LO STOP ALLE APERTURE DOMENICALI PORTEREBBE A OLTRE 30.000 POSTI DI LAVORO IN MENO
LE BALLE DI DI MAIO SULLA NORMATIVA NEGLI ALTRI PAESI EUROPEI… IN REALTA’ L’ITALIA E’ UNO DEI PAESI DOVE SI LAVORA DI MENO DI DOMENICA
«I posti di lavoro a rischio per l’intero settore sarebbero tra i 30 e i 40mila»: Claudio Gradara, presidente di Federdistribuzione, in un’intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera rilascia una prima stima sulle possibili conseguenze dello stop alle aperture domenicali annunciato dal MoVimento 5 Stelle al governo.
Gradara spiega che la liberalizzazione aveva fatto segnare un aumento dell’1% per i prodotti alimentari e del 2% per i non alimentari e che oggi i grandi gruppi cominciano a frenare sugli investimenti in Italia in attesa di scoprire che forma avrà il provvedimento legislativo annunciato dai grillini.
Che parte da promesse mirabolanti, visto che sostiene che impedirà il lavoro domenicale anche alle piattaforme di e-commerce su internet, ma non si capisce in che modo questo possa valere dal punto di vista legislativo per aziende come Amazon.
Ad oggi, secondo l’elaborazione dell’Ufficio Studi della CGIA su dati Eurostat e Istat, sono 4,7 milioni gli occupati che lavorano nei festivi; di questi, 3,4 milioni sono dipendenti.
Com’era prevedibile, i lavoratori che lavorano di più la domenica sono quelli di alberghi e ristoranti e del commercio. Il lavoro domenicale è stato normato dal governo Monti nel 2011, con il decreto Salva Italia: i provvedimenti sul settore abolivano ogni vincolo su orari e giorni di apertura dei negozi, nel solco della promozione della concorrenza.
Quella liberalizzazione — ha detto ieri il vicepremier Luigi Di Maio — sta distruggendo le famiglie italiane. Bisogna ricominciare a disciplinare orari di apertura e chiusura”. Sulla nuova norma per adesso non c’è intesa all’interno della maggioranza: il vicepremier ha annunciato un deciso stop alle aperture festive e domenicali. La Lega vorrebbe limitare le aperture a 4 domeniche a dicembre, più altre 4 nel resto dell’anno. Il M5S pone invece il tetto a 12 domeniche in un anno.
Il presidente di Confimprese Mario Resca invece segnala addirittura 400mila posti a rischio, mentre Enrico Postacchini di Confcommercio si dice pronto a discutere le limitazioni con il governo, a dimostrazione del fatto che le associazioni datoriali non sono unanimi sul provvedimento.
Anche le coop del consumo sono possibiliste sullo stop al lavoro domenicale, mentre Francesco Pugliese,amministratore delegato dei supermercati Conad, è già sulle barricate: «La Gdo, la grande distribuzione organizzata, ha circa 450.000 dipendenti — dice — La domenica è il secondo maggior giorno di vendite e incide per il 10% dei ricavi. Se si riduce l’orario di apertura dei supermercati — senza contare gli altri negozi — sarà inevitabile ridurre la forza lavoro, probabilmente nella misura di 40/50mila posti».
Per quanto riguarda il confronto con il resto d’Europa, i paesi in UE a non avere restrizioni sugli orari di apertura sono 16 su 28.
In Germania la legge sui negozi prevede che rimangano chiusi la domenica, nei festivi e dalle 20 alle 6 di mattina. Ci sono eccezioni per gli esercizi nelle stazioni e per i chioschi notturni e sono previste aperture straordinarie durante le manifestazioni locali; i dipendenti non possono lavorare mai più di otto ore, possono rifiutarsi di lavorare la domenica e hanno diritto a un giorno di recupero.
In Francia l’allora ministro di Hollande Emmanuel Macron stabilì numerose deroghe al generale divieto di lavoro domenicale, sono state istituite Zone Turistiche Internazionali (18 solo a Parigi) e delle Zone Commerciali (la grande distribuzione in periferia) dove le attività possono restare aperte.
In Spagna le regole sono cambiate nel 2012, quando i negozi sono stati autorizzati a restare aperti 90 ore a settimana e a lavorare almeno dieci giorni festivi l’anno.
Il Regno Unito invece è la capitale del free shopping senza limiti di orario.
Dati alla mano intanto segnala che l’Italia è uno dei paesi in cui si lavora di meno di domenica rispetto al resto d’Europa
(da agenzie)
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