CHE SBERLA PER GIORGIA! LA CASSAZIONE BOCCIA NETTAMENTE IL DECRETO SICUREZZA, SEGNALANDO CRITICITÀ NEL METODO E NEI CONTENUTI
PER GLI ERMELLINI, IL PROVVEDIMENTO È A RISCHIO DI INCOSTITUZIONALITÀ PERCHÉ MANCA IL REQUISITO DI “NECESSITÀ E URGENZA” PER GIUSTIFICARE UN DECRETO. IN PIÙ IL TESTO È ETEROGENEO, UNA SORTA DI “ZIBALDONE” CHE METTE INSIEME DI QUESTIONI CHE NULLA HANNO A CHE FARE L’UNA CON L’ALTRA – IL PARERE DELLA CORTE NON È VINCOLANTE, MA GIURIDICAMENTE È PESANTISSIMO PER MELONI
Sbagliato nel metodo e nel merito, per questo a rischio di incostituzionalità. In 129
pagine la Cassazione boccia senza appello il decreto sicurezza, segnalando criticità non solo nel metodo di adozione del provvedimento, ma soprattutto nei contenuti.
Il parere è contenuto nella relazione 33/2025 sulle novità normative dell’Ufficio del massimario e del ruolo e al momento non è vincolante, tuttavia giuridicamente è pesantissimo.
Per gli ermellini, il decreto è a rischio di incostituzionalità in primo luogo per il metodo. Un decreto, ricordano, è giustificabile solo in caso di “necessità e urgenza”, requisiti che mancano totalmente se è vero che il provvedimento ha di fatto inglobato un disegno di legge che da tempo camminava in Parlamento secondo le normali procedure.
Il governo Meloni ha giustificato il blitz per “evitare ulteriori dilazioni al Senato” ma la Corte Costituzionale – si ricorda nel parere – ha più volte ribadito che il ricorso al decreto-legge non può fondarsi su una “apodittica enunciazione dell’esistenza delle ragioni di necessità e di urgenza”.
In più, sottolineano, il decreto è eterogeneo. In concreto, significa che si tratta di uno zibaldone di questioni che nulla hanno a che fare l’una con l’altra dalla sicurezza urbana all’ordinamento penitenziario, dal terrorismo alla canapa
questo è ulteriore vizio di legittimità costituzionale per i decreti legge.
Ci sono almeno una trentina di profili critici o problematici. Fra questi, di certo la norma che amplia a dismisura l’operatività degli agenti segreti e ne decreta la non punibilità, consentendo loro anche di creare gruppi terroristici o eversivi da zero, così come le aggravanti di luogo e contesto per il dissenso, le cosiddette norme anticortei. Stessi dubbi di incostituzionalità suppone il nuovo reato di “terrorismo della parola”, secondo cui diventa punibile anche la sola detenzione di non meglio specificato “materiale propedeutico al terrorismo”.
Per la Cassazione, la norma rischia di anticipare eccessivamente la soglia di punibilità, criminalizzando condotte preparatorie che potrebbero essere distanti e slegate dall’effettiva commissione di un reato. Profili critici per i giudici hanno anche le norme di criminalizzazione del dissenso in carceri e cpr – i nuovissimi reati di rivolta carceraria e resistenza passiva – le aggravanti previste per manifestazioni e reati “dentro e fuori le stazioni ferroviari e dalla metro”, così come per le occupazioni di case.
Particolare allarme destano le norme per le detenute madri, giustificate in base alla dottrina sul “diritto penale d’autore”, che rischia di colpire le persone non per la condotta illecita specifica, ma per il loro status sociale o l’appartenenza a determinate categorie, violando i principi di uguaglianza e non discriminazione.
Pasticciate secondo la Cassazione sono anche gli articoli che hanno a che fare con la lotta antimafia e in materia di misure di prevenzione. Da quella che depotenzia le interdittive, dando al prefetto la facoltà di limitarne gli effetti qualora accerti che “verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento al titolare dell’impresa individuale e alla sua famiglia” a quella che prevede il licenziamento in tronco di tutti i dipendenti che
abbiano parentele con il destinatario o precedenti condanne per mafia
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