Settembre 23rd, 2025 Riccardo Fucile
IL PD: “LA FENICE MERITAVA SCELTE TRASPARENTI, NON CALATE DALL’ALTO”…“BEATROCE”, GRANDE STAR DI MARKETING E SPOT TRICOLOGICI (BIOSCALIN), LAMENTA “LE POSIZIONI POLITICHE? CREANO SOLO POLEMICHE E IO HO 35 ANNI E CE L’HO MESSA TUTTA PER EMERGERE”
Dopo un paio d’anni di rumors e relative smentite sino all’altro ieri, è stata nominata direttore musicale del Teatro La Fenice di Venezia Beatrice Venezi. Assumerà l’incarico dall’ottobre 2026 con un mandato fino a marzo 2030.
«La decisione — si legge nella nota del Teatro — è maturata a seguito di proficui colloqui e della disponibilità manifestata dal Maestro, è stata approvata all’unanimità dal Presidente della Fondazione, il Sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, e da tutti i consiglieri di indirizzo sottolineando come la nomina del Maestro Venezi rappresenti un valore aggiunto in professionalità, visibilità internazionale, energia e rinnovamento». La nomina è stata fatta dal sovrintendente, al quale spetta.
Non è chiaro, pertanto, perché la nota faccia cenno a una «approvazione all’unanimità» visto che non c’è stato (e non serve) un Consiglio di indirizzo con all’Ordine del giorno una discussione su Venezi.
La musicista, nota alle cronache anche per la vicinanza al centrodestra e per una allusiva pubblicità a un prodotto di bellezza, nel dicembre 2022 Venezi, che in una intervista al «Corriere» disse di voler essere chiamata direttore e non direttrice, è stata invitata a dirigere il Concerto di Natale in Senato.
Da Bangkok Venezi accoglie «con emozione e gratitudine» la scelta: «La Fenice è una istituzione a cui ho sempre guardato con grande rispetto ed ammirazione: sono onorata di ricevere questo incarico, che mi impegnerò ad onorare sia a livello nazionale che internazionale, con l’obiettivo di condurre tutti i corpi del Teatro verso successi sempre maggiori».
Venezi preferisce sorvolare sulle posizioni politiche: «Creano solo polemiche e io ho 35 anni e ce l’ho messa tutta, dal punto di vista artistico, per emergere».
«Ho approfondito con cura tutti i profili possibili per il ruolo — afferma il sovrintendente, Nicola Colabianchi — e ho deciso di puntare su Venezi in quanto è un ottimo direttore d’orchestra e perché è una donna che a soli 35 anni si è già affermata a livello internazionale».
Di tutt’altro tenore le reazioni dell’opposizione e dei lavoratori del Teatro. Per Giuseppe Saccà, capogruppo del Pd in Consiglio comunale, «la Fenice meritava scelte trasparenti, non calate dall’alto… metodo ormai tipico delle destre al governo». «Da
mesi — afferma Marco Trentin, rappresentante Fials del Teatro — circolava la voce e mercoledì avevano chiesto informazioni al sovrintendente. Il quale ci aveva rassicurato che il percorso era lungo, c’erano vari nomi e avrebbe fatto un passaggio con orchestra e lavoratori prima di ogni decisione. Passaggio che non c’è stato. Penso sia un atto grave. Adesso faremo passaggi con tutti i lavoratori. Per me è un blitz scandaloso».
(da agenzie)
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Settembre 23rd, 2025 Riccardo Fucile
UNO DEI DUE SAREBBE ORIENTATO “AL NORD”, LEGATO ALL’EREDITA’ DI BOSSI E DELLA PADANIA. L’ALTRO “DEL CENTRO-SUD”, PIU’ LIBERO DI SPOSTARSI A DESTRA CON VANNACCI. SALVINI SAREBBE IL SEGRETARIO FEDERATORE
Se si materializzasse l’ipotesi evocata da Carmelo Caruso sul “Foglio”, ovvero una Lega divisa
in due partiti gemelli e alleati, sul modello Cdu-Csu in Germania, si porrebbe un serio problema di tenuta per il centrodestra e per il governo Meloni.
