L’INVASIONE DELLE CINQUE TERRE, TRA STRANIERI IN CODA E FAST FOOD: “I CROCERISTI RESTANO 20 MINUTI, IL TEMPO DI UN SELFIE”
NEI BORGHI TRA I TURISTI MORDI E FUGGI… VIA DELL’AMORE A 10 EURO, C’E’ CHI RINUNCIA
A mezzogiorno in punto nel centro di Riomaggiore la temperatura percepita sfiora i quaranta. Si suda. Un fiume di gente arranca per la salita che attraversa il bellissimo borgo delle Cinque Terre, una salita circondata da case color pastello. Fa caldo, eppure una panchina è occupata da una famiglia, madre padre e due adolescenti. Inglese con accento americano. Tutti e quattro hanno in mano un enorme cartoccio di pesce fritto, la «specialità» delle decine di friggitorie che nel centro storico hanno preso il posto di panetterie, macellerie, negozi di frutta. «It’s extremely hot», commenta Mary Jo, la madre, il sacchetto unto che salta da una mano all’altra perché scotta. «Ma perché mangiate questo e non una pasta al pesto?», chiedo. La risposta è spiazzante: «Ma non è questo qui il piatto tipico? Pesce fritto, così credevo».
Eppure, forse, è nelle parole di Mary Jo che si annida la spiegazione dell’invasione turistica nelle Cinque Terre, ormai dibattuta da mesi: ogni giorno a Vernazza, Riomaggiore, Monterosso e negli altri borghi si riversa una quantità enorme di gente che arriva (via acqua e via terra), scatta qualche foto vista mare, affolla gli stretti «budelli» del centro, mangia un cartoccio di fritto bollente, finisce di sudare nelle stazioni dove il Cinque Terre Express accumula ritardi con puntualità londinese e, infine, quando il sole non è ancora tramontato, queste legioni di americani, tedeschi e francesi svaniscono come lacrime nella pioggia di luce occidentale.
Crociere e tour
Va di moda chiamarlo overtourism, ma Beppe, che a Manarola aveva un piccolo hotel e che oggi non ce l’ha più, preferisce il più efficace «belinata». Lui a quelli che arrivano, mangiano, sudano e se ne vanno darebbe «una sacàgna di botte, ma che ci vuole fare, oggi funziona così». Si chiama «turismo mordi e fuggi» e non si riesce a quantificare, perché ci sono i croceristi americani che arrivano il mercoledì, mentre il giovedì è il turno degli italiani e poi ci sono quelli che vengono dirottati dalla Toscana o dal Piemonte, via treno o via pullman.
«E insomma, alla fine la maggior parte di quelli che arrivano vedono sì e no il 3 per cento del territorio», dice Donatella Bianchi, presidente del Parco delle Cinque Terre, Patrimonio Unesco dal 1997 con la sua bellezza fatta di 4 mila ettari di territorio e 130 chilometri di sentieri.
Ma davvero le Cinque Terre meritano il titolo di «uno dei cinque posti al mondo dove non andare», conferito dalla coppia di influencer americani Thedorcys nel luglio scorso? Sentenza social diventata virale in poche ore: il tempo di un post su Instagram e le bellissime Corniglia e Monterosso si sono ritrovate nella lista nera assieme a Cartagena in Colombia o al Lago Atitlan in Guatemala.
Alex e Eileen (quasi 12 mila follower) sono rimasti però sconvolti dalle legioni turistiche e dal senso di claustrofobia che ogni giorno si respira nelle viuzze strette di questi borghi, un tempo villaggi di pescatori poveri e oggi reami di bistrot dai prezzi proibitivi e, naturalmente, delle friggitorie bollenti.
No, perché il Parco delle Cinque Terre merita altro. Però bisogna fare i conti con i numeri: 3,4 milioni di arrivi registrati nel 2023, quasi 2 mila in un giorno di picco. «Quelli che vengono con le crociere spesso hanno appena venti minuti per visitare un borgo», fa notare Tiziano Pavanini, ricercatore dell’Università di Genova e uno degli autori di un recente studio sul turismo in questo territorio. In venti minuti hanno appena il tempo di un selfie e di un kebab. Ed è proprio un panino alla carne che Anne e Terence Steffison, due turisti americani arrivati qui da Pisa per una escursione in giornata, hanno scelto prima di festeggiare l’anniversario di matrimonio sulla Via dell’Amore, il sentiero sul mare appena riaperto dopo dodici anni nel tratto Riomaggiore-Manarola.
