LA LIBERTA’ AI TEMPI DI MELONI E TRUMP: LA DEMOCRAZIA VIVE DI SCORCIATOIE
LA RICERCA DEGLI SCIENZIATI POLITICI PAGE E GILENS MOSTRA CHE UNA CORRISPONDENZA TRA LE OPINIONI DEI CITTADINI E LE POLITICHE EFFETTIVE E’ POSSIBILE SOLO SE CIO’ CHE LA MAGGIORANZA VUOLE COINCIDE CON CIO’ CHE VOGLIONO LE MINORANZE ECONOMICHE
La parola che ben rende l’idea di uno scivolamento delle democrazie costituzionali verso posture autoritarie è “scorciatoia”. Secondo una ricerca empirica del 2014 riconfermata negli anni, gli Stati Uniti sono tecnicamente un’oligarchia. A condurre la ricerca furono Benjamin Page e Martin Gilens, due autorevoli scienziati politici che non sono né massimalisti, né estremisti di sinistra, come i giornalisti italiani amano etichettare coloro che non si limitano a contare i sassi sui quali inciampano.
Page e Gilens sono giunti a questa conclusione utilizzando uno standard democratico piuttosto semplice e minimo: vedere se le preferenze e le convinzioni politiche della maggioranza dei cittadini influenzano effettivamente la politica. La ricerca indica che tale influenza è molto debole. Mostra che una certa corrispondenza tra le opinioni dei cittadini e le politiche effettive è ancora possibile, ma solo se ciò che la maggior parte dei cittadini vuole coincide con ciò che vogliono le minoranze economiche.
Contrariamente all’ideale democratico, la legislazione negli Stati Uniti semplicemente non tiene conto degli interessi, delle opinioni e del ragionamento della maggior parte dei cittadini. Anzi, ne tiene conto solo se queste collimano con le politiche che soddisfano alcune specifiche preferenze. Pertanto, tecnicamente parlando, gli Stati Uniti non sono una democrazia. I cittadini possono manifestare o sottoscrivere migliaia di petizioni online. Nessuno se ne cale, si direbbe nel bel paese. La libertà di parlare c’è (ancora) ma è inefficace. Vale al massimo come prova che esiste.
Le discussioni sul “deficit democratico” sono cominciate in effetti nell’Unione Europea con la crisi economica del 2008. Un
esempio: nelle elezioni del 2015 in Grecia, un partito politico con un programma economico sostenuto dalla maggioranza dei cittadini venne democraticamente eletto, ma invece di attuare il programma, ha finito per riproporre le precedenti politiche di austerità che i cittadini avevano respinto alle urne. Di nuovo: la libertà di esprimere opinioni e indicare preferenze resta inefficace e l’arte di governare è spesso una capitolazione.
La libertà politica democratica non è come quella civile, nel senso che non è sufficiente averla: occorre che provi ai suoi cittadini che è efficace. Diversamente questi rischiano di perdere fiducia nella democrazia e, magari, farsi convincere da leader autoritari che sarebbe meglio lasciare a loro l’onere di opinare e di decidere. La politica è interessata alla realizzabilità e non è solo libero associarsi e parlare. Ci sono problemi che gruppi e classi di persone avvertono e conoscono, e ci sono strategie per dare loro una risposta. In una democrazia questo processo è collettivo e pluralistico, apre cioè l’arena pubblica alla discussione e alla competizione affinché una parte, quella maggioritaria, abbia la possibilità di mettere in atto, o almeno di provarci, quel che ha promesso nel rispetto delle regole costituzionali.
Succede sempre più sistematicamente che le opinioni e le preferenze della maggioranza dei cittadini siano inascoltate, anche se sul loro numero i partiti contano per vincere e governare. Poi, quando sono al governo, fanno sempre più platealmente quel che vogliono, ovvero quel che vuole la parte della società che economicamente conta di più. Dunque, si promette di tagliare le tasse e di rifinanziare la sanità: le due cose non stanno facilmente insieme. Allora, ci si ingegna in una bella strategia mediatica che faccia credere che le due cose stanno
insieme. Le facce dei leader che come i preti sull’altare fanno omelie in solitario quasi ogni giorni ha la funzione del medico che rassicura il bambino malato magari con parole mielose: una sanatoria ricompensa del declino della sanità pubblica, un’opera pubblica faraonica darà lavoro a molti.
Un’altra strategia è quella di creare tempeste di sabbia con il ventilatore: il carovita morde le vacanze degli italiani e l’eco della stampa orienta l’opinione verso i bagnini. I quali sono certamente esosi (non dovunque) ma una stampa seria dovrebbe chiedersi chi sono gli italiani che vanno verso le spiagge libere (sempre più rare).
Forse il turismo di massa non regge all’inflazione, ai salari da fame, alla precarizzazione. E forse lo stesso ceto medio, nonostante i regalini dei condoni, alla fine si trova a scartare il ristorante per un McDonald’s. Poi, una volta che la sabbia si sarà posata, arriverà l’omelia della presidente del consiglio che racconterà la favola bella del paese che va a gonfie vele, e se non lo vediamo è a causa di chi dall’opposizione solleva dubbi. Guai ai dubbi nel paese dove tutto va per il meglio.
Nadia Urbinati
(da editorialedomani.it)
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