IL FILOSOFO, L’UFFICIALE, L’INFORMATICO: CHI SONO GLI ATTIVISTI DI MEDITERRANEA E PERCHE’ LO FANNO
SALVARE VITE AVVOLTE NEL BUIO DELLA DISPERAZIONE: IL SOCCORSO COME BAROMETRO DELA PROPRIA ESISTENZA
Marittimi di professione, ufficiali di lungo corso, macchinisti, certo. Ma anche un consigliere comunale, un filosofo, l’informatico che, quando è a terra, lavora con le squadre del soccorso alpino.
La scelta di aiutare
Le rotte che portano su una nave di soccorso – a scrutare il mare per ore per verificare che non ci sia nessuno in difficoltà, a sperare di essere nel posto giusto al momento giusto per salvare chi non ha altra opzione, ad affrontare minacce e provocazioni dei libici che anche fuori dalle loro acque territoriali e di competenza si comportano da padroni, su imbarcazioni nate per soccorre e usate per catturare – partono da punti molto diversi.
Luoghi di partenza e confini
Con una vita che a terra si declina in ruoli e funzioni che fra loro nulla hanno a che fare.“Ma non è l’altra vita, è la stessa, in perfetta linea di continuità”, spiega Fabio Gianfrancesco, docente a contratto a Sapienza e in altre università, Rhib leader di una delle lance di soccorso di Mediterranea.
Nell’ong da cui la nuova nave prende il nome c’è dall’inizio. E il percorso politico, esistenziale, di ricerca che da Roma, i suoi collettivi, persino la Sapienza, porta al mare è il medesimo – dice – solo declinato in forme diverse. È anche ricerca su come luoghi di partenza e confini influenzino percezione e visibilità stessa degli esseri umani e anche questa – argomenta – non è pura speculazione accademica.
“Serve a spiegare anche in contesti molto diversi da questo cosa stia succedendo in mare”. Al largo di lettini, ombrelloni, creme solari e aperitivi al tramonto. Con una distesa blu che da una spiaggia italiana è svago, relax, pausa, dentro è una sfida necessaria in cui ci si gioca la vita per avere la speranza di costruirne una.
I migranti morti da gennaio: 1.011
Da gennaio a oggi, recita l’ultimo dato dell’agenzia Onu Oim, Organizzazione internazionale migrazioni, in 1.011 quella sfida l’hanno persa. Il mare li ha inghiottiti. Numeri necessariamente approssimati per difetto. Non tengono conto né di chi si spegne dopo la traversata, come Fatma, la bimba di sei anni morta ieri, dopo cinque giorni di traversata da incubo senza né bere, né mangiare. Tanto meno entrano nel conto i cosiddetti “dispersi” che rimangono solo nelle testimonianze dei loro compagni di viaggio o i naufragi fantasma, quelle barche partite e affondate in un punto del Mediterraneo senza che nessuno ne sappia nulla.
“Andiamo a prendere chi si è fatto male”
“Quando tra dieci, vent’anni qualcuno chiederà ‘come avete permesso tutto questo?’, voglio poter dire che il mio l’ho fatto, che abbiamo lottato perché questo non succedesse a mare, come a terra”, racconta Tommaso Basilici, informatico di professione, a terra fra le squadre del soccorso alpino che hanno ritrovato il piccolo Allen, il bambino che si era allontanato dal campeggio di Ventimiglia. “Per spiegare quello che faccio in mare ai miei compagni a terra dico una cosa semplice: noi qui andiamo a prendere chi si è fatto male, chi è rimasto bloccato, chi è in pericolo, chiunque esso sia. Con Mare Jonio prima e con Mediterranea adesso facciamo lo stesso”.
Raccontare la missione
Anche raccontare è parte della missione, che non si ferma allo sbarco ma continua in conversazioni private e pubbliche, incontri, cene di autofinanziamento, eventi, riunioni. Servono per far capire, per costruire reti, ma anche per mettere insieme i finanziamenti necessari per sostenere le rotazioni successive. “Non abbiamo grandi finanziatori, ogni pieno sono decine di cene sociali, migliaia di contributi anche minimi”.
“Figlio di migrante economico”
A volte, come a Mogliano Veneto, è un impegno che passa anche dal consiglio comunale. Danny Castiglione, veterano in mare per Mediterranea, impegnato anche nei progetti che l’organizzazione ha in Ucraina e Cisgiordania, dell’assemblea del piccolo comune a un passo da Venezia è fra gli eletti. “Dal 2022 ho fatto 12 missioni su 12, sono stato spesso anche in Palestina, quindi ho anche pensato alle dimissioni, ma sono stati i miei a dirmi di restare perché il messaggio di cui sono portatore è importante”. Padre siciliano, madre campana, si definisce “figlio di migrante economico” e in Veneto, anzi in tutto il Nord, ricorda, non è poi così raro. “Quello che ha mosso i miei genitori non è poi così diverso da quello che spinge ad attraversare il mare”.
Torture e violenze
Alle spalle di chi arriva dalla sponda Sud c’è una traversata molto più pericolosa, gli anni in Libia, fra torture, detenzioni arbitrarie, vessazioni, violenze, magari ancora prima, una guerra da lasciarsi alle spalle attraversando il deserto. “La nostra non è un’attività semplicemente umanitaria – afferma Castiglione – noi facciamo politica, siamo qui nella speranza che questo non sia più necessario perché esistono canali sicuri, legali e rapidi per attraversare le frontiere. Nel frattempo salviamo vite che l’indifferenza istituzionale condanna. E lavoriamo anche a terra per spiegare perché sia necessario abbattere i muri che i governi italiani da decenni costruiscono”.
Soccorso come centro della vita
Iasonas Apostolopoulos vede e assiste chi sopravvive ai confini dal 2015. Ha iniziato a Lesbo, poi la rotta centrale è diventata la nuova emergenza, l’ha vista da diverse navi, poi, da quando è nata Mediterranea, ha trovato casa. E ha incontrato nuovamente Ibrahima Lo, il ragazzino tirato fuori dal mare nel 2017, che anni dopo con il suo libro ha ispirato il regista Matteo Garrone. Apostolopoulos non è l’unico che abbia fatto del soccorso il barometro della propria vita.
Lo stesso percorso hanno scelto Fatima Sanchez, marittima di professione che da tempo ha scelto di lavorare sulle navi della flotta civile, Marco, secondo ufficiale, un passato da comandante su diverse navi della flotta civile, un futuro forse a monitorare altre rotte, Georgios, Pavel, Liviu, Leo. Che si stringono nelle spalle e spiegano semplicemente: “Siamo qui perché è il posto giusto dove stare”.
(da agenzie)
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