Via dell’Amore
«E l’ingresso contingentato (al massimo cento persone nella via a senso unico, ndr) del sentiero — dice Bianchi — è un primo tentativo di numero chiuso: bisogna prenotarsi e avere la Cinque Terre Card, uno strumento che ti permette di prendere mezzi di trasporto, fare le visite guidate e visitare altri percorsi, avere il wi-fi e tanti altri servizi».
Non è gratis: da 7,50 a 15 euro nell’alta stagione per la giornaliera trekking e da 19,50 a 32,50 nel periodo di alta affluenza per quella treno. E in più ci vogliono dieci euro per fare la Via dell’Amore. Anne e Terence sono qui senza figli e la percorrono teneramente allacciati e senza tante remore da portafoglio, ma la famiglia di Mary Jo, quattro persone, ci ha rinunciato. Tenendo conto che una pasta (ottima, per carità) in uno dei tanti bistrot in centro a Vernazza arriva a costare anche 25 euro.
«Ma magari si fermassero a mangiare e a pernottare — sospira Massimo Giacchetta, presidente di Cna Liguria —. Il punto è che bisogna invogliarli a restare: sconti per chi pernotta, agevolazioni per chi si vuole spostare». Donatella Bianchi va oltre: «A me preoccupa vedere che dai centri storici stanno scomparendo i negozi tradizionali: questo vuol dire che tra non molto sarà impossibile vivere qui per gli stessi residenti, che d’inverno non sapranno dove fare la spesa».
E mentre arriva il via libera alla sperimentazione di droni e totem contapersone all’imbocco dei sentieri del Parco, l’espressione «numero chiuso» non è più un tabù, anzi. Non un ticket come a Venezia (in verità, la Cinque Terre Card è una forma di ticket) ma piuttosto una sorta di semaforo: attraverso un sistema di controllo digitale di arrivi, si proverà a capire quando è il caso di rallentare il flusso verso un borgo per indirizzarlo, magari, verso un altro che in quel momento ha meno presenze. «Il risultato permetterà di aggiornare i visitatori sulle zone troppo affollate e quelle meno, suggerendo itinerari alternativi», dice Bianchi.
E Valentina Figoli, coordinatrice dei Giovani Imprenditori di Cna La Spezia, fa notare che la maggior parte dei turisti in arrivo non sa nemmeno che intorno a Manarola o a Vernazza ci sono «santuari, castelli, ville, zone archeologiche: un mondo da far conoscere, da promuovere meglio». E in effetti, nessuno dei turisti francesi che ho intervistato a Monterosso conosce i luoghi cari a Eugenio Montale o le bellissime limonaie nei dintorni oppure ancora l’Eremo della Maddalena. «C’est vrai?», sgrana gli occhi Lucien quando gli dico che a pochi chilometri dal mare c’è l’area del Giurassico, una sezione di quello che milioni di anni fa era un oceano, la Tetide.
Le soluzioni
Ma, comunicazione a parte, quali potrebbero essere le soluzioni? L’Università di Genova suggerisce prenotazioni obbligatorie e ingressi a numero chiuso sul modello Machu Picchu, proprio perché parliamo di un’area molto ristretta, preziosa per la vegetazione e per la geografia. Riomaggiore ha già inserito l’affollamento turistico nel piano di Protezione civile, anche perché c’è un tema legato alla sicurezza: se una folla incontrollata si riversa su uno stretto sentiero a picco sul mare, come potrebbero fare i soccorritori ad arrivare in tempo in caso di emergenza? A Manarola (frazione di Riomaggiore) la sindaca Fabrizia Pecunia sta studiando accordi con gli operatori ferroviari per controllare gli arrivi. E si pensa di limitare la proliferazione di friggitorie e sexy shop.
Intanto è arrivato il tardo pomeriggio e il Cinque Terre Express, il treno che unisce i cinque borghi, si ferma a Monterosso annunciando che l’ultima fermata, quella di Levanto, è stata soppressa. «Fanno sempre così a quest’ora», sospira una donna che deve tornare a casa. Da Monterosso si prendono altre coincidenze, ma tanta gente che nelle Cinque Terre ci vive, si avvia rassegnata verso la banchina. Dove si resta in attesa tutti assieme: turisti, residenti, giornalisti inviati. Spossatezza, ecco la parola giusta.
(da il Corriere della Sera)
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