BERLUSCONI PROVA IL PRESSING: “SE NON C’E’ IL QUIRINALE IL PATTO NON HA PIU’ SENSO”
“UN CANDIDATO CHE SIA GRADITO ANCHE A NOI”
La scelta del futuro presidente è inclusa nel Patto del Nazareno. Meglio, l’accordo «ha come conseguenza logica che non potrà essere eletto un capo dello Stato che “a noi non sembri adeguato all’alta carica ».
Silvio Berlusconi non fa in tempo a scagliare l’”ordigno” sull’assemblea del Pd riunita in quelle ore, chè incassa le smentite dei più alti vertici dem, dal vice segretario Guerini alla governatrice Serracchiani («Non fa parte del Patto»).
Una provocazione studiata, per gettare scompiglio, dietro la quale tuttavia si annida la paura di essere escluso dal grande Risiko del Colle.
È il timore che attanaglia l’ex Cavaliere sempre di più, man mano che la scadenza si avvicina: il premier che decide di fare da solo, chiudendo un accordo con la sinistra interna o, peggio ancora, coi 5 stelle.
Il leader di Forza Italia invece a quel tavolo vuole, «deve» sedere, come va ripetendo a tutti i collaboratori anche in questo fine settimana segnato dalla telefonata-monito ai militanti di Imola.
Del successore di Napolitano pretende di essere a tutti i costi uno dei due grandi elettori, perchè da un presidente della Repubblica «non ostile, non sfacciatamente renziano e di alto profilo» (è il suo identikit tracciato in privato) fa dipendere i suoi destini personali e giudiziari.
Convinto che se la Corte di Strasburgo non cancellerà , com’è probabile, gli effetti della condanna definitiva, allora solo il prossimo inquilino del Colle potrà rimetterlo in gioco restituendogli in qualche modo «agibilità politica ».
Berlusconi non si spinge più fino alla richiesta di scegliere il presidente «prima» dell’approvazione delle riforme: Renzi aveva già risposto picche, stizzito.
Nè azzarda nomi come quello fatto (e bruciato) di Amato.
Ma pretende comunque di essere chiamato in causa. La minaccia sottintesa è quella esplicitata solo nei colloqui di Arcore e Palazzo Grazioli.
«È chiaro che se Matteo si sceglie un suo uomo per il Quirinale, magari con l’obiettivo di sciogliere subito dopo le Camere, il patto del Nazareno per noi non avrebbe più senso».
Rispettarlo finora gli è costato già tanto, come ha ricordato anche in queste ore nella telefonata pubblica. Quell’accordo sulle riforme, dice ai militanti, «dà fastidio perchè ha impedito un’opposizione vera su tutto, ha creato anche delle difficoltà dentro il partito e ha disorientato gli elettori, ma come facevamo a dire di no a delle riforme che sono le nostre?»
Difficoltà che sta cercando di dissimulare, evitando di arrivare allo scontro finale con Fitto, pur di presentarsi a gennaio coi 120 elettori forzisti schierati in riga.
Ma per eleggere chi? Berlusconi spera almeno di contenere i danni.
Parlando con i dirigenti, in questi giorni, ha confessato di ritenere superato il «rischio Prodi» perchè «non lo vuole neanche Renzi».
Ma considera attualissimo un altro, di rischio: «Sulla scia degli scandali e delle inchieste quelli lì sarebbero capaci di puntare sul presidente del Senato Pietro Grasso, o peggio ancora sul capo dell’anticorruzione Raffaele Cantone».
Un vento di «giustizialismo » sul Colle che il leader di Fi vuole assolutamente spazzare via.
A quel punto, altro che colpo di spugna, per lui. Solo in quest’ottica considera Mario Draghi una soluzione «da ultima spiaggia». Non lo ama (benchè lo abbia sponsorizzato alla Bce proprio il suo governo), «ma tanto non lo ama nemmeno Renzi», sottolinea coi fedelissimi. La partita insomma resta aperta.
«Dal 15 febbraio ci sarà un cambiamento assoluto», promette Berlusconi nella telefonata al club di Imola alludendo al suo ritorno in campo (parziale) finito di scontare i servizi sociali.
Ma il match sul Quirinale si giocherà prima.
E vorrà dire la sua, e pesare, anche il leader Ncd Angelino Alfano, forte della pattuglia neonata di Area popolare di una settantina di parlamentari: «Non abbiamo difficoltà a fare una scelta comune, dovrà essere una figura che possa ottenere i voti del Pd, i nostri e quelli di Forza Italia».
Il ministro ignora, non a caso, la Lega di Salvini. I due si detestano e se le danno ormai di santa ragione.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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