DI MAIO SPACCA IL M5S,VUOLE VICEPREMIER O VIMINALE, CONTE IRRITATO, PARLAMENTARI INCAZZATI
UN PARLAMENTARE GRILLINO: “SI PRENDA UN MINISTERO E LA SMETTA DI FRIGNARE PER UNA POLTRONA”
Esce nella sala della Regina della Camera con il volto scuro, Luigi Di Maio. È appena uscito dalle consultazioni con Giuseppe Conte. Fissa le telecamere, poi inizia a pronunciare parole dure. Snocciola un elenco di venti obiettivi programmatici. Sono ultimativi: “I nostri punti sono chiari. O entrano nel programma, o meglio che si vada al voto subito”. Gira i tacchi e se ne va.
Al Nazareno basiscono: “Che sta succedendo? Hanno problemi interni?”. Il punto è almeno in parte centrato.
Le ultime ore sono state di fuoco. “Così non la reggiamo Luigi”, gli hanno ripetuto tutti i più scettici all’alleanza con i nemici più invisi. “Devi alzare la posta”. Un fuoco di fila che ha visto uniti esponenti dal peso specifico considerevole nel suo partito, da Alessandro Di Battista a Paola Taverna, passando per lo stesso Davide Casaleggio. Il leader si fa vedere sorridente. Scende nel giardino di Montecitorio con i capigruppo Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli come se nulla fosse. Sorridono, si fermano a chiacchierare, poi vanno alla buvette. Pacche sulle spalle, un caffè per il vicepremier uscente, due spremute per gli altri.
Mentre sorride e se ne va ha già pianificato la prossima mossa. Un rialzo del tiro che rimette tutto nuovamente in discussione. Almeno a parole, perchè nella sostanza i 5 stelle sono convinti che l’intemerata abbia puramente un valore tattico, da far pesare sul tavolo delle trattative.
“Hai visto? – spiega un uomo che ha consuetudine con il leader — Dario Franceschini e Andrea Orlando non hanno annullato l’incontro”. Si riferisce a un summit sul programma presieduto dal premier, al quale partecipa anche la delegazione 5 stelle. Peccato che qualche ora prima Nicola Zingaretti aveva fatto saltare il faccia a faccia in programma: “O chiarisce le sue parole o non si va avanti”. Le stesse che il duo Franceschini-Orlando riferisce ai capigruppo. Che non hanno la delega a cedere di un millimetro.
Conte è furioso: “Così si gioca a perdere tutti”, si sfoga con i suoi.
Si sentono con Di Maio, le posizioni non cambiano. Il capo politico M5s è irritato per la mediazione portata avanti dall’avvocato del popolo che prevede uno schema in cui nessun vicepremier sbarcherebbe a Palazzo Chigi.
Il passo indietro è inaccettabile, soprattutto dopo aver verificato che è praticamente impossibile nel gioco di incastri trovare una collocazione di peso per il leader. Che torna ad alzare la posta. Chiedendo per sè il ruolo di vice e un dicastero come il Lavoro. E facendo nuovamente circolare l’alternativa: gli Interni.
Una provocazione, un gioco ad alzo zero dopo che sull’ipotesi Viminale il Pd aveva fatto muro e lo stesso Conte aveva pubblicamente dato assicurazioni in tal senso.
Un messaggio chiaro: Se umiliate me umiliate tutti e tutto salta.
Da Palazzo Chigi si prova a riannodare il filo della mediazione, ma lo scontro tra i due esponenti 5 stelle è a un livello forse mai visto prima. Con Di Maio invitato dai duri e puri del suo partito anzitutto a ridimensionare Conte, definito afflitto dalla sindrome di “Napoleone” da uno dei partecipanti ai colloqui odierni.
E impegnato a dare un messaggio preciso alla recalcitrante base rousseauiana che dovrà vidimare l’accordo. Ma anche alla ricerca di una collocazione per sè che non ne sminuisca il ruolo e lo standing all’interno dei 5 stelle.
A sera un influente fonte vicina a Roberto Fico risponde al telefono: “Ha incassato i dieci punti, ottenuto Conte. Ora il ragazzino che ha avuto tutto parla ancora. Siamo il Movimento orizzontale? Abbiamo a cuore il destino dell’Italia? Si prendesse un ministero e la smettesse di frignare per le poltrone”.
Un’altra grana all’orizzonte. Passare indenne il guado con il trascorrere dei giorni e delle ore diventa sempre più complicato.
(da “Huffingtonpost”)
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