ASPETTANDO MARA, FINO A QUANDO?
C’E’ UN CETO MEDIO LIBERALE, PRODUTTIVO E MODERATO IN ATTESA DI ESSERE RAPPRESENTATO E CHE NON SI RASSEGNA ALL’ESTREMISMO XENOFOBO: LA CARFAGNA PUO’ RAPPRESENTARLO MA DEVE ROMPERE I PONTI E USCIRE ALLO SCOPERTO
“En attendant Mara…”
Esatto, aspettando Mara, l’onorevole Carfagna, vicepresidente della Camera dei deputati, coordinatore nazionale di Forza Italia. Incarico, quest’ultimo, che, a ridosso di Berlusconi, può voler dire nulla o assai poco.
Ma intanto aspettiamo, arriverà , infine, Mara?
Che giunga, insomma, e, se non altro inizialmente per amor proprio, pronunci parole dirimenti destinate tuttavia, per estensione, a un atollo di società civile, sia detta “moderata” — ma esisterà davvero? – che non voglia sottomettersi all’estremismo, al razzismo salviniano e, innanzitutto, sia detto perfino in nome del galateo essenziale, a un lessico intimidatorio, squadristico, estraneo al rispetto reciproco.
In breve, che giunga, Mara, per dare voce e respiro a un segmento di società che, fra poco altro, non pretende di veder prosperare consensi utilizzando un dispositivo subculturale goebbelsiano, suscitare odio verso l’altro, il migrante, il diverso per far così bottino di voti presso la zona nera e la zona grigia endemiche nello Stivale.
Insospettabili amici di buone letture, quando eravamo ancora colmi di speranze circa l’orrore politico a venire, di tanto in tanto – ripeto: creature davvero disinteressate – erano talvolta lì ad ammonire noi, gli irriducibili, a ripetere un dato luminoso ai loro occhi incontrovertibile, ossia che da parte di Silvio Berlusconi era in atto uno spassionato generoso tentativo di “rivoluzione liberale”, eroico in quanto antagonistico rispetto ai mali endemici del “catto-comunismo” (sic). Ben al di là delle nostre naturali ed estreme riserve, sempre a loro occhi, quella Forza Italia, ai loro occhi assimilabile alla purezza dei protocristiani, nonostante portasse in piazza signore con tacco 12 e borsa “Luigi Vittone” accanto a professionisti, metti, di Velate, Brescia, Amalfi o piuttosto di Grottaferrata — già , alla prima grande loro manifestazione di piazza, con i nostri occhi li abbiamo visti così avanzare, bandiera tenuta alta come il nastro o le clavette della ginnastica ritmica, sui sampietrini accidentati di Porta San Paolo, venuti a dirci che Forza Italia era davvero una presenza “libertaria”, addirittura ispirata al migliore “socialismo” democratico e progressista, e a noi che obiettavamo i nostri dubbi, ecco che loro, esplicitamente, aggiungevano di non farci distrarre dai dettagli cioè, almeno ai loro occhi, il conflitto di interessi, le leggi ad personam, perfino Vianello e Mondaini che, su Canale 5, assicurano che “d’ora in poi ci sarà lavoro per tutti!”, lascia perdere tutto questo, ci dicevano, perchè, al di là delle apparenze, alla fine contava proprio la sicura promessa garantita della rivoluzione liberale, Silvio come Piero: Gobetti, insomma.
Bene, ma che c’entra adesso Mara Carfagna? Ci arriviamo subito, dai.
Che la borghesia italiana sia rimasta allo stato di abbozzo, di ammonite, fossile incapace d’essere pienamente tale, è un dato, senza contare il Sud con la sua matassa di clientele, e ancora, per chi sa un po’ di storia perfino recente, la lingua in bocca Stato-mafia.
Ora che molta acqua è passata sotto il ponte di Arcore, e non cercheremo certo di raccoglierla con la cucchiara della storiografia, permane comunque la domanda, restando in tema di ceti moderati, sul destino del partito che per lunghe stagioni filanti ha preteso di raccogliere la compitezza in blazer – ci capiamo, no? — sia detto in breve: Forza Italia quale fascia politica, e ancor prima antropologico-culturale, ha ora voglia ed estro di coprire?
Vorrà essere un vivaio per una nuova classe dirigente moderata e magari non illetterata come quegli altri che se ne fanno addirittura vanto, non si sa quanto credibile, o piuttosto un cantiere-scuola beffa, aperto fingendo di insegnare al giovane come si scorteccia una strada e poi ripavimentarla nella valle di mediocrità generale ignorata, magari sempre sotto lo sguardo di Berlusconi, il “principale”?
