni, non alimentarle, perché una società che smette di ascoltarsi è una società che rischia di smarrire sé stessa.
Alessandra Ghisleri
(da lastampa.it)
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Settembre 21st, 2025 Riccardo Fucile
I DISAGI CONTINUERANNO ANCHE A NOVEMBRE
Autunno nero per chi viaggia. Sono già numerosi gli scioperi in programma da domani e fino
a metà novembre, sia nazionali sia locali, nel pubblico e nel privato, la maggior parte nel settore aereo e ferroviario. Si parte da domani, lunedì 22 settembre: l’obiettivo di chi incrocerà le braccia è manifestare la propria solidarietà alla popolazione palestinese e il supporto alla missione della Global Sumud Flotilla.
Partiamo da domani. I sindacati di base hanno indetto uno sciopero generale di 24 ore per lunedì 22 settembre che coinvolgerà il trasporto locale, il personale delle ferrovie e della logistica, i lavoratori portuali, ma anche quelli delle scuole e delle università. Le sigle coinvolte sono Usb (Unione Sindacale di Base), Cub (Confederazione Unitaria di Base), Adl Varese e Sgb (Sindacato Generale di Base) e Usi-Cit (Unione Sindacale Italiana – Confederación Internacional de los Trabajadores).
Per quanto riguarda il settore ferroviario, lo sciopero prevede l’adesione del personale appartenente al gruppo Fs, a partire da Trenitalia (ad eccezione del personale in Calabria) e Trenitalia Tper oltre a Italo – Nuovo Trasporto Viaggiatori e Trenord. L’agitazione prenderà avvio dalla mezzanotte di lunedì 22 e proseguirà fino alle 23:00 ma, come si legge sul sito di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) potrà “comportare modifiche al servizio anche prima e dopo la sua conclusione”. Due sono le fasce garantite, dalle 6:00 alle 9:00 e 18:00 alle 21:00.
Disagi attesi anche sul trasporto pubblico locale, marittimo, merci e logistica sempre di 24 ore ma con varie modalità. L’Atac a Roma ha confermato che metro, autobus e tram saranno garantiti solo fino alle 8.29 e poi dalle 17.00 alle 20.00. L’Atm milanese ha annunciato che sarà assicurato il servizio di metropolitane e mezzi di superficie fino alle 8.45 e dalle 15 alle 18. Dalla mezzanotte, incrociano le braccia anche i taxi.
Astensione dal lavoro proclamata anche da per il trasporto merci
su rotaia, dalle 21 del 21 alla stessa ora del 22 settembre, mentre per le autostrade sono previste 24 ore di stop dalle 22 del 21 settembre e per i porti per l’intera giornata di lunedì.
Sempre domani, protesterà anche il corpo dei Vigili del fuoco, ma solo per 4 ore, dalle 9:00 alle 13:00. Per il personale giornaliero e amministrativo l’astensione proseguirà per l’intera giornata di lunedì. Mentre nel comparto sanità lo stop prenderà avvio dall’inizio del primo turno fino alla conclusione dell’ultimo del 22 settembre.
Chiudono il lunedì nero le scuole e le università. Il ministero dell’Istruzione e del merito (Mim) fa sapere che il sindacato di base ha proclamato uno sciopero generale anche per “il personale docente e Ata del comparto istruzione e ricerca”. Nella mobilitazione, indetta dalle sigle Confsai, Cisle e Conalpe, sono interessati gli insegnanti delle scuole pubbliche e private di ogni ordine e grado. Possibili sospensioni di lezioni, laboratori e attività sono previsti poi nelle università
Manifestazioni e sit-in in varie città
Oltre allo sciopero generale, per domani sono previste diverse manifestazioni pro-Pal nelle principali città italiane. Tra le altre, a Roma, l’Usb ha dato appuntamento alle 11:00 in piazza nei Cinquecento (Stazione Termini) per una manifestazione organizzata insieme a organizzazioni pro-Pal e studentesche. “Sarà una grande giornata di mobilitazione e sciopero generale potranno aderire tutti i lavoratori anche quelli legati ad altre sigle sindacali. È il momento di intervenire per sostenere la resistenza
palestinese e gli equipaggi della Global Sumud Flotilla partiti il 19 settembre dalla Sicilia”, fa sapere Guido Lutrario, portavoce del sindacato. A Milano è in programma una manifestazione dalle 10:00 in piazzale Cadorna, mentre a Torino, gli attivisti hanno annunciato per le 11:00 “blocchi diffusi in città” e per le 18:00 l’avvio di un corteo da piazza Castello.
