AUSTRALIA, ALTRO SCHIAFFO A TRUMP, VINCONO I LABURISTI DEL PREMIER ALBANESE
HANNO RAGGIUNTO LA MAGGIORANZA ASSOLUTA, CROLLO DEI CONSERVATORI
Dopo il Canada, tocca all’Australia. L’effetto Trump si abbatte sulle elezioni nei
Paesi anglofoni a diverse latitudini del mondo, danneggiando i candidati percepiti come più vicini alla Casa Bianca. È successo così in Australia, dove alle elezioni di oggi, sabato 3 maggio, i laburisti del premier Anthony Albanese hanno conquistato una storica vittoria. Non solo il primo ministro resta al suo posto, confermato dopo aver governato negli ultimi tre anni, ma consolida la sua leadership. Secondo le proiezioni non ancora definitive, il Partito laburista ha raggiunto la maggioranza parlamentare con i 76 seggi necessari a governare senza bisogno di alleanze o stampelle.
Anzi, la maggioranza si è persino ampliata rispetto alla legislatura appena conclusa. Soprattutto, non accadeva da addirittura due decenni che un primo ministro uscente fosse eletto. Il successo di Albanese è ovviamente l’altra faccia della medaglia del fallimento di Peter Dutton, il candidato conservatore. La sua coalizione Liberal-Nazionale ha incassato una clamorosa sconfitta. le proporzioni del ko sono talmente umilianti che lo stesso leader conservatore ha perso il suo seggio contro uno sfidante laburista. «Me ne assumo la piena responsabilità», ha detto Dutton.
Il centrodestra, come accaduto in Canada, è stato enormemente sfavorito dai dazi imposti da Donald Trump. Fino all’insediamento del presidente degli Stati Uniti, parevano in vantaggio i conservatori, tradizionalmente più vicini alla Casa Bianca. Dopo il «Liberation Day», si è ribaltato tutto. Non sono bastati gli ultimi tentativi di Dutton di prendere le distanze da Trump. Un po’ per ragioni storiche, visto che i liberali sono tradizionalmente molto vicini a Washington. Un po’ per ragioni contingenti, visto che il suo programma sembrava in molti casi simile a quello con cui il tycoon repubblicano ha vinto negli Stati Uniti. Qualche esempio? Le proposte di ridimensionamento della burocrazia federale, di tagli alle assunzioni pubbliche e di una riforma dell’efficienza statale.
I laburisti hanno colto la palla al balzo. Pur senza attaccare frontalmente gli Usa, che restano i primi alleati in materia di sicurezza e difesa, hanno enfatizzato la necessità di costruire una politica commerciale-diplomatica autonoma e non troppo dipendente dalla Casa Bianca. Negli scorsi anni, Albanese ha confermato gli impegni presi dai predecessori sul programma AUKUS, che prevede la costruzione e il dispiegamento di sottomarini a propulsione nucleare con Stati Uniti e Regno Unito. Ma il premier è stato anch
protagonista di un significativo disgelo con la Cina, tanto da venire ricevuto da Xi Jinping a Pechino dopo anni di tensione che avevano fatto esplodere una guerra commerciale.
Dutton è invece stato ribattezzato maliziosamente Temu Trump, dal nome della piattaforma di ecommerce di fast fashion cinese. Il tutto per suggerire il leader conservatore sarebbe una copia a basso costo del presidente americano. La strategia ha pagato, anche perché l’economia australiana è profondamente dipendente dall’export ed è assai integrata nelle catene di approvvigionamento dell’Asia-Pacifico, il cui equilibrio è ora messo in discussione dai dazi di Trump. Albanese, che ha definito le tariffe «autolesionismo economico» è riuscito a convincere gli elettori che solo un governo moderato, stabile e autonomo rispetto a Washington possa essere in grado di proteggere l’Australia dalle grandi incertezze economiche globali. «Una cosa è chiara: abbiamo tenuto fuori Dutton», esultano i laburisti, sorpresi a loro volta dalle proporzioni della vittoria. «Abbiamo detto molto chiaramente che non vogliamo che la politica in stile Trump arrivi in Australia».
(da agenzie)
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