A differenza di cio’ che accade per i due partiti tedeschi, omogenei sulle posizioni in politica estera, una Lega “del Nord”, europeista e atlantista, a guida Zaia-Fedriga-Fontana, sarebbe distanti anni luce da un Carroccio di estrema destra by Vannacci
per di più filo-russo, anti-Ue e ostile all’Ucraina.
Come tenere insieme due “leghe” così antitetiche? Il segretario-federatore Salvini avrebbe molte difficoltà a tenere insieme capre e cavoli. E Giorgia Meloni avrebbe di che temere. Perché Vannacci, da leader di un partito tutto suo, si ritroverebbe praterie spalancate per parlare a un elettorato post-missino, nostalgico del Duce e della Decima Mas, deluso dal camaleontismo della Ducetta.
E poi: chi dice che l’ex militare Vannacci, sfegatato fan di Putin e con un lungo trascorso in Russia, non provi a sfilarsi da un’alleanza, quella a guida Fratelli d’Italia, da sempre vicina a Zelensky? Non è affatto scontato che “il partito di Vannacci” decida di accucciarsi, come hanno fatto Salvini e Tajani, ai piedini di Giorgia. Né è automatico che l’8% di consensi, di cui ora è accreditata la Lega, si vada a ripartire equamente tra i due partiti-gemelli. Cosa accadrebbe, infatti, se l’ex parà drenasse il grosso dei consensi diventando primo azionista della “federazione”?
Il 2027, quando si voterà per le elezioni politiche, non è così lontano. E il parlamento che verrà dovrà anche eleggere il prossimo presidente della Repubblica…
(da Dagoreport)
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Settembre 23rd, 2025 Riccardo Fucile
ANDREA SEGRE’ DELL’OSSERVATORIO WASTE WATCHER: “HO MANGIATO TONNO SCADUTO 5 ANNI FA, ERA BUONISSIMO”
Il professor Andrea Segrè è il coordinatore dell’Osservatorio Waste Watcher. Il 29 settembre è la Giornata mondiale degli sprechi alimentari. E i dati dell’osservatorio dicono che «negli ultimi dodici mesi, abbiamo buttato 28,9 chili di cibo a testa, pari a 1,7 milioni di tonnellate e 7,46 miliardi di euro. Rispetto all’anno precedente, è un 10% in meno. Purtroppo, non è che siamo diventati più consapevoli: abbiamo buttato di meno perché la crisi ci ha spinti a risparmiare». In un’intervista al Corriere della Sera il docente ricorda che «siamo lontani dal dimezzamento auspicato dall’Agenda Onu 2030 e l’Europa, nel frattempo, ha abbassato i target: meno 30 per cento per consumi domestici, distribuzione e ristorazione; meno dieci per l’industria; l’agricoltura neanche è considerata».
La giornata mondiale degli sprechi alimentari
Segrè ricorda che nel 2010 aveva chiesto il dimezzamento dello spreco entro il 2025. «Oggi, anche se per una percentuale minore e con tempi più lunghi, abbiamo una direttiva europea obbligatoria, mentre l’Agenda Onu è solo d’indirizzo. E col mio team, abbiamo creato lo sprecometro, un’App che ti dice quanto
stai buttando via in denaro e in impronta ecologica, idrica, carbonica», sostiene. E spiega che fa la spesa «con una lista scritta e zero concessioni ad acquisti extra e offerte. Guardo sempre le scadenze: le confezioni in fondo allo scaffale scadono più tardi, e, se uno yogurt scade domani, so che, domani, i fermenti lattici non si suicidano tutti insieme».
I cibi scaduti
E ancora: «Col mio amico Massimo Cirri, conduttore di Caterpillar, facevamo il gioco alla radio a chi mangiava cibi scaduti da più tempo. Lui confessò uno yogurt di 90 giorni. Scherzava ma mi chiamò il capo dell’Asl di Bologna, dove sono Consigliere del sindaco per le Politiche alimentari. Mi disse: smettila. Il principio resta che guardi lo yogurt, lo annusi, assaggi, senti se è acido». Le date di scadenza poi sarebbero un trucco: «Sul secco, la scritta “da consumarsi preferibilmente entro” serve più a far ruotare la merce sugli scaffali che a garantire la salute. Una volta, ho trovato una farfallina nella pasta e ho pensato: tanto, si bolle, e gli insetti saranno la dieta del futuro. Un tonno in scatola l’ho aperto apposta cinque anni dopo la scadenza ed era buonissimo».