Venerdì nero per chi vola
Venerdì 26 settembre, invece, è attesa una giornata di passione nel settore aereo. Cub Trasporti ha indetto uno sciopero di 24 ore dei lavoratori del comparto aereo, aeroportuale e indotto aeroporti.
Si fermano per 24 ore anche hostess e steward della Wizz air Malta limited aderenti alla Filt Cgil, e il personale della compagnia Volotea per lo stop deciso dalla Uilt. Per 24 ore si fermano anche i lavoratori della Sogaersecurity dell’aeroporto di Cagliari.
Proteste nazionali nello stesso giorno per quattro ore a livello aeroportuale indette da sindacati confederali e di base. Fra i più colpiti gli scali milanesi di Linate e Malpensa.
I disagi proseguono a ottobre e novembre
Ottobre si apre con il fermo venerdì 3 per 24 ore (a partire dalle 21 del 2 ottobre) del sindacato intercategoriale Cobas del settore ferroviario pubblico e privato.
Un’altra mobilitazione è fissata per il martedì 21 ottobre per un’assemblea nazionale dei lavoratori della manutenzione della infrastruttura Rfi e per uno stop indetto da Cobas lavoro
privato/coordinamento ferrovieri.
A quelli elencati finora, si aggiungono gli scioperi già in calendario dal 22 settembre al 10 ottobre del trasporto pubblico locale in varie regioni, mentre per novembre è già previsto nella giornata dell’11 lo stop nazionale degli uomini radar dell’Enav proclamato dall’Astra per quattro ore a partire dalle 13. Sono previsti disagi per chi prevede di spostarsi in aereo.
(da La Repubblica)
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Settembre 21st, 2025 Riccardo Fucile
IL SOCIOLOGO DERRICK DE KERCKHOVE, EREDE DI MARSHALL MCLUHAN, PARLA DI “DERIVA AUTORITARIA” DI TRUMP – “GLI AMERICANI VENGONO LICENZIATI SOLO PER LE OPINIONI CHE ESPRIMONO, UNA MAIL, UN MESSAGGIO SUI SOCIAL. È UNA FARSA: L’UNICA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE RIMASTA È QUELLA DI ELOGIARE TRUMP. L’AUTOCRAZIA C’È GIÀ”
«Ma quale libertà di parola? È chiaro che non esiste più, gli Stati Uniti stanno diventando una repubblica delle banane». Comincia così Derrick de Kerckhove, allievo prediletto ed erede di Marshall McLuhan, per poi finire anche peggio: «La deriva
autoritaria è già cominciata. Il problema semmai è capire se esiste una maniera efficace per resistere».
Come giudica quanto sta accadendo, dopo l’omicidio di Kirk?
«Gli americani vengono licenziati a destra, sinistra e centro, solo per le opinioni che esprimono, una mail, un messaggio sui social. È una farsa: l’unica libertà di espressione rimasta è quella di elogiare Trump».
Non c’era il Primo emendamento della Costituzione a proteggerla?
«Quanto accade è frutto di una lunga storia nel trascurare la frase “We the people”, con cui comincia la Costituzione. Soprattutto il Partito democratico ha dimenticato il popolo, creando le condizioni per la rabbia che ha favorito l’elezione di Trump nel primo mandato.
Lui è stato molto abile a sfruttarla, soprattutto con la comunicazione, attraverso i social. I democratici poi hanno avuto l’occasione di fermarlo con Biden, ma hanno fallito l’obiettivo, accelerando rabbia e risentimento. Lui ha sfruttato molto bene la debolezza degli avversari, ottenendo quello che loro ritenevano impossibile, ossia la rielezione».
E adesso?
