DELL’UTRI: “IO DELLA GRAZIA A BERLUSCONI NON SO UN CAZZO”.
MA IL CAVALIERE DA ARCORE FA SAPERE CHE….
“Io della grazia non so un c…o. Non ho detto niente di che”. Marcello Dell’Utri prova a tirarsi fuori dal gioco. A chiudere il “giallo” della grazia.
Perchè le sue parole a Virus hanno avuto l’effetto di un sisma tra Arcore, il Quirinale e gli uffici legali del Cavaliere.
Raggiunto telefonicamente dall’HuffPost non si sottrae. E spiega: “Non mi sembra di aver detto niente di che. Ha visto come è andata la trasmissione?”.
E allora eccola la precisazione di Dell’Utri: “A domanda di Porro sulla grazia, dopo un servizio, ho risposto che non lo so se è stata presentata. Quando mi hanno chiesto se è stata firmata da alcuni dei figli ho risposto: sarà firmata da tutti non da alcuni, immagino. È un discorso generico. Mi sono limitato a rispondere alle domande di Porro. Non ho detto: so che è successo o non è successo o che succederà questo. Non gioco su queste cose”.
E’ il secondo capitolo del giallo. Che arriva dopo le precisazioni del Quirinale e la nota di Ghedini: “Mai presentato domanda nè lo faremo in futuro”.
Dell’Utri è un giocatore, uomo sottile, conosce il peso delle parole.
Senatore, quello che mi sta dicendo è una dichiarazione, non una chiacchierata informale: “Prego, virgoletti che io della grazia non so un c…o. E che, come le ho spiegato, non ho detto niente di che”.
Parole che però confermano che il “great game” della grazia è ancora aperto. Non è stata presentata. Ma la questione non è chiusa. E non lo è per Silvio Berlusconi.
Che non ha gradito la nota di Ghedini. O meglio, non ha gradito una parola della sua nota: il “mai”.
Perchè dire “non presenteremo mai la domanda di grazia”? Perchè chiudere un gioco che va tenuto aperto come lo sta tenendo aperto Dell’Utri? Sono questi i ragionamenti che Berlusconi ha condiviso con qualche amico venerdì sera ad Arcore.
E’ sull’errore di Ghedini, non sulle parole di Marcello che si sofferma l’ex premier. Perchè il dossier, nella strategia berlusconiana, va gestito “politicamente”.
Si mandano segnali o pizzini, si ricevono contro-segnali, non si affrettano le decisioni.
Il Cavaliere, sin da quando Gianni Letta e Coppi salirono al Colle due giorni prima della nota del Quirinale del 13 agosto, è certo che Napolitano usi questa storia per blindare il governo ma che non abbia alcuna intenzione di graziarlo. Il ragionamento dell’ex premier è questo: “Napolitano vuole che la grazia la chieda e che inizi a scontare la pena.
Vuole cioè che non mi dica innocente e perseguitato e che faccia il buono, magari dimettendomi da senatore.
A quel punto valuta. E poi dice no”. Tesi questa sì che coincide con quella di Ghedini. Secondo l’avvocato, il capo dello Stato non darà mai la grazia a Berlusconi, su cui pendono altre inchieste pesanti, dalla compravendita dei parlamentari ai filoni di Ruby.
Ma il punto è la gestione politica, non solo giuridica del dossier. Silvio Berlusconi fino alla decadenza vuole tenere tutte le vie aperte, nessuna esclusa.
La “mossa” si fa all’ultimo minuto, dopo che capirà il potere negoziale che ha col ritorno di Forza Italia.
Per ora Berlusconi vorrebbe una grazia “motu proprio” del Colle. Per ora.
Comunque la parola “mai” su tutto ciò che riguarda la sua pelle non è gradita.
Mai.
(da “Huffington post“)
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