L’ossessione antispreco
La sua ossessione antispreco, dice, nasce dalle mie origini. Mia nonna aveva un decalogo di vita sobria di fine ’800: finire sempre quello che hai nel piatto, rivoltare cappotti e cravatte… Mia madre, quand’ero piccolo, mi diceva: finisci tutto, i bambini del Biafra muoiono di fame. Nell’80, quando studiavo Agraria, vedevo al tg montagne di pomodori e arance al macero… Mi
chiedevo: che senso ha insegnare a produrre cibo per poi buttarlo? La folgorazione però arriva nei magazzini di un super per una ricerca universitaria su come si organizzano gli scaffali: vidi cumuli di confezioni di cibo finiti nei rifiuti per un solo frutto ammaccato».
(da agenzie)
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Settembre 23rd, 2025 Riccardo Fucile
L’EURODEPUTATA: “SEGNALE IMPORTANTE E POSITIVO, IN UNGHERIA NON ESISTE IL DIRITTO, CHIEDO IL PROCESSO IN ITALIA”… REAZIONE ISTERICA DELL’INTERNAZIONALE CRIMINALE SOVRANISTA CHE VUOLE CONDANNARE IL PROSSIMO SENZA PROVE E CON UNA SENTENZA GIA’ SCRITTA, MA PERMETTE LE SFILATE NEONAZISTE IN ONORE DELLE SS
La commissione Juri (Affari giuridici) del Parlamento europeo ha votato contro la revoca
dell’immunità a Ilaria Salis. I contrari sono stati 13 e i favorevoli 12.
Si tratta del primo giudizio per l’eurodeputata di Avs. Una vittoria per Salis. «È un segnale importante e positivo», esulta.
Ora la palla passa al Parlamento europeo che il 7 ottobre dovrà esprimersi in seduta plenaria. «Ho piena fiducia che il Parlamento confermerà questa scelta, affermando la centralità dello stato di diritto e delle garanzie democratiche – aggiunge Salis – Difendere la mia immunità non significa sottrarmi alla giustizia, ma proteggermi dalla persecuzione politica del regime di Orbán. È per questo che la sua tutela è essenziale. Le autorità italiane restano libere di aprire un procedimento a mio carico, come io stessa auspico e chiedo con forza».
I Popolari divisi in commissione: decisivi due voti
L’esito era appeso al voto dei popolari. La commissione è composta da 25 membri: 11 tra socialisti, verdi, sinistra e democratici, già contro la revoca dell’immunità; 7 tra sovranisti, conservatori e patrioti, che hanno votato a favore; 7 popolari che si sono dunque divisi sul voto. Due loro voti sono stati decisivi per l’esito finale.
Tanto da scatenare l’ira della Lega che parla di «eurovergogna targata sinistra e traditori del centrodestra.
“L’Ungheria verso il ricorso”
Secondo il relatore della richiesta di revoca dell’immunità per l’eurodeputata Avs, il popolare spagnolo Adrian Vazquez Lazara, “questo voto rappresenta un pericoloso e brutto precedente. Prevedo che l’Ungheria presenterà ricorso alla Corte di giustizia europea”.
«Siamo un pochino più sereni ma molto felici, ma il voto ufficiale sarà a ottobre», esordisce Roberto Salis, il papà di Ilaria che per lunghi mesi, mentre la figlia era in carcere a Budapest, ne è stato la voce e si è speso per la tutela dei suoi diritti.Mentre la vicepresidente del Parlamento europeo in quota Pd, Pina Picierno, dichiara: «Una decisione auspicata e importante, in difesa dello stato di diritto e del giusto processo».
Le accuse dell’Ungheria a Salis
Ilaria Salis era stata arrestata l’11 febbraio del 2023 a margine di una manifestazione antifascista organizzata per contrapporsi al Giorno dell’Onore che ogni anno richiama a Budapest centinaia di nostalgici delle Ss da tutta Europa. Da quel giorno trascorrono 15 mesi di detenzione preventiva in un carcere che Salis racconterà prima nelle sue lettere e poi nel diario dal carcere, pubblicato in esclusiva da Repubblica e Tg3, denunciando le condizioni di prigionia disumane e degradanti.
