LEGA NORD: TANGENTI E CONTATTI CON LA ‘NDRANGHETA, QUANDO IL CARROCCIO VA FUORISTRADA
TRA ARRESTI E CONDANNE E’ FINITO IL MITO DEL PARTITO DIVERSO…NUMEROSI I CASI DI AMMINISTRATORI LOCALI FINITI NEI GUAI…MAZZETTE, EVASIONE FISCALE, BANCAROTTA E CONTATTI CON LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA
Dalle tangenti per gli appalti alle bustarelle per i favori fino ai rapporti con la ‘ndrangheta.
La Lega Nord per l’indipendenza della Tanzania rischia di affogare in un mare di ridicolo per i problemi giudiziari dei suoi esponenti, soprattutto da quando i magistrati hanno deciso di fare pulizia e indagare davvero sui legami tra politica e appalti.
E da quando gli uomini del Carroccio sono saliti sui posti di comando, si sono anche accomodati troppo. P
aolo Berizzi su Repubblica fa una rassegna degli ultimi problemucci giudiziari del Carroccio:
Quel giorno, il 20 aprile 2011, erano finiti in manette in due, assessori appunto, Mauro Galeazzi e Mario Rigosa, bresciani.
In quel di Castel Mella si erano fatti dare 22 mila euro per spianare la strada a un costruttore. La Lega li sospese.
Ma siccome la vita, soprattutto in politica, è un frullatore, nè deve far sorridere la chiaroveggenza di Boni, nè quei due arresti furono un’eccezione.
Il caso più recente, venti giorni fa, ha per protagonista il deputato «maroniano» Gianluca Pini. Indagato per millantato credito dalla procura di Forlì, secondo i pm avrebbe ricevuto 15 mila euro da un avvocato che voleva essere aiutato a superare il concorso da notaio.
Ma sì, in fondo che sarà mai per un partito che, quando si parla di mazzette, continua a definirsi «diverso dagli altri».
Un tempo giustizialisti e forcaioli – all’occorrenza ancora oggi – sono molti gli amministratori padani rimasti impigliati nella melassa del potere:
David Codognotto, 31 anni, era assessore a San Michele al Tagliamento (Venezia).
Nel 2010 l’hanno preso col sorcio in bocca: la mazzetta per la sponsorizzazione del Portogruaro calcio, 15 mila euro, se l’è fatta recapitare in macchina e, a lavoro concluso, ha chiuso la portiera col telecomando dalla finestra dell’ufficio. Che i veneti lavorino e producano e vogliano godersi i loro «schèi» «lontani da Roma» lo ha detto pochi giorni fa il governatore Luca Zaia.
Qualcuno, però, si è fatto prendere un po’ la mano.
Per esempio il senatore vicentino Alberto Filippi.
Un faccendiere lo ha accusato di essere implicato nella maxi evasione fiscale da 200 milioni di euro scoperta dai finanzieri nel distretto delle concerie e di avere alimentato un giro di tangenti.
Per la stessa vicenda un anno fa si è dimesso Massimo Signorin, vicesindaco di Arzignano e titolare di una conceria: era indagato per evasione fiscale totale e distruzione di documenti contabili.
L’architetto Enrico Cavaliere, lighista della prima ora, ex presidente del consiglio regionale veneto, per il crac di un villaggio vacanze in Croazia si è beccato una condanna a due anni e tre mesi per bancarotta fraudolenta. Lega ladrona o solo «pirlate», come Bossi definì acrobaticamente la mazzetta Enimont da 200 milioni di lire intascata nel ’93 dal tesoriere Alessandro Patelli?
Chissà cosa ne pensa Tiberio Businaro, sindaco di Carceri, Padova:
Già finire sotto inchiesta per bancarotta e falso ideologico non è un bel biglietto da visita.
Se poi il problema sono gli stretti rapporti con una holding napoletana che acquista aziende nel Nord-Est per farle fallire, il tutto è anche molto poco padano.
Altri compensi (a ore) venivano pagati nei tre appartamenti che l’ex sindaco di Silea (Treviso), Cesare Biasin, affittava a prostitute e trans.
Accusato di sfruttamento della prostituzione, Biasin ha chiesto di patteggiare una pena di 18 mesi.
Gli fa compagnia un collega di partito, l’assessore alla sicurezza di Barabarano vicentino, Alessandro Costa: lui i soldi, secondo gli inquirenti che lo hanno arrestato, li faceva coi siti a luci rosse.
Sempre Veneto: Camillo Gambin, esponente di punta della Liga veneta a Albaredo Adige (Verona), è finito agli arresti domiciliari: per la serie «il Veneto ai veneti», vendeva permessi di soggiorno agli immigrati.
Un altro capitolo della nemesi padana sono le spese disinvolte, vizio un tempo ascritto a Roma magnona:
Anche qui i campioni leghisti non si contano.
Edouard Ballaman: l’ex presidente del consiglio regionale friulano ha lasciato l’incarico dopo che la Corte dei conti gli ha contestato una settantina di viaggi di piacere con l’auto blu.
E che dire di Angelo Lusetti, il vicesindaco di Guastalla espulso dal partito per «indegnità morale»? Colpa dei cani.
Commissario ad acta dell’Ente nazionale per la cinofilia, gli hanno chiesto lumi su bonifici che ha disposto per se stesso per 187mila euro, oltre a consulenze a amici per 1 milione e 700mila.
Dalle quattro zampe all’autorizzazione per gli impianti fotovoltaici: per l’ex assessore provinciale all’ambiente di Piacenza, Davide Allegri, il pm ha appena chiesto l’arresto (concussione e abuso di ufficio).
Una specie di maledizione quella degli (ex) assessori provinciali. Il caso che «grida» è quello del lombardo Angelo Ciocca, finito nella maxi inchiesta sulla ‘ndrangheta al nord.
Alcune foto lo ritraggono con il boss Pino Neri.
Con un avvocato pavese, Ciocca avrebbe poi stretto un accordo: uno sconto sull’acquisto di una casa in cambio dell’elezione di un consigliere comunale. Piccolo dettaglio: l’avvocato è stato arrestato per concorso in associazione mafiosa.
Paolo Berizzi
(da “La Repubblica”)
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