SALVINI IN OMBRA: LA LEGA DEL FUTURO E’ DI VANNACCI
LA PONTIDA FORMATO VANNACCI PER UNA LEGA ORMAI IN DECLINO
Una Pontida formato Vannacci. L’evento mediatico è stato organizzato in stile X-Factor, con i relatori annunciati come fossero partecipanti a un talent. E lo show è andato come previsto: l’eurodeputato e vicesegretario della Lega, Roberto Vannacci, ha conquistato la scena, con buona pace della vecchia guardia legata alle origini bossiane del partito.
Gli slogan urlati dal palco durante la due giorni sono stati vari: stop all’immigrazione, con lo spauracchio della remigrazione e la blindatura dei confini come capisaldi, identità nazionale da tutelare contro l’attuale Unione europea, la parola «libertà», sventolata come una bandiera nei vari interventi, da quello di Santiago Abascal, leader dell’estrema destra spagnola di Vox, fino a Jordan Bardella, delfino del lepenismo in Francia. E poi tantissimi riferimenti a Charlie Kirk.
Il raduno di Pontida si è svolto nel segno dell’attivista dell’estrema destra statunitense, ucciso lo scorso 10 settembre, anche per la congiuntura del calendario che ha fatto cadere la manifestazione negli stessi giorni del funerale. Praticamente tutti
lo hanno ricordato fino al minuto di raccoglimento chiesto dal leader della Lega, Matteo Salvini.
Il Doge sul Veneto
Il governatore veneto, Luca Zaia, ha spostato l’attenzione sulle questioni italiane. Sulle prossime regionali ha lanciato un messaggio chiaro agli alleati, in primis a Fratelli d’Italia: «Il nostro candidato è Alberto Stefani, poi capiremo cosa deciderà il tavolo. Se il candidato sarà della Lega sarà Stefani, se non sarà della Lega sarà un problema».
Anche sulla lista personale non è andato per il sottile: «Dicono che la lista Zaia valga il 44-45 per cento. Il centrodestra deciderà se la vuole o non la vuole, Tajani rappresenta un pezzo di centrodestra, non rappresenta tutto il centrodestra», ha aggiunto il Doge ribadendo il principio su Roberto Vannacci: «Può essere un valore se fa il leghista».
Solo che l’eurodeputato più che il leghista continua a fare il Vannacci, lo showman di estrema destra. Il disegno è ormai chiaro: il generale vuole vannaccizzare la Lega. Ha infatti rilanciato il proprio manifesto politico, dimostrando che l’uditorio è in sintonia con le sue idee, con buona pace della vecchia guardia nostalgica delle origini bossiane, Zaia incluso. «Non ci rassegniamo alla società multiculturale, alla società meticcia, alla islamizzazione delle nostre città», ha detto dal palco, facendosi interprete del pensiero del gruppo dei Patrioti europei.
E quindi ha lanciato l’amo per agganciarsi a uno degli slogan dei giovani leghisti: «Non regaliamo nulla a chi non rispetta le nostre norme, le nostre leggi, per questi signori c’è solo un futuro, remigrazione», mettendoci l’immancabile riferimento alla X Mas: «Andrebbero insegnati a scuola i nomi degli eroi della decima». Tanta comunicazione e poca sostanza. Comunque sufficiente per provare a galvanizzare la platea e capire se un giorno potrebbe davvero essere la sua.
L’intervento non è comunque passato inosservato. «La X Mas di cui parla Vannacci è quella che, dopo l’8 settembre, rimase fedele al fascismo, combattendo con i nazisti e diventando nota per rastrellamenti, torture e massacri di civili e partigiani?», ha ricordato Irene Manzi, deputata del Pd.
Poca manovra
Pontida 2025 lascerà i suoi strascichi. Salvini ha chiuso la mattinata del raduno e, suo malgrado, è scivolato un po’ a piè di pagina nell’attenzione generale. Certo, ha convocato con anticipo di quasi mezzo anno una manifestazione nazionale per il 14 febbraio, «in difesa dei valori, dei diritti, dei confini e delle libertà della civiltà occidentale». Ma non è apparso nella sua forma migliore, forse a causa del problema di calcoli renali che nella giornata di sabato lo avevano costretto a una serie di controlli medici.
Il vicepremier ha comunque ribadito la posizione del partito sulla politica estera: «Non manderemo mai i nostri figli e i nostri nipoti a morire in Ucraina. Non siamo in guerra contro nessun». E ha confermato il «no all’esercito europeo e a un debito europeo per comprare armi e carri armati».
L’ultimo fronte di Salvini è quello della manovra, dopo un rapido e doveroso passaggio sull’autonomia (che non c’è), per cui ha riproposto un cavallo di battaglia delle ultime settimane: «Chiederemo un contributo non alle piccole banche dei territori ma a quelle grandi che hanno fatto più di 500 milioni di utili su interessi».
In mezzo alla propaganda rumorosa, è finito quasi in sordina l’intervento del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha cercato di accontentare gli astanti: nella legge di Bilancio ci sarà «pace fiscale» e taglio alle tasse. In una lunga lista di dichiarazioni propagandistiche non hanno le promesse a breve scadenza.
(da Domani)
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