“AI BLACK BLOC NON FREGA NULLA DI NOI: ECCO PERCHE’ LI ABBIAMO MANDATI VIA”
TRA GLI “ACAMPADOS” DI VIA NOMENTANA: “LORO LA CASA E LA MACCHINA CE L’HANNO”
Hanno deciso di stare ai patti, dopo aver registrato il successo del lungo corteo del sabato che ha attraversato lento e corposo il centro di Roma. Hanno attutito i guai previsti. Hanno abbandonato alle imprese luddiste i violenti d’attitudine e i disperati crescenti (sempre più giovani, va registrato).
Quelli di Porta Pia, i post-indignati, gli occupy per sempre, restano a presidio di una piazza simbolica, ma oggi non paralizzeranno il traffico della Nomentana.
Hanno inviato i fax in questura: tredici tende e due gazebo restano ai piedi del ministero delle Infrastrutture, li hanno già spostati, però, nell’area parcheggio liberando l’incrocio.
Quelli di Porta Pia parlano sempre più ad alta voce di rivoluzione – «il giorno che non ci sarà polizia, il giorno che non ci sarà bisogno di un Parlamento e la politica la faremo tutti noi» –, ma tengono la luce accesa sull’obiettivo quotidiano.
Sono riusciti a contenere i danni collaterali della marcia più pericolosa dell’anno, necessità primaria per sopravvivere, e, quindi, a portare all’attenzione del paese una questione sommersa eppure urgente: il problema della casa (di chi non ce l’ha, di chi l’ha occupata, di chi, ceto medio andato in pensione con 2 milioni e 800 mila lire e 400 mila lire d’affitto da pagare, ora che la pigione è passata a 1.200 euro al mese è in morosità e sotto sfratto).
Quelli di Porta Pia, metà sono stranieri, africani, sudamericani, manovali dell’Est, si mettono in fila per la pasta al sugo con il pecorino preparata dalle madri delle organizzazioni.
Leggono i giornali in tenda, commentano acidi lo spazio offerto agli assalti dei black bloc quando l’assedio del corteo voleva essere duro, non violento.
Poi alzano lo sguardo verso gli interventi al microfono sul piedistallo della statua dei bersaglieri. Una ragazza, ha preso una manganellata durante le cariche all’Economia, racconta: «A quei centocinquanta che chiamano black bloc non glie ne frega niente di noi e delle nostre lotte, molti hanno casa, macchina e garanzie »
Non erano solo centocinquanta, in verità . E molti sono sottoproletari urbani.
Rivela ancora la ragazza: «Durante la manifestazione un poliziotto si è spostato dal suo contingente, mi ha preso da parte e mi ha detto: “In un’altra situazione ti avrei chiesto il numero di telefono”.
“Agenti, abbiamo bisogno di voi, venite a difenderci. Difendete i cittadini a cui hanno tolto i diritti». Metà piazza applaude, metà intona canzoncine sulla “malattia polizia”
Lo scarto degli antagonisti dai luddisti questa volta c’è stato, in parte è riuscito.
Il movimento dei movimenti – dicitura riecheggiata ieri, ma il copyright è del Casarini no global del 2001 – ci aveva provato due anni fa, a San Giovanni.
Allora la carica rabbiosa fu prepotente, il numero dei casseur impressionante e chiara l’organizzazione dei centri sociali belligeranti.
Due anni fa Askatasuna, ora al centro delle lotte No Tav, fu protagonista militare, ieri ha partecipato senza guidare nulla. Così il temuto Acrobax romano. A cinque attivisti fiorentini, ancora, la polizia ha consegnato il foglio di via al casello di Roma Nord, a corteo iniziato.
«Io li ho visti in faccia, i vendicatori, quando hanno tirato giù le maschere », racconta Angelo Fascetti, storico leader dell’Asia, movimento romano per la casa.
«Ho provato a parlare con loro, ma parlavo con un muro: c’era solo rabbia, voglia di spaccare».
Andrea “Tarzan” Alzetta, fuori dal Consiglio comunale di Roma per le sue condanne da strada, fondatore di Action, racconta: «Abbiamo respinto le teste di c… perchè qui c’è gente che lotta per cose concrete »
Sul piano formale il movimento deve restare unito, e allora «non ci sono buoni e cattivi tra noi». Oggi, dopo le prime solidarietà sotto il carcere di Regina Coeli, ci sarà un presidio rumoroso in piazzale Clodio, dove i pm si sono presi 48 ore per valutare le prove offerte dalla polizia per i sei arrestati (tre donne, un cinquantenne anarchico di Genova, poi un sedicenne denunciato). Uno dei sequestri è la mappa con il percorso e i tre obiettivi per l’assedio (ministero Finanze, Cassa depositi e prestiti, ministero Infrastrutture) trovata in una tasca, ma quella fotocopia è stata distribuita a tutti i corteanti alla partenza di piazza San Giovanni
Una nuova manifestazione, sempre a Porta Pia, è stata convocata per domani, un’ora prima dell’incontro alle Infrastrutture con il sindaco Marino e il ministro Lupi.
Le richieste «non sono negoziabili »: blocco degli sfratti e della vendita del patrimonio pubblico, un piano di politiche abitative pubbliche, no alle grandi opere e ai grandi eventi, ritiro della Bossi-Fini e cittadinanza per i rifugiati.
Gli antagonisti si infilano tra le contraddizioni delle larghe intese al governo.
Il movimento assedierà a Firenze il ministro dell’Interno, Angelino Alfano (tra il 24 e il 26 ottobre), e organizzerà una nuova assemblea a Roma il 9 e 10 novembre.
«Porta Pia è stato l’inizio, l’assedio continua, è l’ora della vendetta».
Corrado Zunino
(da “La Repubblica“)
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