Nel giugno del 2024, Avs decide di candidare Ilaria Salis alle elezioni europee per tirarla fuori da quel «pozzo», come lo aveva metaforicamente chiamato nel suo fumetto dedicato a Salis
Zerocalcare. Salis era stata eletta al parlamento di Strasburgo con 176mila preferenze.
La richiesta di revoca dell’immunità e l’iter in commissione
Il 10 ottobre dello stesso anno, il giorno dopo un duro intervento in aula dell’eurodeputata contro il governo Orban, le autorità ungheresi avevano trasmesso al parlamento europeo la richiesta di revoca della sua immunità. A dicembre la richiesta era stata affidata alla commissione Juri che aveva designato come relatore il deputato Adrian Vazquez Lazara. Dopo le audizione, il relatore ha redatto un report su cui la commissione è stata chiamata a votare.
Le reazioni politiche
«Ringraziamo i parlamentari della commissione Juri. Ilaria ha sempre detto di non voler fuggire dal processo ma di volere un giusto processo che non può essere garantito in Ungheria dove Orban ha già scritto la sentenza di condanna come dimostra il post del suo portavoce che ha mandato a Ilaria le coordinate del carcere in Ungheria. Per noi quella di Ilaria è stata ed è una battaglia per lo stato di diritto e la democrazia in Europa.Lo affermano Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni di Avs
Le parole di Ilaria
«Io non voglio sottrarmi al processo. Anzi, voglio essere processata. Ma non in Ungheria, dove sarebbe un processo politico, dove la sentenza è già scritta. Voglio essere processata nel mio paese, in Italia. Io ho fiducia nella magistratura. Ho fiducia della magistratura italiana». A dirlo in un’interivsta al Corriere della Sera è l’eurodeputata di Avs, Ilaria Salis, alla
vigilia del voto sulla sua immunità in commissione al Pe. «Sono preoccupata, agitata. Ma sono anche fiduciosa», ribadisce Salis, che aggiunge: «Sono convinta che il governo sia in grado di far sì che il processo avvenga in Italia. È quello che chiedo con forza», conclude.
I legali di Salis hanno detto che Salis “ha chiesto di avere un processo equo, e questo per una serie di questioni non si può svolgere in Ungheria. Ci sono le condizioni eventualmente per un processo in Italia”, secondo l’avvocato Eugenio Losco. E, ha aggiunto il collega Mauro Straini: “La Germania sta già giudicando in Germania i cittadini tedeschi implicati per i fatti di Budapest. Mi chiedo cosa impedisca all’Italia di portare in Italia il processo a una cittadina italiana. Un processo è giusto quando si arriva alla fine in condizioni di equità”. Sulla decisione riguardo all’immunità, Losco ha dichiarato: “Non si poteva non tener conto di alcune problematiche che ci sono in Ungheria per quanto riguarda la violazione dello Stato di diritto. Non può essere garantito, soprattutto in un caso così politico dove ci sono delle pressioni da parte del governo”.
(da agenzie)
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Settembre 23rd, 2025 Riccardo Fucile
NELLA PIENA INCERTEZZA, DEPUTATI E SENATORI DI AZIONE PREPARANO UN “RICOLLOCAMENTO”, IN VISTA DELLE PROSSIME POLITICHE: MATTEO RICHETTI PUNTA A RIABBRACCIARE IL PD. L’EX RENZIANO ETTORE ROSATO ED ELENA BONETTI GUARDANO AL CENTRODESTRA
Che cosa abbia in mente Carlo Calenda, con Azione, nessuno lo ha capito bene. Entrare stabilmente nel centrodestra oppure finire per tornare, come un figliol prodigo, nella famiglia del campo largo?
L’unica certezza è che la sua decisione, nel momento in cui avverrà, non sarà indolore. Sì, perché il partito di Azione assomiglia un po’ a quei vasi apparentemente compatti ma che nascondono in realtà fratture profonde. I componenti del gruppo parlamentare alla Camera, infatti, si guardano intorno, senza fare troppo rumore.
