I 500 DIPENDENTI DELLA FARNESINA CHE HANNO CHIESTO A TAJANI DI NON ESSERE COMPLICI DEL GENOCIDIO A GAZA
“NON VOGLIAMO CONCORRERE A GRAVI VIOLAZIONI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO”
Oltre cinquecento dipendenti del ministero degli Esteri – e i numeri da quanto risulta a Fanpage.it, sono in continua crescita – hanno firmato una lettera privata indirizzata al ministro Antonio Tajani. Il testo è scritto in modo formale, ma il contenuto è molto forte: si chiede al ministro, e quindi al governo, di cambiare linea sulla Striscia di Gaza per evitare di essere “complici” di “violazioni gravi del diritto internazionale” e del “genocidio in atto”. Le richieste sono precise, dettagliate e numerose. I firmatari hanno confermato a Fanpage.it che “la lettera esprime il profondo disagio delle dipendenti e dei dipendenti firmatari di fronte ai tragici eventi in corso a Gaza e in Palestina”.
Un’iniziativa simile non ha precedenti: in estate circa quaranta ex ambasciatori avevano scritto al governo sullo stesso tema, ma qui si parla di personale attivamente in servizio. Nel testo della lettera, che non è stato reso pubblico ufficialmente ma è comunque circolato tramite varie fonti di stampa, si legge che i lavoratori e le lavoratrici sono appunto a “disagio” nel dover “assicurare, anche indirettamente, compiti e funzioni collegati ad attività cui partecipino autorità o entità israeliane direttamente coinvolte nello sterminio della popolazione civile palestinese”.
Compiti che rischiano di portare a “una forma di concorso o avallo, e dunque di complicità, al massacro in corso”. La linea politica del ministero deve cambiare per “consentire all’amministrazione e ai suoi dipendenti di operare in piena
coerenza con la Costituzione, con gli impegni internazionali assunti dallo Stato e con l’etica del servizio pubblico”.
Il documento ricorda che una commissione d’inchiesta indipendente dell’Onu ha già accusato il governo israeliano di genocidio, e fa delle richieste specifiche. Innanzitutto, spingere per la sospensione dell’Accordo di associazione tra Israele e Unione europea e riconoscere lo Stato di Palestina. Poi, fermare la vendita di armi e ogni forma di cooperazione militare con Israele, incluso il transito di armamenti diretti a Tel Aviv nei porti italiani. E ancora, sanzionare i vertici del governo Netanyahu e dell’Idf, aumentare gli aiuti umanitari, tutelare la relatrice Onu Francesca Albanese e la Global Sumud Flotilla, escludere Israele dagli eventi sportivi e culturali internazionali come avvenuto con la Russia, e altro ancora.
Non basta, dicono i dipendenti, prendere posizione a parole: “L’inerzia o la mera retorica ci espone al rischio di complicità rispetto a violazioni gravi del diritto internazionale e al genocidio in atto”. E anche se ci sono state “iniziative volte a portare sollievo alla popolazione di Gaza, come le evacuazioni messe in campo dall’Unità di Crisi e l’operazione Food for Gaza”, se l’Italia vuole mantenere la sua “credibilità internazionale” serve una “presa di posizione chiara e conseguente”.
Il nostro Paese non può più “mantenere un atteggiamento attendista senza compromettere la coerenza della propria azione esterna con il diritto internazionale e i principi della nostra Costituzione”. I firmatari si mettono a disposizione per un incontro di confronto. E poi la conclusione netta: “Come
dipendenti del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale e cittadini e cittadine della Repubblica italiana le chiediamo urgentemente di non renderci complici”.
(da Fanpage)
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