DECRETO FLUSSI, LA GRANDE BEFFA: ECCO COME IL GOVERNO HA PRESO IN GIRO GLI IMPRENDITORI ITALIANI
L’INCHIESTA DEL CORRIERE DELLA SERA
Il dato è di Unioncamere: nel 2025 per coprire il fabbisogno di manodopera in edilizia, agricoltura, trasporti, turismo, colf e badanti, servono circa 600 mila lavoratori stranieri. Un andamento che va avanti oramai da tempo. Per questo ogni anno il governo stabilisce con il decreto flussi quanti stranieri possono entrare in Italia con un visto regolare. Il meccanismo funziona così: il datore di lavoro che ha necessità fa richiesta attraverso il click day. Vuol dire che in date prestabilite – l’ultima del 2025 è il primo ottobre – chi ha bisogno di un lavoratore straniero fa richiesta su una piattaforma informatica.
In attesa di conoscere i risultati sul 2025, vediamo come ha funzionato il meccanismo fino a dicembre 2024 con i numeri che arrivano dai ministeri dell’Interno, Affari esteri e Lavoro, tramite una richiesta di accesso agli atti presentata dalla campagna Ero straniero, promossa da otto associazioni che si occupano di politiche sull’immigrazione.
Meccanismo infernale e contratti precari
A marzo 2024 i datori di lavoro inviano 679.953 domande in cui viene indicato il nome di chi vogliono assumere. Gli stranieri che possono entrare secondo il decreto flussi sono 151 mila.
A gestire le domande dei click day sono gli Sportelli Unici Immigrazione delle Prefetture. Qui lavorano circa 570 interinali, assunti con contratti di 7 mesi, prorogati prima ogni tre mesi e poi mese per mese.
Gli Sportelli devono inoltrare le pratiche all’Ispettorato territoriale del Lavoro e alla Questura per i controlli. La norma prevede che, se entro 60 giorni non arriva una risposta negativa – 20 giorni per il lavoro stagionale – scatta il silenzio-assenso. A quel punto si mette in moto la trafila per il visto.
Ma ci sono eccezioni importanti. Per Bangladesh, Pakistan e Sri Lanka, che da soli rappresentano oltre la metà delle domande, il silenzio-assenso non vale. Di recente viene escluso anche il Marocco. Il decreto legge 145/2024 li esclude perché il governo li considera «Paesi a elevato rischio di domande corredate da documentazione contraffatta o presentate in assenza dei presupposti di legge».
Le pratiche vengono lavorate in ordine cronologico fino al raggiungimento della quota. Ma quasi la metà delle istanze viene poi archiviata, revocata o rigettata. E non è che a quel punto si torna a scorrere subito la lista delle 679.953 domande di assunzione, perché le Prefetture non hanno organici sufficienti per riassegnare i posti rimasti liberi.
Nulla osta e visti mancati
Il risultato è che i nulla osta effettivamente rilasciati sono solo 83.570. Questo significa che 67.430 posti autorizzati dal governo
rimangono scoperti, e gli imprenditori che avrebbero voluto assumerli sono tagliati fuori.
Il lavoratore con il nulla osta in mano invece deve ottenere il visto d’ingresso presso le rappresentanze consolari italiane nel suo Paese d’origine. L’appuntamento non si prende direttamente, ma attraverso fornitori di servizi esterni autorizzati, introdotti per evitare lunghe code davanti ai consolati. L’attesa, però, può durare mesi: il rischio è che il visto arrivi quando il nulla osta (che ha una validità di 6 mesi) è già in scadenza. In altri casi, chi si affida a sedicenti faccendieri che millantano di poter fissare l’appuntamento rischia di non ottenerlo mai.
Solo una volta presa in carico la domanda, i tempi medi di lavorazione del visto da parte dei consolati sono di 12-13 giorni, nel rispetto del termine massimo di 20 giorni (art. 42, comma 3, del decreto legge 73/2022 qui). Per ridurre i ritardi, l’organico delle rappresentanze consolari viene potenziato: da 206 addetti in 45 sedi nel 2023 a 459 addetti in 94 sedi nel secondo semestre 2024. Eppure i ritardi restano significativi in Paesi chiave come il Pakistan: a fine 2024 a Karachi servono ancora 65 giorni, e 24 giorni a Islamabad, dove lavorano appena 3 addetti.
L’esito finale a dicembre 2024: su 83.570 nulla osta concessi, ci sono 3.631 richieste di visto respinte, 10.869 persone ancora in attesa, e 44.919 domande di lavoro che non si sa che fine abbiano fatto. Totale visti rilasciati: 24.151, di cui 35 in Bangladesh, 41 in Pakistan e 1.866 in Sri Lanka.
