LA MELONI IN EUROPA DECIDE DA LEADER DI PARTITO E NON DA PREMIER: PERCHÉ NON SCINDE UNA VOLTA PER TUTTE LE DUE CARICHE?
DENTRO IL GOVERNO C’È IL TERRORE DI UNA RITORSIONE DEI LEADER UE (MACRON, SCHOLZ, TUSK), CHE NON VEDONO L’ORA DI NEGARE CENTRALITÀ ALL’ITALIA – LA DELEGA AL BILANCIO E LA VICEPRESIDENZA SONO SFUMATE: A ROMA POTREBBE FINIRE O LA COESIONE, IL MEDITERRANEO O LA SBUROCRATIZZAZIONE. TUTTA ROBETTA DI SECONDO PIANO
In un angolo di Blenheim Palace, il castello dove nacque Churchill, Giorgia Meloni registra alle cinque di pomeriggio un “clippino” di 49 secondi netti per provare a spiegare perché FdI ha votato contro Ursula von der Leyen, dopo mesi di trattative e svariati giri di elicottero e trasferte persino in Africa a braccetto con la popolare tedesca fresca di bis. Per «coerenza», sostiene la premier. «E non ho ragione di ritenere che la nostra scelta possa compromettere il ruolo che verrà riconosciuto all’Italia nella Commissione»
E tanti «auguri» a Ursula. A poche decine di metri ci sono i giornalisti di mezzo mondo, ma l’imbarazzo è tale che la premier italiana sceglie di starne alla larga.
Meloni spedisce davanti ai cronisti i suoi colonnelli a Strasburgo, Carlo Fidanza e Nicola Procaccini, per sostenere che l’Ursula bis era improponibile, perché «si è consegnata a Verdi e sinistra».
I dioscuri brussellesi di Meloni parlano solo alle tre di pomeriggio. Quando l’emiciclo ha già votato e i collaboratori di von der Leyen hanno già tirato fuori lo spumante dal frigo. Uno dei grandi paradossi della giornata nera della premier è anche questo. FdI non ha comunicato come avrebbe votato su Ursula. L’ha fatto solo a match chiuso. Altra mossa senza precedenti
Dopo settimane di tribolazioni, con la fiamma magica spaccata tra l’ala dura di Giovanbattista Fazzolari e la fazione più trattativista di Raffaele Fitto, Meloni ha deciso solo ieri mattina di virare sul no. Come la Lega di Matteo Salvini, che da mercoledì sera provocava i “Fratelli” indecisi. E all’opposto di Forza Italia, che col vicepremier Antonio Tajani ha provato, fino all’ultimo, a convincere la presidente del Consiglio a non rompere col Ppe
Dentro FI tanti temono che l’Italia possa pagare lo scotto dell’isolamento. Anche sulle deleghe in Commissione. Perché nonostante le dichiarazioni di facciata, preoccupa un possibile declassamento. Pare sfumata la vice-presidenza esecutiva. E forse pure una vicepresidenza semplice, che potrebbe sopravvivere solo con deleghe minori come la Semplificazione o il Mediterraneo. Lo stesso Bilancio, per cui Fitto era il candidato ideale, sembra tornato oggetto di trattative
Von der Leyen poi ieri ha chiesto ai governi di presentare due nomi per ogni posto: un uomo e una donna. Non un candidato secco. Anche se a Palazzo Chigi non considerano questa richiesta un obbligo. In pole resta Fitto, a meno che le deleghe non diventino troppo fiacche. Il clima è questo.
(da agenzie)
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