LA LEGA SENZA BUSSOLA SI ATTACCA ALLO SLOGAN “PADANIA LIBERA”
IL SENATUR ALL’ANGOLO DISERTA IL DIRETTORIO POLITICO CHE LO ATTENDEVA CON LA TORTA DI COMPLEANNO…E MARONI ASPETTA IL VOTO SU MILANESE
“Sono finito”. Il sindaco di Varese, Attilio Fontana, è l’unico ad ammetterlo, ma nel Carroccio sono in molti ad avere lo stesso timore: l’esercito armato di Roberto Maroni domenica si è presentato a Venezia certo che il generale portasse avanti la battaglia interna contro Umberto Bossi e il famigerato cerchio magico.
Invece, l’esercito si è ritrovato schierato in prima linea su Riva degli Schiavoni ma il nuovo capo ha suonato la ritirata.
Meglio aspettare: “Il Capo sarà travolto dalla caduta di Berlusconi, sarebbe una battaglia inutile”, confida un deputato maroniano.
Che con occhi quasi lucidi sussurra: “C’è Milanese”.
Marco Milanese, ex consulente di Giulio Tremonti, su cui giovedì a Montecitorio si voterà sulla richiesta di arresto, già bocciata dalla giunta per le Autorizzazioni, avanzata dalla magistratura campana. Il voto sarà segreto.
Quindi al sì che sembra ormai scontato della Lega, che a Montecitorio ormai risponde solo a Maroni, potrebbe accodarsi anche una parte del Pdl.
Dando così vita a quella “scossa” che invoca (anche) Flavio Tosi.
Perchè, ha spiegato, “vivacchiare un anno e mezzo è impensabile. Da un po’ di mesi il premier, non dico che non ne azzecca una, ma poco ci manca”, aggiunge il sindaco di Verona.
E se Berlusconi non ne azzecca una, Bossi non mostra risultati migliori.
Domenica è dovuto intervenire Calderoli per interromperlo.
Il leader del Carroccio, visibilmente stanco (ha impiegato due minuti per scendere i quattro gradini del palco, sostenuto dal figlio Renzo il trota), non aveva un discorso scritto e ha seguito gli umori dei pochi militanti arrivati fino a Venezia.
E a forza di sentir invocare la secessione, Bossi ha lanciato lì un “anche con il referendum, ma serve una via democratica”.
Una frase talmente buttata lì che persino Luca Zaia, a pochi passi da Bossi, non ha capito bene. “Non ho sentito parlare di referendum, mi è sembrato che il nostro segretario volesse dire che c’è il pericolo della secessione”, ha detto il governatore del Veneto.
Il fatto che Zaia pensi che Bossi consideri la secessione un pericolo mostra con evidenza la confusione che c’è nel partito.
La base invoca Padania libera, il Capo bofonchia un incomprensibile referendum, uno degli astri nascenti del partito interpreta liberamente.
Ma ormai il Carroccio è sfilacciato.
Ieri è andato deserto il consueto direttivo politico del lunedì in via Bellerio.
Nel quartier generale milanese, infatti, alle 16 era atteso, come ogni settimana, l’arrivo del Capo.
C’era anche una torta di compleanno, una piccola festa in occasione del suo 70esimo anno. Calderoli ha atteso qualche ora, poi è volato a Roma.
Roberto Cota, Rosi Mauro, Marco Reguzzoni e Federico Bricolo, sono rimasti più a lungo. Ma di Bossi nessuna notizia.
E’ il ministro per la semplificazione a tenere a bada i giornalisti.
Gli stessi che dal palco di Venezia domenica ha accusato di scrivere “cazzate: noi siamo uniti, le divisioni sono solo invenzioni, siete degli Iago”, ha tuonato. Per poi scagliarsi contro i sindaci leghisti (Tosi in primis) cui i giornali hanno dato voce. Li definisce “fratelli coltelli”, gli ricorda che “senza Bossi non sareste niente”.
E ieri, davanti alla sede della Lega, cerca di evitare le domande e si limita a una battuta sul compleanno del Capo: “Non li compie da 30 anni”.
Ma l’ha già detto Bossi a Venezia il giorno prima.
Ci si attacca dunque a quel che rimane.
E la secessione sembra essere diventato l’ultimo appiglio per salvare una parte della base. Così la Padania oggi in edicola tenta di legittimare la sparata: “Referendum per la libertà , le vie democratiche”.
Anche l’opposizione prende sul serio il ministro delle Riforme che invoca la secessione. Antonio Di Pietro invoca l’intervento del Capo dello Stato, mentre Giorgio Stracquadanio tenta di sminuire: “Non penso che al nord molti siano disposti a fare una guerra” per ottenere la secessione.
Maroni aspetta giovedì. E assiste in silenzio a quello che sembra essere l’ultimo vagito del Capo.
Uno che ha festeggiato due volte una laurea mai presa, può serenamente gridare alla secessione sapendo che non si realizzerà mai.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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