IL CASO PRESTIPINO-DE GENNARO E LE MANI DELLE MAFIE SUL PONTE
VI È CERTEZZA CHE È IN ATTO “IL CONDIZIONAMENTO MAFIOSO DELLE ATTIVITÀ DI IMPRESA COLLEGATE ALLA REALIZZAZIONE DEL PONTE”… “LO STRETTO DI MESSINA E’ UN’AREA AD ALTA DENSITÀ MAFIOSA: DA UNA PARTE I CLAN DEL REGGINO, DALL’ALTRA LA MAFIA MESSINESE”
Il procuratore aggiunto della Dna Michele Prestipino è stato indagato dalla Procura di Caltanissetta per aver rivelato notizie coperte da segreto investigativo a Gianni De Gennaro – ex capo della polizia e oggi presidente di Eurolink, il consorzio di imprese, general contractor per la progettazione e costruzione del Ponte sullo stretto di Messina – e a Francesco Gratteri, anch’egli super poliziotto antimafia, storico collaboratore di De Gennaro e consulente per la sicurezza della società Webuild, socio di maggioranza del consorzio.
La notizia è importante, non solo perché coinvolge un magistrato da sempre in prima fila nel contrasto alla criminalità organizzata, ma anche e soprattutto perché fornisce la dimostrazione che quel pericolo di infiltrazioni mafiose nella realizzazione della infrastruttura sta concretamente attuandosi, tanto da determinare l’apertura di indagini da parte di più procure. Ciò emerge a chiare note dal comunicato emesso dal Procuratore Nazionale antimafia Giovanni Melillo che – nel ritirare a Prestipino le deleghe del coordinamento investigativo tra le Dda che svolgono indagini su ‘ndrangheta e mafia – ha garantito che “l’ufficio che dirigo e le Procure distrettuali che conducono le indagini relative a ogni tentativo di condizionamento mafioso delle attività d’impresa collegate alla realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina continueranno ad assicurare il loro comune impegno e la loro immutata dedizione per la completezza e la tempestività delle investigazioni”
Ciò smentisce platealmente le infondate dichiarazioni rese lo scorso anno con le quali l’ex poliziotto antimafia, già braccio destro di Giovanni Falcone, sentenziava: “Nessun rischio di infiltrazione per la realizzazione del Ponte sullo Stretto… Mi sento assolutamente sereno e tranquillo sul fatto che ci saranno tutte le condizioni per lavorare in trasparenza, legalità e rispettando le norme”.
Si tratta dello stesso De Gennaro che, per anni è stato a capo di quella Direzione investigativa antimafia (Dia, voluta da Falcone) che, a partire dal 1995, con una serie di relazioni, dava l’allarme sugli “interessi della ’ndrangheta e di Cosa Nostra sollecitati dal progetto per la realizzazione del Ponte sullo Stretto”. Del resto, tutti sanno – e a maggior ragione l’ex capo della Dia e della polizia – che lo Stretto di Messina si caratterizza per essere un’area ad alta densità mafiosa: da una parte la mafia messinese, dall’altra parte i “clan” del Reggino. Questi ultimi hanno sempre intercettato i grandi interventi pubblici come il porto e la megacentrale di Gioia Tauro nonché il rifacimento dell’A3 SA-RC, ove le famiglie mafiose – Mancuso, Pesce, Piromalli, Alvaro, Tripodi, Laurenti e De Stefano – in un summit in contrada Bosco di Rosarno, avevano deciso le spartizioni territoriali dei lotti compresi tra gli svincoli di Mileto e Gioia Tauro.
Qualsiasi persona di buon senso dovrebbe essere contraria alla realizzazione dell’opera sia perché essa dà luogo a un devastante impatto ambientale, sia perché oggi vi è certezza che è in atto “il condizionamento mafioso delle attività di impresa collegate alla realizzazione del Ponte”. Ciò dovrebbe indurre a un serio ripensamento il ministro dei Trasporti Salvini, promotore dell’ecomostro, ma la sua faziosità e inadeguatezza, nonché gli interessi in gioco non fanno presagire nulla di nuovo e di buono.
(da Il Fatto Quotidiano)
Leave a Reply