Il miraggio del permesso di soggiorno
A questo punto per il lavoratore straniero che ha ottenuto il visto si presentano due scenari:
1) arriva in Italia, ma l’assunzione non c’è perché il datore di lavoro, che ha fatto richiesta mesi prima, nel frattempo ha già risolto. E qui si può aprire l’area grigia del reclutamento in nero;
2) il lavoratore viene assunto ed inizia a lavorare, ma deve rapidamente chiedere il permesso di soggiorno alla Questura.
A dicembre 2024 gli immigrati entrati regolarmente in Italia che ottengono il permesso di soggiorno sono solo 9.331, mentre gli appuntamenti pendenti risultano 1.324.
Il motivo è sempre lo stesso: anche in Questura gli addetti sono pochi e precari. A novembre 2023 erano stati assunti 550 interinali, con contratti fino a giugno 2024, poi prorogati di sei mesi (dicembre 2024), poi di altri tre (marzo 2025), e poi ancora un mese. Ad aprile 2025 il Ministero dell’Interno ha disposto una nuova proroga tecnica di altri nove mesi, portando la scadenza a gennaio 2026. Per ottenere il permesso di soggiorno questi immigrati si ritrovano dunque nel collo di bottiglia delle Questure, che devono anche registrare ed esaminare le domande di protezione internazionale. E pure queste pratiche risentono di notevoli ritardi e disservizi a causa della carenza di organico. Nel 2023 – ultimi dati disponibili – il tempo che passa tra la registrazione della domanda di protezione internazionale (foto-segnalamento e impronte) e la sua formalizzazione (compilazione del modulo che incardina la procedura) è inferiore a 6 mesi in 24 Questure, supera i sei mesi in 18 Questure, e arriva oltre l’anno in 3. A dicembre 2024, le domande pendenti dei richiedenti asilo sono 207.285 (Fonte Aida).
L’autocritica
I click day 2025 si effettuano il 5, il 7 e il 12 febbraio: arrivano
113.534 domande per il lavoro non stagionale a fronte di 70.720 quote disponibili. Solo per l’assistenza familiare e socio-sanitaria, le domande sono quasi cinque volte le quote.
Per il lavoro stagionale invece le domande sono 72.238 a fronte di 110.000 quote disponibili. È un paradosso: per il lavoro non stagionale c’è il 60% in più delle domande rispetto ai posti, mentre per il lavoro stagionale accade esattamente l’opposto, ossia più posti che domande.
Cosa sta succedendo? La spiegazione si legge nella Relazione illustrativa sul decreto flussi di fine luglio (qui) – e che è stata oggetto di un esposto alla Procura Nazionale Antimafia da parte della Presidente del Consiglio dei ministri: «Questo ridimensionamento è da porsi in relazione con le misure adottate per porre rimedio alle rilevanti irregolarità registrate, specie nel settore del lavoro stagionale, nella fase di presentazione delle richieste di nulla osta». In sostanza l’intervento normativo dell’ottobre 2024 (qui) – è un provvedimento che, nei fatti, è diretto più a bloccare le false domande di ingresso per lavoro, che ad accelerare la procedura per quelle regolari. È lo stesso sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ad ammettere: «Vi è una critica che a mio avviso coglie nel segno: quella che chiede di fare un passo in avanti rispetto al meccanismo di ingresso basato sul sistema delle quote e sui click day, i cui limiti sono evidenti. Ora, è chiaro quel che dovremmo evitare in futuro: non altrettanto chiaro è come individuare il nuovo sistema, che dovrebbe prendere il posto del vecchio» (qui l’intervento integrale).
Dunque il sistema delle quote e del click day non funziona, ma
evidentemente pensare ad un’alternativa richiede tempi lunghi, anzi lunghissimi, visto che lo stesso meccanismo è previsto anche per il triennio 2026-2028. Per quel che riguarda invece la difficoltà a trasformare le quote disponibili in reali opportunità di lavoro, il sottosegretario Mantovano spiega: «Questo dipende da varie ragioni: alcune riconducibili a strumentalizzazioni di questo canale di ingresso, altre da ricercare all’interno delle pubbliche amministrazioni competenti in materia. Stiamo lavorando per incrementare forze e capacità, che al momento non sono ancora sufficienti». Ebbene, è da ottobre 2024 che nelle Prefetture e Questure devono arrivare 200 persone di rinforzo, ma a 10 mesi di distanza le procedure non si sono ancora concluse.
Milena Gabanelli e Simona Ravizza
(da corriere.it)
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