MARIO MONTI TIRA UNA FRECCIATONA A DRAGHI, CHE AL MEETING DI RIMINI HA DETTO CHE L’UE È CONDANNATA ALL’IRRILEVANZA: “AUSPICO CHE LE FIGURE PIÙ AUTOREVOLI NON SPARINO CONTRO L’EUROPA, COME SE PER ANNI VI FOSSERO PASSATE ATTRAVERSO SENZA ALCUNA RESPONSABILITÀ”
“SIAMO CERTI CHE L’ITALIA ABBIA DAVVERO TITOLO PER LAMENTARSI, DATO CHE SI OPPONE TENACEMENTE AL SUPERAMENTO DEL POTERE DI VETO E PREME SULLA COMMISSIONE PERCHÉ SIA DOCILE VERSO DONALD TRUMP?”
Senatore Mario Monti, a Rimini Mario Draghi e Giorgia Meloni hanno denunciato il rischio che l’Unione europea sia condannata all’irrilevanza. Lo pensa anche lei?
È già caduta nell’irrilevanza, ma non è condannata a restarci. Per uscirne, dobbiamo fare leva su due risorse: la nostra dignità tanti potenziali alleati.
Auspico che le figure più autorevoli non sparino contro l’Europa, come se per anni vi fossero passate attraverso senza alcuna responsabilità per il suo stato attuale. Come Mario Draghi, sostengo da tempo la necessità di maggiori investimenti pubblici, finanziati anche a debito, incluso debito comune.
Ma nella drammatica condizione di oggi, non è ripetendo pur utili ricette economiche che usciremo dalla tenaglia Putin-Trump. E come Giorgia Meloni, mi dispera l’irrilevanza dell’Europa nella politica estera.
Ma siamo certi che l’Italia abbia davvero titolo per lamentarsene, dato che si oppone tenacemente al superamento del potere di veto e preme sulla Commissione europea perché sia docile verso Donald Trump, anche quando il presidente degli Stati Uniti vuole espropriare l’Europa di propri legittimi poteri?».
Lei scrive su Politico che Trump e Vladimir Putin stanno unendo gli sforzi per umiliare l’Europa. C’è un coordinamento fra i due?
«Credo ci siano una reciproca attrazione e una profonda asimmetria. In Trump c’è il desiderio di esibire il potere e minacciare, perché questo nella sua testa e forse nei fatti genera nuovo potere. A Putin interessano i risultati.
L’ego di Putin ha già avuto 25 anni per esercitarsi e lui lo sa gestire con grande attenzione agli obiettivi, non all’autocelebrazione. Non così nel caso di Trump. Il modo di rapportarsi fra i due sull’Ucraina e sull’Europa mostra proprio questo. La trovo una miscela estremamente pericolosa, perché l’elemento che li unisce è non solo l’antagonismo verso l’Europa stessa, ma il disprezzo per essa e la chiara volontà di lottare contro l’integrazione europea.
Lei sul Corriere ha parlato del nazismo e fascismo che – scrive – «stanno tornando». Stanno tornando?
«Ho una preoccupazione generale per l’Europa e una specifica per l’Italia. Vediamo il ritorno di forme di governo autoritarie e il compiacimento per tale ritorno in parti della popolazione.
Mi preoccupa l’accettazione, quando non il desiderio, di superare lo stato di diritto e l’accettazione di una nuova forma di liceità, se non addirittura di dovere, in chi è stato eletto di superare limiti che gli ordinamenti hanno sempre posto al potere esecutivo, come agli altri poteri. Mi sembra che ci sia in giro un interesse e un’ammirazione e un chiedersi se non andrebbe meglio anche da noi in Europa e in Italia, se si togliessero ulteriormente inciampi a chi governa».
È un pericolo così concreto?
«Fino a qualche tempo fa la vedevo come una preoccupazione astratta sul destino delle democrazie liberali. Adesso la vedo avvicinarsi a grandi passi: l’abuso di potere, l’arbitrio, forse la privazione della libertà».
L’America è stata un modello per le democrazie in Italia e in Europa. Teme che sotto Trump diventi un modello autoritario?
«Sì, certo. Il che non significa che la democrazia liberale sia da mitizzare. Ma mi sembra che ci stiamo avvicinando a considerare normale, se non auspicabile, il superamento dello stato di diritto».
È una preoccupazione che riguarda anche l’Italia?
«In Italia teniamo appassionati dibattiti sul quantum di ricusazione del passato, sulle ascendenze fasciste o relative vicinanze. Interessante, doveroso. Ma fuori passo, oggi.
Per la prima volta abbiamo in un grande Paese occidentale, nostro fortissimo e desiderato riferimento, una personalità e comportamenti che si distinguono, tra l’altro, per l’uso della
mascella e la mancanza di senso del ridicolo. C’è un lato positivo: vediamo dal vero cos’è una personalità autoritaria, il suo comportamento reale, il comportamento di chi gli fa schiera intorno. Possiamo, potremmo, prenderne le misure e immunizzarci, quando ancora è possibile».
Vorrebbe che i leader europei, Meloni inclusa, chiarissero che il trumpismo non è il nostro modello?
«Non dobbiamo neanche temere troppo a dire questo. Si tratta di mettere in campo una dignità degli europei e una resistenza contro l’affermarsi della convinzione – in alcuni con soddisfazione, in altri con sgomento – che si vada sicuramente in quella direzione; e che quindi chi sale prima su quel tram starà meglio».
Pensa a un’Europa che tessa una rete con Paesi come il Canada, il Giappone, l’Australia?
«È un lavoro di leadership che spetterebbe all’Unione europea con altri. Da questo punto di vista il Regno Unito, in un certo senso, è già rientrato nell’Unione europea. C’è una fiammella di valori che non abbiamo ancora completamente dismesso. Sparsi per il mondo, nessuno dei Paesi che lei cita è forte come gli Stati Uniti. Ma per quanto tempo gli Stati Uniti procederanno uniti dietro a Trump? ».
(da Corriere della Sera)
Leave a Reply