FRANCESCA DE VITTOR, DOCENTE DI DIRITTO INTERNAZIONALE ALLA CATTOLICA: “IL BLOCCO NAVALE E’ ILLEGITTIMO, IN TERMINI DI DIRITTO INTERNAZIONALE LA FLOTILLA NON COMMETTEREBBE NESSUN ILLECITO NEL PORTARE GLI AIUTI A GAZA”
“QUELLE SONO ACQUE TERRITORIALI PALESTINESI, NON ISRAELIANE, LA CORTE DI GIUSTIZIA INTERNAZIONALE CON IL PARERE DEL LUGLIO 2024 LO HA STABILITO”
La professoressa Francesca De Vittor, docente del corso di Diritti dell’uomo presso l’Università Cattolica, spiega a La Stampa che «se ragioniamo in termini di diritto internazionale, la Flotilla non commetterebbe nessun illecito nel portare gli aiuti a Gaza perché è il blocco navale a essere illegittimo. Poi va considerata la risposta di Israele che come sappiamo può essere molto pericolosa, ma guardando alle convenzioni internazionali la Flotilla non sta violando nessuna norma».
E questo perché «quelli non sono i confini di Israele né le acque territoriali israeliane, ma palestinesi. Indipendentemente dal riconoscimento o meno dello Stato di Palestina, non sono acque israeliane. Il diritto internazionale impone che non si possano riconoscere effetti giuridici ad annessioni territoriali illecite. E dunque non si può attribuire quel mare, antistante Gaza, a Israele. Su questo è intervenuta anche la Corte internazionale di giustizia nel parere del 19 luglio 2024, e poi nella risoluzione dell’Assemblea Generale Onu che chiede a Israele di cessare l’occupazione di tutti i territori palestinesi, tra cui Gaza».
Il blocco navale
Secondo De Vittor il blocco navale è illegittimo nella misura in cui concerne l’ingresso di aiuti umanitari. Un blocco navale, benché sia un istituto previsto dal diritto di guerra, non può mai essere funzionale ad affamare una popolazione civile, in questo caso costituisce violazione del diritto internazionale umanitario. Anche qualora questa non ne fosse la finalità, un blocco navale
non può mai essere impiegato per impedire l’arrivo di aiuti umanitari quando i civili non sono sufficientemente approvvigionati. La starvation è un crimine di guerra e può essere inteso come uno strumento per realizzare il genocidio, come appare chiaro nelle ordinanze della Corte internazionale di giustizia che impongono a Israele di permettere gli aiuti come conseguenza dell’obbligo di prevenire il genocidio. E sono vincolanti».
Se Israele attacca una nave italiana
Se l’esercito di Israele attacca una nave italiana «sono possibili tutte le contromisure pacifiche contro lo Stato come le sanzioni economiche. Inoltre è lecito l’uso della forza a protezione dei propri cittadini per fermare un attacco in corso, una nave della Marina militare potrebbe lecitamente abbattere i droni che attaccano la Flotilla perché così difenderebbe gli italiani. Saremmo nel campo della protezione della vita delle persone: una reazione non solo giustificata ma doverosa. L’Italia ha un obbligo di tutela derivante dai trattati sui diritti umani».
Il caso peggiore sarebbe «l’attacco o l’abbordaggio della nave, con l’arresto delle persone. Sarebbero un illecito internazionale, anche in questo caso quindi il nostro paese sarebbe legittimato a rispondere con contromisure pacifiche».
No a biscotti, miele e marmellata
In ultimo l’ong Music For Peace denuncia che dai pacchi umanitari destinati alla popolazione di Gaza vanno tolti gli alimenti «ad alto contenuto energetico per donne e bambini». Lo impone il Cogat, l’agenzia governativa israeliana che gestisce l’ingresso degli aiuti nella Striscia. L’ong avrebbe dovuto partire la prossima settimana con 300 tonnellate di beni di prima necessità diretta a Gaza dalla Giordania. Ma le è stato chiesto di smembrare e lasciare fuori dai pacchi famiglia alimenti a base di «amido e zucchero», conferma una nota della Jhco, responsabile dei passaggi dei convogli in Giordania.
(da Open)
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