In questa fase Calenda flirta con il governo e il centrodestra. È stato ospite della festa dei giovani di Forza Italia a San Benedetto del Tronto, con tanto di endorsement al candidato della destra, Francesco Acquaroli e in parlamento ha votato la riforma sulla separazione delle carriere e ha ricalcato le posizioni della maggioranza sul riarmo.
Intanto non rinuncia a dire la sua sul percorso di costruzione del progetto di centrosinistra.
Molti dei suoi deputati e senatori, comunque, già lavorano al piano B. Hanno cominciato a elaborare una strategia personale per non farsi cogliere impreparati quando la decisione del leader arriverà. Il capogruppo alla Camera, Matteo Richetti, non fa mistero di auspicare un ritorno in seno al centrosinistra.
Dal Pd viene e con il Pd vorrebbe tornare. Altrettanto si può dire per la deputata romana Valentina Grippo e il bresciano Fabrizio Benzoni, entrambi con un passato di centrosinistra alle spalle, oltre che un buon rapporto con Richetti.
L’ex renziano Ettore Rosato guarda da tempo al centrodestra. Nei mesi passati si è parlato con insistenza di un dialogo per passare a Forza Italia, ma poi la cosa è sfumata. Al centrodestra pensa pure Elena Bonetti, ex ministra di rito renziano e fondatrice di PER, associazione di cui fanno parte anche il deputato Antonio D’Alessio e lo stesso Rosato, che finora ha condiviso con Bonetti ogni mossa. C’è poi Daniela Ruffino, che viene da FI. Facile pensare all’opzione del ritorno alla casa-madre.
Il deputato Giulio Cesare Sottanelli e il senatore Marco Lombardo sono tra quelli che seguirebbero Calenda ovunque, mentre la vice-presidente Pastorella, e con lei Federica Onori, sono in fase di riflessione.
Questo articolo fa parte di “Razza Poltrona”, la nuova rubrica di Domani, a cura di Stefano Iannaccone, che svela i retroscena del palazzo e racconta gli angoli nascosti del potere
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Settembre 23rd, 2025 Riccardo Fucile
PROPRIO COME NEGLI STATI UNITI, ANCHE LE PERSONE CHE OGGI RISIEDONO LEGALMENTE SULL’ISOLA RISCHIANO L’ESPULSIONE
Un’espulsione di massa destinata a coinvolgere “centinaia di migliaia” di stranieri immigrati
nel Regno Unito, incluse persone che oggi risiedono legalmente sull’isola in base alle regole attuali. E’ ciò che Nigel Farage, leader della nuova destra britannica d’ispirazione trumpiana, si ripromette di fare se riuscirà mai ad andare al governo alla guida del suo partito, Reform UK, indicato da mesi nettamente al primo posto nei consensi dai sondaggi davanti a entrambe le forze tradizionalmente dominanti del Paese: il Labour del premier Keir Starmer e i Conservatori.
Intervistato in apertura di prima pagina dal Daily Telegraph, giornale storicamente filo-Tory, l’ex tribuno della Brexit ha rilanciato la sfida a Starmer liquidando come inattendibili gli impegni avanzati pure dalla sua leadership laburista moderata in materia di stretta ai confini; e sottolineando il record di oltre mille sbarchi di “clandestini” al giorno registrato ancora nel fine settimana attraverso la Manica.
Ha viceversa assicurato di essere pronto da parte sua a imporre una “revisione senza precedenti” delle regole attualmente in vigore nel Regno: fino all’obbligo di rinnovo di visti e permessi di soggiorno permanenti già concessi, da sottoporre a criteri più severi (ad esempio sulla necessità di avere contratti di lavoro con salari minimi più alti) pena la revoca e l’espulsione.
Uno schema che in parte ripropone quello delle mega deportazioni introdotto negli Usa dal suo amico Donald Trump, reduce la settimana scorsa da un’inedita seconda visita di Stato nel Regno dove è stato accolto da Starmer col tappeto rosso. E su cui Reform intende far leva per distinguersi dai tentativi degli altri partiti d’inseguire a loro volta la protesta anti-immigrazionenel pieno della stagione dei congressi politici britannici: con quello laburista in programma la settimana prossima, quello conservatore fra due e quello dei centristi liberaldemocratici appena chiusosi in queste ore a Bournemouth.
