BRASILE, I MILITARI PRENDONO LE DISTANZE DA BOLSONARO E DIFENDONO LA DEMOCRAZIA
DOPO LA MANIFESTAZIONE CON TONI GOLPISTI CONTRO IL PARLAMENTO E IL TRIBUNALE SUPREMO A CUI IL SOVRANISTA ASPIRANTE DITTATORE AVEVA PARTECIPATO
Non è la prima volta e non sarà l’ultima. Il vertice delle Forze armate brasiliane prende le distanze da Jair Bolsonaro, spegne le sue velleità golpiste e difende la democrazia.
Lo fa un giorno dopo la manifestazione sulla spianata dei ministeri a Brasilia durante la quale, davanti a centinaia di sostenitori infervorati che aggredivano i giornalisti con le aste delle bandiere, il presidente aveva lanciato il suo monito: “Abbiamo perso la pazienza, non accetteremo più alcuna interferenza da parte di altri poteri. Andremo fino in fondo per cambiare il Brasile. Le Forze Armate sono con noi. Ho incontrato i vertici e me lo hanno confermato”.
È stata questa ultima precisazione a spingere il ministro della Difesa Fernando de Azevedo e Silva, un generale, a emettere un comunicato ufficiale in cui ribadisce un concetto che i quotidiani brasiliani considerano “ovvio”.
“La Marina, l’Esercito e l’Aeronautica sono organismi dello Stato che considerano l’armonia e l’indipendenza tra i poteri imprescindibili per il Paese”, scrive il ministro. “I militari stanno sempre dalla parte dell’ordine, della democrazia e della libertà ”. Ma aggiunge anche un altro concetto a difesa dei giornalisti malmenati: “La libertà di espressione è un requisito fondamentale della nostra democrazia”.
La presa di posizione non era scontata. Esclusi dalla vita politica per via costituzionale alla fine del ventennio di dittatura, i militari sono stati poi sdoganati dal loro esilio proprio da Jair Bolsonaro che ha nominato nove generali tra i 22 ministri del suo governo.
In diverse occasioni, davanti alle intemperanze e le esternazioni del presidente, avevano rettificato il tiro mostrando una moderazione che bilanciava l’estremismo dell’ex commilitone eletto alla guida del Paese e fagocitato da una base di sostenitori animati da spirito di rivalsa.
Soprattutto il vicepresidente Hamilton Mourà£o, anche lui un generale, ha finito per incarnare il ruolo di colomba nei momenti più duri dello scontro che ha diviso il Brasile sin dall’inizio del governo Bolsonaro. Sulle identità di genere, sulle Ong, sull’Amazzonia, sugli indigeni, sulla scuola, sui libri di testo, sulla cultura e sulla religione.
In pieno coronavirus, il contrasto si è spostato sulla strategia, dividendo ancora il Brasile tra chi difendeva il lockdown come i governatori e chi, Bolsonaro in testa, esortava tutti ad uscire a casa e a riprendere a lavorare.
Adesso, l’ultima battaglia contro il Congresso, colpevole di non lasciarlo governare, e il Tribunale Supremo di Giustizia che ha deciso di avviare un’indagine sulle interferenze del presidente nelle prerogative del suo ministro della Giustizia denunciate dallo stesso Sergio Moro dopo aver rassegnato le dimissioni.
I capi delle tre Forze Armate hanno comunque solidarizzato con Bolsonaro infuriato dalla decisione del Supremo di bloccare la nomina del nuovo capo della polizia perchè considerata inopportuna, visto che Alexandre Ramagem è vicino alla famiglia del presidente e amico personale dei figli, tutti e tre sotto inchiesta della magistratura. Il Tribunale, a parere dei militari, ha varcato i sui confini istituzionali impedendo un atto che spetta all’esecutivo. Un modo di strizzare l’occhio al capo di Planalto e al tempo stesso tenere dritta la barra del comando.
(da agenzie)
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