NON MANDATECI FIORI, LASCIATECI VIVERE SENZA PAURA
L’OTTO MARZO: NON C’E’ UNA DATA DA FESTEGGIARE IN UNA SOCIETA’ MALATA DI EGOISMO E PREVARICAZIONE
L’8 marzo non mandateci fiori, cioccolatini o auguri. Non abbiamo nulla da festeggiare. Siamo costantemente violentate, vessate, stalkerate e alla fine barbaramente uccise… un copione che si ripete ormai senza sosta da quando è stato coniato il neologismo “femminicidio”.
È appena iniziato il mese di Marzo, dedicato alle donne e alle iniziative per la tutela delle pari opportunità .
Tantissimi gli appuntamenti in tutta Italia e in Campania, dove il numero degli omicidi e delle violenze domestiche non accenna a diminuire. Intanto, si susseguono al notiziario i bollettini di morte che fanno rabbrividire.
Pamela come Jessica, Melania come Antonietta Gargiulo, Alessia e Martina come le piccole Noemi e Nicolina.
E l’elenco non si arresta qui, purtroppo. E ho proprio paura che continueremo a sentire la parola “femminicidio” ancora per molto tempo, o almeno fino a quando non ci sarà davvero un’azione efficace contro questa patologia sociale che ha trasformato la parola “amore” in un sinonimo di “terrore”.
Ognuna di noi ha incontrato nella propria vita un uomo violento, o potenzialmente tale; c’è chi è riuscita ad accorgersene in tempo e ad allontanarlo prima di fargli spazio nel proprio cuore, e chi, ahimè, non è riuscita a trovare ancora la forza di uscirne.
Mettiamoci nei panni di quante hanno vissuto per anni una fiaba e poi… un bel giorno, aprendo gli occhi, si sono ritrovate in un vero incubo.
E quando ci sono di mezzo i figli, avere il coraggio e la forza di denunciare la violenza diventa ancora più difficile.
Molte donne sono vittime inconsapevoli di amori malati, tormentati, che si risolvono quasi nell’80% dei casi in epiloghi di morte o di violenze inaudite.
A uccidere le donne non sono solo i propri compagni, fidanzati e mariti, ma spesso anche i propri padri.
L’ultimo terrificante episodio all’apice della cronaca è quello commesso da Luigi Capasso contro la propria famiglia: la moglie Antonietta Gargiulo, che ancora lotta tra la vita e la morte, ignara della morte atroce delle due figlie, Alessia e Martina, uccise nel sonno dal padre.
E quando le vessazioni colpiscono non solo le madri, ma anche i propri figli e figlie, viene coniato il termine “violenza assistita”.
La paura di denunciare le percosse, gli schiaffi e i maltrattamenti subiti dalle donne sembra lasciare posto al coraggio di affrontare la realtà , pur di liberarsi dei “mostri” che dicono di amarle, nonostante l’evidenza dimostri il contrario.
Eppure, questo non basta ad arrestare la crudeltà con la quale gli aggressori si scagliano contro le proprie compagne, madri o figlie.
“Ricordo quegli occhi pieni di vita
e il tuo sorriso ferito dai pugni in faccia
ricordo la notte con poche luci
ma almeno là fuori non c’erano i lupi
ricordo il primo giorno di scuola”
Bastano queste poche righe, cantate da Ermal Meta, testimonianza di un’infanzia vissuta nel terrore per sè e per la madre, a dipingere un quadro di emozioni e turbamenti che colpiscono ogni giorno i bambini spettatori di violenze domestiche e non solo.
Cerchiamo però di non scadere nel luogo comune di dare rilievo solo alle violenze di genere, sebbene statisticamente queste siano in numero maggiore.
La violenza sessuale non conosce distinzioni di sesso: essa può essere commessa indifferentemente a danno di uomini e donne.
La cronaca stessa ci dimostra che sono in crescita i casi di violenza commessa anche dalle donne sui propri compagni, figli, amici e spesso anche sui propri padri. È un dato allarmante anche questo.
L’essere vivente ha perso la propria umanità per fare spazio ad egoismo e voglia di esercitare il proprio potere sull’altro.
“Se non posso averti io, non ti avrà più nessuno” sono le parole usate da chi non accetta di essere lasciato e si trasforma nel più terribile dei malefici.
Parlare di femminicidio, di azioni per contrastare la violenza di ogni tipo e genere non può che fare bene alla società . Sensibilizzare i più piccoli al rispetto dell’altro, far approvare leggi più severe ed efficaci per scongiurare che la violenza si ripeta può essere la via del cambiamento.
Di strada, però, ce n’è tanta da fare, ma se le donne continueranno a fare rete e fronte comune contro il silenzio e la paura, allora si potrà respirare aria di libertà e pace.
Le donne hanno un unico difetto, a volte si dimenticano di quanto valgono… perciò mi auguro che l’8 marzo non ci arrivino solo mimose, ma meno schiaffi ed insulti, meno offese e negazione di diritti, più mani tese per rialzarsi e gridare “aiuto!”.
Valeria Russo
(da “Huffingtonpost”)
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