“L’OMICIDIO DI CHARLIE KIRK? SIAMO GIÀ IN UNA SORTA DI GUERRA CIVILE FREDDA, UNA CORROSIONE DELLA FIDUCIA E DELL’EMPATIA”
LO SCRITTORE SAFRAN FOER: “L’AMERICA HA TOLLERATO L’AUMENTO DELLE DISUGUAGLIANZE, TRUMP HA COLTIVATO LA VIOLENZA PER ANNI: CON LA SUA RETORICA, CON IL SUO RIFIUTO DI ACCETTARE ELEZIONI LEGITTIME, CON LA SUA GRAZIA ALLE PERSONE CHE HANNO ATTACCATO LA POLIZIA E MINACCIATO I LEGISLATORI. CONVINCE I SUOI SOSTENITORI CHE LA VIOLENZA È PATRIOTTISMO”
Jonathan Safran Foer lancia un allarme che davvero gela il sangue nelle vene: «Siamo già in una sorta di guerra civile fredda, una corrosione di fiducia, empatia, capacità di immaginare l’umanità di coloro che non sono d’accordo con noi». Secondo l’autore le cause sono profonde e le responsabilità condivise, ma «Trump ha coltivato la violenza per anni».
Come giudica l’omicidio di Charlie Kirk e quali sono, a suo avviso, le cause profonde della violenza politica negli Stati Uniti, che sta accadendo da entrambi i lati dello spettro politico e prende di mira entrambe le parti?
«L’America ha coltivato questa possibilità per anni tollerando l’aumento delle disuguaglianze, permettendo alle teorie del complotto di metastatizzare e trattando la politica come
intrattenimento, piuttosto che come un serio lavoro di governo. La violenza nasce quando alle persone viene detto, da figure potenti, che la loro rabbia è giusta e gli avversari sono nemici, piuttosto che concittadini».
Nel suo discorso di mercoledì sera, il presidente Trump ha detto che la sinistra radicale è responsabile della violenza politica. È vero, considerando che lui ha giustificato l’assalto al Congresso e ha graziato le persone coinvolte, anche se erano state condannate per atti criminali come l’aggressione agli agenti di polizia?
«Trump ha coltivato la violenza per anni: con la sua retorica, con il suo rifiuto di accettare elezioni legittime, con la sua grazia alle persone che hanno attaccato la polizia e minacciato i legislatori. Dichiarare poi la sinistra l’unica responsabile è assurdo. È “gaslighting”, cioè manipolazione e mistificazione della realtà. Ed è pericoloso, perché convince i suoi sostenitori che la violenza è patriottismo. La democrazia non può sopravvivere se la verità stessa è sempre in discussione».
In un suo discorso, Charlie Kirk aveva detto: “Penso che valga la pena avere un costo, purtroppo, di alcune morti per arma da fuoco ogni anno, in modo da poter avere il Secondo emendamento della Costituzione allo scopo di proteggere gli altri diritti che Dio ci ha dato”. Vale davvero la pena di subire queste vittime, oppure c’è un modo diverso per tutelare gli altri diritti?
«Ciò che mi sconvolge non è solo il cinismo dell’osservazione, ma la disinvoltura con cui accetta i bambini morti come danni collaterali. Questa è bancarotta morale. I diritti hanno lo scopo di proteggere la vita, non di sacrificarla. Dire “alcune morti
valgono la pena” significa ammettere di aver perso il filo di ciò che significa libertà.
La libertà è il diritto di vivere senza paura, a scuola, in chiesa, al supermercato. L’America è stata catturata e presa in ostaggio da un’industria delle armi che trae profitto dalla paura, e dai politici che trasformano quella paura in voti. Il Secondo emendamento è diventato uno scudo per l’avidità».
Vede il rischio di una guerra civile politica?
«Siamo già in una sorta di guerra civile fredda, una corrosione della fiducia, dell’empatia, della capacità di immaginare l’umanità di coloro che non sono d’accordo con noi. Questo è già abbastanza pericoloso. La violenza non richiede eserciti; ha solo bisogno di vicini che smettano di credere l’uno nell’altro. Il pericolo non è solo nelle fantasie di vendetta ai margini, ma nell’esaurimento del centro, nelle persone che rinunciano al dialogo perché sembra inutile. Questo esaurimento crea un vuoto, e i vuoti tendono ad essere riempiti dagli estremisti».
Quali rimedi suggerirebbe a questa crisi, tanto in termini politici, quanto riguardo la profonda spaccatura culturale che affligge ormai l’America da decenni?
«Politicamente, abbiamo bisogno di riforme che facciano sentire alle persone che la loro voce conta: riforma del finanziamento delle campagne elettorali, protezioni per il voto, limiti al “gerrymandering”, ossia la manipolazione dei distretti elettorali, un’economia più giusta. Culturalmente, abbiamo bisogno di recuperare un senso di storia condivisa. […] di nuove narrazioni che ci facciano sentire parte di un “noi” più grande. Infine, ad un livello più specificamente umano, dobbiamo praticare l’ascolto
come dovere civico. Non ascoltare per essere d’accordo, ma per capire. Sembra poco, ma la cultura è l’accumulo di piccoli gesti. La violenza è contagiosa, ma lo è anche l’empatia».
(da “la Repubblica”)
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