MA QUALE RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, I GIUDICI ANTIMAFIA TEMONO CHE META’ PROCESSI ANDRANNO IN FUMO
L’EUROPA NEL RECOVERY NON CI HA CHIESTO QUESTA RIFORMA MA DI ACCELERALE I PROCESSI, NON UN’AMNISTIA PER REATI GRAVI… LA SOLUZIONE E’ ASSUMERE IL PERSONALE NECESSARIO, CI SONO PROCURE CON L’ACQUA ALLA GOLA
Nel giorno in cui vengono depositati alla Camera oltre 1600 sub-emendamenti alla riforma sulla giustizia, a mettere sulla graticola il testo della ministra Cartabia sono gli stessi magistrati.
Nell’audizione in commissione Giustizia, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo De Raho pronuncia parole durissime: “La nuova prescrizione mina la sicurezza del Paese e della democrazia. No a interferenze del Parlamento sui criteri di priorità dell’azione penale che toccherebbero l’indipendenza della magistratura”.
Gli fa sponda il procuratore capo di Catanzaro Gratteri: “Una gran mole di sentenze verrà travolta, il 50% dei processi sarà improcedibile in appello, diminuiranno sicurezza e credibilità dello Stato”.
Il gruppo grillino a Montecitorio rilancia subito con una nota: “Critiche inquietanti, il testo va modificato”. Presentano 900 richieste di modifica sul testo, una sulla prescrizione. E poi, assemblea con Conte che dovrà mediare con l’ala più barricadera: “Serve una risposta equa ed efficace”.
Ma occupare la scena oggi non sono loro.
C’è un allarme di tenuta del sistema che si aggiunge ai rischi già evocati dal presidente dell’Anm Santalucia (“Così i processi non si accorciano, si eliminano”) e da Spataro, e che proviene da magistrati considerati equilibrati e apprezzati in modo trasversale. Timori che riguardano maxi-processi di criminalità organizzata, per reati gravi, che lambiscono procure importanti ma sovraffaticate, sguarnite e piene di arretrati come Roma, Napoli, Milano.
Un campanello che impensierisce perché estraneo ai balletti della politica (che peraltro Draghi credeva di aver domato dopo l’incontro “cordiale e costruttivo” con Conte e invece si ritrova daccapo).
In attesa del parere del Csm che, secondo i rumors, conterrà “rispettose ma puntuali critiche” a diversi aspetti dell’impianto.
La Guardasigilli, pur “amareggiata” per le critiche, presta orecchio. Da Napoli avvisa che “lo status quo non può rimanere tale” ma apre ad “aggiustamenti”.
E’ la parola chiave di una difficile mediazione che Cartabia si intesta in queste ore con le forze politiche che “spingono in direzioni opposte”. Con un occhio all’orologio, perché “l’occasione del Recovery non si può perdere”.
La riforma è calendarizzata in aula venerdì 23 luglio, quasi certamente slitterà a lunedì 26 (impossibile esaminare 1631 emendamenti in meno di 48 ore), il governo è deciso ad approvarla in prima lettura entro la pausa estiva, al massimo ai primi di agosto. L’intesa però è lontanissima.
Il nodo restano la prescrizione e la durata certa dei processi, che si possono limare ma non capovolgere.
Si vocifera di un differimento dell’entrata in vigore della riforma al 2024, forse gradito a Pd-M5S, ma difficilmente a destra. E poi che figura si farebbe con l’Europa che ci chiede di accelerare? Ecco perché Draghi, che pure preferirebbe una soluzione politica, non toglie dal tavolo la prospettiva del maxi-emendamento da votare con la fiducia.
Le piattaforme di “aggiustamenti” in campo sono diverse.
La squadra del Pd sulla giustizia – Rossomando, Bazoli, Verini – tende la mano a M5S. Si ipotizza una norma transitoria che renda più flessibile la disciplina per i processi non ancora iniziati su reati già commessi; si ragiona sul rendere meno rigido il termine dei 90 giorni dal deposto della sentenza di primo grado da cui decorre l’improcedibilità dopo due anni; si valuta di ampliare la casistica dei reati improcedibili, aggiungendo a mafia, terrorismo, omicidi e corruzione anche reati concursuali, bancarotte fraudolente e altre condotte criminose di particolare gravità.
Ma la coperta è corta, cortissima. Aggiustare un angolo può far saltare tutto.
Il dialogo Pd-M5S non piace a Forza Italia, che presenta 109 emendamenti in senso opposto. La Lega presenta 11 emendamenti e non vuole praticamente toccare una virgola.
Cartabia considera il nervo scoperto della carenza di personale, sottolinea il nuovo ufficio del processo, sa che servono immissioni in ruolo e cancellieri, lo hanno lamentato anche i due pm.
Di qui, l’ipotesi del rinvio al 2024. Il risiko è complicato. Per venirne a capo ci sono 48 ore in commissione e un week end di trattative. Poi, la parola passa a Draghi.
(da Huffingotnpost)
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