“IO, STUDENTE, PAGATO COME CAMERIERE MENO DI 3 EURO L’ORA. MI HANNO TOLTO ANCHE LE MANCE”
“TURNI FINO ALLE 2 DI NOTTE, L’HO FATTO PER NON GRAVARE SUI MIEI GENITORI”… “SI USA LA REORCA DEL TURISMO CHE CI SALVERA’ MA SALVA SOLO I PROPRIETARI”
La sua prima esperienza lavorativa è durata solo dieci giorni. Per un cumulo di quasi 80 ore, tre volte in più rispetto a quelle previste dal contratto.
Quando l’ha visto per la prima volta aveva già scavallato la prima settimana. Leggendolo ha pensato che si riferisse al lavoro di un altro: tre ore di servizio al giorno, un giorno libero, 18 ore a settimana. Per lui che lavorava invece sette-otto ore al giorno, senza giorni liberi, per più di 50 ore settimanali. Alla fine, ha detto basta. Non era un lavoro dignitoso. Non lo è stata neppure la paga: 195 euro per i giorni lavorati. Calcolatrice alla mano,
19,50 euro al giorno – meno di tre euro l’ora.
Franco sceglie un nome di fantasia per raccontare una storia non diversa da quella di tanti suoi amici. È appena maggiorenne, riferisce di una parentesi aperta il 1° agosto e chiusa il 10, ma che per altri è prassi perdurante nella quotidianità.
Ha studiato al liceo classico, fa anche il conservatorio. Ha altri sogni, si immagina a fare musica, se riesce politica. Non la politique politicienne, sottolinea. Vorrebbe stare tra la gente. In ogni caso, il lavoro non gli serviva per campare, almeno non adesso. Vive con i genitori, ma teneva a sgravarli da alcune spese. Da qui la ricerca di un impiego estivo, che ha trovato vicino casa. Cameriere in un ristorante-pizzeria nel centro di Taranto. L’esordio nel mondo del lavoro.
«Iniziavamo ad apparecchiare alle 18 e alle 19.30 arrivavano i primi clienti, dunque spesso non c’era neppure un attimo per riposare. Poi si continuava per tutta la sera. Non tornavamo mai prima dell’una. Nel weekend anche all’una e mezza o alle due». All’inizio non firma il contratto. Non glielo mostrano, lo sollecita più volte. Intanto, si mette a lavorare. La notte, andati via i clienti, restavano i gestori del locale. Si apparecchiava il tavolo anche per loro. Erano i camerieri a doverli servire. Un particolare che Franco ricorda con dispiacere. Come anche la politica interna sulle mance. «Le mance – spiega – erano collettive, le si metteva in una ipotetica cassa comune per poi smistarle tra tutti i dipendenti. In verità, venivano usate anche per riparare i danni che facevano i camerieri: bicchieri e piatti
rotti venivano ricomprati con quei soldi. Alla fine, io non ho ricevuto nulla».
Ma a pesare è soprattutto la promessa disattesa di tre ore al giorno per una paga di 800 euro al mese. Quando la realtà era ben altra. «Non mi sembrava corretto inchinarmi a quella logica. Sul contratto c’era scritto che avrei lavorato 18 ore alla settimana quando in realtà erano oltre 50», dice.
L’esperienza di Franco è quella di tanti altri ragazzi. Lo evidenzia Daniele Simon, neo segretario della Filcams Cgil di Taranto. «Chi lavora nel turismo – afferma – guadagna in media 60 euro lordi al giorno, contro una media generale di 96 euro nell’economia italiana».
A capitolo chiuso, Franco tira le somme della sua prima esperienza, pensa a quella dei suoi amici: «È un problema sistemico – dice. Anche a Taranto spesso si usa la retorica del turismo ‘che ci salverà’. Ma così – chiude – salverà solo i proprietari, perché si regge sulle spalle di chi viene sfruttato».
(da Fanpage)
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