MEIN KAMPF, BOCCIATURA DEGLI STORICI: “SOLO MARKETING, INIZIATIVA INOPPORTUNA”
DA CARDINI A ISNENGHI, CRITICHE TRA GLI INTELLETTUALI DI DESTRA E DI SINISTRA
Il Mein Kampf venduto in edicola? Un errore. Un passo falso. Un’operazione spregiudicata e ambigua.
La comunità degli studiosi resta per larga parte perplessa dinnanzi all’iniziativa editoriale del “Giornale”.
E non c’entrano il colore politico, la storia personale o la geografia ideale, che avvicinano o allontanano dal quotidiano della destra.
C’entra invece una ragione culturale profonda, che si chiama filologia. E ha a che fare con la natura del testo, e con il suo carattere esplosivo.
Si vuole fare un’operazione pedagogica – come dichiara il direttore Sallusti nel suo editoriale – ossia inoculare nei lettori l’antidoto al virus antisemita che soffia in Europa e in Medioriente?
E allora sul testo occorre lavorare. «Fare come hanno fatto in Germania, un’edizione critica con più di 3.500 note e migliaia di pagine, perchè più pericoloso è un testo più ha bisogno di filtri critici», dice Alessandro Campi, professore di storia del pensiero politico e recente curatore del diario di guerra di Mussolini.
«E se è un’operazione impraticabile perchè impegnativa e costosa, meglio rinunciarvi. Ma è sbagliato diffondere un testo che è quello pubblicato da Bompiani nel 1938, seppure accompagnato da una introduzione di condanna».
A firmare l’introduzione è Francesco Perfetti, autore di saggi sul nazionalismo ma ancora più famoso nella sua veste di attivo militante neorevisionista, impegnato negli anni Novanta nella riscrittura della storia novecentesca in funzione del centro-destra arrivato al governo.
È Perfetti a ribadire il valore di antidoto del Mein Kampf, la cui «lettura dovrebbe vaccinare dalle tossine ideologiche» del nazionalsocialismo.
«Ma anche questa concezione omeopatica dei testi pericolosi rischia di diventare una vuota formulazione retorica », obietta Campi.
«Il rischio vero è che invece possa solleticare quelle frange lunatiche che sono attratte dalle perversioni del Novecento, dal lato oscuro del secolo e dai suoi simboli maledetti».
Mario Isnenghi, studioso dei luoghi simbolici della storia, è ancora più severo. «Questa operazione massmediologica segna uno spartiacque tra un prima e un dopo. Anche nella storia ci sono delle “zone di rispetto”, come nella religione o nella geografia militare. Di fronte a certi territori molto insidiosi, si mandano avanti gli specialisti proprio perchè c’è il pericolo di inabissarsi nella palude.
Il “Giornale” ha preferito saltare qualsiasi mediazione e lanciare il Mein Kampf a un pubblico molto ampio nella traduzione che ne fece il fascismo. Con quale rischio? Risvegliare il can che dorme, che non è più il vecchio nazista in camicia bruna, ma uno nuovo che indossa camicie di colore diverso ma che contraddice le “zone di rispetto”».
Se oggi solleva perplessità l’iniziativa del “Giornale”, peraltro all’indomani della legge che trasforma il negazionismo in reato, non accadde lo stesso quando uscì l’edizione del Mein Kampf curata da Giorgio Galli per una piccola casa editrice di sinistra, Kaos.
«No, non ci furono reazioni ostili, tranne quelle del governo bavarese che ci interpellò per una questione di diritti», racconta ora l’insigne politologo, studioso del rapporto tra nazismo ed esoterismo.
«Francamente non capisco il clamore di oggi. Penso che si tratti di un lancio promozionale per aumentare le tirature del “Giornale”: il nazionalsocialismo è un fenomeno tragico che continua a suscitare grande interesse».
Nessuna strizzata di occhi alla galassia nera della destra, come lamenta oggi il Pd? «Ma no, la collana del “Giornale” prevede anche un saggio serio e assai critico come Hitler e il Terzo Reich di William Shirer. Quanto ai ballottaggi elettorali, escludo che a Milano Stefano Parisi possa vincere grazie al Mein Kampf. Mi sembra una sciocchezza».
Pur critici verso Hitler in edicola, nessuno invoca censure, al contrario.
«I libri vanno sempre letti, soprattutto quando hanno segnato il corso della storia», dice Franco Cardini, apprezzato medievista con simpatie per la destra.
«Sono convinto che la lettura del Mein Kampf possa essere utile. Ma il problema è nell’operazione editoriale. Mi sembra inopportuna, probabilmente dettata da una strategia di marketing con lo scopo di aumentare le vendite. Ne è valsa la pena? Io credo di no».
Simonetta Fioria
(da “La Repubblica”)
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