IL CASO DEL NAUFRAGIO A LAMPEDUSA CHE LE AUTORITA’ HANNO CERCATO DI COPRIRE
LE ONG TENUTE ALL’OSCURO QUANDO AVREBBERO POTUTO INTERVENIRE, GIORNALISTI FERMATI E IDENTIFICATI MENTRE RACCOGLIEVANO NOTIZIE A LAMPEDUSA… CHI HA PAURA DELLA VERITA? COSA HANNO DA NASCONDERE?
“X”, “W”, “U”, “P”, “Z” sono le lettere identificative di cinque delle 23 bare dell’ultimo naufragio consumatosi a largo di Lampedusa. Sono state portate fuori dalla camera mortuaria ieri
all’ora di pranzo, non sappiamo perché, ma probabilmente erano alcune di quelle che nella serata sono state trasferite a Porto Empedocle: undici in totale e arriveranno sulla terraferma questa mattina.
Resta il dubbio che nella mattinata di ieri siano state trasferite anche altre bare: alcuni giornalisti hanno visto salire a bordo del traghetto Siremar una macchina funebre, ma non si hanno conferme su questo come su tante altre cose accadute sull’isola in questi ultimi tre giorni.
Di fatto non sappiamo se tutte le bare siano state trasferite o meno, né se i superstiti siano ancora dentro l’hotspot. Di certo c’è che tutti i superstiti fino a ieri erano ancora lì, insieme a due familiari arrivati sull’isola per i riconoscimenti.
Le informazioni da parte delle autorità sono state date in maniera discontinua e fuorviante creando non poche difficoltà ai giornalisti che si trovavano sul campo.
Alcuni di noi sono stati più volte allontanati dal cimitero, luogo in cui si trova la camera ardente, e – come nel caso di chi scrive e di quello di un altro videoreporter freelance – trattenuti ed identificati dalla polizia.
Anche le organizzazioni della società civile in questi giorni hanno più volte denunciato l’impossibilità di accesso alle informazioni, prima di tutto il fatto stesso di non essere stati
avvisati di quello che stava succedendo il giorno del naufragio.
Mercoledì mattina, infatti, al Molo Favaloro gli operatori di Mediterranean Hope sono arrivati in ritardo, nessuno li ha chiamati come di solito accade per aiutare durante lo sbarco dei primi superstiti e delle prime salme.
“Noi non siamo stati allertati dalle autorità, come normalmente succede. Di solito quando andiamo al molo riceviamo una chiamata dalla Capitaneria di Porto e dalla Guardia di Finanza che ci annunciano di uno sbarco, mercoledì siamo arrivati per puro caso, perché una persona della nostra rete si è accorta che stava succedendo qualcosa al molo, quindi siamo andati in fretta e furia, senza sapere cosa stava accadendo. Solo una volta lì ci siamo resi conto che la maggior parte delle organizzazioni umanitarie internazionali non erano state allertate e questo ci sembra piuttosto curioso”, ha raccontato Francesca Saccomandi di Mediterranean Hope a Fanpage.it, “al molo Favaloro operano su base abbastanza regolare UNHCR, Save the Children, poi c’è ovviamente la Croce Rossa, l’OIM e Frontex, dopodiché c’è la Polizia che gestisce le operazioni. Dal punto di vista sanitario ci sono ASP e l’USMAF, che è l’unità di controllo delle frontiere del Ministero della Salute. Mercoledì c’erano tutti, ma tutti arrivati all’ultimo momento, perché non se l’aspettavano. Gli unici che erano più preparati erano quelli della Croce Rossa, che addirittura aveva portato un’ambulanza extra perché evidentemente sapevano cosa stava accadendo”.
Ma ad aver notato un tentativo di nascondere ciò che è successo non è stato solo chi opera a terra, ma anche chi ogni giorno sorvola il Mediterraneo centrale: “Non siamo sicuri di quello che è successo ma è molto sospetto che un’imbarcazione finisca così vicino a Lampedusa senza che nessuno sappia nulla”, ci ha raccontato Joseph Oertel, il coordinatore tecnico degli aerei di ricognizione di Sea Watch, “Frontex stava sorvolando la zona già da giorni, quindi che un’imbarcazione arrivi così vicino a Lampedusa e nessuno sia stato informato è estremamente sospetto. Nei giorni prima del naufragio abbiamo volato quasi ogni giorno. Abbiamo assistito non solo a questo naufragio, ma anche nei giorni precedenti abbiamo visto persone cadere in mare, barche capovolgersi, persone scomparse e altre morte. Quindi questo naufragio non è stato il primo nelle ultime settimane. Purtroppo, in quel giorno specifico, non potevamo volare perché il governo italiano ha messo sotto detenzione il nostro aereo SeaBird 1”.
“Anche verso il pubblico, i giornalisti e le organizzazioni non governative che si trovavano a Lampedusa le autorità sono state poco trasparenti su questo naufragio – ha concluso il giovane – cercando di tenere nascoste le informazioni su cosa sia realmente
successo e sul perché le autorità italiane abbiano reagito così tardi. È stato un chiaro tentativo di coprire cosa stava accadendo e i crimini commessi nel Mediterraneo centrale”.
(da Fanpage)
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