Perfetto, va bene, però Mara Carfagna?
Perchè il punto, nella situazione data, con l’offerta gratuita e perfino ampia di regressione illiberale in atto, restante l’inattendibilità della ciancicata borghesia, la capacità dei ceti, diciamo pure, più garantiti di elaborare un pensiero che risponda alle semplici alle aste della democrazia nella sua forma appunto liberale, che mantenga in breve la stessa compiutezza e austera dignità dei coniugi Arnolfini ritratti da van Eyck — sia detto per chi dovesse ignorarlo, è il quadro-simbolo del nascente orgoglio borghese, datato 1434 – nelle battaglie in atto.
In breve, quando cadono i vecchi marescialli con greca e pennacchio, e perfino i loro attendenti in felpa bianca da centro benessere della Mariembad forzista, come il non esattamente eroico Giovanni Toti, altri devono pur assumersi il peso del rischio o no? Forse, dovrebbe tentarla proprio Mara Carfagna questa carta, pensiamo.
Visto, che alla fine ci siamo arrivati?
Ci sembra ora che l’onorevole Mara, molto al di là della fascia di Miss Cinema, l’apprendistato televisivo tra Mengacci e Magalli, la piazza ministeriale di Raiuno al mattino, abbia il dovere, innanzitutto verso se stessa, di raggiungere la piattaforma più alta per lanciarsi definitivamente nella definizione di sè e del proprio bagaglio “civile”.
Mi direte che Forza Italia è un accrocco proprietario, dove i “quadri” hanno sovranità men che limitata, aggiungerete ancora che il gruppo dirigente lo ha sempre cooptato Lui, sovente con criteri degni del dittatore raccontato da Woody Allen in “Bananas”, quanto ai maschi pretendendoli tutti senza barba, la giacca sempre rigorosamente abbottonata, quanto invece alle donne selezionate tra le prossime al paradigma cosiddetto di “la più bella della festa”. Laddove la festa può dirsi davvero iniziata solo quando giunge Stefania o piuttosto Gabriellina o appunto Mara.
E in qualche misura Carfagna custodisce tutte le caratteristiche per essere ritenuta, fra molto altro, la-più-bella-della-festa, ora per forza tranquilla seduttiva ora per compostezza e impegno ad apprendere, far proprio il bagaglio, gli attrezzi dell’agire politico. Così accanto a un sentire civile.
Certo, ci aspetteremmo qualche nota in più rispetto al volume assordante del megafono sovranista, risposte nette da opporre al linguaggio inaccettabile di Salvini e dei suoi replicanti.
Intanto, se mi accosto alla sua pagina Facebook ho modo di trovare così: “Il linguaggio di chi fa politica deve essere sempre ispirato dal rispetto perchè le parole non sono mai innocue, in particolare quelle di chi ha incarichi chi pubblici. Hanno sempre delle conseguenze”.
Lo so, è ancora poco, occorrerebbe, fossimo in lei, maggiore determinazione, se non lo scatto della veemenza, dell’indignazione, perfino i denti, sì, i denti aguzzi della ribellioni davanti a ciò che fogna, il capo della fune dell’umano rispetto e delle regole della democrazia, della laicità , della tolleranza da lanciare verso le mani incerte della già menzionata nostra cara piccola borghesia, vecchia gente di casa mia, come diceva il poeta, cui è preziosa la moderazione, come dire, Stile e Garbo.
E’ forse pretendere troppo? Qualcuno, al Centro, inteso come luogo politico, potrà , dovrà assolutamente pur farlo, resta, il nostro, sempre e comunque il Paese delle suore Dorotee, da cui si declina una lunga prassi politica e di governo.
Perchè per restare al nodo della rivoluzione liberale, occorrerà pure illudersi circa l’esistenza di una borghesia rispettabilmente decorosa, una “buona società ” che non voglia compromettersi con l’orda sguaiata di Salvini, dovrà pure, per quanto minoritaria, avere una sua rappresentanza, o no, quest’altra zattera di cittadinanza?
Sembra essere arrivato proprio il momento che si accompagna a un’urgenza progettuale, forse perfino pedagogica, assodate le macerie dell’antico splendore di consensi che Forza Italia non conosce più, perfino ipotizzando che l’operazione possa, meglio, debba essere fatta al di fuori del comprensorio dell’iniziale amministratore di condominio, anche uscendo dalla tutela di Berlusconi stesso; aspettiamo appunto che sia proprio Carfagna a spezzare il sigillo.
Si sarà capito adesso perchè “en attendant Mara”?
(da “Huffingtonpost”)
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