BUONI A NULLA, MA CAPACI DI TUTTO
PNRR, ANCHE LE REGIONI NON CREDONO A FITTO: CANCELLATI PROGETTI GIA’ AVANZATI, INCERTE LE NUOVE COPERTURE. “E’ A RISCHIO LA NOSTRA QUOTA DI FONDI UE”
Era il segreto di Pulcinella, ma ora è un fatto assodato: Raffaele Fitto e la sua rimodulazione del Pnrr portata avanti in solitudine per mesi hanno fatto infuriare tutti i presidenti di Regione italiani, nonostante 16 su 21 (contando le province autonome di Trento e Bolzano) siano di centrodestra, a partire ovviamente dal presidente della Conferenza, Massimiliano Fedriga (Lega).
Ieri la riunione dei cosiddetti governatori ha prodotto un documento (che Il Fatto ha potuto leggere) inviato al ministro degli Affari regionali, in cui si chiede un incontro urgente per discutere delle modifiche al Pnrr (“ancora una volta non siamo stati coinvolti”), si mette in fila il molto che non torna o è taciuto nella proposta di Fitto e – in un passaggio – gli si ricorda pure che, nonostante un accordo per il riparto raggiunto un anno fa, ha tenuto in ostaggio per mesi il Fondo di sviluppo e coesione (Fsc), quello che dovrebbe pagare il conto delle modifiche: finalmente il relativo decreto andrà al Cipess oggi.
Com’è noto il ministro, martedì, è andato in Parlamento per sostenere che tutto va bene madama la marchesa, il confronto con l’Ue è proficuo e che lui si è solo assicurato di togliere dal Piano di ripresa progetti che non sarebbero stati conclusi in tempo per dare un po’ di soldi al RePowerEu. Le cose, scrivono i governatori, non stanno proprio così e proprio a partire dai nuovi investimenti energetici: passi per i fondi che finiscono ai privati, ma se c’è un problema di tempi della P.A. allora partire nel 2024 con progetti che vanno chiusi comunque nell’estate 2026, termine obbligatorio per i progetti RePower, può “mettere a rischio il conseguimento dei traguardi, il che rende meno chiaro il taglio di procedure avviate che comunque prevedevano investimenti di non corposa entità”. Insomma, le Regioni smentiscono Fitto una prima volta: non tutti i progetti “cancellati” dal Pnrr erano in ritardo, dunque come sono stati scelti i cancellati?
Poi c’è il tema, negato dal governo, di come finanziare gli interventi esclusi dal Pnrr: “La sostituzione delle risorse Ue con quelle del bilancio nazionale potrebbe rappresentare un’incognita forte data da saldi di finanza pubblica e dall’entrata in vigore della nuova governance europea, un rischio blocco dei cantieri senza la certezza dei finanziamenti e, infine, un rischio per le autonomie speciali di definanziamento degli interventi laddove riferiti a finanziamenti statali non a loro destinati” (ad esempio i finanziamenti statali su leggi di settore). E non è finita: “Non risulta evidente in che misura la riprogrammazione proposta abbia effetto in termini dell’obbligo normativo di destinare almeno il 40% delle risorse allocabili alle Regioni del Mezzogiorno”. Problema ancor più importante se Fitto vuole attingere ai mitologici soldi del Fsc, che vanno destinati al Sud all’80%.
Ma sul Fondo di sviluppo e coesione le Regioni hanno un sospetto anche peggiore: il Fsc in parte va direttamente ai territori e in parte a investimenti gestiti. Qual è il problema? “Considerato che (le quote dello Stato centrale, ndr) dovrebbero assicurare la copertura ai tagli proposti” (quelli liberi sono circa 10 miliardi), il fatto che il fabbisogno non sia quantificato né è chiaro cosa si possa finanziare con quei soldi “comporta un alto il rischio che le coperture dei suddetti tagli possano, in effetti, gravare sul ‘Fsc quota regionale’ (tanto più che ci sono appalti in essere con relativi impegni di spesa che necessitano di coperture immediate)”. Insomma, i presidenti temono che Fitto voglia prendersi i soldi loro per pagare la rimodulazione del Pnrr. E allora diventa incomprensibile, scrivono, perché non cancellare “diversi investimenti che presentano l’indicazione importo progetti in essere 0 euro” invece di togliere finanziamenti a quelli già in stato avanzato.
Un caso di scuola dell’approssimazione del lavoro in solitaria di Fitto è quello delle “ciclovie turistiche”, destinatarie di 400 milioni di euro. Le Regioni allegano alla loro lettera una tabella che dimostra “lo stato di attuazione molto avanzato in molti territori” e “le ingenti risorse già spese e/o impegnate da tutte le Regioni”. Com’è possibile de-finanziare questo progetto ora senza indicare come procedere? “Non sono state previste eventuali coperture con fonti alternative” e “inoltre si parla di 400 milioni laddove le risorse Pnrr sono pari a 250 milioni” e il resto “a legislazione vigente: saranno definanziate anche queste ultime?”. E ancora: i bandi Pnrr hanno una loro forma di rendicontazione, quelli Fsc un’altra, i fondi nazionali un’altra ancora, quale andrà usata? A non dire che, data “la contrattualizzazione delle attività professionali già perfezionata” dai vari soggetti attuatori, togliere i soldi “prefigura l’insorgenza anche di un possibile danno erariale”.
Commenti che, nonostante “le tempistiche estremamente ristrette non abbiano consentito un esame approfondito”, riguardano 25 delle modifiche proposte da Fitto: dalle politiche attive del lavoro al taglio a ospedali e case di comunità, dai fondi tolti alle “aree interne” alla Rete veloce. Basti dire che vengono chiesti chiarimenti persino sui maggiori fondi stanziati per gli asili nido, visto che “nella proposta di revisione e sul sito del ministero compaiono dati differenti”. Auguri.
(da Il Fatto Quotidiano)
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