FRATELLI MATTEI, ALLA FINE PAGA LA SORELLA
STRAGE DI PRIMAVALLE: LOLLO CONDANNATO A RIMBORSARE 900.000 EURO CHE NON DARA’ MAI… LA SORELLA DELLE GIOVANI VITTIME DOVRA’ COPRIRE LE SPESE LEGALI PER OLTRE 200.000 EURO
«La mia è una vittoria monca, però era mio dovere arrivare fin qui. Un dovere di sorella, per come sono stati ammazzati Virgilio e Stefano, e di figlia, per la battaglia legale che ha combattuto mia madre fino alla sua morte».
Antonella Mattei ha ancora negli occhi il riflesso delle fiamme che la notte del 16 aprile 1973 divorarono la sua casa e le vite di due dei suoi fratelli.
Ora, dopo 43 anni dal rogo di Primavalle, il Tribunale civile di Roma ha condannato Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo, tre esponenti dell’organizzazione Potere Operaio, a risarcirle in solido 923.000 euro per i danni subiti dalla perdita di Virgilio e Stefano, rispettivamente di 22 e 8 anni.
Antonella non riavrà gli affetti che ha perso quella notte nè la serenità della sua infanzia, ma molto probabilmente non otterrà nemmeno il risarcimento riconosciuto dal giudice.
Clavo, infatti, è deceduto, e Grillo, dopo aver trascorso diversi anni all’estero, è tuttora irreperibile. Resta soltanto Lollo su cui rivalersi, sempre che sia solvibile.
Nel frattempo, l’unica certezza, è che il Tribunale ha condannato la donna a rifondere le spese legali sostenute dagli altri 10 soggetti che aveva citato in giudizio.
Sono 18 mila euro a testa, più una somma aggiuntiva di 25 mila euro che il giudice ha riconosciuto agli eredi dell’avvocato Mancini, in passato legale di Lollo, come responsabilità aggravata per avergli fatto causa.
In totale la signora Mattei dovrà sborsare 205.000 euro e difficilmente recupererà i 923 mila euro che dovrebbe avere come risarcimento danni.
All’epoca Antonella era una bambina di 9 anni e abitava in una palazzina in via Bernardo da Bibbiena insieme ai cinque fratelli, alla madre, Anna Maria Macconi, e al padre, Mario Mattei, segretario della sezione «Giarabub» di Primavalle del Movimento sociale italiano.
Alcuni aderenti all’organizzazione extraparlamentare di estrema sinistra Potere Operaio versarono della benzina sotto la porta dell’abitazione.
Divampò un incendio che distrusse rapidamente l’intero appartamento.
La madre riuscì a mettere in salvo Antonella e il figlio Giampaolo di soli 3 anni, scappando dalla porta principale.
Lucia, di 15 anni, aiutata dal padre si calò nel balconcino del secondo piano, mentre Silvia, 19 anni, si gettò dalla veranda.
Per Virgilio e il fratellino Stefano, invece, non riuscirono a gettarsi dalla finestra e morirono carbonizzati.
«Io sono rimasta ferma a nove anni — si sfoga Antonella tra le lacrime — Non è un fatto politico, hanno devastato un’intera famiglia e non ho mai ricevuto delle scuse».
Il processo di primo grado iniziò il 24 febbraio 1975, con Achille Lollo in stato di detenzione, Manlio Grillo e Marino Clavo latitanti.
Si concluse con l’assoluzione per insufficienza di prove.
In secondo grado, invece, i tre imputati furono condannati a 18 anni di carcere per incendio doloso e duplice omicidio colposo, ma tutti e tre risultarono latitanti.
Solo dopo che, nel 2005, la pena è stata dichiarata estinta per intervenuta prescrizione, Lollo ha ammesso alcune delle responsabilità sue e di altri compagni. Tali ammissioni sono servite alla famiglia (che non si era costituita parte parte civile nel processo d’appello) per chiedere il risarcimento danni.
Proprio «alla luce della sentenza della Corte d’assise d’appello di Roma del 1986, passata in giudicato», il Tribunale civile lo scorso 23 febbraio ha riconosciuto ad Antonella Mattei il danno da perdita parenterale per la morte di Virgilio e Stefano e un quarto della somma riconosciuta alla madre (ora deceduta) per la perdita del figlio. Nella sentenza il giudice ha dichiarato estinta la domanda degli altri tre fratelli, considerato che, pur avendo inziato nel 2006 la causa insieme alla madre, a differenza di Antonella, hanno abbandonato il giudizio.
Nel corso di questi 10 anni, il procedimento si è interrotto più volte: prima quando Diana Perrone, militante di Potere Operaio coinvolta successivamente nelle indagini penali, è stata prima interdetta per incapacità di intendere e di volere e poi quando a maggio del 2013 è deceduta.
Nello stesso anno è morta anche la signora Macconi.
«Sarebbe giusto se al pagamento delle spese legali a cui è stata condannata la signora ci pensasse lo Stato — commenta l’avvocato Marco Brannetti, legale della Mattei — Dal momento in cui è stato assente prima, quando c’era una condanna penale da far scontare, potrebbe mostrare ora di essere presente».
Valeria Di Corrado
(da “il Tempo”)
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