“A DA PASSA ‘A NUTTATA”, FINI ASPETTA IL 14 DICEMBRE: NON TANTO LA FIDUCIA ALLA CAMERA, QUANTO LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE
INCONTRO CON I SENATORI E INVITO ALLA PRUDENZA: IN TRENTA GIORNI IL PREMIER SCATENERA’ UNA CAMPAGNA ACQUISTI E MEDIATICA MAI VISTA PRIMA… OCCORRE EVITARE DI FARGLI DA SPONDA CON ECCESSIVE APERTURE A SINISTRA E CHIUDERGLI IL RAGGIO DI AZIONE….POI IL 14 DICEMBRE LA RESA DEI CONTI
Prima di salire al Quirinale per essere consultato dal Capo dello Stato, il presidente della Camera si è concesso una consultazione di tutt’altra natura, del tutto informale: con i suoi dieci senatori, il manipolo più debole della falange finiana.
Pasquale Viespoli ha spiegato che occorre mettere la sordina alle aperture verso il Pd, perchè «deve esser chiaro a tutti che noi non siamo ribaltonisti»: continuare a vagheggiare governi con l’opposizione può aiutare la propaganda berlusconiana.
E anche peggio: a forza di palesare un’eccessiva “intelligenza col nemico”, si rischia di indebolire le difese concettuali dei parlamentari che d’ora in poi saranno contattati dal presidente del Consiglio al solo scopo di riportarli a casa.
Certo, la fuoriuscita di Giuseppe Angeli, che dal Fli è tornato al Pdl, «era preventivata», ma indubbiamente mettono apprensione a “Futuro e libertà ” i trenta giorni che mancano al doppio voto di fiducia Camera-Senato fissato per il 14 dicembre.
Trenta giorni nei quali è facile immaginare che si dispieghi la più poderosa campagna di “persuasione” mai lanciata nella sua vita da Silvio Berlusconi, che mai come stavolta si gioca tutto, anche dal punto di vista personale.
Fini non ha alcun timore per i capofila delle “colombe” – Andrea Ronchi, Silvano Moffa, Pasquale Viespoli, Roberto Menia, Giuseppe Consolo – ma i singoli sono sempre imprevedibili.
E’ per questo motivo che Fini, dopo aver ascoltato i senatori, ha invitato a una certa prudenza lessicale nei rapporti con le opposizioni e nel vagheggiare governi di unità nazionale.
Gli effetti di quella correzione di rotta si sono visti otte ore più tardi.
A “Ballarò”, Italo Bocchino, numero due di Fli, ha detto: «Non c’è alcuna ragione per fare un governo con la sinistra, sarebbe un’alleanza spuria e innaturale, una esperienza non augurabile».
Fini e i suoi non lo ammetteranno neppure sotto tortura, ma attendono con “ansia” la sentenza della Consulta che potrebbe azzerare la legge sul legittimo impedimento, privando il premier di qualsiasi scudo rispetto alla magistratura, compresa la sentenza finale del processo Mills.
I futuristi non tradiscono emozioni e Carmelo Briguglio, capo della segreteria di Fli, è persino autoironico: «Noi della destra cosmica, pensiamo sempre che nulla sia casuale, neppure la sovrapposizione nello stesso giorno dei voti di fiducia al governo e della sentenza della Consulta».
Soltanto una battuta.
Ma il 14 dicembre è davvero una giornata che potrebbe segnare la storia del Paese.
Le opposizioni sono insorte perchè il giorno delle fiducie incrociate sarebbe troppo lontano, consentendo a Berlusconi chissà quali manovre.
Ma prima del vertice al Quirinale, dal Pdl trapelavano propositi di allungare il “brodo”, di tirare fino al 20 dicembre.
Ecco perchè Gianfranco Fini, nel vertice al Quirinale, non ha battuto ciglio sul 14 dicembre come data-ghigliottina, mentre ha caldeggiato la contestualità delle votazioni di fiducia.
Fini sa che lo attendono 30 giorni decisivi.
Se Berlusconi recuperasse altri deputati, rinvierebbe solo di qualche mese la crisi e non risolverebbe certo i problemi, ma per Fini sarebbe una sconfitta.
Ecco perchè occorre agire sottotraccia da qui fino al 14 dicembre: quel giorno un doppio uppercut gli spianerebbe la strada a un governo tecnico e alla diaspora di altri pidiellini verso Futuro e Liberta’.
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