LA SFIDA DEI GIOVANI DI FDI AI SOVRANISTI SALVINIANI. E MELONI LI BENEDICE
IL RITORNO IN SOCIETA’ A UN ANNO DALLO SPUTTANAMENTO DELLA VIDEO-INCHIESTA DI FANPAGE
Fenix 2025, festa dei giovani di Fratelli d’Italia, laghetto dell’Eur, Roma. «La coincidenza con Pontida» è il dato che molti segnalano a bassa voce a chi ne deve scrivere, e allora avanti col gioco dei confronti.
Il Salvini-Meloni di domenica prossima è scontato, meno evidente ma potentissimo il duello a distanza del giorno prima, sabato, quando sul pratone leghista comincerà a sfilare il gotha del sovranismo europeo, Jordan Bardellà, l’avatar di Marine Le Pen, il leader di Vox Santiago Abascal, il figlio di Jair Bolsonaro (appena condannato a 27 anni per golpe) e soprattutto lui, il generale Roberto Vannacci, l’uomo delle 500mila preferenze che mette fiori nei cannoni di Vladimir Putin e veleno nei bicchieri del vecchio Carroccio autonomista. Chissà che show. Dall’altra
parte, tra i gazebo di FdI, sono previsti Lucio Malan, Gennaro Sangiuliano con altri cinque a parlare di “X Democracy” in memoria di Charlie Kirk, e subito dopo un classicone: il dibattito sui giovani («Fate largo a quelli del futuro!») con Mario Adinolfi. Vincere la gara dell’audience sarà dura.
E tuttavia, Pontida è un pratone a uso del leader, Fenix una classica festa di partito, con un programma pieno di cose, dibattiti a tutto campo, ministri, esterni di lusso, docenti universitari, monsignori, dirigenti Rai e potenti sottosegretari, persino un astronauta, e se in tanto sforzo organizzativo quel che farà notizia sarà la conclusione di Giorgia Meloni (domenica, ore 11,30, in quasi perfetta coincidenza con il Salvini ore 10 previsto su al nord), non si potrà dire: dietro la premier, nulla.
Non si potrà dire perché dietro la premier c’è in tutta evidenza un mondo che costituisce anche un notevole serbatoio di ricambio. Solo un anno fa l’inchiesta di Fanpage aveva ricacciato Gioventù Nazionale nel ghetto dei neofascismo, oggi l’organizzazione torna in società con t-shirt immacolate e una frase di Charles Baudelaire – “Estrarre l’eterno dall’effimero” – che sceglie l’evocazione poetica piuttosto che il richiamo bellicoso.
In altri tempi questioni come Gaza, la Russia, l’Ucraina, con annessi e connessi – i diritti dei popoli, il modello americano, il trumpismo, eccetera – avrebbero incendiato qualsiasi raduno giovanile della destra. Ma i ragazzi della generazione Meloni hanno introiettato la cautela e il dovere della responsabilità. Sono la scuola quadri di una forza di governo che cammina sul filo di relazioni interne e internazionali complicate. Meglio
restare sul generico. Così, nel percorso fotografico dedicato agli “eroi del mondo nuovo” Alexei Navalny è raccontato come “voce libera in un Paese che tace, simbolo di sete collettiva di giustizia” ma quale sia questo Paese, di chi sia questa sete, viene lasciato alla memoria di chi passa.
E anche il resto della galleria sceglie un approccio piuttosto ecumenico tra fantasia e realtà, perché c’è Timothee Chalamet di Dune e Sammy Basso, Marco Aurelio e Mahjabin Hakimi, la pallavolista decapitata dai Talebani nel 2021, Papa Wojtyla, Corto Maltese, Olimpia Mibelli Ferrini. Come non concordare, come non essere d’accordo? Il brivido dell’identità, piuttosto, lo si lascia ai vecchi combattenti ora diventati colonne delle istituzioni. Ignazio La Russa è la superstar della giornata e fa notizia con l’orgogliosa rivendicazione della Fiamma che appare, alquanto stilizzata, sulle magliette dell’eterno e dell’effimero. «Simbolo di amore e libertà», dice firmando autografi e distribuendo abbracci prima del suo intervento.
Ci pensa lui riallacciare lo ieri e l’oggi, i cattivi maestri dei Settanta ai “cosiddetti intellettuali” come Roberto Saviano che hanno cavillato sull’uccisione di Charlie Kirk. È lui a inaugurare la mostra su Sergio Ramelli e a offrire alla platea la scossa della storia, il ricordo degli agguati sotto casa, i “cucchini” con le chiavi inglesi che stavano solo da una parte perché «mai c’è stato un agguato sotto casa da parte dei ragazzi di destra». È un atout giocato al tavolo del dibattito più incandescente del momento, quello sulla cultura dell’odio e sul blogger americano che domenica prossima sarà celebrato in un mega raduno in Arizona, alla presenza di Donald Trump. La destra ha filo da tessere sul
tema, e intende utilizzarlo fino in fondo. Chissà cosa diranno le magliette di Pontida (“Make The League Great Again” è la possibilità lanciata da Vannacci, sembra deboluccia).
(da lastampa.it)
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