“HAMAS E NETANYAHU HANNO INTERESSE NEL VEDER FALLIRE LE TRATTATIVE: SPARIREBBERO SE CI FOSSE LA PACE”: IL POLITOGO FRANCESE GILLES KEPEL SPIEGA L’IMPORTANZA DI FAR PRESSIONE CON IL RICONOSCIMENTO DELLA PALESTINA
“L’INIZIATIVA FRANCO-SAUDITA PUNTA PROPRIO A ROMPERE QUESTA SITUAZIONE, CERCANDO DI ARRIVARE ALLA PACE NELLA REGIONE CON UNA DIRIGENZA PALESTINESE CHE ESCLUDA HAMAS E UN GOVERNO ISRAELIANO CHE NON SIA OSTAGGIO DELL’ESTREMA DESTRA SIONISTA E RELIGIOSA”… “LA POSIZIONE DI GIORGIA MELONI? CON LEI IL PAESE È SULLA VIA DELL’ORBANIZZAZIONE, PERCHÉ PROVA A NEGOZIARE CON TRUMP DISSOCIANDOSI DAGLI EUROPEI. QUESTA È UNA POLITICA SUICIDARIA”
I tanti annunci sul riconoscimento dello Stato della Palestina arrivati da diversi Paesi dopo la recente conferenza dell’Onu a New York co-presieduta da Francia e Arabia Saudita hanno già avuto un effetto concreto, secondo Gilles Kepel: «C’è una pressione molto forte in questo momento su Benjamin Netanyahu», spiega il politologo e arabista francese, autore di Olocausti, libro edito da Feltrinelli.
«Questa logica è riuscita a influire su Netanyahu che, nonostante le sue fanfaronate, alla fine è stato obbligato a lasciar passare gli aiuti umanitari e ha diminuito i bombardamenti», afferma lo specialista.
Professor Kepel, cosa sta cambiando nel dossier mediorientale
«Inizialmente la posizione franco-saudita aveva provocato l’ironia degli Stati Uniti e di Israele, che scherzavano sulla fine della grandeur della Francia. Ma credo che non avessero ben capito la situazione.
La proposta messa sul tavolo da Macron in realtà è un’alternativa per riflettere a una soluzione della crisi mediorientale. Perché oggi Donald Trump e Benjamin Netanyahu sono finiti in un’impasse. Il premier israeliano ha effettuato una fuga in avanti bombardando e lasciando i coloni uccidere e distruggere i villaggi arabi, mentre il presidente americano non ha una vera prospettiva».
Quali saranno i prossimi sviluppi?
«Si prevede che a settembre, oltre alla maggioranza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ci saranno quattro dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza (Francia, Regno Unito, Russia e Cina, ndr) favorevoli allo Stato della Palestina, mentre gli Stati Uniti si ritroveranno soli. Netanyahu, sebbene sia in uno stato di follia, si rende conto del rischio di isolamento».
L’Italia, che non ha dato segnali di apertura al riconoscimento dello Stato palestinese, rischia di rimanere isolata su questo dossier?
«Bisognerà vedere se si unirà al consenso europeo che sta nascendo o se continuerà a corteggiare Trump. Con Giorgia Meloni il Paese è sulla via dell’orbanizzazione, perché prova a negoziare con Trump dissociandosi dagli europei. Questa è una politica suicidaria».
C’è qualche speranza di vedere una ripresa dei negoziati dopo il
passo indietro di Hamas?
«Il movimento ha interesse nel veder fallire le trattative perché sparirebbe se ci fosse la pace, proprio come Netanyahu. In un certo modo suonano la stessa musica. L’iniziativa franco-saudita punta proprio a rompere questa situazione, cercando di arrivare alla pace nella regione con una dirigenza palestinese che escluda Hamas e un governo israeliano che non sia ostaggio dell’estrema destra sionista e religiosa».
L’Autorità nazionale palestinese non sarebbe in grado di prendere la leadership?
«L’Anp versa in pessime condizioni. Mahmoud Abbas è un vegliardo autocrate che non rappresenta più gli interessi della Palestina.
È necessario far emergere una nuova dirigenza che sia in grado di garantire il processo di democratizzazione e la gestione della Pace con Israele. Ma fin quando Hamas sarà presenta nella Striscia tutto questo sarà impossibile. Bisogna capire fin quando il movimento potrà svolgere un ruolo nella zona, perché non ha più le capacità militari di attaccare Israele. Al momento è solo in grado di fare pressione sulla popolazione».
È d’accordo con l’utilizzo del termine genocidio per descrivere quello che sta accadendo a Gaza?
«Dopo il massacro del 7 ottobre del 2023 effettuato da Hamas, che ho definito come una razzia pogromista, c’è stata un’ondata di solidarietà da parte dell’Occidente nei confronti di Israele. Ma adesso la situazione si è capovolta. I bombardamenti su Gaza sono considerati come degli atti genocidi sia da una parte degli israeliani che dagli Stati che sostengono il diritto di Israele a
difendersi.
Questa evoluzione si traduce con una degradazione dell’immagine di Israele. […] si ha sempre più l’impressione che Netanyahu, con il sostegno di Bezalel Smotrich, voglia eliminare e cacciare la popolazione della Striscia. Tutti questi sono elementi costitutivi dell’attuazione di un olocausto».
(da agenzie)
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