«Avendo ripreso il potere, Trump lo usa per completare gli obiettivi mancati nel primo mandato. Governa con la paura, all’interno dei confini americani e all’esterno, dove usa l’economia come strumento di ricatto. La rapidità e la brutalità con cui si muove ha scioccato persino i suoi avversari».
L’attacco alla libertà di parola è solo uno degli strumenti per erodere le istituzioni democratiche?
«Certo, a partire da come sfrutta il sistema giudiziario, i militari nelle strade delle città, persino la sanità. Sta avendo successo nell’ignorare completamente la Costituzione».
Qualche esempio?
«I soldati vanno impiegati per combattere le guerre fuori dai confini nazionali. L’ordine pubblico compete alla polizia. Trump però sta riuscendo a normalizzare ogni comportamento autocratico».
Anche fuori dagli Stati Uniti?
«Ovunque. La sua tattica è l’intimidazione e tutti si piegano, ad eccezione di Cina e Russia. Avete visto come si è inchinato il premier britannico Starmer. In Europa l’unico che resiste è il francese Macron. A Gaza facilita una guerra immorale».
Perché gli americani non reagiscono?
«Si sono lasciati ipnotizzare: non guardano più alla realtà, non gli interessa. Hanno accettato il lavaggio del cervello e sono contenti di credere a qualsiasi narrazione di Trump».
Vede il pericolo di un governo autocratico negli Usa?
«C’è già, è evidente. E se non verrà fermato prima, Trump cercherà di consolidarlo candidandosi al terzo mandato, vietato dalla Costituzione».
È possibile fermarlo e come?
«Qualche speranza si intravede nella resistenza dei repubblicani. È molto debole e gli estremisti Maga resteranno fino in fondo al
fianco dell’imperatore, come la vecchia guardia con Napoleone Altrimenti?
«Non è la mia soluzione preferita, e credo sia la meno probabile, ma non escluderei disordini interni, perché una volta che schieri i soldati nelle città, è difficile prevedere le reazioni».
Cosa suggerisce di fare per contrastarlo nella comunicazione?
«Ho trovato interessante e incoraggiante la proiezione della foto di Trump con Epstein a Windsor. Ha una percezione surreale di se stesso e tiene molto all’immagine, quindi demolirla è un’azione efficace per irritarlo, destabilizzarlo e contrastarlo. Anche con l’ironia, spesso più devastante della logica, soprattutto con persone boriose come lui».
(da agenzie)
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Settembre 21st, 2025 Riccardo Fucile
“IO HO UN CARATTERE FORTE E TUTTO QUESTO NON MI SFIORA, MA C’E’ GENTE CHE SI AMMAZZA”
Ha denunciato commenti razzisti nei suoi confronti lasciati sui social, Fanny Tardioli, 24
anni di Campello sul Clitunno, Miss Umbria e seconda a Miss Italia. Lo ha fatto con un lungo post su Facebook: “Tornatene nel tuo Paese”, “Avete invaso l’Italia”, “A questi concorsi dovrebbero essere ammesse solo ragazze bianche” alcuni delle frasi riportate.
“Non mi sono sentita offesa, ma delusa” la replica di Fanny Tardioli. “Si tratta di gente ignorante – ha aggiunto -, persone adulte che trascorrono il loro tempo a diffondere odio, quando invece dovrebbero dare il buon esempio”. “Se ho scritto quel post su Facebook – ha spiegato ancora – è perché ho pensato alle conseguenze che certi commenti potrebbero avere sulle persone. Io fortunatamente ho un carattere forte e tutto questo non mi sfiora, ma c’è gente che si ammazza. Fossi stata più fragile, mi sarei probabilmente cancellata dai social e mi sarei chiusa in camera a piangere”.
Poi scrive ancora: “Sono dispiaciuta per quelle persone: padri e madri di famiglia, che passano le loro giornate a commentare i post con sopra foto di ragazzine, perché questo siamo, insultandole o denigrandole senza rendersi conto che dall’altra parte potrebbe esserci qualcuno che potrebbe rimanere offeso, che potrebbe reagire in modo estremo a determinati commenti o credere davvero di essere sbagliato”.
(da agenzie)
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