(da agenzie)
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Settembre 23rd, 2025 Riccardo Fucile
IL CENTROSINISTRA PRONTO A SOSTENERLA
Un servizio sanitario nazionale per gli animali, pensato per permettere ai proprietari di cani e gatti con reddito basso di curare i loro amici a quattro zampe senza doversi preoccupare delle spese. È questa l’idea alla base della proposta di legge depositata da Michela Vittoria Brambilla, storica esponente di Forza Italia e ora in Noi Moderati, nonché fondatrice e presidente della Lega italiana difesa animali e ambiente (Leidaa). La proposta di legge è stata depositata a pochi mesi dall’approvazione di una legge sempre a firma della depuatata di Noi Moderati – già ribattezzata per metonimia “legge Brambilla”
– che prevede l’inasprimento delle pene per i reati contro gli animali.
Che cos’è il servizio sanitario veterinario?
La proposta di legge è composta da cinque articoli. Nel primo viene coniato il nome: Servizio sanitario nazionale veterinario. Un nome che racchiude l’obiettivo della norma: creare un sistema che ricalchi il modello del Servizio sanitario nazionale rivolto agli “umani”, cioè l’insieme di strutture, servizi e professionisti che garantiscono l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini. In questo caso, però, l’accesso non sarebbe universale: il servizio sarebbe riservato ai proprietari di cani e gatti esenti dal pagamento delle spese del Ssn per motivi di reddito. Si tratta dunque di una misura rivolta principalmente alle fasce più deboli della popolazione: anziani, disoccupati, persone in gravi difficoltà economiche.
Per cani e gatti, domestici e non
Ma a quali animali sarebbe rivolto questo servizio? Nel testo si parla esclusivamente di cani e gatti. Ma oltre a quelli che vivono comodamente con i loro padroni, le prestazioni sarebbero destinate anche a cani e gatti randagi o ricoverati in strutture di associazioni animaliste senza scopo di lucro e regolarmente riconosciute. Ne avrebbero diretto anche i cosiddetti “cani di quartiere”, cioè i cani liberi integrati nel territorio urbano, riconosciuti e protetti dai comuni e accuditi da organizzazioni o associazioni di locali. Ma anche i cani guida per persone non
vedenti, le colonie feline riconosciute dai servizi veterinari delle Asl e infine i cani e gatti impiegati in terapie o attività assistite a fini curativi o riabilitativi, come quelli impiegati nelle nella pet therapy.
L’organizzazione a livello regionale
Il servizio richiederebbe un’organizzazione capillare a livello regionale: l’articolo 3 prevede infatti l’istituzione, presso ciascun assessorato regionale alla sanità, di una commissione regionale per le prestazioni veterinarie, incaricata di redigere e aggiornare gli elenchi dei veterinari convenzionati e di coordinare l’intero servizio, assicurando che le cure siano erogate dai professionisti autorizzati e definendo chiaramente quali prestazioni siano effettivamente coperte.
Anche per associazioni animaliste
Tra i beneficiari del servizio rientrerebbero anche le associazioni animaliste operanti nella regione di appartenenza, che potrebbero richiedere l’accesso alla convenzione a patto di dimostrare di avere almeno due medici veterinari e strutture regolarmente autorizzate.
Apertura nel centrosinistra
Chissà che proprio da questa proposta di legge non possa arrivare un’apertura anche da parte del centrosinistra. «Lo scopo è decisamente condivisibile» commenta Devis Dori, deputato di Alleanza Verdi e dinistra, che qualche mese fa ha depositato una proposta sempre collegata al mondo animale, che prevede il
riconoscimento di un permesso lavorativo in caso di malattia o decesso del proprio animale domestico. «Come Avs, condivido la finalità della proposta per due ragioni: in primo luogo perché pone attenzione al benessere animale e alla necessità che Stato e Regioni se ne facciano carico con adeguati fondi; in secondo luogo perché si rivolge in particolare alle fasce di popolazione a basso reddito, che potrebbero non riuscire, per motivi economici, a garantire ai loro animali di compagnia tutto ciò che meritano. Qualora la proposta dovesse essere calendarizzata, siamo pronti a sostenerla».
(da agenzie)
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